N. 06032/2021REG.PROV.COLL.
N. 00331/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 331 del 2021, proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Universita’ degli Studi Genova, Ministero dell’Universita’ e della Ricerca, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 00993/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e di Universita’ degli Studi Genova e di Ministero dell’Universita’ e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 giugno 2021 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza appellata indicata in epigrafe il Tar Liguria ha accolto il ricorso presentato dalla dottoressa [#OMISSIS#] per l’annullamento degli atti relativi alla procedura di selezione per il reclutamento di un ricercatore a tempo determinato bandita in data 30 [#OMISSIS#] 2019 presso il Dipartimento di antichità, filosofia e storia per il settore scientifico disciplinare archeologia classica dell’Università degli Studi di Genova; il Tar ha accolto anche il ricorso incidentale proposto dal controinteressato dottor [#OMISSIS#].
In particolare, il primo [#OMISSIS#] ha ritenuto parzialmente fondato il motivo di ricorso volto a dedurre che la commissione esaminatrice non abbia utilizzato i criteri previsti dall’articolo 3 del decreto ministeriale n. 243 del 2011 per la valutazione delle pubblicazioni in quanto non sarebbe stato attribuito e motivato il punteggio per la originalità, innovatività e il rigore metodologico delle pubblicazioni diverse dalla tesi di dottorato e sarebbe stato introdotto un ulteriore criterio non previsto concernente l’”ampiezza tematica della produzione scientifica complessiva”.
2. Con l’appello in esame, il dottor [#OMISSIS#], risultato vincitore della procedura, rileva l’erroneità della sentenza di primo grado deducendo sette motivi di gravame concernenti la violazione dell’articolo 13 del regolamento per la disciplina dei ricercatori a tempo determinato, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 del decreto ministeriale n. 243 del 2021, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 della legge n. 241 del 1990, il vizio di ultrapetizione, la violazione dell’articolo 21 octies della legge n. 241 del 1990, la violazione degli articoli 5 e 6 del codice etico di Ateneo e la violazione dei criteri generali del bando di gara; ha altresì riproposto i motivi del ricorso incidentale avanzati in primo grado.
3. In data in data 21 gennaio 2021 la dottoressa [#OMISSIS#] si è costituita in giudizio e ha presentato appello incidentale riproponendo la censura già evidenziata in primo grado sulla mancata considerazione, ai fini della valutazione delle attività scientifica, della discontinuità per maternità, contestando inoltre la decisione del Tar con riferimento alla duplicazione di valutazione della tesi di dottorato e riproponendo gli altri motivi di ricorso assorbiti in primo grado.
4. L’Università di Genova si è costituita in giudizio il 18 gennaio 2021.
Memorie e memorie di replica sono state depositate dalle parti.
5. Nell’udienza del 10 giugno 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. L’appello principale è infondato.
6.1. Con il primo motivo l’appellante principale contesta che la commissione non abbia utilizzato i criteri della originalità, innovatività, rigore metodologico ed importanza di ciascuna pubblicazione; ciò risulterebbe dai verbali nei quali si fa espresso riferimento a tali criteri. L’articolo 3 del D.M. n. 243 del 2011 prevede peraltro che la valutazione si svolga sulla base dei suddetti criteri, ma non vieterebbe che sia attribuito un punteggio complessivo che sintetizzi tutte le voci rilevanti attraverso l’assegnazione di giudizi espressi in forma numerica.
Con il terzo motivo si afferma che l’iter logico-giuridico seguito dalla commissione esaminatrice sia stato trasparente e comprensibile, senza alcun difetto di motivazione. Non sarebbe condivisibile pertanto l’affermazione del Tar secondo cui la commissione non avrebbe adeguatamente motivato la valutazione comparativa di candidati. Dai verbali dei lavori si evincerebbe infatti una procedura lineare finalizzata a far emergere le differenze di valore tra i diversi curricula.
6.2. L’esame di tali censure appare dirimente. Con esse si contesta, in sostanza, la tesi del primo [#OMISSIS#] secondo cui la mancata utilizzazione espressa di criteri di valutazione di cui all’articolo 3 comma 2 del decreto ministeriale 243 del 2011 si riverbera sulla motivazione complessiva di giudizio finale di comparazione non consentendo il controllo dell’iter logico-giuridico seguito dalla commissione. Alla conferma della sentenza di primo grado su questo punto, infatti, non può che conseguire l’annullamento dell’intera procedura disposto dal Tar.
6.3. Le censure non sono meritevoli di accoglimento. La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il voto numerico esprime il giudizio tecnico-discrezionale della commissione di concorso senza bisogno di ulteriori spiegazioni e assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla commissione sotto il profilo della sufficienza motivazionale “in relazione alla prefissazione, da parte della stessa commissione esaminatrice, dei criteri di massima di valutazione che soprassiedono all’attribuzione del voto, da cui desumere con evidenza, la trattazione e l’omogeneità delle valutazioni effettuate mediante l’espressione della cifra del voto, con il solo limite della contraddizione manifesta tra specifici elementi di fatto obiettivi, i criteri di massima prestabiliti e la conseguente attribuzione del voto” (Cons. St., III sez. n. 864/2021).
Al fine di consentire la piena trasparenza delle valutazioni è quindi necessario che i punteggi numerici siano correlati ai criteri prefissati.
Nel [#OMISSIS#] di specie, la commissione [#OMISSIS#] sua prima riunione ha stabilito che avrebbe effettuato la valutazione comparativa delle pubblicazioni sulla base dei criteri previsti dall’articolo 3 del decreto ministeriale n. 243 del 2011 elencando espressamente i suddetti criteri. Dal verbale della terza riunione risulta tuttavia che solo per la tesi di dottorato il voto è stato assegnato tenendo conto anche del peso attribuito ai criteri della originalità e innovatività e del rigore metodologico; per tutte le altre pubblicazioni si fa riferimento esclusivamente al tipo di pubblicazione senza ulteriori specificazioni. Appare condivisibile l’argomentazione svolta al riguardo dal primo [#OMISSIS#] secondo cui tale diversa motivazione sembra smentire la tesi sostenuta dal dott. [#OMISSIS#] per il quale i criteri previsti dal d.m. n. 243 sarebbero stati utilizzati per tutte le pubblicazioni. Pur riconoscendo alla commissione la discrezionalità nell’attribuzione del punteggio complessivo e [#OMISSIS#] ponderazione di ciascun criterio di valutazione appare infatti contraddittorio che la ponderazione sia stata esplicitata solo in relazione alla tesi dottorato; né si rinvengono valide ragioni atte a giustificare tale diversa modalità di motivazione tra i titoli presentati da ciascun candidato.
7. L’appellante lamenta con il quarto motivo che il Tar avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso della dottoressa [#OMISSIS#] perché non avrebbe indicato in quale modo l’operare della commissione sarebbe stato lesivo nei suoi confronti e che la sentenza impugnata avrebbe violato gli articoli 100 e 112 del codice di procedura civile disponendo la rivalutazione anche di candidati che non hanno fatto ricorso e la ripetizione di parti della procedura non oggetto di impugnazione in primo grado.
La preventiva indicazione dei criteri (prima di conoscere i titoli dei candidati) e la loro successiva concreta utilizzazione, oltre che condizione per la valutazione sintetica attraverso il voto, è anche garanzia di imparzialità. Ne deriva che, in mancanza di un chiaro svolgimento della procedura concorsuale su tale aspetto essenziale, la stessa non possa che essere annullata. D’altra parte, solo attraverso il corretto rinnovo della procedura con trasparente valutazione delle pubblicazioni sulla base dei criteri prefissati è possibile comprendere l’effetto che l’utilizzazione di tali criteri determina in concreto, non potendosi escludere rilevanti e decisive variazioni rispetto ai punteggi attribuiti [#OMISSIS#] procedura contestata con riferimento all’insieme dei candidati. Il vizio degli atti impugnati essendo comune alla posizione di tutti i destinatari non può che determinare l’efficacia dell’annullamento anche nei loro confronti (cfr, Cons. St., Ad. Pl., nn. 4 e 5 /2019). Né, evidentemente, l’interesse della ricorrente in primo grado può considerarsi inesistente in ragione della sua prevalenza [#OMISSIS#] precedente valutazione delle pubblicazioni.
8. Diversamente da quanto sostenuto dall’appellante principale ([#OMISSIS#] motivo) anche la mancata redazione della relazione riassuntiva finale, in presenza di una scheda meramente riassuntiva dei punteggi, costituisce un ulteriore elemento rafforzativo della necessità di disporre la complessiva riedizione del potere.
9. Sulla base delle precedenti considerazioni non appaiono rilevanti e quindi non devono essere esaminati il secondo motivo (inammissibilità della censura concernente il criterio della “ampiezza tematica” derivante dal fatto che la stessa ricorrente in primo grado ha ottenuto punti su tale voce e non ha dimostrato la portata lesiva della asserita violazione; il criterio peraltro si configurerebbe come una specificazione di quello previsto dal decreto ministeriale n. 243 relativo alla “consistenza complessiva della produzione scientifica del candidato…”) e il settimo motivo (non corretta interpretazione del bando da parte del primo [#OMISSIS#] con riferimento al computo del punteggio concernente le attività di insegnamento).
10. Va confermata infine la sentenza di primo grado anche [#OMISSIS#] parte in cui ha respinto la censura concernente la violazione del codice etico di Ateneo derivante dalla presenza nel dipartimento, in qualità di docente, del coniuge della dottoressa [#OMISSIS#]. Non sono stati forniti, infatti, elementi atti a ritenere che quest’[#OMISSIS#] abbia partecipato alla procedura concorsuale o abbia influito anche indirettamente sul giudizio della commissione e non è previsto dagli articoli 5 e 6 del predetto codice che il solo fatto che il coniuge di un candidato sia docente [#OMISSIS#] medesima università o dipartimento sia fonte di conflitto di interessi.
11. Per quanto riguarda l’appello incidentale, si deve ritenere che per effetto della conferma della sentenza di annullamento della procedura concorsuale disposta dal primo [#OMISSIS#], che deve essere quindi rinnovata, le censure riproposte dalla dottoressa [#OMISSIS#] siano improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse.
12. Alla luce di quanto esposto l’appello principale deve essere respinto e l’appello incidentale dichiarato improcedibile; per l’effetto, è confermata la sentenza di primo grado.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e dichiara improcedibile l’appello incidentale. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 10 giugno 2021 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#]
IL SEGRETARIO
Pubblicato il 24/08/2021