Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 ottobre 2018, n. 6009

CINECA - rapporto con le università consorziate - mancato riconoscimento di organismo in house providing

Data Documento: 2018-10-22
Area: Giurisprudenza
Massima

E’ contraria ai principi di tutela della concorrenza e del libero mercato della prassi, adottata da un sempre crescente numero di Università, consorziate e non consorziate, di acquisire da Cineca (e, per tramite di questa, dalla società interamente controllata), la fornitura dei software gestionali e dei relativi servizi di assistenza, in assenza di una qualsivoglia forma di confronto concorrenziale, rilevando che, che nei rapporti tra le Università consorziate e il Cineca, non fossero configurabili gli stringenti requisiti di legittimità cui la giurisprudenza comunitaria subordina il richiamo alla figura dell’in house providing.
In particolare, il Consiglio di Stato ‒ con le sentenze 26 maggio 2015, n. 2660, e 30 aprile 2018, n. 2583 ‒ ha ritenuto insussistente il requisito del ‘controllo analogo’ in ragione della presenza di enti privati nella compagine del Consorzio Cineca, escludendo che questa conclusione potesse essere modificata per effetto di direttive europee sopravvenute, ma all’epoca non ancora attuate per la parte rilevante (il riferimento era all’art. 12 della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, all’art. 28 della direttiva 2014/25/UE sui settori speciali e all’art. 17 della direttiva 2014/23/UE sulle concessioni).

Contenuto sentenza

N. 06009/2018REG.PROV.COLL.
N. 04267/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4267 del 2017, proposto dal Consorzio Interuniversitario Cineca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Sbrana, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via Vittoria Colonna, n. 40; 
contro
la società Be Smart s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Romano, Gian [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, Foro Traiano, n. 1a; 
nei confronti
il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tar Lazio, Sez. III-bis, n. 2922 del 2017;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Be Smart s.r.l. e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2017 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti l’avvocato [#OMISSIS#] Sbrana, l’avvocato dello Stato [#OMISSIS#] D’Ascia e l’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.‒ L’appellante Consorzio Interuniversitario CINECA premette:
– di essere stato costituito su iniziativa del Ministero della Pubblica Istruzione in data 14 luglio 1967, attraverso la Convenzione sottoscritta dai Rettori delle Università di Bologna, Firenze, Padova e dal Rettore dell’Istituto Universitario di Economia e Commercio e di Lingue e Letterature Straniere di Venezia, ai sensi degli articoli 60 e 61 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592;
– di essere ad oggi partecipato dal MIUR, da otto Enti di ricerca nazionali e da oltre settanta atenei universitari;
– di essere sottoposto alla vigilanza dello stesso MIUR e di essere uno dei più importanti centri di calcolo a livello mondiale, svolgendo principalmente attività che consistono nell’elaborare e gestire sistemi informatici nell’interesse del sistema nazionale dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nel promuovere l’utilizzo dei più innovativi sistemi di elaborazione dell’informazione a sostegno della ricerca scientifica e tecnologica e delle sue applicazioni e nel garantire i servizi di calcolo scientifico ad alte prestazioni al sistema nazionale della ricerca;
– che, per quanto concerne i servizi erogati nell’interesse del MIUR e del sistema universitario nazionale, il CINECA, ha messo a punto numerosi software e strumenti informatici di supporto, caratterizzati da tecnologie avanzate e sicure (quali, ad esempio, la realizzazione dell’archivio nazionale dei ruoli del personale docente e dei ricercatori in servizio negli atenei);
– che i suddetti servizi vengono affidati al CINECA nella sua qualità di struttura istituzionalmente preposta al settore IT del Ministero, posta a base del decreto-legge n. 78 del 2015;
– che il rapporto giuridico tra Ministero e Consorzio, sulla base di quanto previsto all’art. 9 del decreto-legge n. 78 del 2015, è inquadrabile nel modello organizzativo dell’in house providing, con conseguente obbligo per lo stesso Consorzio di prestare i servizi in esame esclusivamente in favore del Ministero e delle altre amministrazioni aggiudicatrici consorziate, limitando le c.d. attività di mercato alla marginale percentuale del 20 per cento del totale;
– che la prestazione di tali servizi esula dal mercato concorrenziale, essendo circoscritta al rapporto con i consorziati pubblici;
– che, al fine di assicurare il sostentamento delle attività svolte dal CINECA a vantaggio della ricerca scientifica e tecnologica e del sistema nazionale dell’istruzione e dell’università, l’art. 16, comma 1, lettera b), dello Statuto prevede che il MIUR eroghi annualmente un contributo correlato a determinate attività;
– che, con il decreto n. 335 del 2015, il Ministero ha stanziato l’importo dei finanziamenti da erogare a favore del CINECA per i servizi concernenti il c.d. “supercalcolo” (ovvero il sistema di calcolo scientifico ad alte prestazioni) e per i servizi strumentali messi a disposizione dello stesso MIUR e del sistema universitario dal Consorzio.
1.1.‒ Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (n. 10615 del 2015), la società Be Smart s.r.l., operante nel settore dei servizi tecnologici, chiedeva l’annullamento del sopra menzionato decreto, recante un contributo per l’anno 2015, quantificato in € 11.000.000,00 per il “supercalcolo”; e in € 18.700.000,00 per il funzionamento dei servizi messi a disposizione del MIUR e del sistema universitario.
La ricorrente, sul presupposto che la misura economica erogata avesse la natura di aiuto di Stato, contestava:
– la violazione dell’art. 107, paragrafi 1 e 3, del TFUE, in quanto il decreto oggetto di gravame non rispetterebbe le condizioni ed i criteri da rispettare per considerare compatibili con il mercato interno le misure di aiuto di Stato volte a promuovere progetti di ricerca, sviluppo e innovazione;
– la violazione dell’art. 108 TFUE e del Regolamento n. 659/1999, che impongono agli Stati membri che intendano erogare un aiuto di Stato, sia di notificare preventivamente la misura alla Commissione europea, sia di non dare esecuzione all’aiuto prima che la Commissione lo abbia debitamente autorizzato, con propria decisione ex art. 108 TFUE, dichiarandone la compatibilità con il mercato interno.
2.– Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con la sentenza n. 2922 del 2017, ha accolto in parte il ricorso promosso da Be Smart, rilevando che:
– il contributo relativo al c.d. supercalcolo non è un aiuto di stato ai sensi del par. 1 dell’art. 107 del TFUE, in considerazione del fatto che, da un lato, il Cineca tiene effettivamente una contabilità separata nel senso richiesto dalla normativa comunitaria sulla trasparenza e, dall’altro, che il finanziamento pubblico è utilizzato quasi esclusivamente per attività di natura non economica, con la relativa conseguenza in ordine alla sottrazione integrale del finanziamento di cui trattasi relativo al supercalcolo dalla normativa in materia di aiuti;
– al contrario, il contributo relativo alle attività connesse al funzionamento dei servizi informatici messi a disposizione del MIUR e del sistema universitario rappresenta un aiuto di stato da ritenersi illegale per la mancata notifica di cui al par. 3 dell’art. 108 del TFUE.
Su queste basi, il TAR ha annullato il decreto ministeriale. n. 335 dell’8 giugno 2015, ordinando al MIUR la sospensione del pagamento al Cineca del contributo di € 18.700.000.
3.– Avverso il capo di sentenza che lo ha visto soccombente, relativo al contributo al funzionamento dei servizi informatici messi a disposizione del MIUR e del sistema universitario, hanno proposto appello il Cineca ed il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, argomentando diffusamente le ragioni per le quali dovrebbe essere respinto il ricorso di primo grado.
4.– Si è costituita in giudizio la Be Smart s.r.l., sia replicando alle censure mosse dal Consorzio, sia proponendo appello incidentale avverso il capo della sentenza di primo grado che ha rigettato la domanda relativa all’annullamento del contributo al finanziamento dell’attività di supercalcolo.
5.‒ All’esito dell’udienza del 27 dicembre 2017 e della successiva camera di consiglio del 2 maggio 2018, la causa è stata discussa e decisa nei termini che seguono.
DIRITTO
1.‒ La disciplina degli aiuti di Stato (contenuta alla Sezione II del Titolo VII del TFUE, contenente «Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni») è costituita da un complesso intreccio di divieti, esenzioni ed autorizzazioni, avente l’obiettivo di impedire che benefici pubblici (di qualsiasi natura) disposti in favore delle imprese nazionali determino barriere all’integrazione europea, causando un danno rilevante sull’economia di un determinato settore produttivo o merceologico.
Il divieto degli aiuti pubblici anticompetitivi è un elemento centrale della politica di concorrenza, la cui applicazione è riferita non soltanto agli operatori economici privati, ma anche alle attività economiche svolte da imprese pubbliche o da altri organismi dello Stato, al fine di impedirne un’artificiosa e quindi improduttiva competitività.
1.1.‒ Alla luce dell’art. 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, gli aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno consistono in agevolazioni di natura pubblica, rese in qualsiasi forma ‒ siano esse sovvenzioni, prestiti a tasso agevolato, garanzie contro un corrispettivo non di mercato (vendita di beni, locazione di immobili, acquisizione di servizi a condizioni preferenziali per le imprese, riduzioni fiscali, partecipazioni al capitale di imprese), a condizioni che non sarebbero accettate da un ‘buon investitore privato’ operante in normali condizioni di mercato ‒, purché in grado di favorire talune imprese o talune produzioni e di falsare o minacciare di falsare la concorrenza, nella misura in cui incidono sugli scambi tra gli Stati membri.
1.2.‒ L’ordinamento europeo è consapevole che, in talune condizioni, l’intervento statale può, tuttavia, corrispondere a legittime esigenze di potenziamento della capacità creativa, tecnologica ed organizzativa della società economica. Per questo motivo, sono consentite alcune «deroghe» (art. 107, par. 2 e 3) al principio dell’incompatibilità degli aiuti per la realizzazione di obiettivi di comune interesse europeo, ovvero per correggere taluni fallimenti del mercato, nel rispetto dei canoni di necessità e proporzionalità.
1.3.‒ In ragione del fatto che non tutti gli aiuti hanno un impatto rilevante sugli scambi e sulla concorrenza tra gli Stati membri, l’ordinamento europeo ha introdotto, per gli aiuti di importo poco elevato, generalmente accordati alle piccole e medie imprese, una regola – detta «de minimis» – che fissa una cifra assoluta al di sotto della quale, in ossequio a un’esigenza di semplificazione amministrativa, l’aiuto non è più soggetto all’obbligo della comunicazione.
A tal fine, l’art. 3 del regolamento (UE) 18 dicembre 2013, n. 1407/2013 (Regolamento della Commissione relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea sugli aiuti «de minimis») – che ha sostituito il regolamento della Commissione europea 15 dicembre 2006, n. 1998/2006 (Regolamento della Commissione relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d’importanza minore «de minimis») – dispone: «1. Le misure di aiuto che soddisfano le condizioni di cui al presente regolamento sono considerate misure che non rispettano tutti i criteri di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato e pertanto sono esenti dall’obbligo di notifica di cui all’art. 108, paragrafo 3 del trattato. 2. L’importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi da uno Stato membro ad un’impresa unica non può superare 200.000 EUR nell’arco di tre esercizi finanziari».
1.4.‒ Nella sistema degli aiuti di Stato, il controllo rimane accentrato nei poteri della Commissione, considerata la necessità di una valutazione complessiva, sia delle esigenze del mercato interno, sia delle inevitabili correlazioni con le altre politiche dell’Unione (a differenza delle norme antitrust, per le quali, con il regolamento n. 1/2003, è stato realizzato un sensibile decentramento nell’attività di controllo).
Le principali disposizioni che regolano la competenza della Commissione ed il procedimento per realizzare il sindacato sulla compatibilità degli aiuti di Stato e la relativa autorizzazione sono contenute nell’art. 108, paragrafo 3, del TFUE, il quale dispone che: «Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell’articolo 107, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale».
In esecuzione della disposizione sovranazionale, l’art. 45, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, stabilisce che: «Le amministrazioni che notificano alla Commissione europea progetti volti a istituire o a modificare aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, contestualmente alla notifica, trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche europee una scheda sintetica della misura notificata».
Gli aiuti concessi senza l’approvazione della Commissione sono automaticamente considerati “illegali”. Qualora constati l’incompatibilità di un aiuto o una sua attuazione difforme dall’autorizzazione, la Commissione decide la sua soppressione o modifica.
1.5.‒ La presente controversia non riguarda la compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafi 2 e 3, e dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, la quale deve essere valutata dalla Commissione.
Viene invece in esame il rispetto del predetto obbligo degli Stati membri di preventiva notificazione dei progetti d’aiuto e di differire l’esecuzione di detti progetti sino a quando la Commissione non si sia pronunciata sulla compatibilità della misura con il mercato unico.
1.6.‒ Va ancora preliminarmente rimarcato come le definizioni di cui agli artt. 107 (da cui evincere la nozione di aiuto di Stato e contenente le deroghe al principio di incompatibilità), 108 (afferente alla procedura di controllo degli aiuti) e 109 del TFUE (che attribuisce al Consiglio il potere di adottare regolamenti in materia) siano tutte caratterizzate da una parziale indeterminatezza della fattispecie normativa, al cui interno è potenzialmente sussumibile una ricchissima varietà di casi.
Per questi motivi, i tratti qualificativi della nozione dovranno essere ricostruiti alla luce delle pronunce della Corte di giustizia e degli atti della Commissione.
Quest’ultima ha opportunamente utilizzato, per fornire maggiore certezza e stabilità ai propri orientamenti, lo strumento delle ‘Comunicazioni’, atti giuridici non contemplati dal Trattato (e non vincolanti), ma particolarmente utili, non solo per far conoscere agli interessati i propri criteri interpretativi, ma anche per fornire un idoneo supporto ai giudici nazionali e ai potenziali ricorrenti riguardo alla nozione di aiuto di Stato (da ultimo, vi è stata la «Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato, 2016/C 262/01»).
2.– Vanno esaminati congiuntamente gli appelli promossi dal Consorzio Cineca e dal MIUR, avverso il capo della sentenza di primo grado che ha accertato l’illegalità del contributo di € 18.700.000,00 concesso al Consorzio, con il decreto ministeriale impugnato, per il «funzionamento dei servizi informatici messi a disposizione del MIUR e del sistema universitario».
2.1.‒ Il contributo ministeriale in contestazione va raccordato alle seguenti previsioni dello Statuto del Consorzio:
– l’art. 3, comma 1, lettera f), prevede che tra le finalità istituzionali del CINECA rientra quella di «elaborare, predisporre e gestire, nell’interesse del sistema nazionale dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e senza oneri aggiuntivi, fatto salvo il contributo previsto nell’art. 16, comma 1, lettera b), appositi sistemi informatici»;
– l’art. 16, comma 1, lettera b), aggiunge che «le risorse del Consorzio sono costituite […] dal contributo annuale erogato dal MIUR, correlato alle attività poste in essere dal Consorzio ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera a), b) ed f)».
3.– In via pregiudiziale, la sentenza appellata viene censurata nella parte in cui ha disatteso l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse a ricorrere da parte della società Be Smart.
In particolare, le appellanti ripropongono la tesi secondo cui:
– l’annullamento risulterebbe del tutto neutro rispetto alla posizione di mercato rivestita da Be Smart, non consentendo a quest’ultima né di concorrere per l’eventuale assegnazione del contributo, né, tantomeno, di far crescere la quota di mercato attualmente detenuta;
– come espressamente previsto dall’art. 9 del decreto-legge n. 78 del 2015, con specifico riferimento ai c.d. servizi gestionali affidati dal MIUR e dal sistema universitario (a cui il contributo si riferisce), i soggetti concorrenti del CINECA potrebbero essere soltanto altri «enti, anche con personalità giuridica di diritto privato, costituiti su iniziativa delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165» e sui quali tali amministrazioni pubbliche esercitano la forma tipica di ‘controllo analogo’;
– rispetto alle attività cui il contributo ministeriale è funzionale, essa non può in alcun modo essere qualificata come “concorrente” del CINECA.
L’eccezione è infondata per le seguenti ragioni.
3.1.‒ La procedura di controllo basata sul rapporto Commissione-Stato (public enforcement) non sarebbe efficace se non affiancata da un modello di controllo incentrato anche sulle azioni che i singoli concorrenti dei beneficiari e terzi interessati possono proporre dinanzi alle corti interne (privateenforcement). Le azioni intentate da questi ultimi ‒ volte ad ottenere, segnatamente: la sospensione del pagamento dell’aiuto illegale; il recupero dello stesso indipendentemente dalla sua compatibilità; il risarcimento dei danni ‒ offrono un mezzo decisivo di tutela quanto l’aiuto è illegale, perché non è stato notificato, oppure perché l’autorità vi ha dato esecuzione prima dell’approvazione della misura da parte della Commissione.
In tali casi, infatti, i poteri della Commissione nella protezione dei concorrenti e dei terzi interessati da aiuti illegali sono limitati e possono richiedere tempo.
3.2.‒ L’impugnazione di una misura agevolativa statale da parte dei terzi non beneficiari, quali le imprese concorrenti (e le loro organizzazioni professionali), è condizionata, secondo i canoni generali del processo impugnatorio, dall’esistenza di un loro interesse diretto ed individuale.
In ragione del principio di leale cooperazione ‒ alla cui stregua «l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati» (art. 4, par. 3, del Trattato Ue) ‒ va però rilevato che le modalità procedurali interne (incluse le norme sulle condizioni dell’azione) non devono essere strutturate in modo tale da rendere impossibile o eccessivamente difficile in pratica l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (cfr. CGUE, C-368/04, Transalpine Ölleitung in Österreich, punto 45; C-174/02, Streekgewest, punto 18; C-33/76, Rewe, punto 5).
3.3.‒ Nel caso in esame, la legitimatio ad causam della Be Smart s.r.l. deriva dalla sua posizione giuridica ‒ differenziata rispetto alla restante platea degli operatori economici ‒ di impresa attiva nel comparto dell’Information and Communication Technology, in cui rientrano le attività di supporto informatico al M.I.U.R. (quali la progettazione di appositi portali tematici e di banche dati, l’informatizzazione dei processi e la loro dematerializzazione), cui si riferisce il contributo in esame.
3.4.– Contrariamente a quanto ritenuto dalle appellanti, l’interesse a ricorrere non è affatto escluso dall’art. 9, comma 11-quater, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78.
Si tratta di una sopravvenienza normativa che ‒ oltre a non essere applicabile ratione temporis ‒ non intacca l’interesse della concorrente ad ottenere la sospensione ed il recupero dell’aiuto illegale (per il tempo in cui esso abbia avuto esecuzione, ed indipendentemente dalla sua compatibilità sostanziale), oltre che l’accertamento della violazione di legge a fini eventualmente risarcitori, in relazione ai pregiudizi effettivamente subiti.
La disposizione invocata ‒ per la quale «I servizi informativi strumentali al funzionamento dei soggetti facenti parte del sistema dell’istruzione, dell’università e della ricerca possono essere svolti da detti soggetti direttamente o per il tramite di enti, anche con personalità giuridica di diritto privato, costituiti su iniziativa delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e da queste partecipati, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni» ‒ consente, solo in astratto, ai soggetti facenti parte del sistema dell’istruzione, dell’università e della ricerca di acquistare i servizi informativi strumentali da organismi in house providing.
Occorrerà, infatti, non solo verificare di volta in volta la sussistenza in concreto dei requisiti per l’affidamento diretto, ma anche osservare l’onere motivazionale previsto dall’art. 192, comma 2, secondo cui: «[a]i fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche» (cfr. anche l’art. 5, comma 1, del decreto-legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante il testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, secondo cui «l’atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica, […] deve essere analiticamente motivato […] evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato».
3.4.‒ Ma al di là della sussistenza in favore del Consorzio CINECA dei requisiti per il richiamo all’istituto dell’in house providing per l’affidamento diretto dei servizi informatici, è dirimente osservare che:
– il privilegio anticompetitivo non necessariamente si realizza introducendo limiti e condizioni alla partecipazione delle imprese concorrenti, ma anche garantendo all’impresa una partecipazione protetta al mercato cui appartiene, consentendogli l’acquisizione sicura di commesse il cui provento sia in grado di coprire, se non tutte, la maggior parte delle spese generali;
– la natura in house di un soggetto non annulla, infatti, la possibilità di confronto concorrenziale dello stesso con altri operatori del settore, avendo quest’ultima la possibilità di prestare i propri servizi anche a terzi, sia pure per una percentuale residua della propria attività, inferiore al 20%;
– il Cineca svolge, direttamente o tramite società controllate, una parte rilevante della propria attività in favore di soggetti non consorziati, pubblici e privati, sia in Italia che all’estero, autorizzata in ciò da specifiche norme dello Statuto (artt. 1, par. 2, e 3, art. 3);
– il sostegno pubblico rischia di falsare la concorrenza anche se non aiuta l’impresa beneficiaria ad espandersi e a conquistare quote di mercato, essendo sufficiente che l’aiuto le consenta di mantenere una posizione competitiva più forte di quella che avrebbe in assenza di esso;
– l’interesse al ricorso della società Be Smart trova dunque piena giustificazione negli effetti distorsivi delle dinamiche concorrenziali che il contributo erogato con il provvedimento gravato è idoneo a realizzare.
4.– Risulta infondata l’ulteriore censura preliminare con la quale si lamenta che il giudice di prime cure si sarebbe sostanzialmente sostituito alla Commissione, dichiarando che il contributo MIUR è un aiuto di Stato incompatibile con il Trattato, e senza tenere conto dell’esposto presentato da Be Smart s.r.l. alla stessa Commissione UE.
4.1.– Il giudice nazionale non ha alcuna competenza in ordine alla valutazione di compatibilità dell’aiuto, riservata alla Commissione. I giudici nazionali sono coinvolti negli adempimenti connessi con la normativa sugli aiuti solo con riguardo ai casi in cui un’autorità dello Stato abbia concesso l’aiuto senza rispettare la clausola di sospensione oppure all’esecuzione delle decisioni di recupero o ancora in ordine alle domande di risarcimento dei danni causati dall’aiuto di Stato illegale a concorrenti del beneficiario e terzi.
Sennonché, la nozione di aiuto di Stato di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato, è la stessa che sia la Commissione sia le autorità nazionali (compresi i giudici nazionali) devono applicare in relazione agli obblighi di notifica e di sospensione di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato.
La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha ripetutamente affermato che sia i giudici nazionali che la Commissione svolgono ruoli essenziali, ma distinti, nel contesto dell’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato (C-368/04, Transalpine Ölleitung in Österreich, punto 37; C-261/01 e C-262/01, Van Calster e Cleeren, punto 74; C-39/94, SFEI e altri, punto 41).
4.2.‒ Ebbene, il giudice di prime cure non ha affatto esorbitato dai limiti della giurisdizione esclusiva dettata dall’art. 133, comma 1, lettera zsexies), del c.p.a. ‒ avente ad oggetto: «le controversie relative agli atti ed ai provvedimenti che concedono aiuti di Stato in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti adottati in esecuzione di una decisione di recupero di cui all’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, a prescindere dalla forma dell’aiuto e dal soggetto che l’ha concesso» ‒, essendosi limitato a verificare la riconducibilità della misura agevolativa in contestazione nella fattispecie astratta di aiuto di Stato, e che lo Stato non aveva rispettato gli adempimenti e le procedure finalizzate alla verifica spettante alla Commissione europea.
4.3.– Neppure il Tribunale Amministrativo ha violato il principio di leale collaborazione.
Per la giurisprudenza della Corte di Giustizia, l’avvio da parte della Commissione di un procedimento di esame non libera i giudici nazionali dall’obbligo di salvaguardare i diritti degli amministrati in caso di violazione dell’obbligo di previa notifica (C‑39/94, SFEI e a. punti 44 e 50‑53), e che compito dei giudici nazionali è, di conseguenza, pronunciare le misure idonee a porre rimedio all’illegittimità dell’esecuzione degli aiuti, affinché il beneficiario non conservi la libera disponibilità di questi ultimi per il tempo rimanente fino alla decisione della Commissione (Causa C‑1/09, CELF, punto 30).
«A meno di pregiudicare l’efficacia diretta dell’art. 93, n. 3, ultima frase, del Trattato e di trascurare gli interessi dei soggetti dell’ordinamento comunitario, che i giudici nazionali sono chiamati a tutelare, la decisione finale della Commissione che dichiari un aiuto compatibile col mercato comune non può avere l’effetto di sanare gli atti di esecuzione invalidi per il fatto di esser stati adottati violando il divieto sancito in tale articolo. Qualsiasi altra interpretazione condurrebbe a favorire l’inosservanza, da parte dello Stato membro interessato, dell’art. 93, n. 3, ultima frase, e svuoterebbe quest’ultimo della sua efficacia pratica» (v. la sentenza in C-354/90, Fédération nationale du commerce extérieur des produits alimentaires e Syndicat national des négociants et tran-sformateurs de saumon, punto 16).
Nel caso di specie, secondo quanto dedotto dalle parti, la Commissione – per quanto adita dalla società Be Smart – non ha ancora avviato il procedimento di indagine formale.
4.4.– Da ultimo, qualora nutra dubbi in merito a un aiuto di Stato, il giudice di prima istanza ha la possibilità e non l’obbligo di chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi in via pregiudiziale sulla questione ai sensi dell’art. 267 del TFUE.
5.– Si può pertanto passare all’esame delle censure di merito.
Di fronte ad una misura agevolativa posta in essere da uno Stato, occorre verificare la sussistenza di alcuni elementi: l’impresa, l’imputabilità della misura allo Stato, il suo finanziamento tramite risorse statali, il conferimento di un vantaggio, la selettività della misura e i suoi effetti sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri. Il Consorzio ed il MIUR affermano che erroneamente la sentenza del T.a.r. avrebbe accertato, rispetto al contributo ministeriale, la sussistenza di tutte le condizioni di applicabilità dell’art. 107, par. 1, TFUE.
6.‒ Secondo le appellanti, l’attività di supporto informatico svolta dal CINECA nei confronti del Ministero e del sistema universitario nazionale non avrebbe carattere economico, dal momento che essa:
i) è connessa allo svolgimento di una “funzione essenziale” dello Stato;
ii) non è remunerata da corrispettivi a prezzo di mercato, ma è sovvenzionata da risorse pubbliche del MIUR statutariamente previste e funzionali alla mera copertura dei costi;
iii) viene rendicontata, nell’ottica di cui sopra, dopo anticipi di cassa a carico dello stesso Consorzio;
iv) non consente al Consorzio di trattenere alcun importo (del contributo) maggiore rispetto a quello strettamente necessario alla suddetta copertura dei costi.
Ritiene il Collegio che il complesso di tali rilievi sia infondato.
6.1.– Per rientrare nel campo d’applicazione dell’art. 107 del TFUE, il vantaggio deve essere attribuito a soggetti qualificabili come imprese.
La relativa nozione è molto ampia: secondo una giurisprudenza [#OMISSIS#], essa abbraccia infatti qualsiasi entità che esercita un’attività economica, «a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento» (v. le sentenze AceaElectrabel Produzione SpA/Commissione, in C-480/09, punti da 47 a 55; Cassa di Risparmio di Firenze SpA, in C-222/04, punto 112).
La circostanza che un’entità non persegua scopi di lucro non costituisce criterio determinante per stabilire se si tratti o meno di un’impresa, in quanto anche gli enti senza scopo di lucro possono offrire beni e servizi su un mercato (v. le sentenze Van Landewyck, in cause riunite da 209/78 a 215/78 e 218/78, punto 88; FFSA, in C-244/94, punto 21; MOTOE, in C-49/07, punti 27 e 28).
Un ente viene qualificato come impresa sempre in relazione ad un’attività specifica.
Un ente che svolga sia attività economiche sia attività non economiche è considerato come un’impresa solo per quanto riguarda le prime (v. la sentenza Aéroports de Paris/Commissione, in T-128/98, punto 108).
Per chiarire poi la distinzione tra attività economiche e non economiche, la Corte di giustizia ha costantemente affermato che qualsiasi attività consistente nell’offrire beni e servizi in un mercato costituisce attività economica (v. le sentenze Commissione/Italia, in C-35/96, punto 36;