Le indennità previste a favore del personale universitario che presta servizio presso le struttura mediche, oltre a dover tener conto delle risorse specificamente disponibili, devono essere graduate, in relazione alle responsabilità connesse ai diversi incarichi ed ai risultati ottenuti, e sulla base di parametri previamente concordati. L’individuazione di detti parametri è demandata ad atti di programmazione, o comunque generali, prefissati, tra Regione ed Università, e tra Università ed Azienda sanitaria.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 febbraio 2020, n. 880
Personale azienda ospedaliera universitaria-Attività assistenziale- Indennità
N. 00880/2020 REG.PROV.COLL.
N. 03740/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3740 del 2019, proposto da
AZIENDA ULSS 9 SCALIGERA (GIÀ AZIENDA ULSS 20 DI VERONA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Barbara Bolognesi, [#OMISSIS#] Azzini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio fisico eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], n. 5;
contro
[#OMISSIS#] PINELLI, rappresentato e difeso dagli avvocati Chiara Reggio D’Aci, [#OMISSIS#] Scagliotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio fisico eletto presso lo studio Chiara Reggio D’Aci in Roma, viale del Vignola 5;
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
REGIONE DEL VENETO, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto n. 107 del 2019;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] Pinelli e dell’Università degli Studi di Verona;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2019 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Greco Giovanni, [#OMISSIS#], in dichiarata delega di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], e Reggio D’Aci Chiara;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.‒ Il presente giudizio concerne la misura del trattamento economico da corrispondere ai docenti e ricercatori universitari che abbiano espletato attività assistenziale in forza di apposite convenzioni tra le Università e le strutture ospedaliere.
I termini della controversia possono essere così riassunti:
– ai predetti docenti e ricercatori universitari veniva inizialmente corrisposta l’indennità c.d. “De [#OMISSIS#]”, avente funzione perequativa, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 213 del 1971, e poi dell’art. 102 del d.P.R. n. 382 del 1980;
– successivamente, il combinato disposto degli artt. 5 e 15-quater del d.lgs. n. 517 del 1999 aveva previsto che l’indennità di esclusività, prevista dal CCNL della dirigenza medica e sanitaria sottoscritto l’8 giugno 2000, spettasse anche al personale medico universitario svolgente attività assistenziale (che avesse optato per l’attività assistenziale intramuraria);
– l’Amministrazione aveva conteggiato la succitata indennità di esclusività all’interno dell’indennità De [#OMISSIS#], con la conseguenza che i docenti con una retribuzione universitaria elevata non avevano percepito nulla (essendo lo stipendio universitario superiore a quello ospedaliero);
– l’art. 6 dello stesso d.lgs. n. 517 del 1999 aveva inoltre dettato una disciplina totalmente nuova del trattamento economico del personale universitario svolgente attività assistenziale, sostitutiva del criterio perequativo di cui alla previgente disciplina (prevedendo l’attribuzione di un trattamento aggiuntivo graduato in riferimento alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico, e di un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell’attività assistenziale e gestionale), ma l’Amministrazione non vi aveva dato attuazione;
– su queste basi, con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, i ricorrenti chiedevano l’accertamento del diritto a ricevere le retribuzioni connesse al corretto calcolo dell’indennità “De [#OMISSIS#]” (previa inclusione, tra gli elementi della retribuzione del docente universitario svolgente attività assistenziale, dell’indennità di esclusività), nonché l’accertamento del diritto a ricevere la retribuzione derivante dall’applicazione dell’art. 6 del d.lgs. n. 517 del 1999, ivi compresi gli arretrati dalla data di entrata in vigore del predetto decreto legislativo (27 gennaio 2000);
– con motivi aggiunti, gli istanti impugnavano il protocollo di intesa stipulato tra la Regione Veneto e le Università di Padova e di Verona, conclusosi con la deliberazione del Consiglio Regionale del Veneto n. 140 del 14 dicembre 2006, lamentando che esso, pur risolvendo il problema dell’indennità di esclusività, non aveva risolto quello dei benefici di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 517 del 1999, in ragione, sia della decorrenza del benefici fissata alla data del 1 gennaio 2006, sia per il rinvio dell’applicazione pratica del protocollo a “protocolli attuativi” sottoscritti dai direttori generali delle Aziende Ospedaliere e dai rettori delle Università di Padova e di Verona;
– con il secondo ricorso per motivi aggiunti, i ricorrenti impugnavano anche il protocollo attuativo siglato in data 24 giugno 2008 tra l’Università di Verona e l’Azienda Ospedaliera Istituti Ospitalieri di Verona, sul presupposto che il trattamento aggiuntivo da corrispondere non avrebbe potuto limitarsi solo alla retribuzione di posizione minima contrattuale e di quella parte variabile aziendale, bensì avrebbe dovuto comprendere anche una vasta serie di altre voci retributive.
2.‒ Con sentenza non definitiva n. 17 del 4 gennaio 2018, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto dichiarava la cessazione della materia del contendere per i ricorrenti, stante l’intervento tra gli stessi e le Amministrazioni interessate (l’Università di Verona, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, e la gestione liquidatoria dell’Azienda Ospedaliera di Verona) di un accordo transattivo finalizzato alla composizione della lite (segnatamente, le parti avevano concordato l’applicazione integrale del trattamento economico di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 517 del 1999, a far data dal 1 gennaio 2010), ad eccezione del professore [#OMISSIS#] Pinelli, disponendo per quest’ultimo la prosecuzione del giudizio.
3.‒ Con sentenza definitiva n. 107 del 2019, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, dopo avere affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla presente controversia, accoglieva parzialmente il ricorso, nei seguenti termini:
i) dichiarava fondata la domanda di percezione dell’indennità di esclusività ex art. 5 del d.lgs. n. 517 del 1999 a far data dal conferimento dell’incarico presso la U.L.S.S. n. 20 e in via aggiuntiva rispetto al regime della indennità “De [#OMISSIS#]”, con scomputo di quanto eventualmente già percepito a titolo di esclusività;
ii) dichiara parzialmente fondata la domanda di percezione dell’indennità di posizione ex art. 6, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 517 del 1999, a decorrere dal 1 gennaio 2006, nei termini di cui al CCNL per il settore della dirigenza medico sanitaria e del contratto integrativo aziendale, e con detrazione di quanto ancora percepito dal medico (fino al 31 dicembre 2009), a titolo di indennità “De [#OMISSIS#]”;
iii) dichiarava non fondata la domanda di percezione dell’indennità di risultato ex art. 6, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 517 del 1999;
iv) dichiarata non fondata la domanda di annullamento del protocollo d’intesa del 2006 presentata con i primi motivi aggiunti, nonché dell’inammissibilità della domanda di annullamento del protocollo operativo del 2008, presentata con i secondi motivi aggiunti.
v) precisava che, sulle somme dovute al ricorrente, erano dovuti gli interessi legali, ma non la rivalutazione monetaria, né sotto forma di cumulo con gli interessi, né di maggior danno ai sensi dell’art. 1224, secondo comma, del c.c.
vi) dichiarava che gli importi da corrispondere al ricorrente dovevano essere addebitati alla U.L.S.S., sia quale soggetto che aveva tratto vantaggio dalle prestazioni assistenziali rese dal ricorrente, sia alla luce dell’art. 4 della convenzione stipulata con l’Università di Verona il 6 settembre 2000, che addossava alla U.L.S.S. gli oneri economici delle suddette prestazioni assistenziali;
vii) dichiarava, limitatamente all’indennità di esclusività dovuta per il periodo dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2005, la responsabilità solidale della Regione Veneto, avendo questa assunto un impegno autonomo al relativo pagamento, in virtù del ricordato art. 14, comma 6, del protocollo di intesa approvato con deliberazione n. 140 del 2006.
4.‒ Avvero la predetta sentenza ha proposto appello l’Azienda ULSS 9 Scaligera: in via pregiudiziale eccependo il difetto di legittimazione passiva dell’Azienda ULSS 9 Scaligera; nel merito, argomentando diffusamente l’infondatezza della pretesa del ricorrente; in via subordinata, chiedendo di ridursi le pretese di parte appellata nella misura indicata.
5.‒ Si è costituito in giudizio il signor [#OMISSIS#] Pinelli, chiedendo il rigetto del gravame. Lo stesso ha spiegato inoltre appello incidentale condizionato all’accoglimento dell’appello principale, con cui ha chiesto l’accertamento della legittimazione passiva dell’Università degli Studi di Verona rispetto alle domande avanzate con il ricorso di primo grado, e l’accertamento del suo diritto a ricevere «anche a titolo di risarcimento del danno contrattuale» le somme di cui all’art. 6 del d.lgs. 517 del 1999.
6.‒ Si è costituita l’Università di Verona, chiedendo il rigetto del gravame principale e incidentale.
7‒ All’odierna udienza del 19 dicembre 2019, la causa è stata discussa e decisa.
DIRITTO
1.‒ In limine litis, il Collegio rileva che, sulla questione di giurisdizione, è oramai calato il giudicato interno, in quanto il relativo capo della sentenza appellata non è stato fatto oggetto di impugnazione.
2.‒ Il primo motivo dell’appello principale ‒ e del corrispondente mezzo di gravame incidentale ‒ è fondato.
2.1.‒ La domanda del ricorrente è volta all’accertamento dell’esatto adempimento dell’obbligazione retributiva spettante al personale universitario, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 517 del 1999. Ne consegue che il titolare del rapporto giuridico dal lato passivo non può che essere il datore di lavoro (unico soggetto peraltro abilitato ad operare quale sostituto d’imposta con riferimento al versamento degli oneri contributivi e fiscali). Nel caso in esame, è incontestato tra le parti che il professore Pinelli fosse un docente alle dipendenze dell’Università degli studi di Verona dalla quale percepiva il relativo stipendio.
2.2.‒ Va rimarcato che, mentre l’Azienda sanitaria non assume alcuna obbligazione diretta nei confronti del professore universitario svolgente attività assistenziale, resta fermo che, nei rapporti interni ‒ alla luce di quanto previsto dall’art. 3, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 maggio 2001, secondo cui «[l’]importo del trattamento economico di cui al comma 3, lettera d) [ovvero il trattamento economico previsto dall’art. 6 del d.lgs. n. 517 del 1999], viene attribuito dall’azienda all’università e da questa ai docenti universitari» ‒ la stessa è tenuta a corrispondere all’Università i fondi necessari affinché quest’ultima possa adempiere alla propria obbligazione retributiva.
Proprio tale regola di ripartizione interna del peso del debito, giustifica l’interesse del ricorrente in primo grado all’estensione del giudicato anche nei confronti dell’Azienza ULSS 9 Scaligera.
2.3.‒ L’assunto appena esposto in punto di legittimazione va evidentemente confermato, pur qualificando la domanda spiegata del ricorrente come intesa al risarcimento del danno contrattuale da inadempimento della prestazione retributiva.
Sotto altro profilo, la circostanza che l’Azienda ULSS 9 Scaligera sia stato il soggetto concretamente avvantaggiatosi delle prestazioni assistenziali rese dal professore Pinelli non coglie nel segno ‒ con conseguente rigetto del secondo motivo di appello incidentale ‒, atteso che non viene qui in rilievo alcuna domanda di indebito arricchimento.
2.4.‒ Quanto all’invocato precedente di cui alla sentenza delle Sezioni Unite n. 8521 del 2012 ‒ il quale avrebbe condannato, in solido con esso, anche l’ente del Servizio Sanitario Nazionale presso cui il professore universitario aveva svolto attività assistenziale ‒, è dirimente osservare che (come correttamente replicato dall’appellante) tale pronuncia riguarda lo specifico modello organizzativo dell’Azienda Ospedaliera Universitaria, non ricorrente nel caso di specie.
3.‒ Con il secondo motivo di appello, l’Azienza ULSS sostiene che, dalla documentazione presente agli atti e sulla base della normativa e della giurisprudenza formatasi, il giudice di primo grado avrebbe dovuto rigettare la domanda del ricorrente, stante la totale assenza «dei presupposti tecnico-amministrativi per il riconoscimento del beneficio», e cioè l’assenza di un accordo applicativo dell’art. 6, del d.lgs. n. 517 del 1999.
La censura è infondata. È necessaria una breve digressione ricostruttiva.
3.1.‒ L’indennità ex art. 31 del d.P.R. n. 761/1979 è stata istituita in favore del personale universitario, che presta servizio presso le strutture sanitarie, «nella misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico complessivo a quello del personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni ed anzianità».
Di tale indennità si è occupata in passato la Corte Costituzionale, che ha riconosciuto che il beneficio è stato istituito per giungere alla equiparazione economica fra sanitari ospedalieri e docenti universitari che operano nelle cliniche universitarie; trattandosi di una componente del complessivo trattamento economico spettante al professore universitario quando svolga attività assistenziale sanitaria, l’indennità non può non essere utile ai fini assistenziali e previdenziali (Corte Cost., n. 126/1981, con cui il citato art. 31 è stato dichiarato, sotto tale profilo, incostituzionale).
Con la stessa sentenza n. 126/1981, il giudice delle leggi, nel dichiarare incostituzionale una limitazione all’applicazione dell’indennità (contenuta nell’art. 50 del d.P.R. n. 748/1972), ha affermato che va garantita l’esigenza di perequazione, ove per qualunque ragione lo stipendio del docente universitario venga ad essere inferiore a quello del medico ospedaliero di pari funzioni ed anzianità.
Con la successiva sentenza n. 136/1997, la Corte Costituzionale ha evidenziato che l’indennità c.d. De [#OMISSIS#] non ha un contenuto corrispettivo dell’attività assistenziale prestata in aggiunta a quella didattica, ma esprime un semplice carattere perequativo, essendo finalizzata soltanto ad equiparare il trattamento economico del personale sanitario docente a quello del personale medico ospedaliero di pari funzioni e anzianità (tanto più che per esso non è possibile parlare di un duplice rapporto di impiego, né di un lavoro supplementare o aggiuntivo).
3.2.‒ Come si è già accennato nella premessa in fatto, il sistema di determinazione del trattamento economico basato sulla predetta indennità è stato sostituito dal d.lgs. n. 517 del 1999.
Secondo l’art. 6, comma 1, del d.lgs. 517/1999, ai medici universitari in servizio presso le aziende sanitarie pubbliche spettano ora: «a) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico; b) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell’attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché all’efficacia nella realizzazione della integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca».
Il comma 2 precisa che detti trattamenti «sono erogati nei limiti delle risorse da attribuire ai sensi dell’articolo 102, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, globalmente considerate e sono definiti secondo criteri di congruità e proporzione rispetto a quelle previste al medesimo scopo dai contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all’articolo 15 del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni».
D’altro canto, secondo l’art. 1 del medesimo d.lgs. 517 del 1999, «[l]’attività assistenziale necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali delle università è determinata nel quadro della programmazione nazionale e regionale in modo da assicurarne la funzionalità e la coerenza con le esigenze della didattica e della ricerca, secondo specifici protocolli d’intesa stipulati dalla Regione con le università ubicate nel proprio territorio», e detti protocolli d’intesa sono stipulati in conformità ad apposite linee guida contenute in atti di indirizzo e coordinamento statali, emanati sulla base dei criteri e princìpi direttivi, tra i quali «[…] d) indicare i parametri per l’individuazione delle attività e delle strutture assistenziali complesse, funzionali alle esigenze di didattica e di ricerca dei corsi di laurea della facoltà di medicina e chirurgia, delle aziende di cui all’articolo 2, nonché delle Aziende USL per quanto concerne le attività di prevenzione, secondo criteri di essenzialità ed efficacia assistenziale, di economicità nell’impiego delle risorse professionali e di funzionalità e coerenza con le esigenze di ricerca e di didattica dei predetti corsi […]».
Aggiunge il successivo comma 3 che «I protocolli d’intesa di cui al comma 1 stabiliscono altresì, anche sulla base della disciplina regionale di cui all’articolo 2, comma 2-sexies, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, criteri generali per l’adozione, da parte del direttore generale delle aziende di cui all’articolo 2, degli atti normativi interni, ivi compreso l’atto aziendale previsto dall’articolo 3».
Le linee guida previste dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n- 517 del 1999 sono state adottate con il d.P.C.M. 24 maggio 2001, il cui art. 3, comma 2, prevede che «Nel protocollo d’intesa deve essere inoltre previsto: […] d) che il trattamento economico previsto dall’art. 6 del decreto legislativo n. 517 del 1999, quale riconoscimento dovuto ai professori ed ai ricercatori universitari per lo svolgimento dell’attività assistenziale, è composto da: 1) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico; 2) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell’attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri, concordati fra il direttore generale e il rettore, di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché di efficacia nella realizzazione dell’integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca».
In definitiva, alla luce delle previsioni normative, risulta che le indennità in questione, oltre a dover tener conto delle risorse specificamente disponibili, debbano essere graduate, in relazione alle responsabilità connesse ai diversi incarichi ed ai risultati ottenuti, e sulla base di parametri previamente concordati. L’individuazione di detti parametri è demandata ad atti di programmazione, o comunque generali, prefissati, tra Regione ed Università, e tra Università ed Azienda sanitaria.
Dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato si può trarre conferma della necessità che la corresponsione dei trattamenti aggiuntivi previsti dall’art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 517 del 1999 avvenga dopo l’adozione di atti pattizi attuativi (cfr., Consiglio di Stato, VI, n. 7298 del 2010, n. 389 del 2010 e n. 6301 del 2009; più recentemente, anche Consiglio di Stato, III, n. 4826 del 2018 e n. 4324 del 2018).
3.3.‒ Nel caso di specie, correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto che, nel caso in esame, i citati presupposti di operatività dei nuovi istituti retributivi si fossero realizzati.
Il protocollo d’intesa tra Regione Veneto ed Università degli Studi di Verona (oltre che di Padova), stipulato il 30 gennaio 2006 e approvato con deliberazione del Consiglio Regionale del Veneto n. 140 del 14 dicembre 2006, all’art. 11, comma 5, ha previsto che «l’applicazione dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 517 del 99 decorre dal 1 gennaio 2006».
Per quanto concerne l’indennità di esclusività, lo protocollo, all’art. 14, comma 6, ha stabilito:
i) la spettanza di detta indennità dal 1 gennaio 2000, facendosi carico la Regione di corrispondere l’emolumento de quo al personale universitario in convenzione per il periodo dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2005;
ii) lo scomputo della quota di esclusività eventualmente già percepita dai singoli docenti e ricercatori universitari in virtù del meccanismo perequativo vigente;
iii) la natura dell’indennità di esclusiva quale voce aggiuntiva rispetto alla indennità De [#OMISSIS#], trattandosi di “voce a sé stante”, priva delle finalità di equiparazione proprie di quest’ultima (cfr. sul punto Cassazione civile, sez. lav., 9 marzo 2018, n. 5706, secondo cui: l’indennità perequativa di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, spettante al personale universitario dei ruoli professionale, tecnico e amministrativo, si determina sulla base dell’equiparazione del trattamento economico complessivo a quello del personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianità; ne consegue che in essa non è compresa l’indennità di esclusività, di cui all’art. 43 del CCNL dell’area della dirigenza professionale, tecnica e amministrativa del servizio sanitario nazionale 1998/2001, riconosciuta al solo personale dirigenziale del ruolo sanitario).
La quantificazione della pretesa è stata effettuata dal giudice di primo grado sulla scorta dei parametri offerti dal ricorrente, i quali non sono stati oggetto di specifica contestazione di controparte.
4.‒ Veniamo ora al terzo motivo di appello principale relativo alla previsione di cui all’art. 6 del d.lgs. 517 del 1999, comma 2, secondo cui: «I trattamenti di cui al comma 1 sono erogati nei limiti delle risorse da attribuire ai sensi dell’articolo 102, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, globalmente considerate».
L’appellante sottolinea che la disposizione in esame individua un tetto, oltre il quale non possono essere erogati i trattamenti economici aggiuntivi. Nel caso specifico dell’ex Azienda ULSS 20, il prof. Pinelli sarebbe stato l’unico docente universitario incaricato dell’espletamento anche di attività assistenziale, con la conseguenza che la misura del trattamento economico aggiuntivo spettante al ricorrente ex art. 6, comma 1, del d.lgs. 517/1999 non avrebbe potuto superare l’ammontare dell’indennità De [#OMISSIS#], già a suo tempo, riconosciutagli.
4.1.‒ I giudici di prime cure hanno ritenuto che non fosse stata fornita prova dell’esatto ammontare di tale tetto, rilevando che, «stante la natura contrattuale del rapporto dedotto in giudizio, sarebbe spettato alla parte pubblica, in quanto tenuta a corrispondere gli importi per cui è causa, provare che le risorse disponibili, stimate nel cd tetto De [#OMISSIS#], fossero concretamente insufficienti ad adempiere al dettato normativo».
Ritiene il Collegio che anche tale capo della sentenza appellata deve essere confermato.
4.2.‒ Allegata agli atti del giudizio di primo grado, risulta effettivamente la nota del Responsabile del Servizio del Personale della ex ULSS 20 (documento n. 22 del fascicolo del ricorrente), recante la quantificazione degli importi che l’Azienda sanitaria avrebbe corrisposto all’Università, ai sensi dell’art. 4 della convenzione del settembre del 2000, a rimborso dell’integrazione stipendiale ex art. 102, comma 2, d.P.R., n. 382 del 1990.
Secondo l’appellante, il tetto di cui all’art. 6, comma 2, del d.lgs. 517 del 1999, per la ex ULSS 20, risulterebbe corrispondente all’importo mensile di Lire 854.602, dato dalla differenza tra lire 3.520.769, e l’indennità di esclusività pari a lire 2.666.167 (nel documento, infatti, l’indennità di esclusività veniva ancora calcolata all’interno della De [#OMISSIS#]). Moltiplicando l’importo di lire 854.602 per 13 mensilità, si otterrebbe che il valore del tetto De [#OMISSIS#] per anno, corrispondeva a lire 11.109.826, pari ad € 5.737,75.
Sennonché, il documento citato non è idoneo ad opporre tale limite economico, alla luce delle ragioni avanzate dall’appellato, secondo cui:
i) il termine “globalmente” previsto dalla normativa deve intendersi riferito a tutte le risorse che la Regione mette a disposizione per la loro attuazione;
ii) la nota citata rappresenta l’importo attribuito al professor Pinelli e non invece ciò che l’azienda aveva a bilancio per tali trattamenti;
iii) risulta agli atti (doc. 11) che era convenzionato con l’Ulss 20 anche il professor [#OMISSIS#] Maffeis, il quale non ha proposto ricorso.
Alla luce di tali argomentazioni, che il Collegio condivide, il terzo motivo di appello va quindi rigettato.
5.– Le spese del doppio grado di lite vanno integralmente compensate tra le parti, in considerazione dell’accoglimento soltanto parziale del ricorso di primo grado e della complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando:
– accoglie parzialmente l’appello principale e l’appello incidentale e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara il difetto di legittimazione della Azienda appellante, e, pertanto, condanna l’Università degli Studi di Verona al pagamento in favore del professore [#OMISSIS#] Pinelli delle differenze retributive riconosciute in motivazione.
– compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Tarantino, Consigliere
[#OMISSIS#] Maggio, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 04/02/2020