Secondo l’insegnamento dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, con la decisione n. 2 del 15 gennaio 2013, quando l’amministrazione rinnova l’esercizio delle sue funzioni dopo l’annullamento di un atto operato dal giudice amministrativo, l’interessato che si duole (anche) delle nuove conclusioni raggiunte dall’amministrazione può proporre un unico giudizio davanti al giudice dell’ottemperanza, lamentando la violazione o elusione del giudicato ovvero la presenza di nuovi vizi di legittimità nella rinnovata determinazione; il giudice dell’ottemperanza è quindi chiamato, in primo luogo, a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che invece hanno a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori; nel caso in cui il giudice dell’ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento emanato dall’amministrazione costituisca violazione ovvero elusione del giudicato, ne dichiara la nullità, con la conseguente improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda (quella cioè volta a sollecitare un giudizio sulla illegittimità dell’atto gravato).Viceversa, in caso di rigetto della domanda di nullità, il giudice dispone la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione, ai sensi dell’art. 32, comma 2, del c.p.a. (cfr., da ultimo anche, Cons. Stato, Sez. IV, 5 febbraio 2019 n.875).
Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 luglio 2019, n. 5758
Procedura concorsuale per copertura posto Professore-Rinnovo procedura
N. 05758/2019REG.PROV.COLL.
N. 10071/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10071 del 2018, proposto dalla -OMISSIS-, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed elettivamente domiciliata presso lo studio legale [#OMISSIS#]-[#OMISSIS#]-[#OMISSIS#] in Roma, via [#OMISSIS#] Paolucci de’ Calboli, n. 9 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il signor-OMISSIS-rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III-bis, 9 novembre 2018 n. 10829.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio del professor-OMISSIS-e del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e i documenti depositati;
Esaminate le ulteriori memorie depositate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2019 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] D. [#OMISSIS#], su delega degli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] de [#OMISSIS#] nonché l’avvocato dello Stato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con il ricorso in appello qui in esame l’-OMISSIS- (d’ora in poi, per brevità,-OMISSIS-)chiede la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III-bis, 9 novembre 2018 n. 10829 resa nel giudizio per l’esecuzione della sentenza della medesima sezione del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio 21 settembre 2017 n. 9878 – con la quale il primo [#OMISSIS#] ha accolto il ricorso, proposto dal professor-OMISSIS-per l’annullamento del diniego di [#OMISSIS#] osta adottato dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (d’ora in poi, per brevità, MIUR) n. 2333 del 19 febbraio 2006 – al fine di ottenere chiarimenti sulle modalità di ottemperanza della sentenza 9878/2017, ai sensi degli artt.112, comma 5 e 114, comma 4, c.p.a..
2. – I fatti che hanno dato luogo al contenzioso qui in esame possono essere sinteticamente riassunti come segue, in ragione di quanto emerge dalla documentazione prodotta in entrambi i gradi di giudizio e soprattutto dalla parte “in fatto” della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III-bis, 21 settembre 2017 n. 9878 – mai sospesa, ma riformata in sede di appello per effetto della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 febbraio 2019 n. 1136, nelle more intervenuta – e la cui ottemperanza è oggetto di questo giudizio, rispetto al quale il presente grado di appello è relativo all’incidente di esecuzione proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale quale [#OMISSIS#] dell’ottemperanza e definito con la sentenza qui oggetto di appello.
Va premesso che il predetto incidente di esecuzione si inserisce nell’alveo processuale del giudizio di ottemperanza suaccennato e rispetto al quale il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III-bis, è già intervenuto con la sentenza di accoglimento del relativo ricorso e con una successiva pronuncia che ha respinto la richiesta di nomina del commissario ad acta, rispetto alle quali si dirà nel prosieguo, per coerenza logica e nel rispetto di una opportuna piattaforma di cronologica successione nel percorso argomentativo.
Era avvenuto che la -OMISSIS-per l’innovazione e le organizzazioni (trasformatasi nell’anno 2013 in-OMISSIS-), con il decreto rettorale n. 681 del 22 novembre 2011, bandiva una “procedura di valutazione comparativa per la copertura di una posizione per professore straordinario a tempo determinato con regime di impegno a tempo definito presso la facoltà di Scienze Politiche nel settore scientifico disciplinare IUS/01 (Istituzioni di diritto privato)”, ai sensi dell’art. 1, comma 12, l. 4 novembre 2005, n. 230.
Alla procedura partecipava professor-OMISSIS-e la commissione di valutazione e giudicatrice lo dichiarava vincitore della procedura con la conseguente adozione del decreto rettorale di incarico n. 705 del 28 febbraio 2012, con decorrenza 15 marzo 2012 e durata triennale, che, alla scadenza del triennio, veniva rinnovato per un ulteriore triennio, con decreto rettorale n. 1022 del 7 [#OMISSIS#] 2015, a decorrere dal 15 marzo 2015 e con scadenza al 14 marzo 2018.
Con nota 18 novembre 2015 prot. n. 3731 la-OMISSIS- chiedeva al MIUR il rilascio del “[#OMISSIS#] osta per poter eventualmente procedere, ove se ne accerti la necessità in relazione all’offerta formativa, alla stabilizzazione del prof.-OMISSIS-nei ruoli dell’-OMISSIS- quale professore ordinario nel settore scientifico disciplinare IUS/01”).
Il MIUR, con provvedimento prot. n. 233 del 19 febbraio 2006, denegava il [#OMISSIS#] osta in quanto “visti gli atti della procedura di valutazione comparativa bandita con D.R. n. 681/2011 per la copertura di un posto di professore straordinario a tempo determinato con regime di impegno a tempo definitivo nel -SSD 1U8/01 – Istituzioni di diritto privato, con il D.R n. n. 706/2012, ai sensi dell’art. 1 comma 12 della legge n. 230/2005, procedeva alla chiamata delprof.-OMISSIS-per la copertura del predetto posto di professore ordinario. Il giudizio di idoneità conseguito dalprof.-OMISSIS-all’esito della partecipazione dello stesso alla suindicata procedura di valutazione comparativa bandita dall’Ateneo non è equipollente e tantomeno equiparabile all’Abilitazione Scientifica Nazionale di cui all’art. 16 della legge n. 240/2010, che prevede il possesso della stessa ai fini della partecipazione alle procedure di reclutamento di cui [#OMISSIS#] articoli 18 comma 1 e 24, commi 5 e 6 e alla conseguente immissione in ruolo dei professori ordinari. Alprof. -OMISSIS-, non avendo egli conseguito la prescritta abilitazione scientifica nazionale, deve ritenersi preclusa la partecipazione alle procedure di chiamata di cui [#OMISSIS#] artt. 18 e 24 della riferita legge n. 240/2010” (così, testualmente, nel provvedimento impugnato con il ricorso n. R.g. 5650/2016 definito con la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III-bis, n. 9878/2017, ma riformata, per quanto poi si chiarirà, confermata con la sentenza del Cons. Stato, Sez. VI, n. 1136/2019).
3. – Nei confronti del provvedimento di diniego del rilascio del [#OMISSIS#] osta emesso dal MIUR proponeva ricorso giurisdizionale il professor-OMISSIS-(n. R.g. 5650/2016) contestandone la legittimità sotto plurimi motivi.
Il Tribunale amministrativo regionale, con sentenza n. 9878/2017, accoglieva il ricorso affermando testualmente che (si riportano qui di seguito i passaggi fondamentali della citata sentenza):
– il professor -OMISSIS- “Da quanto risulta dagli atti di causa (…) ha partecipato alla predetta procedura selettiva non in quanto possessore dell’idoneità per la fascia dei professori ordinari di cui alla legge n. 210 del 1998 ma bensì esclusivamente in quanto soggetto in possesso di elevata qualificazione scientifica e professionale”;
– “Il ricorrente ritiene, invece, che, ai fini dell’equiparazione all’abilitazione universitaria, il ministero avrebbe dovuto previamente valutare le specifiche modalità in cui la predetta procedura si è svolta in concreto. E, tuttavia, dal testo della [#OMISSIS#] richiamata non emerge alcun elemento sulla base del quale potere fondatamente ritenere che l’equiparazione con l’abilitazione universitaria sia rimessa a una valutazione discrezionale dell’amministrazione”;
– se dunque non può accogliersi il suindicato motivo di ricorso, trova fondamento il diverso motivo dedotto dal ricorrente e secondo il quale, laddove l’art. 18 l. 30 dicembre 2010, n. 240 al comma 2, lett. b), dispone che “(…) Ai procedimenti per la chiamata di professori di prima e di seconda fascia possono partecipare altresì i professori, rispettivamente, di prima e di seconda fascia già in servizio, nonché gli studiosi stabilmente impegnati all'[#OMISSIS#] in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario in posizioni di livello pari a quelle oggetto del bando, sulla base di tabelle di corrispondenza, aggiornate ogni tre anni, definite dal Ministro, sentito il CUN. (…)”, le espressioni “professori, rispettivamente, di prima e di seconda fascia già in servizio” (contenute [#OMISSIS#] disposizione sopra riprodotta), in mancanza di ulteriori specificazioni, possono essere interpretate nel senso di “ricomprendere [#OMISSIS#] predetta dizione pure i professori straordinari”, in quanto l’art. 1, comma 12, l. 230/2005 dispone che “Ai titolari degli incarichi è riconosciuto, per il periodo di durata del rapporto, il trattamento giuridico ed economico dei professori ordinari” e, “pertanto, deve essere riconosciuto, al soggetto titolare dell’incarico di cui trattasi, per tutto il periodo di durata del rapporto, lo status giuridico dei professori ordinari e il trattamento economico pari a quello del professore ordinario di ruolo, a eccezione di quanto espressamente previsto dalla medesima disposizione normativa ai fini dell’elettorato attivo e passivo”, con la conseguenza che il professore straordinario con rapporto di lavoro a tempo determinato può essere ricompreso tra i soggetti legittimati ad essere “chiamati” nell’ambito delle procedure di cui all’art. 18 l. 240/2010 (che disciplina la procedura “per chiamata” dei professori).
In altri termini, in ragione di quanto sopra, il Tribunale amministrativo regionale ha dichiarato la illegittimità del diniego di rilascio del [#OMISSIS#] osta in quanto il professor -OMISSIS-, pur non essendo in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale, al momento della valutazione della richiesta di-OMISSIS- “era in servizio quale professore straordinario presso l’-OMISSIS- in virtù della proroga triennale del suo incarico, conformemente a quanto previsto dal comma 12 dell’art. 1 della legge n. 230 del 2005”, annullando il relativo provvedimento ministeriale.
4. – La sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 9878/2017 veniva fatta oggetto di appello da parte del MIUR.
La Sesta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza 19 febbraio 2019 n. 1136, dopo avere respinto l’istanza cautelare presentata dal MIUR e ritenuto infondate le eccezioni preliminari in rito sollevate dall’appellato, ha accolto il proposto mezzo di gravame nel merito affermando, dopo una approfondita esegesi delle norme applicabili al [#OMISSIS#] di specie ed un analitico esame delle ragioni che avevano indotto il primo [#OMISSIS#] ad accogliere il ricorso e la tesi interpretativa più sopra qui riprodotta, il principio secondo il quale se può apparire vero, dalla lettura dell’art. 18, comma 1, lett. b), l. 240/2010, che “il concetto di “servizio” è praticamente coincidente sia nel [#OMISSIS#] in cui esso venga prestato da un professore ordinario sia in quello in cui esso sia prestato da un professore straordinario” [#OMISSIS#] stesso tempo però “questa coincidenza, di per se stessa, non consente di affermareun altro tipo di equivalenza (che poi è quella che costituisce, al fondo, l’oggetto della presente controversia), ossia tra professore ordinario (che ha già superato una selezione pubblica per il conseguimento dell’ASN) e professore straordinario (che del previo superamento di tale selezione non ha invece alcuna necessità nel [#OMISSIS#] in cui, come [#OMISSIS#] fattispecie, egli può assumere il titolo di professore straordinario ed esercitare le relative funzioni semplicemente divenendo docente nell’ambito di “specifici programmi di ricerca sulla base di convenzioni con imprese o fondazioni, o con altri soggetti pubblici o privati, che prevedano anche l’istituzione temporanea, per periodi non superiori a sei anni, con oneri finanziari a carico dei medesimi soggetti, di posti di professore straordinario da coprire mediante conferimento di incarichi della durata massima di tre anni, rinnovabili […], ovvero a soggetti in possesso di elevata qualificazione scientifica e professionale”, come previsto dall’art. 1, co. 12, della l. n. 240/2005)”.
La Sezione ha poi formulato la considerazione conclusiva nel senso che, “ove fondata la motivazione finale della sentenza impugnata, si dovrebbe prendere atto dell’esistenza di un canale alternativo (rispetto a quello codificato esplicitamente a livello di fonte primaria) di alimentazione della provvista di professori universitari ordinari di prima fascia. Esistenza della quale, tuttavia, non si rinvengono trace di diritto positivo e per la quale quelle ipotizzate dalla sentenza di primo grado risultano per quanto sopra detto, più che labili, addirittura inconsistenti” (i virgolettati dei periodi che precedono riproducono testualmente stralci della sentenza 1136/2019).
5. – Nelle more della definizione del giudizio di appello ed in ragione della decisione (Cons. Stato, Sez. VI, ordinanza 29 gennaio 2018 n. 403) [#OMISSIS#] da questa Sezione di non accogliere l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale n. 9878/2017, il professor -OMISSIS-, dopo avere inutilmente (con nota pec del 31 gennaio 2018) invitato in via formale il MIUR a dare esecuzione alla sentenza n. 9878/2017, proponeva dinanzi al medesimo Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ricorso (n. R.g. 2555/2018) per ottemperanza, che veniva accolto con sentenza 14 giugno 2018 n. 6687.
[#OMISSIS#] sentenza il Tribunale:
– ha affermato che “il Ministero intimato deve provvedere al rilascio del [#OMISSIS#] osta all’inquadramento del ricorrente nel ruolo dei professori ordinari, così come richiesto dall’-OMISSIS-, dovendo predicarsi sussistere la competenza del MIUR all’adozione del denegato provvedimento di [#OMISSIS#] osta”;
– ha ordinato “al MIUR di adottare il richiesto [#OMISSIS#] osta nel [#OMISSIS#] di giorni 30 (trenta) dalla notifica della presente Ordinanza, e nominandosi sin da ora, in difetto, quale Commissario ad acta il Prefetto di Roma o suo delegato”.
6. – Successivamente, con nota 8265 del 22 giugno 2018 il MIUR ha dato atto che il prof.-OMISSIS-può essere ammesso alle procedure di reclutamento per la immissione nel ruolo dei professori ordinari SSD IUS/01.
Nel frattempo però il professor-OMISSIS-aveva chiesto al Tribunale di nominare il commissario ad acta, ma il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio respingeva la richiesta, con sentenza 9 novembre 2018 n. 10827, in quanto:
– “il MIUR ha adempiuto all’azionata sentenza della Sezione rilasciando il richiesto [#OMISSIS#] osta, trasmesso alla-OMISSIS- con nota prot. 8265.22 del 22.6.2018 della Direzione generale per la programmazione e il coordinamento e il finanziamento della istituzioni della formazione superiore menzionata [#OMISSIS#] comunicazione via email inoltrata il 19.9.2018 dalla-OMISSIS- al Miur (doc. 25 produzione Miur), ragion per cui la P.A. intimata ha adottato gli atti rientranti [#OMISSIS#] sua competenza e pertanto relativamente alla richiesta di esecuzione della sentenza in parola nei riguardi del Ministero, il ricorso è infondato e come tale da respingere”;
– “la-OMISSIS- dovrà definire nei riguardi del prof. -OMISSIS- ricorrente, il procedimento avviato, di cui è menzione [#OMISSIS#] medesima citata nota, nei termini e nei modi di legge, secondo quanto di competenza della medesima Università controinteressata” (così [#OMISSIS#] motivazione della sentenza 10827/2018).
Il professor -OMISSIS-, a questo punto, proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ai sensi degli artt. 112, comma 5 e 114 comma 4, lett. a), c.p.a. al fine di ottenere dal Tribunale chiarimenti in ordine alle esatte modalità di ottemperanza della sentenza n. 6687/2018.
Il Tribunale, con sentenza 9 novembre 2018 n. 10829 (qui oggetto di appello da parte di-OMISSIS-), pubblicata [#OMISSIS#] stesso giorno della sentenza 10827/2018, ha testualmente affermato (con riferimento alla esatta ottemperanza alla sentenza n. 6687/2018) che “il richiamo contenuto [#OMISSIS#] motivazione della citata sentenza di ottemperanza “alla richiesta dell’-OMISSIS-” indichi in modo inequivocabile che il [#OMISSIS#] osta deve essere rilasciato per “la stabilizzazione del prof. -OMISSIS- nei ruoli dell’-OMISSIS- quale professore ordinario nel settore scientifico disciplinare IUS/01”.
7. – La-OMISSIS- propone appello nei confronti della sentenza n. 10829/2018 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sostenendone la erroneità in quanto dal tenore della motivazione in essa contenuta sembrerebbe derivare un obbligo di stabilizzazione a carico dell’-OMISSIS- ed in favore del professor -OMISSIS-.
Puntualizza l’università appellante che “la sentenza di merito di primo grado ha semplicemente stabilito che il prof. -OMISSIS- è legittimato a partecipare a una qualsiasi delle procedure di concorso bandite da atenei italiani ex art. 18 della legge n. 240/2010 nel settore IUS/01. La sentenza in nessun punto afferma né che il prof. -OMISSIS- abbia diritto a una fantomatica stabilizzazione (mai esistita per i professori universitari di ruolo) né che tale “stabilizzazione” debba intervenire presso l’-OMISSIS-, e neppure cita mai l’-OMISSIS- per determinarne alcun obbligo: d’altra parte, questo sarebbe stato impossibile, perché il petitum originario era esclusivamente relativo all’annullamento del provvedimento del MIUR” (così, testualmente, a pag. 6 dell’atto di appello).
In conclusione l’università chiede la riforma della sentenza di primo grado.
8. – Si è costituito in giudizio il professor -OMISSIS- sollevando numerose eccezioni in rito e confermando nel merito al correttezza della decisione qui oggetto di appello anche sotto il profilo di merito.
Si è costituito anche il MIUR.
Le parti hanno poi presentato ulteriori memorie e repliche.
9. – Ritiene il Collegio che possano superarsi le eccezioni in rito stante la palese non condivisibilità del contenuto della sentenza qui fatta oggetto di appello.
Con riferimento alle eccezioni in rito e ad ogni profilo processuale attinente al presente giudizio giova chiarire che
La giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., per tutte, Cons. Stato, Ad. pl., 15 gennaio 2013 n. 2) ha avuto modo di rilevare che il ricorso ex art. 112, comma 5, c.p.a. non presenta caratteristiche che consentano di ricondurlo, in senso sostanziale, al novero delle azioni di ottemperanza, trattandosi di un ricorso che ha natura giuridica diversa tanto dall’azione finalizzata all’attuazione del comando giudiziale (art. 112, comma 2, c.p.a.), quanto dall’azione esecutiva in senso stretto (art. 112, comma 3, c.p.a.) e che presuppone dubbi od incertezze sull’esatta portata del comando giuridico oggetto dell’obbligo conformativo; né può essergli attribuita la natura di incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 114, comma 7, ponendosi esso dal punto di vista logico-sistematico al di fuori del vero e proprio giudizio di ottemperanza (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. V, 7 settembre 2015 n. 4141).
Deve pertanto, sotto un profilo logico e sistematico, ammettersi il [#OMISSIS#] della richiesta di chiarimenti nel suo contenuto proprio di strumento volto ad ottenere precisazioni e delucidazioni su punti del decisum ovvero sulle concrete e precise modalità di esecuzione, laddove si riscontrino elementi di dubbio o di non immediata chiarezza, senza che con ciò possano essere introdotte ragioni di doglianza volte a modificare e/o integrare il proprium delle statuizioni rese (cfr. ancora, in termini, Cons. Stato, Sez. V, 16 [#OMISSIS#] 2017 n. 2324 e Sez. IV, 3 marzo 2015 n. 1036).
In giurisprudenza si è di recente affermato (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 aprile 2018 n. 2141)che non possa ritenersi, a priori, che la richiesta di chiarimenti introduca una autonoma azione la cui decisione sarebbe gioco forza idonea al giudicato e, dunque, se resa nel corso del giudizio di primo grado, sempre appellabile.
A tanto si oppongono i seguenti argomenti:
a) sul piano logico, la necessità di non frammentare la disciplina della richiesta di chiarimenti, distinguendo quelli sollecitati dalle parti (art. 112, comma 5, c.p.a.) da quelli formulati dal commissario ad acta (art. 114, comma,7, c.p.a.);
b) il tenore testuale delle norme appena sopra richiamate evidenzia che i chiarimenti attengono alla individuazione delle modalità esecutive dell’ottemperanza e che nessuna preclusione è prevista, dall’art. 112, comma 5, c.p.a.., a carico della parte vittoriosa;
c) la ratio della previsione dei chiarimenti in corso di procedura esecutiva è quella “di rendere piena ed effettiva la tutela giurisdizionale esigenza vieppiù avvertita quando si deve finalmente attribuire in concreto il [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#] riconosciuto dal giudicato (art. 1 c.p.a., Ad. plen. n. 2 del 2017, specie §§ 15-17; Ad. plen. n. 11 del 2016, specie § 49): sarebbe del tutto incongruo e inutilmente diseconomico, non consentire a tutti i destinatari del giudicato (tutte le parti ex art. 112, comma 1, c.p.a., arg. da Ad. plen. n. 2 del 2017 cit.) di proporre, senza distinzioni cronologiche o soggettive, richiesta di chiarimenti (che potrebbero prevenire, nel [#OMISSIS#] di cui all’art. 112, comma 5, l’instaurazione del giudizio di ottemperanza vero e proprio” (così, testualmente, [#OMISSIS#] sentenza Cons. Stato, Sez. IV, n. 2141/2018, cit.).
10. – Nel merito, in via di premessa, va quindi ribadito che la sede del presente contenzioso è costituita da un giudizio di esecuzione e che, [#OMISSIS#] specifico, l’intervento richiesto dal professor-OMISSIS-al [#OMISSIS#], sia di primo grado che in grado di appello, è limitato alla indicazione delle corrette modalità di esecuzione, in primo luogo, della sentenza n. 9878/2017 (nel frattempo riformata in sede di appello) e quindi della sentenza di ottemperanza n. 6687/2018, non può non constatarsi che:
– la sentenza n. 9878/2017, nell’accogliere il ricorso proposto dal professor -OMISSIS- si è limitata, non potendo provvedere ultra petita stante il chiaro petitum sostanziale della domanda di annullamento proposta in quel giudizio, ad annullare il diniego di [#OMISSIS#] osta adottato dal MIUR con atto prot. n. 233 del 19 febbraio 2006;
– la sentenza n. 6687/2018, di ottemperanza della predetta sentenza n. 9878/2017, ha ordinato al MIUR di adottare il richiesto [#OMISSIS#] osta entro trenta giorni;
– il MIUR ha adempiuto rilasciando il [#OMISSIS#] osta, trasmesso alla-OMISSIS- con nota prot. 8265.22 del 22 giugno 2018 della Direzione generale per la programmazione e il coordinamento e il finanziamento della istituzioni della formazione superiore;
– di ciò da conferma la sentenza 10827/2018 con la quale il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto la richiesta presentata dal professor -OMISSIS- di nomina del commissario ad acta.
Pare evidente che la vicenda giudiziaria, anche [#OMISSIS#] fase di esecuzione della sentenza di primo grado la cui immediata esecutività non è stata sospesa, relativa al ricorso accolto con la sentenza n. 9878/2017 si sia concluso con la adozione del [#OMISSIS#] osta da parte del MIUR.
Nessun adempimento è stato giudizialmente imposto con la predetta sentenza ovvero con la sentenza di ottemperanza n. 6687/2018 alla-OMISSIS-, tanto meno di procedere alla stabilizzazione del professor -OMISSIS-, posto che nessuna domanda di accertamento e di condanna, per raggiungere il suindicato obiettivo, è stata proposta (né sarebbe stata favorevolmente proponibile) dal professor -OMISSIS-, atteso che il rilascio del [#OMISSIS#] osta da parte del MIUR aveva quale unica conseguenza, [#OMISSIS#] interpretazione fatta propria dal [#OMISSIS#] di prime cure [#OMISSIS#] sentenza n. 9878/2017 poi superata in sede di appello dalla sentenza della Sezione n. 1136/2019, di consentire al professor -OMISSIS- di partecipare alle procedure di cui all’art. 18 l. 240/2010.
Semmai con la sentenza di ottemperanza n. 6687/2018 e con la successiva sentenza n. 10827/2018, che ha respinto la richiesta di nomina del commissario ad acta, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha ritenuto di voler specificare, quale ulteriore effetto dell’adempimento da parte del MIUR avvenuto con il rilascio del [#OMISSIS#] osta, che “la-OMISSIS- dovrà definire nei riguardi del prof. -OMISSIS- ricorrente, il procedimento avviato, di cui è menzione [#OMISSIS#] medesima citata nota, nei termini e nei modi di legge, secondo quanto di competenza della medesima Università controinteressata”, dimostrandosi quindi, ancora una volta, che nessun ordine giudiziale è stato mai imposto ad-OMISSIS- e che (al più) l’università, sempre che sussistano i relativi presupposti di legge, dovrà ora, acquisito il [#OMISSIS#] osta, considerare anche la posizione del professor-OMISSIS-in occasione dell’avvio della relativa procedura a chiamata ai sensi degli artt. 18 e 24 l. 240/2010 (circostanza [#OMISSIS#] che ora è stata superata dalla sentenza di appello n. 1136/2019).
Deriva da quanto sopra che le indicazioni fornite con la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 10829/2018 qui appellata, secondo le quali “il [#OMISSIS#] osta deve essere rilasciato per “la stabilizzazione del prof. -OMISSIS- nei ruoli dell’-OMISSIS- quale professore ordinario nel settore scientifico disciplinare IUS/01” non trovano alcun riscontro nelle decisioni giudiziali che all’epoca (e quindi prima della definizione sfavorevole al professor -OMISSIS- del contenzioso principale per effetto della sentenza della Sezione n. 1136/2019) erano intervenute nell’ambito del primo grado di giudizio, sia in sede di cognizione che in sede di esecuzione.
11. – In ragione di quanto sopra il ricorso va accolto con riforma della sentenza di primo grado del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III-bis, 9 novembre 2018 n. 10829, confermandosi di conseguenza (sulla stessa linea di quanto già dichiarato con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III-bis, 9 novembre 2018 n. 10827) l’intervenuta esecuzione della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III-bis, 21 settembre 2017 n. 9878 e fatti salvi gli ulteriori atti già emanati o che verranno emanati dagli enti coinvolti per effetto della sopravvenuta sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 febbraio 2019 n. 1136.
Stante la contraddittorietà di decisioni che hanno caratterizzato il presente contenzioso, stima il Collegio che sussistano i presupposti, come indicati nell’art. 92 c.p.c., richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a., per potersi compensare le spese del doppio grado di giudizio tra tutte le parti controvertenti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in appello (n. R.g. 10071/2018), come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado (del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III-bis, 9 novembre 2018 n. 10829), dichiara l’intervenuta esecuzione della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III-bis, 21 settembre 2017 n. 9878, fatti salvi gli ulteriori atti già emanati o che verranno emanati dagli enti coinvolti per effetto della sopravvenuta sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 febbraio 2019 n. 1136.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti della presente controversia.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 19 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] FF
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 20/08/2019
In [#OMISSIS#] di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.