Non è dato al giudicante sostituirsi alla valutazione del Senato accademico che, a questo riguardo, è titolare di un potere di apprezzamento ampiamente discrezionale, sindacabile in questa sede solo nel caso di giudizio manifestamente abnorme o illogico.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 novembre 2019, n. 7510
Procedimento di conferimento titolo professore emerito-Valutazioni Senato accademico
N. 07510/2019 REG.PROV.COLL.
N. 02233/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2233 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Franco [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Gorizia, n. 14;
contro
Università degli Studi di Roma La Sapienza, Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato n.-OMISSIS-del -OMISSIS-2017 resa nel ricorso -OMISSIS-, di riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio n. -OMISSIS- del 2015, con la quale è stata annullata la deliberazione -OMISSIS-, n. -OMISSIS-, del Senato accademico dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, di non approvazione della nomina a Professore Emerito.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2019 il Cons. Giordano [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], per delega di Franco [#OMISSIS#], e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] dell’Avvocatura dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – Parte ricorrente, già professore ordinario di materie giuridiche presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” e cessato dal servizio per limiti di età, aveva impugnato avanti il T.A.R. per il Lazio la deliberazione del Senato accademico del -OMISSIS-, n. -OMISSIS-, con la quale era stata respinta la proposta di conferirgli il titolo di Professore Emerito, nonché, quale atto presupposto, il regolamento approvato con deliberazioni del 23 aprile 2014 del Senato accademico e del 7 maggio 2013 del Consiglio di amministrazione.
1.1 – Il T.A.R., con sentenza n. 5394 del 20 novembre 2015, aveva accolto il ricorso e annullato la deliberazione n. -OMISSIS-/2015, ritenendo fondato ed assorbente il motivo concernente l’incompetenza del Senato accademico.
2 – Contro tale sentenza aveva proposto appello l’Ateneo, sostenendo che ogni università potrebbe, nell’esercizio dell’autonomia accordatale dalla legge, prevedere, così come ha fatto l’università “La Sapienza”, che il titolo di Professore Emerito venga conferito dal Senato accademico.
2.1 – Anche il ricorrente in primo grado aveva proposto appello incidentale, riproponendo il motivo, non esaminato dal T.A.R., con il quale aveva contestato la motivazione della delibera del Senato accademico impugnato, deducendone l’illegittimità per eccesso di potere per essere fondata su valutazioni politiche che nulla avevano a che vedere con il curriculum professionale del ricorrente.
3 – Con sentenza n.-OMISSIS-del 2017, questo Consiglio si era pronunciato sulle impugnazioni avverso la sentenza del T.A.R. per il Lazio n. 5394 del 2015, accogliendo l’appello dell’Università e respingendo l’appello incidentale del ricorrente originario.
4 – Quest’ultimo, con il ricorso all’esame del Collegio, lamenta la presenza di errori di fatto in detta sentenza, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., richiamato dall’art. 106 c.p.a, chiedendone, pertanto, la revocazione.
5 – Prima di scrutinare le censure di parte ricorrente, giova ricordare che l’errore di fatto revocatorio consiste nel cd. abbaglio dei sensi, e cioè nel travisamento delle risultanze processuali dovuto a mera svista, che conduca a ritenere come inesistenti circostanze pacificamente esistenti o viceversa. Esso non è, invece, in linea di principio ravvisabile quando si lamenta una presunta erronea valutazione delle risultanze processuali o una anomalia del procedimento logico, in quanto ciò si risolve in un errore di giudizio.
Detto in altri termini, l’errore di fatto revocatorio consiste in una falsa percezione della realtà processuale e cioè in una svista – obiettivamente ed immediatamente rilevabile – che abbia portato ad affermare, o soltanto supporre, l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti di causa, ovvero la inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti risulti invece positivamente accertato.
Più schematicamente, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza del 27 luglio 2016, n. 21, ha enunciato in materia di revocazione chiari ed univoci principi, precisando che l’“errore di fatto” revocatorio: a) deve consistere nella pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale di atti ritualmente prodotti in giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto; b) deve attenere ad un punto non controverso sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) deve avere esercitato una [#OMISSIS#] causale determinante sulla decisione impugnata.
6 – Alla luce delle ricordate coordinate ermeneutiche, possono esaminarsi i diversi profili sottoposti all’esame del Collegio da parte del ricorrente.
Nel rispetto dell’ordine logico di esame delle censure, appare prioritaria l’analisi del motivo con il quale si lamenta la mancata rilevazione della tardività dell’atto di intervento ad adiuvandum del Ministero, il cui contenuto, secondo parte ricorrente, sarebbe stato ripreso nella sentenza che ha deciso l’appello.
6.1 – Tale atto di intervento era volto a contestare la sentenza del T.A.R. nel punto in cui affermava che il regolamento dell’Università “La Sapienza” di Roma – laddove prevede che sia competenza del Senato Accademico l’approvazione e l’invio della proposta di conferimento del titolo di Emerito ai professori universitari cessati dal servizio – era illegittimo per vizio di incompetenza.
È utile osservare che la medesima questione era già stata ritualmente portata all’attenzione del Collegio giudicante attraverso l’appello principale proposto dall’Università.
6.2 – Tanto premesso – considerato anche che l’atto di intervento non ha introdotto in giudizio alcun fatto storico nuovo, limitandosi ad esporre mere considerazioni giuridiche ed a citare giurisprudenza a supporto delle stesse, che, secondo la prospettazione ministeriale, contrasterebbero con quanto affermato dal T.A.R. – non è dato ravvisare alcuna circostanza di cui il Collegio giudicante abbia tenuto conto, per mera svista, idonea a ripercuotersi sulla decisione, né essa può ricondursi alla mera mancata rilevazione della tardività dell’atto di intervento, dal momento che la questione circa la competenza (o meno) del Senato accademico ad esprimersi implica solo la necessità di interpretare e coordinare il quadro normativo vigente; trattasi, dunque, di un’attività prettamente valutativa e di interpretazione della legge che non può essere rimessa in discussione attraverso il rimedio della revocazione.
Infatti, sulla scorta della giurisprudenza consolidata, non rientra nella nozione di errore di fatto di cui all’art. 395 c.p.c. l’ipotesi dell’anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici; ipotesi queste che, eventualmente, potrebbero dare luogo ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione che, altrimenti, si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall’ordinamento (cfr. Cons. St, Ad. Plen, 10 gennaio 2013, n. 1, Cons. St., sez. V, 30 agosto 2013, n. 4319, Cons. St., Sez. IV. 11 aprile 2007, n. 1666).
7 – Vale un’analoga considerazione in riferimento agli ulteriori profili con i quali parte ricorrente tenta, attraverso lo strumento della revocazione, di rimettere in discussione il punto della sentenza relativo alla incompetenza del Senato Accademico per carenza del relativo potere regolamentare.
Invero, la sentenza di questa Sezione oggetto del presente giudizio tratta diffusamente il motivo di appello attinente alla questione relativa alla incompetenza del Senato Accademico.
Le critiche a tali ragioni, con cui il ricorrente mette in luce gli “errori” in cui sarebbe incorso il giudicante, non sono suscettibili di dare luogo alla revocazione della sentenza, attenendo all’interpretazione delle norme applicabili e come tali non più sindacabili in questa sede.
7.1 – A questo riguardo, tenuto conto delle specifica censura con la quale si lamenta che la sentenza non avrebbe dato conto dei contrapposti argomenti dedotti dall’attuale ricorrente, deve ricordarsi che la giurisprudenza già innanzi citata (Adunanza Plenaria n. 21 del 27 luglio 2016) si è espressa nel senso che non costituisce motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell’esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla parte medesima a sostegno delle proprie conclusioni.
7.2 – Da un altro punto di vista, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, il richiamo alla sentenza di questo Consiglio del 16 febbraio 2017, n. 696, non integra affatto un ulteriore “fatto”, che non avrebbe consentito a parte ricorrente di contro dedurre, trattandosi evidentemente di una mera citazione di giurisprudenza a sostegno della tesi sostenuta dal giudicante, che esula dalle ipotesi di errore revocatorio.
Vale un discorso similare in riferimento alla dedotta erroneità del richiamo alla sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia del 18 febbraio 2016, n. 42, che può al più costituire un errore di diritto, non idoneo ad integrare un vizio revocatorio.
7.3 – In definitiva, rispetto alla parte della sentenza relativa all’accoglimento dell’appello principale dell’Università non è dato, dunque, individuare alcun errore idoneo a dare luogo alla revocazione della sentenza.
8 – Ad una diversa conclusione deve giungersi in riferimento alla censura con la quale si denuncia l’errore in cui sarebbe incorsa la sentenza di questo Consiglio n.-OMISSIS-del 2017 dove ha dato per certa l’appartenenza del ricorrente alla-OMISSIS-”; circostanza, invece, negata dallo stesso.
8.1 – In riferimento a tale aspetto, nella sentenza impugnata si legge – dopo la premessa secondo cui ai fini del riconoscimento del titolo: “si richiede che lo studioso sia meritevole di apprezzamento non solo per i risultati strettamente scientifici, ma anche per la sua collocazione nella società civile” – che: “fra le ragioni di reiezione della proposta vi è il rilievo di una circostanza che l’appellante incidentale come fatto storico non nega, ovvero la sua passata appartenenza alla nota-OMISSIS-la sentenza prosegue, precisando che: “si tratta di un’associazione sciolta d’autorità con la l. 25 gennaio 1982, n. 17, come esempio concreto delle associazioni segrete proibite dalla stessa legge, anche a pena di responsabilità disciplinare per i dipendenti pubblici che ne facciano parte”; concludendo che: “non risulta dunque anomalo o affetto da eccesso di potere il giudizio di non meritevolezza, basato sull’esser stato membro di tale associazione, perché conforme ad una valutazione negativa dello stesso legislatore”.
8.2 – Alla luce dell’inequivoca motivazione della sentenza appena ricordata, non pare dubbio che la decisione di rigettare l’appello incidentale si sia basata sull’unico presupposto che questi abbia fatto parte della -OMISSIS-”; circostanza che il Collegio giudicante ha ritenuto sufficiente a giustificare il giudizio di non meritevolezza del professore, da cui la pacifica sussistenza del requisito della decisività del supposto errore evidenziato dal ricorrente.
8.3 – Tale presupposto – “appartenenza alla-OMISSIS-” – posto alla base della decisione, ben può essere ritenuto frutto di una svista, ovvero di un travisamento delle risultanze processuali, che ha condotto a ritenere come esistente una circostanza viceversa negata dall’interessato, dal momento che la sentenza qualifica il fatto “appartenenza-OMISSIS-” come “circostanza che l’appellante incidentale come fatto storico non nega”.
La lettura dell’atto di appello incidentale, infatti, smentisce tale assunto.
8.4 – In particolare, nella parte relativa ai motivi di ricorso riproposti in sede di appello, alla pagina 14, l’appellante definisce le motivazioni del giudizio negativo del Senato accademico: “di natura evidentemente politica ed oltretutto in larga parte neppure rispettose della verità storica”, seguono le citazioni tratte dal verbale che ha preceduto la deliberazione del Senato accademico, in cui più di un soggetto ivi presente ha fatto riferimento alla supposta appartenenza del ricorrente alla -OMISSIS-”.
Seppur il tenore del ricorso avverso il giudizio negativo sia poi maggiormente volto a censurare una supposta valutazione politica ed ideologica della deliberazione del Senato accademico, ciò non toglie che l’appellante ha comunque precisato di contestare la veridicità della gran parte delle circostanze che gli sono state attribuite; ne è conferma che, a pagina 17 dello stesso atto di appello, si legge testualmente che: “ciò che risulta evidente è la connotazione vaga e approssimativa dei “fatti” imputati al ricorrente, magari dopo averne preso conoscenza da fonti di “sicura” [#OMISSIS#] storica come “google”.
Appare, dunque, frutto di un abbaglio dei sensi l’aver considerato, nella sentenza n.-OMISSIS-del 2017, la “appartenenza-OMISSIS-” una circostanza certa, che l’appellante non avrebbe negato.
9 – Nel presente giudizio, il ricorrente ha ulteriormente negato in modo puntuale tale circostanza, precisando di non disconoscere la sua domanda di iscrizione al suddetto sodalizio a cui, però, non ne sarebbe seguito l’ingresso, in conseguenza della revoca della domanda inizialmente sottoscritta; pertanto, insiste nell’affermare di non aver mai fatto parte della -OMISSIS-”, ed a tal fine ha prodotto in giudizio documentazione tesa a comprovare la verità storica dallo stesso riferita.
9.1 – In particolare, il ricorrente ha depositato gli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta, da cui emerge che la domanda di adesione, pur valutata positivamente, doveva essere seguita da rituale “perfezionamento”, di cui era stata già fissata la data; perfezionamento che, dai documenti prodotti, non risulta mai essersi realmente completato.
Le testimonianze dell’epoca prodotte dal ricorrente (attestazioni scritte del Generale dei Carabinieri -OMISSIS-, del Questore della Polizia di Stato Dottor -OMISSIS-e dal Giudice -OMISSIS-) confermano inoltre anche l’avvenuta revoca, da parte dello stesso, della domanda inizialmente proposta.
In altre parole, la decisione di questo Consiglio n.-OMISSIS-del 2017 è frutto di errore di fatto, consistente nella falsa percezione della realtà processuale, che ha portato ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo che il ricorrente aveva già negato, e che sulla base dei documenti prodotti in questa sede non può ritenersi per nulla accertato.
10 – Alla luce delle considerazioni che precedono, non può che concludersi che l’unico presupposto sul quale si fonda la sentenza revocanda è rappresentato da un fatto – “appartenenza-OMISSIS-” – di cui per errore si è supposto l’esistenza; esistenza che non può invece dirsi accertata, in quanto: a) fatto mai ammesso dal ricorrente negli atti del giudizio, dove, come già evidenziato, aveva invece negato la gran parte delle circostanze sulle quali si è basata la valutazione negativa del Senato accademico; b) in contrasto con la documentazione prodotta dal ricorrente in questa sede, che appare coerente con la ricostruzione della verità storica dallo stesso fornita.
10.1 – Tale errore integra l’ipotesi di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, poiché, come già precisato, ha costituito un elemento decisivo della decisione, sussistendo, infatti, “un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa” (cfr. Adunanza Plenaria n. 5 del 2014 già citata). Per tale ragione, la sentenza impugnata deve essere annullata nella parte in cui ha respinto l’appello incidentale del ricorrente.
10.2 – L’accoglimento sotto tale profilo rescindente del ricorso esclude la necessità di esaminare gli ulteriori elementi dedotti a tal fine dal ricorrente, i quali non pare possano comunque essere ricondotti al concetto di errore di fatto revocatorio, come innanzi delineato, trattandosi invece di critiche alla valutazione effettuata dal Collegio giudicante. Ci si riferisce, in particolare: a) all’errore di fatto che atterebbe alla evocazione della legge 25 gennaio 1982, n. 17, nonostante la stessa sia successiva al fatto “valutato”; b) alla mancata valutazione del fatto temporale del decorso di quasi un quarantennio dalla domanda di adesione a detta-OMISSIS-); c) alla contestata non compatibilità del ricorrente con la “società civile” sotto il profilo della totale pretermissione di quanto dedotto negli atti difensivi del primo e secondo grado di giudizio a dimostrazione del contrario.
11 – Il venir meno del presupposto sul quale si fonda la sentenza impugnata si riflette anche sulla fase rescissoria del giudizio in esame, tanto è vero che anche nella già ricordata motivazione della revocanda sentenza si conclude nel senso che: “non risulta dunque anomalo o affetto da eccesso di potere il giudizio di non meritevolezza, basato sull’esser stato membro di tale associazione, perché conforme ad una valutazione negativa dello stesso legislatore”.
11.1 – Deve, peraltro, rammentarsi che non è dato al giudicante di sostituirsi alla valutazione del Senato accademico che, a questo riguardo, è titolare di un potere di apprezzamento ampiamente discrezionale, sindacabile in questa sede solo nel caso di giudizio manifestamente abnorme o illogico.
Tuttavia, non può non ravvisarsi il dedotto vizio di eccesso di potere nella valutazione effettuata dal Senato accademico, la quale si è basata anche su un dato storico – l’appartenenza alla -OMISSIS-” – che, per le ragioni innanzi esposte, non può considerarsi accertato, dovendosene ragionevolmente escludere la veridicità alla luce della documentazione prodotta in questa sede.
11.2 – In particolare, a tal fine giova ricordare che: il sig.-OMISSIS-aveva espresso parere contrario essenzialmente per essere stato il ricorrente iscritto alla -OMISSIS-”; il Prof. -OMISSIS-aveva ricordato, oltre al fatto che il ricorrente aveva difeso -OMISSIS-, anche la pregressa iscrizione alla -OMISSIS-la dott.ssa -OMISSIS-, aveva anch’essa fatto riferimento all’appartenenza alla-OMISSIS- del ricorrente.
Dal verbale della seduta del Senato accademico emerge, dunque, che l’appartenenza alla-OMISSIS- è stata un elemento di rilevo, oggetto della discussione tra i membri del Senato accademico, che ha perciò influito sulla valutazione che ha portato al mancato riconoscimento del titolo in favore del ricorrente; tanto è vero che, come già sottolineato, anche la revocanda sentenza di questo Consiglio aveva considerato tale circostanza di per sé sufficiente a giustificare il giudizio negativo del Senato accademico.
11.3 – Conferma ulteriormente l’assunto che precede il fatto che il ricorrente aveva già superato positivamente l’iter preliminare al conferimento dell’onorificenza, durante il quale non era emerso alcun elemento ostativo; difatti, nessun rilievo era stato sollevato relativamente al sul profilo professionale. Al riguardo, anche durante la seduta del Senato accademico, era stato verbalizzato che: “nella procedura seguita, dalla proposta iniziale all’esame nel merito scientifico e didattico, compiuto prima a livello di Dipartimento e poi in Assemblea di Facoltà, non è emerso alcun elemento contrario sotto il profilo scientifico e didattico”.
Inoltre, durante la medesima seduta, si era dato atto che nessuno dei motivi ostativi previsti dal Regolamento di conferimento del titolo di Professore Emerito, approvato dal Senato Accademico – e precisamente non aver riportato condanne penali passate in giudicato; non aver subito alcun provvedimento disciplinare; non aver subito alcun provvedimento da parte dell’Ateneo per inadempienze in ordine all’attività scientifica e didattica; non essere incorsi in infrazioni del Codice Etico – era stato violato.
12 – Alla luce delle considerazioni che precedono, deve trovare accoglimento l’appello incidentale proposto nei confronti della sentenza del T.A.R. per il Lazio n. -OMISSIS- del 2015 e, per l’effetto, deve trovare accoglimento il ricorso di primo grado nei sensi di cui alla motivazione che precede.
12.1 – Stante la complessità della vicenda, le spese di lite dell’intero giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando:
1) accoglie parzialmente il ricorso in revocazione e, per l’effetto, annulla il solo capo della sentenza di questa Sezione n.-OMISSIS-del 2017 che ha rigettato l’appello incidentale del ricorrente;
2) accoglie detto appello incidentale e, conseguentemente, con diversa motivazione, conferma la sentenza del T.A.R. per il Lazio;
3) compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente interessata.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De Felice, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Silvestro [#OMISSIS#] Russo, Consigliere
[#OMISSIS#] Maggio, Consigliere
Giordano [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 04/11/2019
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.