N. 1584/2015 REG. PROV.COLL.
N. 2366/2014 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2366 del 2014, proposto da:
F.E. ed altri., in proprio e quali docenti ordinari di diritto amministrativo nonché nelle rispettive loro qualità di direttore responsabile (il primo), di condirettori (dal secondo al quinto), di componente del comitato scientifico (l’ultimo), della Rivista “Diritto e Processo Amministrativo”, tutti rappresentati e difesi dagli avv. Franco [#OMISSIS#] Scoca, E.F., [#OMISSIS#] Pubusa ed [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Marenghi, con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Studio [#OMISSIS#] in Roma, corso [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] II, n. 18;
contro
Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca (MIUR) e Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR), nella persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti di
M.G. e L.L.M., non costituiti;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III n. 00324/2014, resa tra le parti, concernente criteri per la qualificazione scientifica e la classificazione delle riviste nei settori “non bibliometrici” per conferire l’abilitazione a professori universitari di I e II fascia
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della difesa statale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2014 il Cons. [#OMISSIS#] Carella e uditi per le parti l’avv. [#OMISSIS#] e l’avvocato dello Stato Vessichelli;
Svolgimento del processo
I.- Gli appellanti sono docenti ordinari di diritto amministrativo e sono responsabili a vario titolo (direttore-condirettori-componente del comitato scientifico) della Rivista “Diritto e processo amministrativo”, che è stata ritenuta pubblicazione non di “eccellenza” e, quindi, non inserita dal Consiglio Direttivo dell’ANVUR nella lista delle riviste scientifiche di area giuridica incluse nella classe A, ai fini dell’abilitazione scientifica nazionale di cui alla L. 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario), e per la formazione delle Commissioni nazionali di cui al D.M. 7 giugno 2012, n. 76 (Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei Commissari, ai sensi dell’articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della L. 30 dicembre 2010, n. 240, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del D.P.R. 14 settembre 2011, n. 222).
Con il ricorso di primo grado i predetti impugnavano, a mezzo di dodici motivi di censura per violazione di legge ed eccesso di potere, una serie di atti lamentati come lesivi in via principale o presupposta, emessi dal MIUR (il decreto 7 giugno 2012, n. 76, compresi tutti gli allegati relativi agli indicatori di attività scientifica non bibliometrici, in specie l’Allegato B, ed atti susseguenti) e dall’ANVUR (provvedimenti applicativi e in particolare la Delib. n. 50 del 21 giugno 2012 che stabilisce le modalità di calcolo degli indicatori da utilizzare ai fini della selezione degli aspiranti commissari e della valutazione dei candidati per l’abilitazione scientifica nazionale, oltre all’attività istruttoria del GEV-Gruppo di Esperti della Valutazione della ricerca e del Gruppo di lavoro Libri e riviste scientifiche dell’area 12).
Vi ha fatto seguito un primo atto di motivi aggiunti, occasionato da una riclassificazione in fascia A da parte dell’ANVUR di talune riviste, tramite la quale doglianza si denunciavano disparità di trattamento e ingiustizia manifesta.
Avendo poi l’ANVUR sottoposta a rivalutazione la rivista qui dibattuta in esecuzione dell’ordinanza del Tribunale amministrativo del Lazio (Roma) n. 934 del del 22 febbraio 2013, con secondi motivi aggiunti venivano contestati dai ricorrenti gli atti ulteriori relativi al riesame, sulla base di altri numerosi motivi di impugnazione (nella specie, la Delib. n. 74 del 19 giugno 2013 del Consiglio direttivo dell’ANVUR, confermativa dell’inclusione in fascia B; gli atti istruttori del riesame; i giudizi dei referees).
La questione, in sintesi, si riferisce alla identificazione ed applicazione – rispetto alla rivista in argomento – dell’indice (rating) di scientificità di una rivista giuridica, agli effetti della valutazione e inclusione (o meglio: non inclusione) nella classe “A” di cui al citato D.M. 7 giugno 2012, n. 76, Allegato B, a tenore del quale:
“2. Per ciascun settore concorsuale di cui al numero 1 vale a dire: per i “settori concorsuali cui si applicano gli indicatori di attività scientifica non bibliometrici”, tra i quali è l’area disciplinare n. 12, Scienze giuridiche l’ANVUR, anche avvalendosi dei gruppi di esperti della Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) e delle società scientifiche nazionali, effettua una suddivisione delle riviste su cui hanno pubblicato gli studiosi italiani in tre classi di merito:
a) le riviste di classe A sono quelle, dotate di ISSN, riconosciute come eccellenti a livello internazionale per il rigore delle procedure di revisione e per la diffusione, stima e impatto nelle comunità degli studiosi del settore, indicati anche dalla presenza delle riviste stesse nelle maggiori banche dati nazionali e internazionali;
b) le riviste di classe B sono quelle, dotate di ISSN, che godono di buona reputazione presso la comunità scientifica di riferimento e hanno diffusione almeno nazionale;
c) tutte le altre riviste scientifiche appartengono alla classe C.”.
II.- La sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio (Roma) 10 gennaio 2014, n. 324, oggetto del presente appello, dato atto della rinuncia al ricorso e al mandato da parte di un ricorrente, ha dichiarato in parte inammissibile e in parte improcedibile il ricorso introduttivo e il primo atto di motivi aggiunti, mentre ha rigettato i secondi motivi aggiunti avverso il riesame, con compensazione delle spese di lite.
La sentenza ha ritenuto in [#OMISSIS#] che:
– l’inammissibilità della prima parte del ricorso introduttivo deriverebbe da carenza di interesse, essendo l’azione orientata soltanto ad una contestazione del sistema generale di reclutamento degli aspiranti commissari e dei candidati all’abilitazione (indipendentemente dall’eventuale necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i commissari nominati e di coloro che avevano beneficiato dei lavori delle singole commissioni e che vedrebbero annullato – in caso di accoglimento del gravame – l’operato decisorio dei collegi nel frattempo formatisi);
– i singoli ricorrenti, quali professori ordinari di diritto amministrativo, non avrebbero fornito elementi idonei ad attestare la loro sicura esclusione dal novero della rosa dei commissari sorteggiabili in rispetto delle modalità fissate dai provvedimenti gravati (anzi, taluni dei ricorrenti sarebbero stati ammessi alla lista degli aspiranti commissari). La prospettazione dei secondi motivi aggiunti confermerebbe l’insussistenza di un interesse personale, attuale e concreto (contestazione del “sistema delle classificazioni e degli indicatori che misurano l’impatto della produzione scientifica”), alla stregua anche delle ulteriori riflessioni rassegnate (mancanza di attualità dell’interesse, non potendosi escludere per il futuro una loro singola positiva valutazione anche in relazione a parametri quantitativi che potrebbero essere integrati e incrementati proprio in ragione della personale dedizione);
– i ricorrenti non sarebbero legittimati ad agire a tutela della “categoria dei professori universitari” o ad asserire che i provvedimenti impugnati con la prima parte del gravame e per i motivi dedotti, allo stato, neghino il diritto di libertà della scienza e del suo insegnamento e che il sistema contestato non consenta tutela ai soggetti ricorrenti che ne vengono “offesi in maniera diretta perché professori universitari”;
– l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda parte del ricorso, avendo provveduto l’Amministrazione al riesame in ottemperanza alla pronuncia cautelare, mediante l’adozione di nuovi atti, non meramente confermativi e ritualmente impugnati con i secondi motivi aggiunti.
Nel merito delle questioni sollevate contro gli atti di riesame, la sentenza impugnata, richiamati la normativa di cui all’art. 6 (Indicatori di attività scientifica), comma 6, del suddetto D.M. n. 76 del 2012 (il quale afferma che l’Anvur pubblica sul proprio sito e trasmette al Ministero i valori delle mediane degli indicatori di cui agli allegati A e B e la classificazione delle riviste, secondo le modalità stabilite con propria delibera), ed il collegato regime del MIUR in materia di abilitazione scientifica nazionale (come da artt. 3, 4 e 6 d.P.R. n. 222 del 2011), nonché precisata la natura stessa dell’ANVUR (quale organo di supporto tecnico al Ministero per le sue attività istituzionali), ha spiegato che:
– la competenza specifica dell’Anvur non è quella, isolatamente considerata, di classificare le riviste scientifiche, ma di farlo nell’ambito delle competenze discrezionali a lei riconosciute di ausilio tecnico al Ministero e al fine della valutazione di idoneità di candidati e commissari a partecipare alle procedure di abilitazione scientifica nazionale;
– l’incidenza sul valore di mercato futuro delle riviste e la sostanziale “non appetibilità” della pubblicazione su quelle in classe B o C degli scritti degli studiosi, giovani o meno giovani, è conseguenza che esula dalla conformità delle competenze dell’Anvur;
– non si rinvengono lesioni alla libertà di concorrenza, al pluralismo scientifico, alla libera espressione del pensiero e della cultura come paventate dai ricorrenti, anche in relazione alla struttura stessa del D.M. n. 76 del 2012, considerato che la stessa delibera dell’Anvur impugnata comunque riconosce la scientificità della rivista specifica presa in esame;
– non sussiste neanche l’asserita disparità di trattamento tra i candidati all’abilitazione e all’inserimento nelle liste dei commissari sorteggiabili, dato che tra i ricorrenti non figurano candidati all’abilitazione, alcuni sono risultati sorteggiabili e altri non hanno presentato domanda.
La sentenza ha poi rilevato l’infondatezza globale del ricorso sotto il profilo della legittimità complessiva e del controllo “debole” dell’operato discrezionale dell’Amministrazione, così che l’intero complesso motivazionale dell’atto di riesame, e non singoli parti di esso, potrebbe essere censurato sotto i profili della irragionevolezza, della illogicità manifesta o dell’erroneità di fatto e, in particolare:
– il giudizio di “non inserimento” in classe A non deriverebbe esclusivamente dalla considerazione del periodo di pubblicazione della rivista, posto che i criteri approvati dall’Anvur e richiamati dai ricorrenti ponevano dei confini oggettivi per non inserire in classe A riviste di recente pubblicazione ma non escludevano che altre riviste, pur di “età” meno recente come quella dei ricorrenti, “nata” nel 2007, potevano ugualmente escludersi dalla classe A e ciò in virtù di quel complessivo e discrezionale giudizio di “eccellenza” richiamato dallo stesso Allegato B al D.M. n. 76 del 2012, nel caso di specie esclusa come da giudizi dei referees recepiti dal Consiglio Direttivo dell’Anvur (censura sub 5.1);
– seppur nella documentazione istruttoria allegata alla delibera impugnata sono assenti tabelle che indichino la diffusione in biblioteche e banche dati italiane ed estere delle altre riviste inserite in classe A, quel che rileverebbe è la valutazione “assoluta” e non “comparativa” ai fini di detto inserimento. Le tabelle allegate (correlate alla revisione della classificazione della specifica rivista e non ad una valutazione generale di tutte le classificazioni, non esistendo posti limitati in classe A come evidenziato dagli stessi ricorrenti che non individuano come “controinteressate” le altre riviste ivi classificate) sono eloquenti nei risultati indicati nonché coerenti con i giudizi di non ancora evidente e [#OMISSIS#] diffusione dal respiro “internazionale” nell’ambiente scientifico della rivista in questione (il richiamo dei ricorrenti alla consultazione on line appare non verificabile con criteri oggettivi né sono forniti dati che attestino una continuità di “contatti” sul sito della rivista stessa). Le conclusioni dell’Associazione Italiana Professori di Diritto Amministrativo (AIPDA) non sono vincolanti per l’Anvur, venendosi altrimenti ad attribuire a tale comunità scientifica la sostanziale facoltà di indirizzare in maniera incontestabile la classificazione di cui è questione (censura sub 5.2);
– ugualmente, non sarebbe contraddistinta da illogicità la conclusione dell’Anvur secondo la quale non era richiesta una proporzione tra settori al fine dell’inserimento di un numero congruo di riviste in classe A (censura sub 5.3);
– il Gruppo di lavoro si sarebbe discostato dall’indicazione dell’AIPDA non immotivatamente ma, per quanto “emerge dalla tabella sotto riportata”, con riferimento essenzialmente al grado di diffusione della rivista in biblioteche italiane ed estere, come documentato negli specifici cataloghi ivi elencati (censura sub 5.4);
– non risulterebbero forniti elementi oggettivi, neanche indiziari, sulla base dei quali concludere per una assenza di “qualità scientifica” dei revisori che hanno concluso a maggioranza per un giudizio di non inserimento in classe A, mentre le garanzie di imparzialità e trasparenza erano rappresentate proprio dall’anonimato (censura sub 5.5);
– i primi tre giudizi sono stati oggetti di revisione (dunque sono improcedibili) mentre, relativamente ai nuovi, l’eventuale mancata indicazione dei criteri generali su cui fondare il proprio operato non avrebbe comunque impedito ad un revisore (il Revisore 1) di concludere per l’inserimento in classe A come ambìto dai ricorrenti. Inoltre, dal contenuto dei singoli giudizi, compreso quello del Revisore 1, sarebbe evincibile come i parametri adoperati coincidano con i criteri generali prefissati, soffermandosi essenzialmente su quello della diffusione, stima ed impatto nella comunità degli studiosi del settore e sulla sostanza degli apporti scientifici, considerati buoni ma non eccellenti, e sulla diffusione ancora non consolidata nel settore (censura sub 5.6);
– la valutazione del secondo revisore si mostrerebbe non illogica o irrazionale ed entrambi i giudizi di “non inserimento” in classe A del secondo e terzo revisore, inoltre, sarebbero coerenti e concordanti (censura sub 5.7);
– non sarebbe rilevante la censura di disparità di trattamento in quanto non si è in presenza di una procedura valutativa “comparativa” ma “assoluta”, sicchè l’eventuale erroneo e più favorevole trattamento delle altre riviste apprezzate non comporterebbe l’automatico inserimento in classe A di quella in esame. Per di più, i ricorrenti non avrebbero dimostrato che i parametri adoperati siano poi i medesimi su medesima conformazione editoriale, né precisato il contenuto scientifico degli apporti nelle altre due riviste prese a comparazione, così che non sarebbe possibile effettuare giudizialmente un raffronto effettivo in argomento (censura sub 5.8).
III.- La sentenza è criticata dagli odierni ricorrenti tramite undici motivi d’appello, con cui sono stati contestati:
1.- la violazione dell’art. 35 Cod. proc. amm., a causa della intervenuta declaratoria di improcedibilità del ricorso introduttivo e del primo atto di motivi aggiunti, nonché per il conseguente assorbimento delle riproposte censure;
2.- il difetto assoluto di attribuzione, la violazione e falsa applicazione dell’art. 21-septies della L. n. 241 del 1990 nonché dei principi di legalità (art. 97 Cost.) e di nominatività dei poteri amministrativi, la violazione dei principi giurisprudenziali in materia di poteri impliciti e l’illogicità manifesta;
3.- la violazione dell’Allegato B al D.M. n. 76 del 2012, relativamente al periodo di pubblicazione della Rivista;
4.- la violazione e falsa applicazione dell’allegato B al D.M. n. 76 del 2012, la violazione del principio di imparzialità e la illogicità della motivazione, per quanto concerne la diffusione della Rivista;
5.- la contraddittorietà della motivazione, il travisamento dell’ordinanza cautelare, la violazione e la falsa applicazione dei principi sull’attività amministrativa, per la sperequazione fra i settori disciplinari;
6.- la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3 e 10 della L. n. 241 del 1990 nonché dei principi in materia di motivazione, in ordine al coinvolgimento dell’AIPDA;
7.- la violazione e la falsa applicazione dei principi di imparzialità (art. 97 Cost.) e di trasparenza (art. 1 L. n. 241 del 1990), circa la scelta dei referees per il riesame;
8.- la violazione e la falsa applicazione del principio di coerenza dell’attività amministrativa e dei principi in materia di riesame nonché il travisamento dei documenti, quanto ai criteri del riesame;
9.- il travisamento dei documenti e l’errore di giudizio, con riguardo ai giudizi dei revisori per il riesame successivo all’ordinanza cautelare;
10.- la disparità di trattamento rispetto a “Giornale di diritto amministrativo” e a “Federalismi.it”, la violazione e la falsa applicazione del principio di imparzialità (art. 97 Cost.), l’errore di giudizio;
11.- la violazione dei criteri generali fissati dal G.E.V. (Gruppo di Esperti della Valutazione della ricerca), il difetto di motivazione e la contraddittorietà (per il mancato rispetto degli stessi criteri assunti in autolimite).
In sintesi, le censure si appuntano: contro la statuizione di improcedibilità dell’atto introduttivo; avverso il rigetto dei motivi aggiunti; nei confronti dell’andamento del procedimento per come applicato dall’ANVUR (mancata indicazione di parametri certi e diversi da quelli elaborati dal CUN-Consiglio Universitario Nazionale); in particolare, per l’immunità da vizi ravvisata in prima istanza, venendo contestato il ragionamento del primo giudice (secondo cui, sebbene non vi sia un’espressa attribuzione del potere di classificazione delle riviste, l’ANVUR potrebbe esercitarlo perché “giustificato dal fine” di valutare commissari e candidati all’abilitazione scientifica nazionale).
IV.- L’Amministrazione statale si è costituita in giudizio per resistere.
Alla camera di consiglio del 20 maggio 2014, dopo aver sentito le parti ai sensi dell’art. 60 Cod. proc. amm., la causa è stata trattenuta per essere decisa in forma semplificata.
Motivi della decisione
1.1.- La decisione viene assunta in forma semplificata, a termini degli artt. 60 e 74 Cod. proc. amm., dopo aver accertato la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, preavvertite le parti, essendo trascorsi oltre venti giorni dalla notifica dell’atto di appello ed essendo chiara, sia la situazione di fatto nei suoi punti di riferimento, sia nella problematica dibattuta.
L’argomento richiede, per la complessità, in luogo della misura cautelare invocata, una decisione nel merito sulla questione controversa.
1.2.- Come da esposizione in fatto, dove è stata anche riportata la normativa di riferimento, la controversia attiene al tema dell’indice (rating) di scientificità di una rivista giuridica (area 12-scienze giuridiche), ai fini della valutazione e inclusione nella classe “A” di cui al D.M. 7 giugno 2012, n. 76 relativamente alla rivista “Diritto e Processo amministrativo”, che è stata giudicata meritevole di essere inserita solo in fascia “B”.
È il caso di ricordare che l’Allegato B di detto D.M. n. 76 del 2012, relativo agli indicatori di attività scientifica non bibliometrici e settori concorsuali cui si applicano, demanda la suddivisione delle riviste su cui pubblicano gli studiosi italiani in tre classi di merito (A-B-C), alla stregua di modalità tecniche di calcolo rimesse all’ANVUR.
Si discute, cioè, di una valutazione contemplata da un regolamento ministeriale, che nelle premesse espressamente si riferisce all’art. 16 (Istituzione dell’abilitazione scientifica nazionale), comma 3, lettere a), b), c) e h) della riforma di cui alla L. 30 dicembre 2010, n. 240, il quale fa cenno alle modalità di espletamento delle procedure; e che espressamente si richiama inoltre – in quel contesto – agli artt. 4 (Criteri di valutazione) e 6 (Commissione nazionale per l’abilitazione alle funzioni di professore universitario di prima e di seconda fascia), commi 4 e 5, del conseguente D.P.R. 14 settembre 2011, n. 222 (Regolamento concernente il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell’articolo 16 della L. 30 dicembre 2010, n. 240).
Vale a dire, si tratta di un regolamento che dichiara fondarsi su un sistema a scalare dalla fonte primaria ad atti regolamentari, che all’apice ha l’art. 16 della L. n. 240 del 2010 e in posizione intermedia gli artt. 4 e 6 del d.P.R. n. 222 del 2011 (che è un regolamento della tipologia dell’art. 17, comma 2, L. 17 agosto 1988, n. 400).
Deve essere allora rammentato che le disposizioni regolamentari vanno interpretate secondo le leggi cui danno attuazione, e non viceversa. Infatti “è principio generale … non essere consentito all’interprete di identificare il contenuto di una norma di legge sulla scorta di disposizioni aventi, secondo la gerarchia delle fonti del diritto positivo (art. 1 delle preleggi – disposizioni sulla legge in generale), valore inferiore e secondario; disposizioni, cioè, che non possono contenere norme contrastanti con quelle della legge (art. 4, primo comma, delle preleggi citato). Al contrario, alla legge devesi riconoscere, nell’ordinamento, posizione gerarchica e funzione prevalente, che la pone quale dato inderogabile di raffronto ai fini della conformità ad essa della norma regolamentare” (Corte cost., 15 giugno 1972, n. 102).
1.3.- Contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza, va inoltre rilevato che qui non è contestato il sistema generale di detta riforma universitaria, bensì una applicazione fatta con gli atti impugnati (numerosi), dal carattere regolamentare o provvedimentale, ad opera delle diverse figure amministrative interagenti (MIUR-ANVUR). Ne consegue che si tratta di atti qui impugnabili e che la legittimazione processuale, insieme all’oggetto della domanda giudiziale, è verificabile nei consueti termini di effettiva e attuale lesività.
Non è quindi dato negare la legittimazione ad impugnare (seppure parziale) ai ricorrenti, sia in veste di docenti universitari che di direttore o responsabili scientifici della Rivista in discorso, perché direttamente incisi dalle previsioni impugnate nelle loro specifiche situazioni, compresi gli effetti della classificazione delle Riviste ai fini della valutazione dei candidati e la composizione delle Commissioni nazionali per l’abilitazione scientifica nazionale.
Del resto, come meglio si vedrà a proposito del menzionato art. 16 L. n. 240 del 2010 (Istituzione dell’abilitazione scientifica nazionale), la classificazione delle Riviste rappresenta un elemento determinante cui si riferiscono i profili che commissari e candidati devono possedere agli effetti dell’abilitazione scientifica nazionale. Pertanto la legittimazione e l’effettiva lesione degli interessi in capo agli attuali appellanti scaturiscono dalla partecipazione alla procedura e dalla non positiva conclusione d’eccellenza della qualificazione della rivista.
2.1.- Le censure oggetto di gravame possono essere affrontate congiuntamente, in relazione ai criteri nel concreto applicati e in rapporto ai principi di detta legge, con particolare riferimento al procedimento di classificazione cui la valutazione è strumentale. Ciò anche in rispetto al principio di sinteticità che deve permeare la redazione degli atti del giudice (art. 3 Cod. proc. amm.).
Le critiche sollevate nelle questioni dirimenti da esaminare in ordine logico sono quelle di violazione di norme processuali, le attribuzioni dell’ANVUR, la valutazione della rivista.
2.2.- È anzitutto meritevole di attenzione la prima censura d’appello, relativa alla violazione dell’art. 35 Cod. proc. amm. e concernente la improcedibilità dichiarata dal primo giudice a titolo di sopravvenuto difetto di interesse alla decisione del ricorso introduttivo e del primo atto di motivi aggiunti sul presupposto che il secondo provvedimento di riesame, eseguito in ossequio all’ordinanza cautelare, ha sostituito gli atti precedentemente impugnati.
L’eccezione è infondata, perché è principio consolidato che l’avvenuto adempimento a un ordine rivolto all’amministrazione e insito in una pronuncia cautelare del giudice amministrativo non estingue l’interesse del ricorrente alla pronuncia di merito, e per conseguenza alla sua impugnazione ove non satisfativa.
Gli appellanti del resto hanno riproposto le doglianze di primo grado e hanno criticato le valutazioni della sentenza. Perciò l’oggetto dell’appello è correttamente incluso nella domanda giudiziale di revisione della decisione di primo grado (cfr. art. 101 Cod. proc. amm.).
2.3.- L’improcedibilità non sussiste neanche sotto l’ulteriore profilo ritenuto dalla sentenza impugnata che le seconde “opinions di peer review” abbiano superato i convincimenti dei primi referees.
La tecnica di valutazione per “peer review”, ossia della revisione da parte dei propri pari, si basa sulla opinione di anonimi esperti revisori esterni di riconosciuta competenza e indipendenza (con l’iscrizione in una lista di archivio). Si tratta di una caratteristica essenziale del metodo, che rappresenta un modello volto a garantire la neutralità e la uniformità nei giudizi mediante la schermatura del soggetto revisionato (oscuramento a double blind). Così che accade, ad esempio, anche in occasione della valutazione dei progetti di ricerca cofinanziati.
Questa procedura non è riconducibile a forme di attività valutativa collegiale o in comparazione, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente. La produzione scientifica viene valutata in sé mediante un “confronto” che si realizza tra i personali apprezzamenti scientifici resi dagli anonimi revisori. Ne consegue che l’opinione formulata da ciascuno dei revisori non è da omogeneizzare o rendere compatibile con le altre opinioni (ovvero confrontabile con le altre Riviste): in caso di discrepanza, quella meno positiva funge da mera opinione dissenziente circa l’oggetto in valutazione.
Ne deriva che le prime e le seconde “opinions di peer review” si sommano e che le seconde non elidono né superano le prime al fine del riscontro di legittimità. A questo proposito, entrambe vanno considerate compresenti perché, salvo vizi di forma o ragioni prettamente di ordine logico-giuridico, un parere tecnico non è normalmente suscettibile di essere ripensato o retrattato, e rientrano entrambe nella dialettica e nella logica procedimentale unitaria, come assunti e contenuti nell’atto finale e conclusivo, nella specie di classificazione.
3.1- Vanno disattese le doglianze dei ricorrenti avverso le contestate attribuzioni dell’ANVUR, a suo tempo istituita dall’art. 2, commi 138 e ss., D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla L. 24 novembre 2006, n. 286.
È a questo punto preliminare l’illustrazione del quadro normativo qui rilevante che delinea il contesto funzionale e operativo della vicenda in esame.
3.2.- Si è anticipato che il contenuto precettivo di base è quello del predetto art. 16 L. n. 240 del 2010 anche prima delle modifiche apportate dall’art. 49 D.L. 9 febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), convertito dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, che reca misure di semplificazione e funzionamento in materia di università; dall’art. 1, comma 398, L. 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), che modifica il predetto art. 16 quanto a scadenza dei termini per l’espletamento delle procedure di abilitazione; dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), come convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 114.
L’attuativo D.P.R. 14 settembre 2011, n. 222, all’art. 4, ha regolato per rinvio i “criteri di valutazione” (1. Il Ministro, con proprio decreto, sentiti il CUN, l’ANVUR e il CEPR, definisce criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare… 2. Ogni cinque anni si procede alla verifica dell’adeguatezza e congruità dei criteri e parametri di cui al comma 1, sentiti il CUN, l’ANVUR e il CEPR. La revisione o l’adeguamento degli stessi è disposta con decreto del Ministro anche tenendo conto dei risultati della valutazione delle politiche di reclutamento di cui all’articolo 5, comma 5, della legge) e, all’art. 6, nel disciplinare la formazione della “Commissione nazionale per l’abilitazione alle funzioni di professore universitario di prima e di seconda fascia”, ha precisato ai commi 4 e 5 le condizioni relative (4. Gli aspiranti commissari devono rispettare criteri e parametri di qualificazione scientifica, coerenti con quelli richiesti, ai sensi del decreto di cui all’articolo 4, comma 1, ai candidati all’abilitazione per la prima fascia nel settore concorsuale per il quale è stata presentata domanda. 5. L’accertamento della qualificazione degli aspiranti commissari è effettuata dall’ANVUR per ciascuna area disciplinare, nell’ambito delle competenze di cui al D.P.R. 1 febbraio 2010, n. 76, e nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente. Il Ministero rende pubblico per via telematica il curriculum di ciascun soggetto inserito nella lista).
Il citato d.m. applicativo 7 giugno 2012, n. 76 – acquisiti i pareri dell’ ANVUR, del CUN e del CEPR, espressi rispettivamente in data 12 ottobre 2011, 19 ottobre 2011 e 19 ottobre 2011 – ha definito i criteri e i parametri per la valutazione dei candidati all’abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di professore universitario di prima e di seconda fascia e stabilito i criteri e le modalità mediante le quali è accertata la coerenza dei criteri e parametri di qualificazione scientifica degli aspiranti commissari con quelli richiesti ai candidati all’abilitazione per la prima fascia ai sensi dell’articolo 6, commi 4 e 5, D.P.R. 14 settembre 2011, n. 222.
L’art. 5, comma 2, lett. d), del detto D.M. n. 76 del 2012 prevede che le commissioni preposte all’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale, nella valutazione delle pubblicazioni scientifiche presentate dai candidati considerino, tra l’altro, la “collocazione editoriale dei prodotti scientifici presso editori, collane o riviste di rilievo nazionale o internazionale che utilizzino procedure trasparenti di valutazione della qualità del prodotto da pubblicare, secondo il sistema di revisione tra pari”.
L’ Allegato B di detto D.M. n. 76 del 2012, nel prevedere gli indicatori di attività scientifica non bibliometrici e le modalità da utilizzare nelle procedure di abilitazione a professore di prima e seconda fascia nonché per la valutazione della qualificazione degli aspiranti commissari, dispone:
“2. Per ciascun settore concorsuale di cui al numero 1 vale a dire: per i “settori concorsuali cui si applicano gli indicatori di attività scientifica non bibliometrici”, tra i quali è l’area disciplinare n. 12, Scienze giur