Nell’ambito di una procedura di chiamata per la copertura di un posto a professore di seconda fascia, il Consiglio di Stato, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto che fosse illegittima la revoca, da parte dell’Università, degli atti della procedura.
Nel caso di specie, il Rettore aveva proceduto a revocare la procedura sulla base dell’iter particolarmente travagliato che ne ha caratterizzato lo svolgimento, in particolare a fronte delle gravi contestazioni pervenute, della nomina del Collegio di verifica, delle conclusioni divergenti cui sono pervenuti Collegio di verifica e Commissione, dell’assoluta incertezza sull’esito della procedura, determinata dalla difformità tra le conclusioni della Commissione e del Collegio di verifica, della rilevata impossibilità di nominare la nuova Commissione di valutazione alla luce delle reiterate rinunce notificate dai membri nominati, la necessità di garantire la tempestiva conclusione della procedura e di assicurare le condizioni di assoluta imparzialità e terzietà per una obiettiva valutazione dei candidati mediante la nomina di una nuova Commissione, della ritenuta inopportunità del mantenimento e completamento della procedura concorsuale.
A fronte della sentenza del TAR Lombardia, che accoglieva il ricorso del candidato originariamente vincitore, l’Università appellava la sentenza di fronte al Consiglio di Stato, che, confermando la sentenza di primo grado, ha affermato che “la condotta dell’Università appellante, globalmente considerata […] si pone in evidente contrasto – nel suo concreto svolgersi procedurale ed indipendentemente dal merito delle valutazioni espresse dalla Commissione, piuttosto che dal Collegio di verifica – con i principi di buon andamento, efficienza ed efficacia che devono ispirare l’agire dell’amministrazione”. Inoltre, lo stesso afferma, quanto alla “assoluta incertezza sull’esito della procedura” determinata dalla difformità tra le conclusioni della Commissione e del Collegio di verifica, che tale “situazione non comporta, di per sé, la necessità di revocare l’intera procedura, ben potendosi procedere in altro modo, con l’obbiettivo di superare tale incertezza ed addivenire alla conclusione del concorso”. Non risulta convincente neppure l’asserzione secondo cui “l’Università non poteva non prendere atto della reiterate rinunce che avevano frustrato l’iniziativa di costituzione di una nuova Commissione”, dal momento che, per quanto risulta dalla documentazione prodotta in causa e non contestata, i professori ordinari e associati appartenenti all’area disciplinare oggetto del concorso, che avrebbero avuto la qualifica necessaria per assumere l’incarico di commissario, sono numerosi, sicché appare ben possibile la formazione di una nuova Commissione per la valutazione dei candidati. Pertanto, “i fatti posti a fondamento della motivazione espressa nel provvedimento impugnato non possono ritenersi ascrivibili ai presupposti di cui all’ 21 quinquies, della legge n. 241 del 1990, specie avuto riguardo ai sopravvenuti motivi di pubblico interesse e al mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento”. In sostanza, l’Università “ha revocato un atto – quello di nomina dell’originaria Commissione – senza dare conto delle ragioni per cui dovevano esserne disattese le previsioni e senza motivare in merito all’interesse pubblico perseguito con l’esercizio del potere di autotutela. Tale carenza si apprezza anche in riferimento al fatto che la scelta di revocare una procedura, per poi eventualmente bandirne un’altra per soddisfare le medesime esigenze di programmazione, si pone in tensione con i principi di economicità e di efficacia dell’azione amministrativa”.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 ottobre 2021, n. 7043
Procedura di chiamata - Revoca illegittima degli atti - art. 21 quinquies legge n. 241/90
N. 07043/2021REG.PROV.COLL.
N. 01640/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1640 del 2021, proposto da
Università degli Studi Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituito in giudizio;
nei confronti
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, sezione prima, n. 192/2021.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2021 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – Con il decreto rettorale n. 2241 del 19 giugno 2018, l’Università degli Studi di Milano ha indetto una procedura di selezione per la copertura di un posto di professore di seconda fascia ai sensi dell’art. 18, comma 1, della legge 240/2010, per il settore concorsuale C/1 (storia economica) e settore scientifico-disciplinare SECS-P/12, presso il Dipartimento di Studi Storici.
1.1 – L’appellato ha presentato domanda di partecipazione alla procedura ed all’esito della valutazione dei titoli e delle pubblicazioni si è collocato al primo posto della graduatoria con 56,5 punti. Lo stesso è stato quindi ammesso alla prova orale ed è stato sottoposto anche ad un’ulteriore prova didattica, in quanto non in possesso delle qualifiche previste dall’art. 10, comma 2, lettera k) del regolamento d’Ateneo.
1.2 – Al [#OMISSIS#] della procedura di selezione, la Commissione ha individuato all’unanimità l’appellato – dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – quale candidato maggiormente qualificato a svolgere le funzioni didattiche e scientifiche richieste dal bando, avendo quest’[#OMISSIS#] dimostrato “una solida preparazione dal punto di vista metodologico, accompagnata dalla capacità di analizzare direttamente tanto le fonti di carattere archivistico quanto la letteratura scientifica che caratterizza la ricerca storico-economica, sia con riferimento all’età moderna sia rispetto all’età contemporanea … come appare del resto evidente dalla sua estesa produzione scientifica”.
2 – In data 11 gennaio 2019, la candidata dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – esclusa dalla prova orale, essendosi collocata al quarto posto della graduatoria con 42 punti e non avendo, quindi, conseguito un punteggio sufficiente [#OMISSIS#] valutazione dei titoli e delle pubblicazioni – ha presentato al Rettore un esposto, evidenziando [#OMISSIS#] di illegittimità della procedura di selezione, sia in relazione ai criteri di valutazione, sia in relazione ai giudizi espressi dalla Commissione sui candidati.
2.2 – Il Rettore, richiamando l’art. 14 del regolamento di Ateneo, ha nominato, con il decreto n. 431 del 29 gennaio 2019, un Collegio di verifica con funzioni consultive “a supporto della verifica di regolarità degli atti della procedura”.
Il Collegio di verifica ha riesaminato integralmente i titoli e le pubblicazioni dei candidati, proponendo una nuova graduatoria, che ha visto la candidata [#OMISSIS#] al primo posto e l’appellato al quarto posto.
2.3 – Il Rettore, ricevuto il verbale redatto dal Collegio di verifica, ha richiesto alla Commissione, con la nota n. 34894 del 5 aprile 2019, di riesaminare i titoli e le pubblicazioni dei candidati.
2.4 – [#OMISSIS#] seduta del 16 aprile 2019, la Commissione, preso atto della richiesta del Rettore e presa visione del verbale redatto dal Collegio di verifica e dei rilievi dallo stesso formulati, ha rinnovato il proprio giudizio e, in applicazione dei criteri di valutazione predeterminati nel verbale n. 1, ha confermato i punteggi già attribuiti e, di conseguenza, la graduatoria finale, con l’appellato collocato al primo posto.
3 – Il Rettore, con il decreto n. 1840 del 20 [#OMISSIS#] 2019, ha disposto, ai sensi dell’art. 21 quinquies della L. n. 241/1990, la revoca del decreto n. 3323 del 3 ottobre 2018 “per la sola parte [#OMISSIS#] quale è stata nominata la Commissione giudicatrice per la procedura in questione, con conseguente inefficacia di tutti gli atti conseguenti redatti dalla stessa Commissione” e ha rimesso la procedura ad una nuova Commissione da costituirsi ai sensi della normativa vigente, considerato che la difformità tra le valutazioni espresse dai collegi, “entrambi composti da esperti della materia concorsuale”, non consentirebbe “di chiarire in modo inequivoco, i dubbi sollevati in merito ai presunti [#OMISSIS#] di illegittimità della procedura, né, per l’effetto, di procedere all’approvazione degli atti”.
3.1 – Avverso tale provvedimento il dott. [#OMISSIS#] ha proposto ricorso al T.A.R. per la Lombardia.
A tal fine ha dedotto:
a) violazione degli artt. 97 Cost., 1, 3, 7, 17bis, 20 e 21 quinquies della L. n. 241/1990; violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, in quanto il decreto di revoca della Commissione non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, tenuto conto che il ricorrente era il vincitore della procedura;
b) violazione dell’art. 5 del D.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, dell’art. 14 del regolamento dell’Università degli Studi di Milano per la disciplina della chiamata dei professori di prima e seconda fascia, degli artt. 1, 3, 21 quinquies e 21 septies della L. n. 241/1990, e dell’art. 17 del Bando di concorso; sviamento di potere, in quanto il controllo assegnato al Rettore è di tipo formale, non potendo incidere sulla discrezionalità tecnica assegnata alla Commissione esaminatrice;
c) violazione dell’art. 5 del D.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, dell’art. 14 del regolamento dell’Università degli Studi di Milano per la disciplina della chiamata dei professori di prima e seconda fascia, dell’art. 17 del Bando di concorso, dell’art. 21 quinquies della L. 7 agosto 1990, n. 241; incompetenza; sviamento di potere, poiché il provvedimento rettorale di autotutela si fonderebbe su una motivazione illogica e irragionevole, con riferimento ai tre [#OMISSIS#] di contrasto tra le conclusioni del Collegio di verifica e quelle della Commissione;
d) violazione dell’art. 5 del D.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, degli artt. 12 e 14 del regolamento dell’Università degli Studi di Milano per la disciplina della chiamata dei professori di prima e seconda fascia, dell’art. 17 del Bando di concorso, degli artt. 1, 3, 21 quinquies della L. 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, travisamento dei presupposti, in quanto la scelta dei componenti del Collegio di verifica sarebbe ricaduta su docenti di Storia Moderna che, in quanto appartenenti ad altro SSD (M-STO/02), non potrebbero essere ritenuti “esperti” del SSD a cui afferisce la selezione di trattasi.
4 – Successivamente, il Rettore, con il decreto n. 2920 del 31 luglio 2019, ha nominato i nuovi componenti della Commissione, che, tuttavia, non hanno accettato la nomina. Anche quelli successivamente nominati con il decreto n. 3038 del 7 agosto 2019 hanno ugualmente rifiutato la nomina.
4.1 – Quindi, il Rettore, con il decreto n. 3120 del 23 agosto 2019, preso atto delle rinunce, ha revocato il bando di indizione della procedura.
4.2 – Tale provvedimento, unitamente ai decreti di nomina della Commissione (mai insediatasi), è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti.
A tal fine, il ricorrente ha dedotto:
a) violazione dell’art. 21 septies della L. n. 241/1990; violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa; incompetenza; eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, posto che sussisterebbero i presupposti per effettuare una rivalutazione dei candidati e il Rettore non avrebbe avuto il potere di revocare la procedura;
b) violazione dell’art. 97 Cost., degli artt. 1, 3, 7 e 21 quinquies L. n. 241/1990, dell’art. 18 L. 240/2010; violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, poiché non sussisterebbe una motivazione plausibile delle mutate ragioni di interesse pubblico a fondamento della revoca della procedura. L’inadeguatezza della motivazione sarebbe evidente alla luce della cornice normativa tracciata dall’art. 18 della L. 240/2010, ai sensi del quale le procedure per la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia di ciascun ateneo statale sono effettuate sulla base di una programmazione triennale volta a garantire la sostenibilità nel tempo degli oneri finanziari e stipendiali.
5 – Con la sentenza n. 192/2021, il T.A.R. per la Lombardia ha accolto il ricorso introduttivo ed ha in parte dichiarato inammissibile, in parte accolto il ricorso per motivi aggiunti; per l’effetto, ha annullato il decreto del Rettore n. 3120 del 23.8.2019.
Ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. e), c.p.a., il T.A.R. ha precisato che: “il Rettore, anche tenendo conto dei principi affermati [#OMISSIS#] presente decisione, dovrà nuovamente pronunciarsi sulla regolarità degli atti della procedura non annullati dal Tribunale (in particolare gli atti formati dalla Commissione, potendo alternativamente addivenire ad una decisione allo stato degli atti ovvero, facendo corretta applicazione dell’art. 14 del Regolamento di Ateneo per la disciplina della chiamata dei professori di prima e seconda fascia, ricorrendo all’[#OMISSIS#] meramente consultivo del Collegio di verifica, che dovrà essere composto da esperti del medesimo settore scientifico disciplinare indicato nel bando e che dovrà pronunciarsi sugli atti formati dalla Commissione nei limiti sopra indicati”.
6 – L’Università ha impugnato tale sentenza per i motivi di seguito esaminati.
7 – Con il primo motivo di appello, l’Ateneo contesta l’accoglimento del motivo con il quale il ricorrente ha censurato il D.R. 3120/2019 di revoca della procedura, ritenendo che i fatti posti a fondamento della motivazione non integrassero i presupposti dell’art. 21 quinquies della L. 241/90.
Tale conclusione sarebbe erronea e smentita dai fatti, visto che la revoca darebbe adeguatamente conto di un insieme di elementi fattuali complessivamente valutati, e precisamente:
– il lungo tempo trascorso dal bando della procedura e l’iter particolarmente travagliato che ne ha caratterizzato lo svolgimento, in particolare a fronte delle gravi contestazioni pervenute, della nomina del Collegio di verifica, delle conclusioni divergenti cui sono pervenuti Collegio di verifica e Commissione;
– l’assoluta incertezza sull’esito della procedura, determinata dalla difformità tra le conclusioni della Commissione e del Collegio di verifica;
– l’obiettiva necessità di garantire la tempestiva conclusione della procedura, tuttora pendente;
– la rilevata impossibilità di nominare la nuova Commissione di valutazione, alla luce delle reiterate rinunce notificate dai membri nominati;
– la necessità di garantire la tempestiva conclusione della procedura e di assicurare le condizioni di assoluta imparzialità e terzietà per una obiettiva valutazione dei candidati, mediante la nomina di una nuova Commissione;
– la ritenuta inopportunità del mantenimento e completamento della procedura concorsuale ai fini del rispetto dei principi di efficienza, efficacia, celerità ed economicità dell’azione amministrativa.
7.1 – Sotto altro profilo, parte appellante contesta l’assunto del T.A.R. secondo cui, rientrando la procedura [#OMISSIS#] programmazione triennale del fabbisogno del personale docente, la legittimità della revoca avrebbe presupposto un “mutamento delle esigenze di approvvigionamento o di sopravvenuto deficit delle risorse finanziarie”.
Al riguardo, l’Università evidenzia che la funzione della programmazione triennale risiede essenzialmente [#OMISSIS#] necessità di garantire la copertura finanziaria delle nuove posizioni da acquisire. Più precisamente, la normativa riconosce [#OMISSIS#] Atenei la facoltà di procedere con il reclutamento, ma non istituisce un corrispondente vincolo nelle tempistiche di acquisizione del personale docente e ricercatore, in esecuzione della programmazione deliberata, e ciò, in specie, ove sopravvengano, prima dell’approvazione e della relativa trasmissione al Dipartimento, nuove circostanze e/o valutazioni dell’amministrazione.
8 – L’appello, nelle sue plurime articolazioni, è infondato, dovendosi integralmente confermare la statuizione del [#OMISSIS#] di prime cure.
In via preliminare, deve rilevarsi che le “circostanze fattuali” che, secondo l’appellante, giustificherebbero il provvedimento di revoca della procedura, sono frutto dell’operato della stessa amministrazione, essendo la stessa che vi ha dato causa. Vale un analogo discorso a proposito del lungo tempo che sarebbe trascorso dall’indizione della procedura, il cui protrarsi deve essere attribuito allo stesso Ateneo.
Al riguardo, la condotta dell’Università appellante, globalmente considerata e così come emergente dagli atti di causa ([#OMISSIS#] ogni successivo accertamento, già imposto dalla sentenza di primo grado), appare sintomatica del riscontrato vizio di sviamento rispetto al fine che la procedura in questione, ed i connessi poteri attribuiti al Rettore, debbono perseguire, ponendosi in evidente contrasto – nel suo concreto svolgersi procedurale ed indipendentemente dal merito delle valutazioni espresse dalla Commissione, piuttosto che dal Collegio di verifica – con i principi di buon andamento, efficienza ed efficacia che devono ispirare l’agire dell’amministrazione.
Quanto alla “assoluta incertezza sull’esito della procedura”, determinata dalla difformità tra le conclusioni della Commissione e del Collegio di verifica, oltre al rilievo che precede, deve aggiungersi come tale situazione non comporta, di per sé, la necessità di revocare l’intera procedura, ben potendosi procedere in altro modo, con l’obbiettivo di superare tale incertezza ed addivenire alla conclusione del concorso.
Non risulta convincente neppure l’asserzione secondo cui “l’Università non poteva non prendere atto della reiterate rinunce che avevano frustrato l’iniziativa di costituzione di una nuova Commissione”, dal momento che, per quanto risulta dalla documentazione prodotta in causa e non contestata, i professori ordinari e associati appartenenti all’area disciplinare oggetto del concorso, che avrebbero avuto la qualifica necessaria per assumere l’incarico di commissario, sono numerosi, sicché appare ben possibile la formazione di una nuova Commissione per la valutazione dei candidati.
Alla luce delle considerazioni che precedono, i rilievi di parte appellante non risultano idonei a superare la conclusione del [#OMISSIS#] di primo grado, secondo cui i fatti posti a fondamento della motivazione espressa nel provvedimento impugnato non possono ritenersi ascrivibili ai presupposti di cui all’ 21 quinquies, della legge n. 241 del 1990, specie avuto riguardo ai sopravvenuti motivi di pubblico interesse e al mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento.
La giurisprudenza ha chiarito che “le ragioni addotte a sostegno della revoca devono rivelare la consistenza e l’intensità dell’interesse pubblico che si intende perseguire con il ritiro dell’atto originario; la motivazione della revoca deve essere profonda e convincente, nell’esplicitare, non solo i contenuti della nuova valutazione dell’interesse pubblico, ma anche la sua prevalenza su quello del privato che aveva ricevuto vantaggi dal provvedimento originario a lui favorevole” (Consiglio di Stato, 29 novembre 2016, n. 5026).
8.1 – Il riscontrato difetto di motivazione e l’insufficienza delle ragioni poste a sostegno del provvedimento impugnato risultano correttamente corroborate dall’ulteriore passaggio della sentenza di primo grado, [#OMISSIS#] parte in cui ha messo in luce che le ragioni poste a fondamento dello ius penitendi dell’Università “non sono coerenti né con il quadro fattuale, né con la cornice normativa di riferimento”, tenuto conto che “il Bando in questione dà espressamente atto che le relative procedure di chiamata “rientrano [#OMISSIS#] programmazione triennale” e richiama le delibere con cui il Consiglio di Amministrazione ha disposto l’assegnazione ai Dipartimenti dei posti di professore di II fascia nonché le delibere con cui i Consigli di Dipartimento hanno fornito le indicazioni utili per l’emanazione dei relativi bandi” mentre “nessun elemento riferibile al mutamento delle esigenze di approvvigionamento o di sopravvenuto deficit delle risorse finanziarie viene addotto dal Rettore a sostegno della proposta di revoca della procedura”.
Al riguardo, deve convenirsi con la prospettazione dell’Università laddove precisa che la normativa riconosce [#OMISSIS#] Atenei la facoltà di procedere con il reclutamento, ma non istituisce un corrispondente vincolo assoluto nelle tempistiche di acquisizione del personale docente, così come previsto dalla programmazione triennale. Tuttavia, ciò che rileva nel presente giudizio, avente ad oggetto la legittimità del provvedimento di revoca, risiede nel fatto che l’Università, nonostante le previsioni programmatiche adottate, ha revocato un atto attuativo delle stesse, senza dare conto delle ragioni per cui dovevano esserne disattese le previsioni e senza motivare in merito all’interesse pubblico perseguito con l’esercizio del potere di autotutela.
Tale carenza si apprezza anche in riferimento al fatto che la scelta di revocare una procedura, per poi eventualmente bandirne un’altra per soddisfare le medesime esigenze di programmazione, si [#OMISSIS#] in tensione con i principi di economicità e di efficacia dell’azione amministrativa.
9 – Devono essere disattese anche le censure con le quali l’Università contesta l’accoglimento del ricorso originario, deducendo che la pronuncia di primo grado si baserebbe su circostanze erronee.
Secondo l’appellante, contrariamente all’assunto del T.A.R., il Collegio di verifica, nell’espletamento del suo mandato, ha ravvisato [#OMISSIS#] di illogicità e incongruenza nelle valutazioni effettuate dalla Commissione, proprio nell’applicazione dei criteri prestabiliti dalla Commissione stessa. In particolare, con riferimento ai candidati dott.ri [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#], il Collegio ha ritenuto di segnalare, quanto al primo, una sopravalutazione dei punteggi (soprattutto delle pubblicazioni) e, quanto alla seconda, una sottovalutazione dei titoli e delle pubblicazioni, e ciò sempre in applicazione dei medesimi criteri stabiliti dalla Commissione. Per l’effetto, secondo l’appellante, il Collegio di verifica ha proceduto non alla formulazione ex novo di una diversa graduatoria di merito, bensì all’indicazione di come sarebbe stata la stessa graduatoria originaria, ove i criteri valutativi della Commissione fossero stati da questa applicati coerentemente.
9.1 – Come anticipato la censura è inammissibile ed in ogni [#OMISSIS#] infondata.
Al riguardo, giova ricordare che il T.A.R. ha desunto l’illegittimità degli atti impugnati con il ricorso di primo grado per una serie di vizi tra loro collegati, ma aventi anche una loro autonoma portata lesiva.
[#OMISSIS#] specifico, il [#OMISSIS#] di primo grado, ha rilevato che:
a) nel provvedimento di nomina del Collegio di verifica, il Rettore non esplicita quali sarebbero le circostanze da cui ha tratto il convincimento circa l’opportunità di ricorrere alla consulenza di detto Collegio, facendo mero riferimento all’esposto della candidata. Tale riferimento appare però un semplice antecedente storico, non essendo accompagnato dall’esplicitazione del contenuto dell’esposto stesso, né da alcuna autonoma manifestazione di giudizio del Rettore in relazione al contenuto predetto;
b) nel provvedimento di nomina non è stato circoscritto l’ambito del mandato conferito al Collegio, sicché deve ritenersi, necessariamente, che lo stesso dovesse operare nei limiti di cui all’art. 14 del Regolamento, dunque esaminando gli atti “predisposti” dalla Commissione, senza tuttavia sovrapporre una propria valutazione o “ripetere” l’attività svolta;
c) il Collegio di verifica, lungi dal fornire un parere circa gli atti assunti dalla Commissione, ha espresso una propria valutazione su ciascuno dei candidati, non facendo riferimento, secondo quanto risulta dal verbale della riunione del 25 marzo 2019, né ai criteri stabiliti dalla Commissione giudicatrice, né a propri criteri autonomamente e previamente determinati.
Con l’appello si censura sostanzialmente solo quest’[#OMISSIS#] rilievo, mentre alcuna contestazione specifica investe gli ulteriori aspetti dai quali il T.A.R. ha tratto il proprio convincimento, con quanto ne consegue in termini di ammissibilità dell’appello (Cons. St., sez. V, 30.04.2009, n. 2763: “deve ritenersi inammissibile l’appello ove la sentenza impugnata si regga su una pluralità di ragioni autonome, ognuna delle quali è da sola in grado di sorreggerla perché fondata su specifici presupposti logico giuridici, e l’appellante abbia omesso di censurare una di esse”).
9.2 – In ogni [#OMISSIS#], la prospettazione dell’appellante risulta anche smentita dalle risultanze processuali.
Il ricorrente originario ha infatti evidenziato che le affermazioni dell’Università sono in contrasto con la documentazione prodotta in causa, e precisamente:
– con il verbale della riunione del 25 marzo 2019 del Collegio di verifica, da cui risulta che detto organo, come correttamente rilevato dal T.A.R., non ha fatto riferimento ad alcun criterio prestabilito (quindi, né ai criteri stabiliti dalla Commissione, né ad altri criteri autonomamente determinati), disancorando la propria valutazione da qualsivoglia parametro preventivamente determinato (con conseguente impossibilità di rintracciare l’iter logico del giudizio);
– con il verbale della Commissione del 16 aprile 2019 di rinnovazione dell’attività valutativa alla luce dei rilievi del Collegio di verifica, in cui si legge: “i criteri di valutazione, le procedure e le modalità adottate sono diverse rispetto a quelle stabilite dal bando, dalle norme applicate dall’Ateneo e, di conseguenza, da quelle utilizzate dalla Commissione giudicatrice stessa”.
10 – In definitiva, alla luce delle considerazioni che precedono, deve trovare integrale conferma la sentenza impugnata. Conseguentemente, non vi è luogo a pronunciare sui motivi assorbiti dal primo [#OMISSIS#], come riproposti dall’appellato dott. [#OMISSIS#].
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello e condanna parte appellante alla refusione delle spese di lite in favore di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], che si liquidano in €5.000, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 7 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
IL SEGRETARIO
Pubblicato il 20/10/2021