Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 dicembre 2018, n. 7155

Procedura concorsuale posto ricercatore-Chiamata-Art. 24, comma 6, legge 30 dicembre 2010, n. 240

Data Documento: 2018-12-19
Area: Giurisprudenza
Massima

L’ art. 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, deve essere interpretato nel senso di consentire a tutti i candidati, in possesso dei medesimi requisiti, ed “interni”alla Università che bandisce il concorso, di partecipare alla procedura di reclutamento in condizioni di parità. Non sarebbe, al contrario, conforme a Costituzione una norma che consentisse ad una pubblica amminsitrazione di potere operare progressioni interne “ad personam”.

Per quanto la disciplina statale (così come quella dettata dalla specifica fonte regolamentare) non contenga disposizioni riferite alla peculiare situazione di una Università in cui siano in servizio più candidati in possesso dei medesimi requisiti di accesso alla procedura di chiamata diretta, è possibile ovviare a tale lacuna “assiologica” attraverso il ricorso ai principi generali dell’ordinamento giuridico in tema di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, il cui consolidato radicamento nel tessuto dell’ordinamento giuridico costituisce uno dei principali meriti storici della scienza di diritto amministrativo.

Contenuto sentenza

N. 07155/2018REG.PROV.COLL.
N. 08960/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8960 del 2017, proposto da: 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via Dandolo, n. 19/A;
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ROMA TOR VERGATA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 
nei confronti
[#OMISSIS#] MACCHIA, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, piazza San [#OMISSIS#], n. 101; 
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma – sez. III-bis n. 12310 del 2017;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] Macchia, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e dell’Università degli Studi Roma Tor Vergata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 novembre 2018 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Basilica dell’Avvocatura dello Stato, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.‒ Il professor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – premesso di essere ricercatore universitario confermato di diritto amministrativo, in servizio presso il Dipartimento di Pubblico dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, e di avere conseguito l’abilitazione scientifica nazionale di professore di prima fascia di diritto amministrativo sin dal 2012 – impugnava, con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, poi trasposto in sede giurisdizionale, ed integrato da motivi aggiunti, tutti gli atti con i quali il professore [#OMISSIS#] Macchia (anch’egli ricercatore universitario confermato di diritto amministrativo con abilitazione di professore di prima fascia di diritto amministrativo), era stato chiamato, ai sensi dell’art. 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010, come professore associato presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione, al quale all’epoca dei fatti afferiva.
Venivano in particolare gravati i seguenti atti:
– il decreto rettorale n. 2631 del 21 novembre 2014, pubblicato in pari data sul sito web dell’Ateneo, il quale aveva nominato la Commissione esaminatrice per la chiamata di un professore universitario di seconda fascia, senza riportare il nome e il cognome del controinteressato;
– la delibera del Dipartimento di Scienze e Tecnologia della Formazione del 19 novembre 2014, con la quale (alla luce di quanto riportato nel preambolo del predetto decreto rettorale del 21 novembre 2014) erano stati proposti i componenti della Commissione esaminatrice ai sensi dell’art. 9 del regolamento di Ateneo sulle chiamate;
– l’art. 9, comma 1, del regolamento, solo se interpretato nel senso che i singoli Dipartimenti avrebbero potuto, attraverso delibere “riservate” e non motivate, individuare liberamente il ricercatore a tempo indeterminato «in servizio nell’università medesima» al quale consentire la partecipazione alle procedure di chiamata ai sensi dell’art. 24, comma 6, con preclusione per tutti gli altri;
– il decreto rettorale n. 3104 del 23 dicembre 2014, pubblicato sul sito web di Ateneo in data 9 gennaio 2015, con il quale erano stati approvati gli atti della procedura di chiamata “riservata” al controinteressato;
– il verbale n. 1 del 13 gennaio 2015 del Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione, con il quale era stata deliberata la proposta di chiamata del controinteressato come professore di seconda fascia;
– la nota prot. n. 0000340/2015, datata 8 gennaio 2015, a firma del Direttore generale dell’Ateneo, che, riscontrando l’istanza dell’appellante (in data 15 dicembre 2014) di potere partecipare alla procedura di chiamata, rispondeva che «[p]urtroppo, la Sua richiesta non può essere accolta, in quanto in contrasto con il Regolamento per la disciplina delle chiamate dei professori di prima e seconda fascia ai sensi dell’art. 18, comma 1, e dell’art. 24, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 emanato da questo Ateneo».
1.1.– A fondamento del gravame, l’istante censurava:
a) la violazione del combinato disposto dei commi 5 e 6 dell’art. 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, le quali disposizioni avrebbero consentito la partecipazione alle procedure di cui al comma 6 a tutti i ricercatori, in possesso della prescritta abilitazione scientifica nazionale, che siano «in servizio nell’università medesima», attraverso procedure la cui indizione, ai sensi del comma 5, deve essere oggetto di «pubblicità sul sito dell’ateneo», proprio per consentire di presentare le domande di partecipazione;
b) la violazione dell’art. 97, comma 2, della Costituzione, per contrasto con il principio di imparzialità, trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa.
Con ricorso per motivi aggiunti, la già impugnata delibera del Consiglio del Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione del 19 dicembre 2014 veniva censurata per violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, in quanto non illustrava le ragioni dell’individuazione del solo controinteressato come “unico” candidato.
2.‒ Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con sentenza n. 12310 del 2017, assorbite le eccezioni di irricevibilità per tardività e inammissibilità per difetto di interesse, respingeva nel merito il ricorso principale ed i motivi aggiunti, rilevando quanto segue:
«Giova preliminarmente evidenziare, come meglio si descriverà in seguito, che in punto di fatto la presente vicenda è del tutto diversa da quelle richiamate da parte ricorrente e che hanno visto, limitatamente a specifici aspetti, la pronuncia di talune decisioni solo apparentemente favorevoli alla tesi di parte ricorrente, con riferimento alla necessità di adeguata pubblicizzazione della procedura (TAR Lazio, sez. III bis del 20 marzo 2017 n.3720 e TAR Lombardia Milano sez.III 20 novembre 2015 n.2440).
In realtà, circa la natura della procedura di chiamata in questione come procedura “valutativa” e non comparativa si è già espressa, di recente, la richiamata decisione del TAR Lazio, sez.III n.3720/2017 le cui conclusioni in termini di pubblicità della procedura, tuttavia, non possono estendersi alla fattispecie di cui trattasi nel presente ricorso. In particolare, la richiamata sentenza si riferisce, espressamente, ad una fattispecie concreta peculiare caratterizzata “dalla presenza all’interno del Dipartimento di due candidati in possesso dei requisiti di accesso alla procedura di cui trattasi”, presupposto di fatto comune alla fattispecie esaminata dal TAR Piemonte Sez. I del 20 gennaio 2016 n.35 (che ha invece respinto il ricorso).
Tale presupposto non sussiste nel caso in esame, in cui è circostanza pacifica che all’interno del Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione l’unico candidato in possesso di ASN in Diritto Amministrativo era il Dott.Macchia.
Né può ad avviso del Collegio ritenersi pertinente al caso di specie la sentenza del TAR Lombardia Milano sez.III 20 novembre 2015 n.2440 non soltanto perché l’esigenza di pubblicità ivi contemplata può essere valutata solo con riferimento alla presenza di più candidati in possesso dei requisiti di legge, ma soprattutto perché nel caso esaminato dal TAR Lombardia l’art.13, comma 1 del Regolamento di Ateneo, diversamente da quanto previsto da Tor Vergata statuisce che la chiamata venisse effettuata non dal Dipartimento, bensì dal “Consiglio di Facoltà” tra (tutti) i ricercatori che avessero conseguito l’ASN nello specifico settore.
Tanto premesso, venendo alle specifiche censure dedotte, in primo luogo, va respinta perché infondata la censura con cui parte ricorrente lamenta l’illegittimità, per omessa motivazione, della propria esclusione dalla procedura valutativa in questione.
Ed invero, come riferito in ricorso, in data 17 gennaio 2015 veniva recapitata al ricorrente a mezzo posta la nota prot. 340/2015 dell’8 gennaio 2015 nella quale, in risposta alla richiesta di partecipazione indirizzata dal ricorrente a mezzo PEC al Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione, veniva comunicato che “La sua richiesta non può essere accolta, in quanto in contrasto con il Regolamento per la disciplina delle chiamate dei professori di prima e seconda fascia ai sensi dell’art. 18, comma 1, e dell’art. 24, commi 5 e 6, della Legge 30 dicembre 2010, n. 240 emanato da questo Ateneo”.
Ritiene il Collegio che il ricorrente non possa dolersi del fatto che in tale risposta non sia stata esplicitata, con precisione, la disposizione ostativa alla partecipazione del ricorrente alla procedura di chiamata ai sensi dell’art.24 commi 5 e 6 della Legge 30 dicembre 2010, n. 240 in quanto, come pacificamente ammesso nel ricorso introduttivo, il Regolamento dell’Ateneo di Tor Vergata prevede, a tal fine, esclusivamente gli art.9 e 10.
Del resto, lo stesso ricorrente afferma nel ricorso introduttivo che già in data 15 dicembre 2014, dopo essersi recato presso l’Ufficio Concorsi dell’Ateneo chiedendo di poter depositare l’originale della lettera indirizzata al Responsabile del procedimento, “le Funzionarie addette a tale Ufficio gli hanno comunicato che, trattandosi di una procedura di chiamata riservata al personale interno di Ateneo, ai sensi dell’art. 24, comma 6, della 1. n. 240 del 2010, la competenza alla nomina del Responsabile del procedimento doveva far capo allo stesso Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione, e non all’Ufficio Concorsi di Ateneo”.
Da tale nota era quindi già evidente, specie per il ricorrente – in possesso di elevatissime competenze riguardanti le nozioni del procedimento amministrativo – che le ragioni dell’esclusione della sua esclusione dalla procedura valutativa erano da ricercarsi nel Regolamento di Ateneo di Tor Vergata, adottato con Decreto Rettorale n. 175 del 16.1.2013, successivamente modificato con DD.RR n. 425 del 17.2.2014, n. 868 del 18.4.2014, n. 2431 del 5.11.2014, e in particolare nell’art.9 il quale prevede che, successivamente all’approvazione da parte del Consiglio di amministrazione della proposta di copertura di cui all’art. 2, comma 3, lett. d), il Dipartimento “individua il candidato da sottoporre a valutazione” (comma 1), senza che residui alcuno spazio per la possibilità di eventuali aspiranti in possesso dei requisiti richiesti dalla legge di presentare la propria candidatura.
Del resto, che il candidato da sottoporre a valutazione fosse da rinvenire nell’ambito non di un qualsiasi Dipartimento ma dello stesso Dipartimento proponente si evince chiaramente dall’art.9 comma 1 bis del Regolamento dell’Ateneo di Tor Vergata il quale prevede che (soltanto) qualora “nel Dipartimento” – con esclusione, quindi, degli abilitati di altri Dipartimenti dell’Ateneo – vi siano più soggetti in possesso di abilitazione nel macrosettore a cui appartiene il settore concorsuale relativo alla procedura valutativa, ai fini della individuazione del candidato da sottoporre a valutazione (…) il Dipartimento nomina una commissione istruttoria che valuta i curricula acquisiti, comprensivi delle pubblicazioni scientifiche e di ogni altro documento utile (..).
In tal caso, tuttavia, la possibilità per tali candidati di presentare la propria domanda è assicurata dall’invito personalmente inviato a ciascuno di essi, ai sensi del richiamato art.9 comma 1 bis del Regolamento.
Nel caso specifico, è appunto accaduto che, a seguito della richiesta di copertura di un posto nel settore concorsuale 12D1 inoltrata dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione ai sensi dell’art.2 del Regolamento di Ateneo e della conseguente approvazione di tale proposta da parte dell’Ateneo, il Consiglio di Dipartimento, conformemente a quanto previsto dall’art.9 del Regolamento, ha individuato all’unanimità come destinatario della procedura di valutazione il dott. [#OMISSIS#] Macchia, in quanto unico ricercatore a tempo indeterminato del Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione in possesso di ASN nel settore del Diritto Amministrativo.
Né può ritenersi fondata la censura con cui il ricorrente lamenta che l’art.9 del Regolamento di Ateneo, nel disciplinare una procedura “chiusa”, la cui partecipazione è preclusa agli abilitati di altri Dipartimenti, contrasterebbe con la disposizione normativa di cui all’art.24 comma 6 della legge n.240/2010.
In proposito, evidenzia il ricorrente che, ai sensi di legge, gli unici requisiti richiesti per la partecipazione alla procedura valutativa sono costituiti da: (a) l’essere ricercatore a tempo indeterminato in servizio nell’Università medesima e (b) l’aver conseguito l’apposita A.S.N..
Sarebbe pertanto illegittima la determinazione dell’Ateneo di Tor Vergata che, sulla base del proprio Regolamento, ha ritenuto di individuare quale destinatario della procedura di valutazione il Dott.Macchia, in quanto unico ricercatore in possesso di A.S.N. in Diritto Amministrativo in forza al Dipartimento di Scienza della Formazione, escludendo gli abilitati appartenenti ad altri dipartimenti.
Sul punto, va premesso che il legislatore ha inteso affidare alla autonomia regolamentare dell’Università la disciplina delle diverse fattispecie comprese nella previsione dell’art. 24, comma 6, tra le quali deve ritenersi ricompreso anche il caso della presenza di due o più candidati, come è dato desumere dal rinvio contenuto nel comma 5 ad un “apposito regolamento d’ateneo” (cfr. T.A.R. Piemonte con la sentenza n. 35 del 2016).
Nel ricorso in esame, con le censure formulate il ricorrente non contesta che l’individuazione del candidato da sottoporre a valutazione, come previsto dall’art. 9 comma 1 del Regolamento, debba essere effettuata da parte del Dipartimento (e anzi afferma che non potrebbe essere altrimenti) ma esclusivamente che l’istruttoria dovrebbe consentire la partecipazione alla valutazione di tutti i ricercatori a tempo indeterminato, in possesso di ASN nel settore di interesse (nel caso specifico, Diritto Amministrativo) pur afferenti ad altri dipartimenti (nel caso specifico, Giurisprudenza ed Economia).
Tale interpretazione, in mancanza di una precisa disposizione che costituisca espressione dell’autonomia regolamentare dell’Ateneo, non può essere condivisa.
Infatti, sebbene la norma di legge primaria consenta la partecipazione alla procedura di chiamata di cui all’art.24, commi 5 e 6, in linea teorica a qualsiasi ricercatore a tempo indeterminato in possesso di ASN nello specifico settore di interesse, è anche vero che, a fronte della necessaria programmazione triennale del fabbisogno e della richiesta di copertura di un posto col passaggio da ricercatore a tempo indeterminato a professore associato da parte di un Dipartimento, la possibilità di sottrarre tale “forza lavoro” da altri Dipartimenti, diversi da quello “proponente”, deve rispondere comunque ad una previa volontà dell’Ateneo.
Nel caso in esame, poiché la richiesta di copertura ai sensi dell’art.2 del Regolamento di Ateneo è avvenuta da parte del Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione, è del tutto logico ritenere che – in assenza di disposizioni regolamentari diverse- la chiamata non potesse che riguardare un ricercatore in forza allo stesso dipartimento, perché tramite la chiamata di fatto il Dipartimento ha esercitato la possibilità di continuare ad avvalersi della prestazione lavorativa del proprio ricercatore, chiamato come professore associato.
Per tali motivi, va quindi dichiarata inammissibile per carenza di interesse – oltre ad essere comunque infondata nel merito – la censura con cui il Dott. [#OMISSIS#] lamenta l’assenza di pubblicità della procedura valutativa di cui trattasi, evidenziando che di tale procedura non sarebbe stata data alcuna notizia (bando, avviso, ecc.) “né sul sito web di Ateneo, nella sezione “Concorsi e selezioni”, né sul sito web del Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione, né altrove”, né sarebbe mai stata pubblicata in alcuna sede neanche la delibera del Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione del 19.11.2014 con la quale sono stati proposti i componenti della Commissione esaminatrice ai sensi dell’art. 9 del Regolamento dell’Ateneo di Tor Vergata.
Ed invero, per come strutturata tale procedura nel Regolamento dell’Ateneo di Tor Vergata, a differenza della chiamata tramite procedura comparativa ai sensi dell’art.18 (art.4 del Regolamento) non soltanto non è richiesta alcuna pubblicità degli atti del procedimento precedenti alla nomina della Commissione (art.5,comma 7, del Regolamento), ma anche a fronte della tempestiva pubblicizzazione della stessa, il Dott.[#OMISSIS#] non avrebbe potuto prendervi parte, in quanto ricercatore afferente al Dipartimento di Giurisprudenza e non al Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione, che ai sensi dell’art.2 del Regolamento ha presentato domanda per la copertura di 1 posto di professore associato di seconda fascia nel settore di Diritto Amministrativo.
In conclusione, il ricorso e i motivi aggiunti devono essere respinti».
4.‒ Avverso tale sentenza, il professor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ha quindi proposto appello, riproponendo in sostanza le medesime censure sollevate in primo grado sia pure adattate all’impianto motivazionale della pronuncia di primo grado, lamentando altresì l’omessa pronuncia sul ricorso per motivi aggiunti.
5.‒ Le Amministrazioni intimate, si sono costituite in giudizio, reiterando l’eccezione assorbita in primo grado di tardività del ricorso straordinario (avviato alla notifica in data 2 maggio 2015), secondo cui non avrebbero formato oggetto di tempestiva impugnazione i due atti (conosciuti dal ricorrente, in quanto pubblicati sul sito istituzionale dell’Ateneo) che si pongono nella fase di avvio della procedura terminata con la “chiamata” del professor Macchia e già pienamente lesivi della sfera giuridica del ricorrente: la delibera del Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione del 19 novembre 2014 con cui era stato individuato il candidato da sottoporre a valutazione nella persona del Dott. Macchia e sono stati proposti i componenti della Commissione giudicatrice per la chiamata contesa in questa sede; nonché la delibera n. 2631 del 21 novembre 2014, pubblicato in pari data sul sito istituzionale dell’Università, con cui era stata nominata la Commissione.
5.1.– Il professor [#OMISSIS#] Macchia si è costituito nel presente giudizio, argomentando diffusamente le ragioni per le quali il gravame dovrebbe essere respinto. Anch’egli ripropone l’eccezione di [#OMISSIS#] secondo cui l’avverso ricorso era, già al momento della sua proposizione in sede straordinaria, irricevibile per tardività.
6.‒ Con ordinanza 1 febbraio 2018 n. 428, la Sezione ‒ «Ritenuto che: sia necessario accertare celermente la fondatezza nel merito delle delicate questioni di diritto coinvolte nella presente controversia, le quali richiedono un adeguato approfondimento nel merito; occorre dunque disporre la sollecita definizione del giudizio nel merito, ai sensi dell’art. 55, comma 10, del c.p.a; nelle more dell’udienza pubblica, è opportuno sospendere l’esecutività della sentenza impugnata, in quanto l’appello non appare allo stato sfornito di fumus [#OMISSIS#] iuris; in particolare, l’art. 24, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario n. 240 del 2010) sembra consentire – riferendosi le sue disposizioni all’«università» – la partecipazione alla procedura di chiamata di cui all’art. 24, commi 5 e 6, a qualsiasi ricercatore a tempo indeterminato dell’Ateneo in possesso di abilitazione scientifica nazionale nello specifico settore di interesse; il comma 1-bis dell’art. 9 del regolamento è stato introdotto successivamente all’adozione degli atti impugnati; in via pregiudiziale, non pare fondata
l’eccezione di tardività del ricorso straordinario poi traspostosussistono giusti motivi per compensare le spese di lite della presente fase cautelare» ‒ ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata, rinviando per la trattazione del merito all’udienza pubblica del 29 novembre 2018.
7.‒ All’esito dell’udienza pubblica del giorno 29 novembre 2018, la causa è stata discussa ed è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.‒ In via pregiudiziale, va respinta l’eccezione di irricevibilità del ricorso.
1.1.– Secondo gli appellati – posto che il ricorrente lamenta che non sia stato a lui consentito di partecipare alla procedura valutativa – è con la pubblicazione del decreto rettorale n. 2631 del 21 novembre 2014 che tale lesione si è venuta concretizzando (essendo a quel punto il candidato già stato individuato), segnando il momento a partire dal quale andava proposta l’impugnazione innanzi al giudice amministrativo. È irrilevante la circostanza che tale decreto rettorale non faccia menzione il nome e il cognome dell’odierno controinteressato, derivando la sua lesività dal fatto che, a quel momento, l’appellante non era stato individuato egli stesso quale candidato oggetto di valutazione.
Si aggiunge poi che l’appellante, quantomeno alla data del 15 dicembre 2014 – quando aveva indirizzato al Direttore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione la richiesta di partecipare e di essere valutato all’interno della procedura –, dimostrava di conoscere: sia l’indizione di una procedura valutativa ai sensi dell’art. 24, comma 6, nel settore scientifico-disciplinare di Diritto amministrativo; sia l’impossibilità di prendervi parte, non avendo ricevuto dagli organi competenti alcuna comunicazione al riguardo.
1.2.‒ Rileva il Collegio che il ricorso straordinario, avviato alla notifica in data 2 maggio 2015, è stato tempestivamente proposto avverso gli unici atti della sequenza procedimentale “oggettivamente” idonei a rendere di pubblica evidenza la circostanza che la procedura era stata riservata al solo controinteressato, e segnatamente: – la nota del Direttore Generale dell’Ateneo n. 340 dell’8 gennaio 2015, con la quale, è stato comunicato all’appellante il rigetto dell’istanza di partecipazione alla procedura valutativa; – il decreto rettorale n. 3104 del 23 dicembre 2014, corretto dal decreto rettorale n. 17 del 9 gennaio 2015, entrambi pubblicati sul sito web di Ateneo in data 9 gennaio 2015, con i quali sono stati approvati gli atti della Commissione di valutazione, e viene affermato che «il dott. [#OMISSIS#] Macchia ha superato con esito positivo la valutazione in esame»; – il verbale del Consiglio del Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione n. 1 del 13 gennaio 2015, con cui è stata deliberata la proposta di chiamata del controinteressato come professore di seconda fascia di diritto amministrativo.
Prima dei predetti atti l’appellante non poteva – alla luce di quanto emerge dagli atti – avere alcuna contezza della lesione, concreta ed attuale, arrecatagli dalla valutazione effettuata da parte della commissione in favore del controinteressato [#OMISSIS#] Macchia.
L’onere di impugnazione – ricollegato dal codice del processo amministrativo a meccanismi di conoscenza legale, ovvero alla percezione dell’esistenza di un provvedimento amministrativo, del suo contenuto dispositivo essenziale e degli aspetti che ne evidenziano la portata pregiudizievole – non poteva sorgere per effetto della pubblicazione del decreto rettorale n. 2631 del 21 novembre 2014. Tale atto, infatti, si era limitato a nominare la commissione esaminatrice per la chiamata ai sensi dell’art. 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010, di un professore universitario di seconda fascia, presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie della Formazione per il settore scientifico-disciplinare IUS/10, senza dare ad intendere che la pure richiamata delibera del 19 novembre 2014, avesse non soltanto nominato i membri della Commissione di valutazione ma anche individuato il solo ed unico candidato. Anzi, il tenore testuale – in particolare la dicitura: «[i]l presente decreto sarà pubblicato sul sito dell’Università. Dalla data di pubblicazione decorre il termine di trenta giorni per l’eventuale ricusazione dei commissari da parte dei candidati» – dava ad intendere esattamente il contrario, ben potendo tra questi «candidati» esservi anche l’odierno appellante.
Neppure l’effetto di “piena conoscenza” – per dimostrare la quale occorre allegare fatti e non mere illazioni prive di riscontro – può ricollegarsi alla circostanza che, nel verbale del dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Roma “Tor Vergata”, nella seduta del 29 ottobre 2014, si faceva menzione del professor Macchia come candidato per la chiamata di un professore associato di Diritto amministrativo, dal momento che (come è incontestato tra le parti) si era trattato di una riunione «in composizione ristretta ai soli professori ordinari».
2.‒ Nel merito, il thema decidendum oggetto del presente gravame può essere così riassunto.
2.1.‒ L’appellante lamenta che, sebbene fosse in possesso di tutti i requisiti per partecipare alla procedura di cui al predetto art. 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010 – in quanto ricercatore a tempo indeterminato «in servizio nell’università medesima», ed abilitato come professore amministrativo di prima fascia –, gli sarebbe stato preclusa, da parte dell’Ateneo, la possibilità di partecipare alla procedura medesima, la quale sarebbe stata invece illegittimamente “riservata” soltanto al controinteressato, senza darne alcuna pubblicità.
2.2.– Le controparti sostengono invece che, interpretato letteralmente, l’art. 24, comma 6, autorizzerebbe l’upgrade a professore di II fascia per i ricercatori a tempo indeterminato già in servizio tramite una procedura valutativa “individuale”, senza necessità di valutazione comparativa tra tutti i soggetti parimenti legittimati in servizio all’interno della stessa Università.
L’espressione normativa «ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell’università medesima» servirebbe unicamente ad indicare il perimetro di coloro i quali possono usufruire di questa peculiare procedura, e non potrebbe consentire, viceversa, di trasformare surrettiziamente una procedura valutativa individuale in una differente procedura comparativa.
Tale assetto normativo avrebbe una precisa giustificazione: ciascun Dipartimento all’atto di impegnare le proprie risorse, individua ricercatori in servizio al suo solo interno, poiché è al proprio interno che esso può ragionevolmente reperire le risorse umane congrue e confacenti agli obiettivi della propria offerta formativa, tenendo conto che la procedura in esame è finalizzata proprio all’avanzamento del personale interno.
La ratio sottesa alla pubblicità prevista dalla citata disposizione si differenzierebbe in modo evidente da quella richiesta per le procedure di selezione di tipo concorsuali, quale ad esempio la procedura disciplinata dall’art. 18 della stessa legge, dove la pubblicità deriverebbe dall’esigenza di consentire a tutti i possessori dei requisiti di partecipare. Diversamente, nella procedura in esame, il compito della pubblicità sarebbe unicamente quello di rendere nota la procedura che l’Amministrazione ha attivato. Quindi, se per “pubblicità” deve intendersi semplicemente il darne notizia, il procedimento impugnato avrebbe rispettato pienamente la prescrizione legislativa, perché sia il decreto rettorale n. 2631 del 2014, di nomina della Commissione esaminatrice, sia il decreto rettorale n. 3104 del 2014, di approvazione degli atti, sono stati pubblicati sul sito web istituzionale di Ateneo.
3.‒ Il Collegio – prendendo le mosse dai principi affermati nella sentenza n. 2500 del 2018, con la quale questa stessa Sezione del Consiglio di Stato si è pronunciata su questione analoga (per quanto riferita all’ipotesi in cui gli aspiranti alla procedura di chiamata “diretta” prestavano servizio nel medesimo dipartimento) – ritiene che l’appello sia fondato.
3.1.‒ Nell’attuale contesto normativo, la copertura dei posti da professore ordinario e associato può avvenire mediante due diverse modalità: mediante procedura selettiva aperta a tutti i soggetti in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale e ai professori già in servizio (art. 18, della legge 30 dicembre 2010, n. 240.); per un massimo della metà dei posti disponibili, attraverso le procedure di selezione mediante “upgrading”, di cui all’art. 24, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240. Le disposizioni dal ultimo citate consentono alla singola Università, «nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione», di valutare i docenti titolari di contratto, in servizio presso l’Ateneo medesimo ed in possesso di abilitazione scientifica, ai fini della loro chiamata nel ruolo dei professori associati (se ricercatori) ovvero in quello dei professore ordinari (se professori associati).
In particolare, il comma 5, riguarda la procedura di valutazione del ricercatore con contratto a termine, ai fini della sua chiamata nel ruolo di professore associato; il comma 6, per il periodo transitorio dalla data di entrata in vigore della legge n. 240 del 2010 e fino al 31 dicembre del sesto anno successivo, prevede che la medesima procedura di cui al comma 5 possa essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato «in servizio nell’università medesima».
3.2.‒ Il legislatore ha affidato all’autonomia regolamentare dell’Università l’attuazione dell’art. 24, commi 5 e 6. Nella vicenda in esame, l’art. 9 del «Regolamento per la disciplina della chiamata dei Professori di prima e seconda fascia ai sensi dell’art. 18, comma 1, e dell’art. 24, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240», stabilisce (nella formulazione vigente ratione temporis) che «il dipartimento individua il candidato da sottoporre a valutazione» e che «la valutazione è effettuata da una commissione nominata dal Rettore, su proposta del dipartimento interessato che ha richiesto la copertura del posto ed è composta di tre professori di prima fascia inquadrati nel macrosettore a cui appartiene il settore concorsuale per il quale il candidato ha conseguito l’abilitazione, anche esterni ai ruoli dell’Ateneo o attivi in università o centri di ricerca di Paesi OCSE, di cui almeno un professore del settore di abilitazione del candidato». Aggiunge che «la commissione formula le proprie valutazioni tenendo conto dei criteri, dei parametri e gli indicatori stabiliti dal regolamento ministeriale, nonché in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale individuati dal regolamento dell’Università nell’ambito dei criteri fissati con il decreto ministeriale 4 agosto 2011, n. 344».
3.3.‒ Il tratto differenziale tra i due dispositivi di accesso è costituito dal fatto che, mentre il primo ha natura concorsuale – quindi aperto a tutti i candidati interessati –, il secondo prevede un meccanismo di reclutamento eccezionale riservato ai soli “interni”, ovvero al ricercatore o al professore già incardinato presso l’Università. Sennonché, la rinuncia alla massima concorsualità tipica della procedura aperta, non significa affatto che tale peculiare forma di progressione interna sia rimessa a valutazioni “libere” (secondo un criterio intuitu personae) e non trasparenti.
Tale assunto si fonda sui seguenti argomenti.
3.4.‒ Sovviene, in primo luogo, l’obbligo per il giudice dell’interpretazion