Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 luglio 2019, n. 5241

Studenti-Scuola di specializzazione-Ammissione-Atti autorità politica

Data Documento: 2019-07-24
Area: Giurisprudenza
Massima

Gli atti dell’autorità politica, limitati all’indirizzo, controllo e nomina ai sensi del decreto legislativo n. 165 del 2001, debbono pur sempre concretarsi nella dovuta forma tipica dell’attività della pubblica amministrazione (Cons. Stato, Sez. V, 24 settembre 2003, n. 5444, Cassazione civile, Sezione II, 30 maggio 2002, n. 7913; Id., Sez. III, 12 febbraio 2002, n. 1970), anche, e a maggior ragione, nell’attuale epoca di comunicazioni di massa, messaggi, cinguettii, seguiti ed altro, dovuti alle nuove tecnologie e alle nuove e dilaganti modalità di comunicare l’attività politica.

Contenuto sentenza

N. 05241/2019REG.PROV.COLL.
N. 07339/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7339 del 2015, proposto da 
Serena Mulè, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Agostinelli, Arcangelo [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Burgio, [#OMISSIS#] Barbara [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Cutello, Liberata Keti Nicolosi, [#OMISSIS#] Speranza, [#OMISSIS#] Mazarese, [#OMISSIS#] Pizzolorusso, [#OMISSIS#] Crimi, [#OMISSIS#] Dottore, Rosa Melone, [#OMISSIS#] Guida, [#OMISSIS#] De Vita, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Bertolino, [#OMISSIS#] Belluzzo, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Vaccarella, [#OMISSIS#] Figlia, [#OMISSIS#] Galdi, [#OMISSIS#] Celeste Pane, [#OMISSIS#] Vitucci, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Cibella e [#OMISSIS#] La Macchia, rappresentati e difesi dall’avvocato Umberto Cantelli, con domicilio eletto presso lo studio legale [#OMISSIS#] – [#OMISSIS#], in Roma, via San [#OMISSIS#] D’Aquino, n. 47; 
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Università degli Studi di Genova, Università degli Studi [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] del Piemonte Orientale, Università degli Studi dell’Aquila, Università degli Studi di Catanzaro, Università degli Studi di Bari, Università degli Studi di Foggia, Università degli Studi [#OMISSIS#] II e Università degli Studi di Padova, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, sono domiciliati ex lege
Università degli Studi di Catania, Università degli Studi di Firenze, Università degli Studi di Milano Statale, Università degli Studi di Messina, Università degli Studi di Napoli, Università degli Studi di Palermo, Università degli Studi di Parma, Università degli Studi di Roma La Sapienza, Università degli Studi di Torino, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Università degli Studi di Trieste, Cineca, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, non costituite in giudizio; 
nei confronti
Chiara Di Giovanni, [#OMISSIS#] Viscidi, [#OMISSIS#] Andreozzi, non costituite in giudizio; 
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione III Bis, n. 08801/2015, resa tra le parti, concernente la mancata ammissione alle scuole di specializzazione in medicina anno accademico 2014/2015. 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, dell’Università degli Studi di Genova, dell’Università degli Studi [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] del Piemonte Orientale, dell’Università degli Studi dell’Aquila, dell’Università degli Studi di Catanzaro, dell’Università degli Studi di Bari, dell’Università degli Studi di Foggia, dell’Università degli Studi [#OMISSIS#] II e dell’Università degli Studi di Padova;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2019 il Cons. [#OMISSIS#] Maggio e uditi per le parti l’avvocato [#OMISSIS#] in dichiarata delega di Cantelli, e l’avvocato dello Stato Ristori;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con sentenza 1/7/2015, n. 8801 il T.A.R. Lazio – Roma ha respinto il ricorso proposto dai sig.ri Serena Mulè, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Agostinelli, Arcangelo [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Burgio, [#OMISSIS#] Barbara [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Cutello, Liberata Keti Nicolosi, [#OMISSIS#] Speranza, [#OMISSIS#] Mazarese, [#OMISSIS#] Pizzolorusso, [#OMISSIS#] Crimi, [#OMISSIS#] Dottore, Rosa Melone, [#OMISSIS#] Guida, [#OMISSIS#] De Vita, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Bertolino, [#OMISSIS#] Belluzzo, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Vaccarella, [#OMISSIS#] Figlia, [#OMISSIS#] Galdi, [#OMISSIS#] Celeste Pane, [#OMISSIS#] Vitucci, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Cibella e [#OMISSIS#] La Macchia contro la loro mancata ammissione alla scuola di specializzazione in pediatria. 
Avverso la sentenza i suddetti ricorrenti hanno proposto appello deducendo i sotto elencati motivi.
1) Il Tribunale ha erroneamente respinto la censura con cui era stata contestata la scelta dell’intimata amministrazione di convalidare la prova d’esame. Dopo aver constatato l’inversione dei quesiti di “area medica” con quelli di “area di servizi” (due domande per area), la medesima amministrazione ha, infatti, deciso di non annullare la detta prova, ma di neutralizzare, ai fini del punteggio, i quesiti non pertinenti. 
Peraltro il giudice di prime cure avrebbe motivato la decisione richiamando precedenti non conferenti in quanto basati solo sul mancato superamento della prova di resistenza, mentre nel caso di specie sarebbe provato che la scelta dell’amministrazione abbia pregiudicato gli appellanti.
2) Contrariamente a quanto affermato in sentenza gli appellanti hanno esplicitamente proposto l’azione impugnatoria.
3) La sentenza è altrettanto viziata nella parte in cui afferma che per accedere al risarcimento del danno in forma specifica sarebbe stato necessario dimostrare che l’accoglimento del gravame avrebbe consentito agli istanti di conseguire il bene della vita, avendo costoro fornito, al riguardo, tutte le prove di cui disponevano. 
4) Contrariamente a quanto affermato dal Tribunale non vi sarebbe tra gli odierni appellanti conflitto d’interesse tale da determinare l’inammissibilità del ricorso.
5) L’amministrazione avrebbe scelto di utilizzare una graduatoria basata su 28 domande anziché su 30 come previsto dalla Commissione esaminatrice e dalla lex specialis della selezione.
6) Diversamente da quanto affermato dal Tribunale la tesi sostenuta dagli odierni appellanti al fine di dimostrare il superamento della prova di resistenza non avrebbe implicato alcuno stravolgimento dei criteri di formazione della graduatoria.
7) Il giudice di prime cure ha ritenuto erroneamente inammissibile, perché diretta a sindacare il merito della scelta amministrativa, la censura con cui erano stati dedotti vizi e ambiguità di alcuni dei quesiti somministrati, difetti in realtà sussistenti come emergerebbe dalla non contestata perizia di parte.
8) Il Tribunale non avrebbe esaminato le censure con cui era stato dedotto che:
a) l’amministrazione non avrebbe comunicato almeno 20 giorni prima la sede e l’orario della prova d’esame;
b) le aule in cui si è svolta la prova concorsuale sarebbero state inidonee e tali da non garantire che i concorrenti non potessero copiare fra loro;
c) i supporti informatici messi a disposizione dei candidati sarebbero stati, sotto svariati profili, inadeguati;
d) in molte sedi non sarebbe stata rispettata la disposizione che imponeva di assegnare i candidati alle loro postazioni secondo l’ordine alfabetico, le Commissioni, inoltre, avrebbero operato in maniera differente atteso che in alcuni casi sarebbe stato consentito al candidato di uscire dall’aula, in altri no;
e) sarebbe stato violato il principio dell’anonimato atteso, tra l’altro, che quando l’amministrazione ha deciso di non considerare i quesiti non conferenti, erano già noti i punteggi acquisiti da ciascun candidato;
9) Il Tribunale ha erroneamente respinto la censura con cui era stata dedotta l’illegittimità della procedura derivante dalla mancanza di un provvedimento ministeriale di ratifica delle scelte compiute dalla Commissione esaminatrice.
Non sarebbe stata inoltre verbalizzata la scelta relativa alla formulazione dei quesiti.
10) La sentenza risulterebbe viziata anche nella parte in cui ha respinto la censura diretta a evidenziare l’illegittima composizione della Commissione allorquando ha stabilito di neutralizzare i quesiti non pertinenti.
11) Il Tribunale avrebbe, infine, errato a ritenere inammissibile la domanda di ammissione in sovrannumero.
Per resistere al ricorso si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, l’Università degli Studi di Genova, l’Università degli Studi [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] del Piemonte Orientale, l’Università degli Studi dell’Aquila, l’Università degli Studi di Catanzaro, l’Università degli Studi di Bari, l’Università degli Studi di Foggia, l’Università degli Studi [#OMISSIS#] II e l’Università degli Studi di Padova.
Con successiva memoria il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha meglio illustrato le proprie tesi difensive.
Alla pubblica udienza del giorno 11/7/2019 la causa è passata in decisione.
Le prospettate doglianze, nessuna delle quali meritevole di accoglimento, si prestano ad una trattazione congiunta.
Occorre preliminarmente rilevare che per pacifica giurisprudenza la censura con cui si contesta il difetto di motivazione della sentenza o la sua contraddittorietà, ovvero l’omessa pronuncia su uno o più motivi di ricorso, è resa inammissibile dall’effetto devolutivo dell’appello.
In secondo grado, infatti, il giudice è chiamato a valutare tutte le domande, integrando – ove necessario – le argomentazioni della sentenza appellata senza che, quindi, rilevino le eventuali carenze motivazionali di quest’ultima o omissioni di pronuncia (cfr, fra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 18/4/2019, n. 2973; 6/2/2019, n. 897; 14/4/2015, n. 1915; Sez. V, 23/3/2018, n. 1853; 19/2/2018, n. 1032 e 13/2/2009, n. 824; Sez. IV, 5/2/2015, n. 562).
Ciò precisato può procedersi all’esame del merito dei motivi d’appello, non senza aver prima chiarito che:
a) l’esame del ricorso di primo grado conferma che i ricorrenti avevano proposto specifica azione di annullamento;
b) considerato che l’eventuale accoglimento del ricorso avrebbe come effetto il travolgimento dell’intera procedura selettiva, non è ipotizzabile né risarcimento del danno in forma specifica mediante ammissione alla scuola di specializzazione (con conseguente non corretto riferimento alla necessità di superare apposita prova di resistenza), né conflitto d’interessi tra i diversi ricorrenti di primo grado. 
Il motivo concernente la convalida delle prove d’esame mediante neutralizzazione dei quesiti non pertinenti è infondato.
Con sentenza 22/9/2015, n. 4432, che il Collego condivide, questa Sezione ha già affrontato la gran parte delle questioni sollevate dagli odierni appellanti risolvendole in senso ad essi sfavorevole. 
La Sezione ha infatti rilevato che: <<La scelta -fatta, per dir così, “a monte”- di quali quesiti d’area sottoporre ai candidati; e la decisione su validazione e neutralizzazioni, appartengono senz’altro a una sfera di discrezionalità dell’amministrazione estremamente ampia, e sindacabile in via esclusiva entro i limiti esterni, assai angusti, individuati dalla giurisprudenza in consimili giudizi (per un riferimento a una fattispecie, per alcuni aspetti, non dissimile da quella odierna, v. Cons. Stato, sez. VI, n. 7984 del 2010: sia chiaro però che la procedura contestata con il presente giudizio assume caratteristiche singolarissime, legate alla scelta di validazione/ neutralizzazione compiuta dopo l’erronea inversione dei quesiti delle prove d’area).
Viene in rilievo, a ben vedere, una censura che impinge nel merito di valutazioni tecniche, come tale inammissibile poiché sollecita il giudice amministrativo a esercitare un sindacato sostitutorio, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 del cod. proc. amm., fatto salvo il limite -qui non valicato- della abnormità della scelta tecnica (sul tema cfr., “ex plurimis”, Cons. Stato, sez. V, n. 1601/2015).
Alla luce di questo criterio guida, oltre che del principio di conservazione degli atti giuridici, come si è puntualizzato sopra la commissione, chiamata a pronunciarsi sulla pertinenza, o meno, dei quesiti d’area, ha, “dopo attenta valutazione”, spiegato in modo comprensibile le ragioni delle proprie scelte.
Ed è entro questo quadro di riferimento che il ricorrente / appellante sembra in effetti avere chiesto al giudice amministrativo una completa sovrapposizione all’operato di validazione della commissione, una non consentita sostituzione del giudice a valutazioni compiute dalla commissione e, in definitiva, un’ingerenza -non consentita- nell’alveo di conoscenze e di valutazioni tecnico -scientifico -professionali, tipiche della scienza medica, senza che emergano a colpo d’occhio errori conclamati.
Per quanto attiene in particolare alla scelta di abbuonare due quesiti per ciascuna area va poi specificato che, poiché Commissione e MIUR, in esito a valutazioni tecnico/discrezionali che non sembrano affette da profili di palese abnormità, hanno affermato che solo due dei quesiti per ciascuna area risultavano obiettivamente “eccedentari” e che andavano quindi annullati, appare del tutto ragionevole che l’Amministrazione abbia deciso di “abbuonare” questi due quesiti a tutti i candidati , anziché “sottrarre” il corrispondente punteggio a tutti: in entrambi i casi si trattava d’individuare una modalità non irragionevole volta a “sterilizzare” i quesiti non pertinenti. Ma se la neutralizzazione di quei quesiti doveva riguardare tutti i candidati, allora non possono essere tenuti in considerazione gli argomenti svolti nell’atto d’appello diretti a una valutazione – per così dire – “virtuale” dei quesiti sterilizzati, basata sul fatto che l’appellante avrebbe comunque fornito la risposta esatta a tali quesiti: questo ragionamento non può essere seguito per la semplice ragione che quei due quesiti devono semplicemente sparire dalla vicenda sostanziale (e da quella processuale).
(In parte differenti sono l’impostazione e -quanto in particolare alla sindacabilità dell’individuazione dell’unica risposta esatta tra le diverse opzioni indicate- la soluzione da dare al profilo di censura per cui esisterebbero alcune domande con una pluralità di risposte esatte rispetto all’unica risposta esatta indicata dal MIUR -CINECA, mentre in altri casi vi sarebbero domande con nessuna risposta corretta, sicché -nella prospettazione di parte appellante- “l’errore nel considerare errate” alcune risposte ad altrettante domande alle quali l’appellante aveva risposto come indicato dal perito di parte avrebbe comportato l’illegittima collocazione del candidato in posizione non utile in graduatoria: v. infra, p. 7.3. ).
Se dunque la sentenza, sul punto, resiste alle critiche mosse, e se la decisione di validazione / neutralizzazione / abbuono è da considerarsi sostenibile, non può farsi questione, come invece vorrebbe l’appellante, di detrazione generalizzata, e di omesso computo, dei 30 punti previsti per i quesiti d’area, e, come si è spiegato sopra, neppure assume rilievo come l’appellante e i candidati utilmente collocati in graduatoria e ammessi, avessero risposto alle domande neutralizzate (e questo a prescindere dalla constatazione che l’appellante non fornisce alcun principio di prova riguardo all’affermazione per cui diversi candidati utilmente collocati in graduatoria e ammessi alla scuola avevano sbagliato -con conseguente ricalcolo del punteggio in diminuzione, a vantaggio dell’appellante- nel rispondere alle domande neutralizzate e abbuonate).
A sostegno della legittimità dell’azione complessiva di validazione dei quesiti d’area per 28/30esimi, e di contestuale neutralizzazione di (sole) due domande in quanto ritenute non pertinenti, va considerato inoltre:
– che viene in rilievo non uno stravolgimento del modulo organizzativo inizialmente prescelto, ma soltanto una modifica assai circoscritta della (valutazione della) prova, avuto riguardo alla esiguità del numero dei quesiti neutralizzati rispetto al totale dei quesiti anche solo d’area e, “a fortiori”, al totale complessivo (di 110, pari a 70+30+10 -v. art. 7 del bando d’ammissione) dei quesiti ai quali dover rispondere: risulta evidente dunque la scarsa incidenza delle domande neutralizzate se poste a raffronto col questionario considerato nel suo complesso.
Validazione, neutralizzazione e abbuono non sembrano avere danneggiato i princìpi di buon andamento e d’imparzialità dell’azione amministrativa; come si dirà tra breve, è stata garantita la “par condicio” a tutti i concorrenti;
– che il fatto che -sia pure entro il quadro, di oggettiva grave anomalia, dovuto all’inversione dei quesiti, sopra descritto- non sia intervenuta nessuna modifica strutturale del test, ma che la “variazione” effettiva sia risultata in definitiva circoscritta a una neutralizzazione di quesiti “di valore minimo”, con contestuale abbuono generalizzato del corrispondente punteggio, consente di poter affermare come non sia venuta meno una situazione di “par condicio”.
Come si è visto sopra l’assegnazione a ciascun candidato di un “pari punteggio pieno” per le domande eliminate non si concretizza in una illogica equiparazione tra coloro che hanno risposto esattamente e coloro che o non hanno risposto o hanno dato risposte errate.
Si è trattato invece di una scelta che non ha fatto emergere alterazioni della “par condicio”, pur tenendo conto delle singolarissime, auspicabilmente irripetibili, condizioni date.
Tutti i candidati sono stati cioè posti in grado di cimentarsi, in condizione paritaria, sulle materie indicate in origine come oggetto di prova.
Sotto questo aspetto non risulta intaccata la legittimità sostanziale della procedura, tenuto conto, come il Tar Lazio non ha mancato di sottolineare, del fondamentale principio di conservazione degli atti giuridici, il quale trova la sua naturale giustificazione nella considerazione che, quando è possibile recuperare un qualunque risultato utile a disciplinare un rapporto giuridico, occorre propendere per la soluzione che consenta di salvare il risultato stesso, ovviamente tenendo sempre ben presente che a tanto può pervenirsi quando non risultino coinvolti nella vicenda altri princìpi di carattere generale in qualche modo violati o comunque compromessi dalla operazione di salvezza.
La selezione compiuta non è risultata dunque diversa da quella prestabilita nel bando di ammissione di cui al DM n. 612/2014.
La neutralizzazione non ha alterato in modo illegittimo gli esiti del test.
Non si ravvisano inoltre né contraddittorietà né profili d’irragionevolezza nell’azione ministeriale nell’avere, il MIUR, dapprima, riconosciuto l’errore preannunciando, col comunicato stampa del Ministro del 1° novembre 2014, l’annullamento e la ripetizione delle prove “oggetto dell’errore determinato da CINECA” salvo, due giorni dopo, optare per l’operazione di convalida, neutralizzazione, abbuono e ricalcolo dei punteggi.
A questo proposito in modo condivisibile il MIUR segnala come una cosa sia un comunicato stampa del Ministro, ossia dell’organo politico, e altro sia la gestione della procedura, affidata all’organo -gestionale, appunto- individuato all’interno del Ministero.
Si può soggiungere (v. , in tema di dichiarazione via tweet di un Ministro, Cons. Stato, sez. VI, n. 769/2015) che “gli atti dell’autorità politica, limitati all’indirizzo, controllo e nomina ai sensi del decreto legislativo n. 165 del 2001, debbono pur sempre concretarsi nella dovuta forma tipica dell’attività della pubblica amministrazione (Cons. Stato, V, 24 settembre 2003, n. 5444, Cassazione civile, sezione II, 30 maggio 2002, n. 7913; III, 12 febbraio 2002, n. 1970), anche, e a maggior ragione, nell’attuale epoca di comunicazioni di massa, messaggi, cinguettii, seguiti ed altro, dovuti alle nuove tecnologie e alle nuove e dilaganti modalità di comunicare l’attività politica”.
In questa situazione, considerata la diversità dei “livelli” di comunicazione e di adozione di atti e di provvedimenti, non è di per sé individuabile alcuna contraddittorietà rilevante.
In ogni caso, non può ravvisarsi contraddittorietà alcuna nell’operato ministeriale per avere, il MIUR, due giorni dopo il comunicato stampa del Ministro, in seguito, si badi, a un approfondimento avuto con l’Avvocatura dello Stato e alle valutazioni compiute dalla commissione, deciso di convalidare, neutralizzare, abbuonare e ricalcolare i punteggi.
Sempre in una prospettiva di reiezione dell’appello e di conferma della sentenza, sia pure con talune integrazioni e precisazioni motivazionali, va osservato, sulle denunce a) di “irregolarità diffuse” nel corso delle prove, b) di violazione dell’anonimato e c) di omesse verbalizzazioni, quanto segue.
Circa le irregolarità nello svolgimento delle prove, sintetizzate sopra, al p. 4. verso la fine (cfr. pag. 23 ss. ric. app.), le denunce risultano nel complesso generiche e indimostrate e, come si è precisato in sentenza, carenti dell’indicazione del nesso causale tra le irregolarità medesime e l’esito della prova.
Quanto alla violazione dell’anonimato, attuata, si sostiene, mediante “l’ingresso” di MIUR e CINECA nelle prove e la modifica postuma delle risposte, in primo luogo la censura è sfornita di qualsivoglia principio di prova in ordine a un’ingerenza che sia andata al di là dell’intervento strettamente diretto alla neutralizzazione dei due quesiti; essa, inoltre, non appare oggettivamente credibile, tenuto anche conto dell’elevatissimo numero di partecipanti alla procedura; infine il MIUR ha evidenziato che comunque i files originari dei test non sono andati perduti ma risultano semplicemente non visionabili se non a domanda degli aventi diritto ex artt. 22 ss. l. n. 241/1990.
In merito poi alla critica incentrata sull’omessa verbalizzazione il Collegio rileva che, per un verso, la verbalizzazione della procedura, nelle sue fasi fondamentali, è stata compiuta (si veda, ad es., il citato verbale della riunione del 3 novembre 2014).
Per altro verso, dalla nota del Capo Dipartimento del 3 novembre 2014, in atti, concernente la ricostruzione dell’accaduto, risulta che dal 2 settembre 2014 la commissione ha validato le domande predisposte da [#OMISSIS#] e che, quanto all’inversione delle domande delle prove d’area, il direttore del CINECA ha riconosciuto l’errore con comunicazione ufficiale del 31 ottobre 2014.
A parte che un obbligo di verbalizzazione così puntuale come lo vorrebbe l’appellante appare privo di specifici agganci normativi, e che le irregolarità nella verbalizzazione vanno valutate in relazione alla loro incidenza sulla legittimità della procedura considerata in concreto, resta il fatto che nell’appello non viene allegato alcuno specifico elemento che induca a ritenere compiute manipolazioni o falsificazioni di dati>>.
Le ulteriori questioni solevate dagli odierni appellanti e non affrontate dalla trascritta pronuncia, sono state invece esaminate e giudicate infondate nella successiva sentenza di questa Sezione 18/9/2017 n. 4358.
Non resta pertanto che riprenderne le motivazioni.
<<9.- Con un primo motivo gli appellanti hanno lamentato l’illegittimità della procedura per l’avvenuta modifica, dopo lo svolgimento delle prove, dei criteri di selezione che erano stati stabiliti nel bando di concorso approvato con decreto ministeriale.
9.1.- Il motivo non è fondato.
Nella fattispecie, non vi è stata, infatti, una modifica dei criteri di selezione ma, nel rispetto dei criteri di selezione dettati dal bando di concorso, è stata disposto, per motivi del tutto eccezionali, che alcune delle risposte alle domande oggetto dei test non fossero considerate e quindi fossero neutralizzate per tutti, tenuto conto della loro accertata estraneità alle materie oggetto di esame determinata dall’errore nella assegnazione dei test dei quali si è già detto.
9.2.- Peraltro tutta l’operazione di conservazione delle operazioni concorsuali già svolte, nei limiti di quanto consentito dall’attinenza delle domande contenute nei test con le materie oggetto delle prove di esame, trova fondamento, come ha sottolineato l’Amministrazione resistente, nel generale principio della conservazione degli atti ed è stata presa dalla competente Commissione nazionale, organo incaricato dello validazione dei quesiti.
9.3.- Tale scelta, che ha consentito, la pubblicazione, in data 5 novembre 2014, della graduatoria nazionale del concorso, come previsto dall’art. 8, comma 5 del bando di concorso, di cui al D.M. n. 612 del 2014, è stata poi avallata anche dall’organo politico, come è provato dalle dichiarazioni pubbliche rese del Ministro, di cui al comunicato stampa in data 3 novembre 2014, e alle risposte date dallo stesso Ministro, in data 5 novembre 2014, al question time alla Camera dei Deputati che aveva ad oggetto quattro interrogazioni parlamentari riguardanti lo svolgimento del concorso in questione le cui vicende erano state oggetto dell’attenzione dei media e della classe politica a causa dell’errore compiuto dal -OMISSIS- con lo scambio dei test.
9.4.- Lo stesso Ministro ha poi firmato, evidentemente ratificando tutti gli atti in precedenza compiuti, anche il D.M. n. 892 del 5 dicembre 2014 con il quale è stato deciso lo scorrimento della graduatoria del concorso in questione, con le modalità indicate nello stesso decreto.
10.- La selezione compiuta non è risultata dunque sostanzialmente diversa da quella stabilita nel bando di ammissione di cui al D. M. n. 612 del 2014, non avendo la neutralizzazione alterato in modo illegittimo gli esiti del test.
10.1.- La scelta di neutralizzazione delle domande ritenute non pertinenti, operata dal MIUR, risulta peraltro operata nel rispetto dei princìpi di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa ed è anche priva di evidenti vizi logici. Infatti, la soluzione individuata, resa possibile della pertinenza della gran parte delle domande dei due test alle rispettive aree concorsuali, ha consentito la conservazione degli atti della selezione già svolta nonostante il clamoroso errore compiuto dal -OMISSIS- nello scambio dei test.
Sarebbe stata altrimenti necessaria la ripetizione della prova, con costi altissimi, considerato anche il numero dei partecipanti alla procedura, per l’Amministrazione, che avrebbe dovuto organizzare una nuova prova nei necessari tempi tecnici, con tutte le relative spese a carattere organizzativo e per la sorveglianza, e avrebbe determinato anche il sicuro slittamento dell’inizio dell’anno accademico, con conseguente grave nocumento per l’interesse pubblico. Senza contare il danno che sarebbe stato arrecato anche ai laureati in medicina che avevano partecipato alla procedura e che avrebbero dovuto rinnovare la prova interrompendo le loro attività e recandosi nuovamente nelle diversi sedi previste, anche lontane dai luoghi di residenza.
10.2.- Questa Sezione, con la citata decisione n. 506 del 2016, ha in proposito evidenziato che la soluzione adottata non ha comportato «uno stravolgimento del modulo organizzativo inizialmente prescelto, ma soltanto una modifica assai circoscritta della (valutazione della) prova, avuto riguardo alla esiguità del numero dei quesiti neutralizzati rispetto al totale dei quesiti anche solo d’area», con la conseguente «scarsa incidenza delle domande neutralizzate se poste a raffronto col questionario considerato nel suo complesso».
11.- Con riferimento poi, in particolare, alla scelta di abbuonare due quesiti per ciascuna area, questa Sezione ha già osservato, ancora nella sentenza n. 506 del 2016, che il MIUR, dopo aver rilevato che solo due dei quesiti per ciascuna area risultavano obiettivamente non pertinenti, ha ritenuto ragionevolmente di “abbuonare” i due quesiti a tutti i candidati anziché “sottrarre” il corrispondente punteggio, sterilizzando gli effetti prodotti dalle risposte ai quesiti non pertinenti.
La Sezione ha poi aggiunto che se la neutralizzazione dei due quesiti (per area) doveva riguardare tutti i candidati, non possono essere considerati favorevolmente gli argomenti diretti ad una valutazione “virtuale” dei quesiti sterilizzati, basata sul fatto che alcuni avrebbero comunque fornito la risposta esatta a tali quesiti, posto che le risposte a tali quesiti semplicemente non potevano essere più considerate.
12.- Si deve aggiungere che la decisione di neutralizzare le sole domande contenute nei test certamente estranee alle materie oggetto di esame, non ha potuto determinare alcuna alterazione della par condicio dei concorrenti e quindi la violazione di un principio il cui rispetto è fondamentale nelle procedure concorsuali pubbliche.
13.- Non si ravvisano inoltre né contraddittorietà né profili d’irragionevolezza nell’azione ministeriale in relazione alla circostanza che il MIUR prima aveva riconosciuto l’errore, preannunciando, col comunicato stampa del 1° novembre 2014, l’intento di procedere all’annullamento e alla ripetizione delle prove oggetto dell’errore, e successivamente, due giorni dopo, aveva invece preso la determinazione di optare per l’operazione di convalida, neutralizzazione, abbuono e ricalcolo dei punteggi, tenuto conto che a tale decisione l’Amministrazione era giunta dopo aver condotto un approfondimento della questione con l’Avvocatura Generale dello Stato e sulla base delle valutazioni compiute dalla Commissione nazionale.
14.- Del tutto priva di fondamento è poi la tesi secondo la quale l’operazione di neutralizzazione delle domande non pertinenti inserite nei test erroneamente consegnati, essendo stata effettuata dopo lo svolgimento delle prove, e quindi a test già effettuati, sarebbe stata condotta in violazione delle regole di anonimato, determinando un illegittimo vantaggio per soggetti già determinati.
Le particolari modalità di svolgimento della prova non consentono, infatti, di ritenere possibile la lamentata violazione delle regole dell’anonimato.
Peraltro non risulta nemmeno indicato in che modo e in favore di quale candidato tale regola potrebbe essere stata violata, rendendo la censura anche inammissibile per la sua genericità.
15.- Con un ulteriore motivo gli appellanti hanno sostenuto l’illegittimità della procedura anche a causa della mancata partecipazione di alcuni dei componenti della Commissione nazionale del concorso alla riunione nella quale è stata decisa la neutralizzazione dei quesiti in questione.
16.- Anche tale censura non è fondata.
Si deve ricordare che la Commissione nazionale del concorso in questione era stata costituita con D.M. 23 luglio 2014, n. 584, ai sensi dell’art. 4 del D.M. 30 giugno 2014 n. 105.
La Commissione era costituita dal presidente e da 15 componenti: 5 per l’area medica, 5 per l’area chirurgica e 5 per l’area dei servizi clinici, sulla base delle diverse specializzazioni oggetto della prova, ed aveva il compito (art. 3 del D.M. n. 584 del 2014) di specificare i criteri per l’attribuzione del punteggio ai candidati al concorso unico nazionale, al fine di consentire al Ministero la definizione di una graduatoria unica nazionale per ciascuna tipologia di scuola, e di validare i quesiti predisposti dal soggetto cui il Ministero aveva affidato il servizio di predisposizione dei test per le scuole di specializzazione.
16.1.- Tenuto conto delle funzioni assegnate alla Commissione nazionale, considerata la sua articolata composizione e il numero dei componenti previsti per ogni area disciplinare e considerato che il citato D.M. n. 584 del 2014 non prevedeva la presenza di membri supplenti, si deve ritenere che la Commissione poteva legittimamente svolgere la funzione di validazione dei test anche in assenza di qualcuno dei suoi membri, non potendosi considerare un collegio perfetto.
Del resto proprio la presenza di ben cinque membri per ogni area rendeva inutile la previsione di membri supplenti risultando le competenze specifiche proprie di ogni area adeguatamente rappresentate da un consistente numero di professori appartenenti ad ogni area, in grado, con la loro presenza, di rappresentare le relative diverse competenze.
In conseguenza, non può considerarsi illegittima la contestata determinazione riguardante la neutralizzazione dei quesiti, assunta nella seduta del 3 novembre 2014, per effetto della mancata presenza alla riunione di alcuni dei componenti della Commissione (i professori -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-).
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