Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 maggio 2016, n. 1834

Autonomia finanziaria-tasse studenti-illegittimità aumento delle tasse universitarie oltre 20 per cento del FFO

Data Documento: 2016-05-06
Area: Giurisprudenza
Massima

L’articolo 5 del DPR n. 306/1997 dispone, al comma 1, che “la contribuzione studentesca non può eccedere il 20 per cento dell’importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato, a valere sul fondo di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), e comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537”. Il comma 1 bis della stessa disposizione, introdotto dall’articolo 7 del d.l. 6 luglio 2012 n. 95, afferma che “ai fini del raggiungimento del limite di cui al comma 1, non vengono computati gli importi della contribuzione studentesca disposti, ai sensi del presente comma e del comma 1 ter, per gli studenti iscritti oltre la durata normale dei rispettivi corsi di studio di primo e secondo livello”. Tale comma non ha efficacia retroattiva e non può trovare applicazione all’intero anno 2012. La non computabilità si riferisce solo agli incrementi disposti per effetto della previsione autorizzatoria di cui al comma 1 bis ed attuati nel rispetto dei criteri stabiliti con i decreti ministeriali da esso previsti e nell’osservanza dei limiti di cui al comma 1 ter.

Contenuto sentenza

N. 01834/2016REG.PROV.COLL.
N. 03255/2014 REG.RIC.
N. 03579/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3255 del 2014, proposto da:
Universita’ degli Studi di Pavia, rappresentata e difesa dagli avv. Ambrogio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Codacci Pisanelli, con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Codacci Pisanelli in Roma, Via [#OMISSIS#] Monteverdi, 20;
contro
Associazione Studentesca Coordinamento Per il Diritto Allo Studio, Associazione Dottorandi Pavesi, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Zechin, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Giovanni Ferma, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Betteon, [#OMISSIS#] Orezzi, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Gatelli, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Guido Tana, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Varnier, [#OMISSIS#] Porcari, [#OMISSIS#] Scio, [#OMISSIS#] Ringressi, [#OMISSIS#] Guazzi, [#OMISSIS#] Piffari, [#OMISSIS#] Minone, [#OMISSIS#] Todaro, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Gnesi, [#OMISSIS#] Fiamberti, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Venilia Cocco, Giovanni [#OMISSIS#] Nicoletti, Chiara S. Marinoni Vacacella, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Visigalli, [#OMISSIS#] Matticchio, [#OMISSIS#] Bressan, [#OMISSIS#] Giannini, [#OMISSIS#] Lacava, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentati e difesi dall’avv. [#OMISSIS#] Franco [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Franco [#OMISSIS#] in Roma, Via di Ripetta, 142; Serena Manserra, [#OMISSIS#] Borgalelli, [#OMISSIS#] Sturniolo;
sul ricorso numero di registro generale 3579 del 2014, proposto da:
Associazione Studentesca Coordinamento Per il Diritto Allo Studio, Associazione Dottorandi Pavesi, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Zecchin, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Giovanni Ferma, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Orezzi, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Gatelli, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Guido Tana, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Varnier, Serena Manserra, [#OMISSIS#] Porcari, [#OMISSIS#] Scio, [#OMISSIS#] Ringressi, [#OMISSIS#] Guazzi, [#OMISSIS#] Piffari, [#OMISSIS#] Minonne, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Gnesi, [#OMISSIS#] Fiamberti, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Venilia Cocco, Giovanni [#OMISSIS#] Nicoletti, [#OMISSIS#] Marinoni Vacacela, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Visigalli, [#OMISSIS#] Matticchio, [#OMISSIS#] Bressan, [#OMISSIS#] Giannini, [#OMISSIS#] Lacava, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentati e difesi dall’avv. [#OMISSIS#] Franco [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Franco [#OMISSIS#] in Roma, Via di Ripetta, 142;
contro
Università degli Studi di Pavia, rappresentato e difeso dagli avv. [#OMISSIS#] Codacci Pisanelli, Ambrogio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Codacci Pisanelli in Roma, Via [#OMISSIS#] Monteverdi, 20; Ministero dell’Istruzione – Dip. Università e Ricerca, rappresentato e difeso per legge dall’avv. Avvocatura, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
quanto al ricorso n. 3579 del 2014:
della sentenza del T.a.r. Lombardia – Milano: Sezione III n. 00123/2014, resa tra le parti, concernente approvazione bilancio – adeguamento contribuzione studenti universitari
quanto al ricorso n. 3255 del 2014:
della sentenza del T.a.r. Lombardia – Milano: Sezione III n. 00123/2014, resa tra le parti, concernente approvazione bilancio – adeguamento contribuzione studenti universitari
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Associazione Studentesca Coordinamento Per il Diritto Allo Studio e di Associazione Dottorandi Pavesi e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e di [#OMISSIS#] Zechin e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e di Giovanni Ferma e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e di [#OMISSIS#] Betteon e di [#OMISSIS#] Orezzi e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e di [#OMISSIS#] Gatelli e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e di Guido Tana e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Varnier e di [#OMISSIS#] Porcari e di [#OMISSIS#] Scio e di [#OMISSIS#] Ringressi e di [#OMISSIS#] Guazzi e di [#OMISSIS#] Piffari e di [#OMISSIS#] Minone e di [#OMISSIS#] Todaro e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e di [#OMISSIS#] Gnesi e di [#OMISSIS#] Fiamberti e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e di Venilia Cocco e di Giovanni [#OMISSIS#] Nicoletti e di Chiara S. Marinoni Vacacella e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e di [#OMISSIS#] Visigalli e di [#OMISSIS#] Matticchio e di [#OMISSIS#] Bressan e di [#OMISSIS#] Giannini e di [#OMISSIS#] Lacava e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e di Università degli Studi di Pavia e di Ministero dell’Istruzione – Dip. Università e Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 aprile 2016 il Cons. [#OMISSIS#] Mele e uditi per le parti gli avvocati Codacci Pisanelli per sè e per delega di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e Pinto per [#OMISSIS#] Codacci Pisanelli per sè e per delega di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], dello Stato [#OMISSIS#] e Pinto per [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n.123/2014 del 14-1-2014 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione III, accoglieva il ricorso principale e i motivi aggiunti proposti dall’ Associazione Studentesca Coordinamento per il Diritto allo Studio, dall’Associazione Dottorandi Pavesi e dagli studenti in epigrafe indicati avverso il bilancio di previsione per l’esercizio 2012 e il conto consuntivo per l’esercizio 2012, le relative delibere di approvazione ed altri atti connessi. Disponeva, quindi, l’annullamento degli atti impugnati “nella parte in cui hanno determinato la contribuzione studentesca oltre il limite del 20% dell’importo del Fondo di Finanziamento Ordinario dello Stato con obbligo di restituzione nei confronti dei ricorrenti ed obbligo dell’amministrazione di attivarsi per la restituzione anche nei confronti degli studenti non ricorrenti”.
La sentenza del Tribunale esponeva in fatto quanto segue.
Conil presente ricorso l’associazione studentesca coordinamento per il diritto allo studio, l’associazione dottorandi pavesi e diversi studenti iscritti all’Università di Pavia hanno impugnato gli atti indicati in epigrafe, con cui l’ateneo ha approvato il bilancio preventivo per l’anno 2012. Nelle more del giudizio, sono sopraggiunti gli atti di approvazione del bilancio consuntivo che sono stati impugnati con motivi aggiunti riproduttivi delle censure svolte con il ricorso principale. I motivi di ricorso sono i seguenti: a) violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 97, 9, 33 e 34 Cost.; art. 5 DPR 306/1997 che prevede che la contribuzione studentesca non possa eccedere il 20% dell’importo dei finanziamenti statali; eccesso di potere per manifesta contraddittorietà, arbitrarietà, irrazionalità e irragionevolezza, disparità di trattamento, abnorme illogicità; b) violazione e falsa applicazione artt. 3, 97, 9, 33 e 34 Cost. sotto ulteriore profilo; art. 3 DPR 306/1997; l. 390/91, in particolare art. 1; eccesso di potere, sotto ulteriore profilo, per difetto di istruttoria e ingiustizia manifesta; c) violazione e falsa applicazione artt. 3, 97, 9, 33, 34 e 57 Cost. sotto ulteirore profilo; art. 3 DPR 306/97; eccesso di potere per disparità di trattamento, travisamento dei fatti, erroneità della motivazione, manifesta arbitrarietà, irrazionalità ed irragionevolezza, ingiustizia manifesta. La difesa dell’Università invoca, in merito al primo motivo di ricorso, la sopravvenienza dell’art. 7, co. 42, d.l. 95/2012, conv. in l. 7 agosto 2012, n. 135, che ha inserito, dopo il primo comma dell’art. 5 DPR 306/97, un comma 1 bis, con il quale si è inteso chiarire che “ai fini del raggiungimento del limite di cui al comma 1, non vengono computati gli importi della contribuzione studentesca disposti, ai sensi del presente comma e del comma 1 ter, per gli studenti iscritti oltre la durata normale dei rispettivi corsi di studio di primo e secondo livello”. In via subordinata ha chiesto di sollevare questione di legittimità costituzionale in via incidentale dell’art. 5 DPR 306 cit., in quanto contrastante con gli artt. 3, 33, 34, 53 e 97 della Costituzione. Ha chiesto inoltre la reiezione di tutti gli altri motivi. A seguito di verificazione, in data 9-9-2013 veniva depositata la relazione finale contenente gli esiti della verificazione.In essa i verificatori hanno disegnato due scenari diversi, in relazione al diverso calcolo della contribuzione studentesca introdotta dall’art. 7 comma 42 della L. 135/2012. Nel caso in cui la contribuzione studentesca debba calcolarsi al netto degli studenti fuori corso, secondo il nuovo criterio in vigore dal 15-08-2012, per l’intero anno finanziario 2012i verificatori hanno escluso il superamento del tetto del 20% del F.F.O.; nel caso in cui invece il contributo studentesco debba calcolarsi con il nuovo criterio solo dal 15-8-2012, risulta uno sforamento dell’1,354%….”.
Avverso tale sentenza l’Università degli Studi di Pavia ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, chiedendone l’annullamento e l’integrale riforma.
Con articolata prospettazione ha censurato la sentenza di primo grado in quanto non avrebbe fatto corretta applicazione dell’articolo 5 , comma 1 bis, del dpr n. 306/1997, che doveva essere ritenuta norma di interpretazione autentica, con [#OMISSIS#] retroattiva. Ha, inoltre, lamentato che il Tribunale erroneamente non avrebbe sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5 del citato DPR e comunque non avrebbe condiviso le censure da essa articolate ai fini della disapplicazione della norma.
Si sono costituiti in giudizio l’Associazione Studentesca Coordinamento per il Diritto allo Studio, l’Associazione Dottorandi Pavesi ed i signori in epigrafe indicati, deducendo l’infondatezza dell’appello dell’Università e chiedendone il rigetto.
Con separato atto hanno proposto appello avverso la citata sentenza n. 123/2014 anche l’Associazione Studentesca Coordinamento per il Diritto allo Studio, l’Associazione Dottorandi Pavesi e gli studenti in epigrafe nominativamente indicati, chiedendone l’annullamento e la riforma, con riferimento ai capi della stessa che avevano respinto le ulteriori censure dagli stessi formulate in primo grado.
L’appello è stato iscritto al n. 3579/2014 R.G.
In particolare, deducendo l’erroneità della gravata sentenza, hanno riproposto le doglianze relative: – al sistema di contribuzione studentesca applicato dall’Ateneo nei termini introdotti dalla deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 2/2010, recante un imponente incremento della contribuzione; – alla previsione della quota di contribuzione fissa di euro 125, dovuta dagli studenti di ogni ordine e grado; – alle nuove disposizioni in materia di contribuzione universitaria adottate nella seduta del 29 maggio 2012; – alla domanda di risarcimento dei danni.
Nel corso dei giudizi le parti hanno depositato proprie memorie difensive.
Le cause sono state discusse e trattenute per la decisione all’udienza del 7 aprile 2016.
DIRITTO
Deve preliminarmente procedersi, ai sensi dell’articolo 96 c.p.a., alla riunione degli appelli iscritti ai nn. 3255/2014 e 3579/2014 R.G., trattandosi di impugnazioni proposte contro la stessa sentenza, n. 123/2014 del 14-1-2014 della Sezione III del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia.
Con l’appello iscritto al n. 3255/2014 l’Università degli Studi di Pavia censura la sentenza appellata in primo luogo in quanto non avrebbe fatto corretta applicazione dell’articolo 5 del dpr n. 306/1997, atteso che non avrebbe colto la reale natura della disposizione di cui al comma 1 bis della norma (“ai fini del raggiungimento del limite di cui al comma 1, non vengono computati gli importi della contribuzione studentesca disposti, ai sensi del presente comma e del comma 1 ter, per gli studenti iscritti oltre la durata normale dei rispettivi corsi di studio di primo e di secondo livello”)introdotto dall’articolo 7, comma 42, del d.l. 95/2012 convertito nella legge 7 agosto 2012 n. 135, trattandosi di norma di interpretazione autentica avente carattere naturalmente retroattivo.
Il carattere di norma di interpretazione autentica si desumerebbe:
-dalla mancanza di autonomia della nuova normativa, che non è in grado da sola di definire la regola del caso concreto, ma va letta, in senso chiarificatore, in uno con la normativa cui accede;
-dalla circostanza che essa ascrive alla previgente norma un significato e una portata compatibili con il tenore letterale del testo;
-dal fatto che il legislatore è intervenuto per chiarire le modalità applicative dell’articolo 5, comma 1 (escludendo dal computo la contribuzione a carico degli studenti fuori corso), per correggere gli effetti discorsivi della interpretazione previgente.
Sottolinea, infatti, che il mancato aggiornamento dell’art. 5, comma 1 citato e il drastico mutamento della situazione di fatto ne avevano sovvertito la ratio: il limite del 20% si è trasformato da meccanismo incentivante in un vero e proprio “cappio”, in quanto , a fronte della [#OMISSIS#] riduzione, nel corso degli anni, della quota di finanziamento statale, si sarebbe avuta una corrispondente riduzione delle tasse universitarie, con conseguente contrazione dell’attività didattica e riduzione dei servizi agli studenti.
Sicchè la norma costituirebbe un intervento interpretativo coerente con le finalità della legge interpretativa, in quanto volto a salvaguardare la coerenza dell’ordinamento, la certezza del diritto e il principio di uguaglianza, al fine di correggere una situazione distorta e lesiva di tali principi.
Di conseguenza, applicando il richiamato comma 1 bis alla vicenda oggetto di giudizio, l’operato dell’Università sarebbe legittimo, in quanto “escludendo dal computo la contribuzione a carico degli studenti fuori corso, nessuno sforamento rispetto al limite è più configurabile”, venendo pienamente rispettata la percentuale del 20% richiesta dalla disposizione normativa.
Il motivo di appello è infondato.
L’articolo 5 del DPR n. 306/1997 dispone, al comma 1, che “Fatto salvo quanto disposto al comma 2 del presente articolo e all’articolo 4, la contribuzione studentesca non può eccedere il 20 per cento dell’importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato, a valere sul fondo di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), e comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537”.
La verificazione disposta dal Tribunale Amministrativo ha consentito di acclarare che nell’esercizio finanziario 2012 vi è stato comunque uno sforamento del tetto massimo stabilito dall’articolo 5 del dpr n. 306/1997.
Essa ha evidenziato che tale superamento è pari all’ 1, 354% (ove non venga computata la contribuzione degli studenti fuori corso a decorrere dalla data di entrata in vigore della disposizione contenuta nel comma 1 bis), mentre ammonta al 3,255% nel caso in cui della contribuzione dei fuori corso si tenga conto per l’intero anno 2012.
Con l’appello in trattazione l’Università degli Studi di Pavia rileva, peraltro, che il limite del 20 per cento stabilito dalla prefata disposizione andrebbe determinato per l’intero anno in base a quanto previsto dal comma 1 bis, secondo cui “ai fini del raggiungimento del limite di cui al comma 1, non vengono computati gli importi della contribuzione studentesca disposti, ai sensi del presente comma e del comma 1 ter, per gli studenti iscritti oltre la durata normale dei rispettivi corsi di studio di primo e secondo livello”, assumendosi che in tal modo l’entità della contribuzione verrebbe a mantenersi in misura ampiamente inferiore alla soglia del 20 per cento ( in proposito la richiamata verificazione evidenzia che, non tenendosi conto della contribuzione dei fuori corso per l’intero esercizio 2012, il limite del 20% sarebbe rispettato, in quanto la contribuzione studentesca sarebbe pari al 17,896% del F.F.O.).
La prospettazione dell’appellante non è però condivisa dalla Sezione.
Va, invero, evidenziato che l’invocato comma 1 bis è stato introdotto dall’articolo 7 del d.l. 6 luglio 2012 n. 95, onde la norma, per regola generale, non può trovare applicazione – come vorrebbe l’Ateneo – all’intero anno 2012.
Difatti, ai sensi dell’articolo 11 delle disposizioni sulla legge in generale, rubricato “Efficacia della legge nel tempo”, “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha efficacia retroattiva”.
Non si ravvisano, infatti, nell’intervento normativo di cui al comma 1 bis elementi tali da far ritenere la norma applicabile anche a vicende verificatesi antecedentemente alla sua entrata in vigore.
Al contrario, la lettura complessiva dell’intero comma 1 bis ed il suo esame anche alla luce di quanto disposto dagli ulteriori commi (1 ter, 1 quater e 1 quinquies) introdotti dalla novella di cui all’articolo 7 del d.l. 6 luglio 2012 n. 95 ne escludono la portata retroattiva.
Va in primo luogo considerato che il mancato computo della contribuzione degli studenti fuori corso non è previsione di carattere generale, come tale ricollegabile immediatamente ed in via assoluta al limite del 20 per cento di cui al comma 1.
Essa, invero, si riferisce agli “importi disposti ai sensi del presente comma e del comma 1 ter” e, dunque, agli incrementi della contribuzione degli studenti fuori corso che le Università possono stabilire ai sensi del comma 1 bis medesimo ed entro i limiti stabiliti dal successivo comma 1 ter. Trattandosi di incrementi della contribuzione introdotti dalla richiamata novella legislativa, è evidente che la esclusione dal limite del 20 per cento si riferisce a questi ultimi e, dunque, a contribuzioni che sono necessariamente successive all’entrata in vigore della disposizione.
Tale conclusione è, poi, confermata dalla circostanza che i suddetti incrementi possono essere disposti secondo criteri individuati dal Ministro dell’istruzione , dell’università e della ricerca, da adottare entro il 31 marzo di ogni anno e nell’ambito dei limiti stabiliti dal comma 1 ter, risultando da ciò evidente che la previsione non può che operare per il futuro, essendo comunque collegata ad adempimenti e presupposti per la prima volta introdotti dal d.l. n. 95/2012.
Non vi è, dunque, spazio per ritenere la disposizione di cui al comma 1 ter norma retroattiva e per affermare la non computabilità nel limite del 20% della contribuzione degli studenti fuori corso anche per periodi antecedenti alla modifica dell’articolo 5 del dpr n. 306/1997 operata dal decreto legge n. 95/2012.
Una corretta lettura delle citate disposizioni induce, invece, a ritenere che la suddetta non computabilità possa riferirsi solo agli incrementi disposti per effetto della previsione autorizzatoria di cui al comma 1 bis ed attuati nel rispetto dei criteri stabiliti con i decreti ministeriali da esso previsti e nell’osservanza dei limiti di cui al successivo comma 1 ter.
Le sopra richiamate considerazioni – basate sulla lettura coordinata dell’intero testo dell’articolo 5 del dpr n. 306/1997, come novellato dal decreto legislativo del 2012 – palesando il carattere chiaramente innovativo delle disposizioni escludono, altresì, che il comma 1 bis, invocato dall’Università, possa avere natura di norma di interpretazione autentica del comma 1 dell’articolo 5 ( come tale dotato di efficacia retroattiva).
In disparte gli elementi sostanziali e contenutistici sopra evidenziati ( che depongono univocamente per la portata innovativa della disposizione), va rilevato che non risultano configurabili neppure ulteriori elementi sintomatici di una portata meramente interpretativa della norma.
Va, invero, sottolineato che la disposizione non sconta della formulazione tipica della norma interpretativa ( es., “il comma 1 si interpreta nel senso che ….”), né emergono dal dettato del comma 1 significati plurimi, ambigui o oscuri che possano aver giustificato un intervento del legislatore volto a chiarire la effettiva portata della disposizione secondo quella che era una volontà effettiva ed originaria del conditor iuris non chiaramente palesata.
Va, infatti, osservato che il comma 1, nel disciplinare il limite del 20 per cento, si riferisce alla “contribuzione studentesca”, con previsione di carattere generale, come tale onnicomprensiva, la quale non desta dubbio alcuno sulla ricomprensione in tale concetto della contribuzione degli studenti fuori corso, rientrando pacificamente in esso anche l’ apporto economico di tale categoria di studenti.
La previsione del comma 1 bis, pertanto, si ricollega alla prevista possibilità di un incremento della contribuzione degli studenti fuori corso, evitando però che questa possa incidere sul limite del 20 per cento stabilito dal comma 1, in tal modo ponendo un argine agli effetti negativi (evidenziati dall’Università nell’atto di appello) che la progressiva riduzione dei finanziamenti statali aveva determinato sul margine di provvista derivante dalla contribuzione studentesca.
La norma , dunque, ha portata innovativa e non può che applicarsi per il futuro.
Per tale aspetto l’appello è, dunque, infondato.
Sotto altro profilo, l’Università degli Studi di Pavia censura la sentenza del Tribunale Amministrativo per non avere sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5 del dpr n. 306/1997 e comunque per non avere condiviso le censure in proposito articolate come ragioni per disapplicare la suddetta norma regolamentare.
Deduce in proposito che il sistema previsto dal citato articolo 5 avrebbe dovuto generare un meccanismo di compensazione, in quanto, in presenza di un finanziamento statale, gli oneri posti a carico degli studenti non avrebbero potuto superare un certo livello.
Tale sistema produce, peraltro, effetti distorsivi in quanto università che ricevono una quota maggiore di FFO possono incrementare il prelievo sugli studenti, mentre gli atenei che ricevono una quota minore vedono ridursi anche la possibilità di prelievo sugli studenti.
In un periodo di progressiva riduzione degli stanziamenti statali si giunge , pertanto, alla paradossale conclusione per cui, a fronte di una riduzione delle risorse a carico del Fondo di finanziamento ordinario, le università vedono ridotta anche la propria possibilità di chiedere contributi agli studenti, con grave compromissione dell’attività di ricerca scientifica e della didattica.
Evidenzia, pertanto, il contrasto dell’articolo 5 con la Costituzione, determinandosi una compressione della sfera di autonomia degli atenei (art. 33 Cost.) ed una lesione del diritto allo studio di cui all’art. 34 della Carta fondamentale.
Lamenta che l’articolo 5 citato determinerebbe, da parte dello Stato, limiti esterni allo spazio di autonomia delle Università chiaramente irragionevoli, attesi gli effetti distorsivi che la riduzione della quota di finanziamento statale comporta.
Deduce, pertanto, che una interpretazione conforme a Costituzione richiederebbe di consentire alle Accademie – nell’ambito della loro sfera di autonomia e di fronte alla riduzione dei finanziamenti statali – di rivedere le quote di contribuzione studentesca nel rispetto del principio di progressività, attività posta in essere dall’Ateneo appellante con gli atti oggetto di impugnativa.
Le doglianze non sono meritevoli di favorevole considerazione, condividendosi al riguardo le conclusioni cui è giunto il Tribunale Amministrativo.
La sentenza gravata così motiva sul punto.
Per quanto riguarda l’eccezione di costituzionalità della norma il Collegio ritiene di conformarsi a quanto già statuito da questo TAR in causa analoga, con la sentenza n. 2761/2011, la quale ha evidenziato che “tale disposizione è norma di regolamento di delegificazione posto che le censure mosse attengono non già alla scelta di delegificare operata dalla legge, ma al contenuto concreto che la norma secondaria ha assunto a seguito di ciò, la questione di costituzionalità è inammissibile, in quanto non investe atto avente forza di legge. Essa, peraltro, può venire convertita in doglianza di cui questo Tribunale può direttamente conoscere, ai fini dell’eventuale disapplicazione di una disposizione regolamentare applicabile in giudizio. I rilievi formulati dalla resistente non sono tuttavia condivisibili. E’ vero che la Costituzione garantisce l’autonomia finanziaria e contabile degli atenei, ma con ciò non si può pretermettere la normativa statale della disciplina, che è certamente di spettanza, attinente al diritto allo studio, la quale ultima include l’onere economico che viene a gravare sullo studente. E’ perciò di competenza dello Stato la fissazione di un tetto massimo alla contribuzione, nel rispetto del quale continua ad esercitarsi l’autonomia universiataria, tenuta a collocare il livello contributivo all’interno della forcella così indicata. Proprio la circostanza per cui l’art. 5 si limita a determinare la soglia non valicabile coniuga, in altre parole, l’autonomia finanziaria dell’Università con la prerogativa statale di assicurare l’esercizio effettivo del diritto allo studio. Quanto alla progressiva riduzione di tale soglia, conseguente al decremento dei fondi statali, essa costituisce una circostanza di fatto, inidonea ad incidere sulla legittimità della previsione normativa contestata. Inoltre, a fronte di essa, l’Università ha comunque modo di elevare la contribuzione fino al tetto del 20%, rispetto a livelli che ben potevano essere più bassi, in presenza di un maggior afflusso di finanziamenti erariali”.
Ciò posto, rileva il Collegio che le prospettate censure di incostituzionalità dell’articolo 5 del dpr n. 306/1997 risultano già essere state esaminate e disattese dalla Sezione con la sentenza n. 1095/2016 del 17-3-2016, resa in analogo giudizio relativo alla contribuzione studentesca dell’anno 2010.
Non può, dunque, in questa sede che richiamarsi alle argomentazioni già svolte in tale decisione, le quali,di seguito riportate, sono condivise dal Collegio.
“…deve rilevarsi come la disciplina oggetto di contestazione sia contenuta in un atto regolamentare che, non essendo fonte primaria legislativa, non è suscettibile di essere sottoposta al vaglio di costituzionalità. Nondimeno, come correttamente messo in rilievo dal primo giudice, è possibile analizzare in questa sede giurisdizionale le censure rivolte dall’appellante al regolamento. In relazione all’asserita violazione dell’autonomia finanziaria degli Atenei di cui all’art. 33Cost., deve rilevarsi, sul piano formale, come tale disposizione costituzionale non impedisce che la regolazione della materia avvenga mediante un regolamento di delegificazione. Quest’ultimo, infatti, rinviene sempre la sua fonte nella legge di autorizzazione che gli fornisce copertura legislativa mediante, come è avvenuto nella specie, la predeterminazione delle norme generali regolatrici della materia. Sul piano sostanziale, come condivisibilmente messo in rilievo dal primo giudice, rientra nella competenza dello Stato fissare un tetto massimo alla contribuzione nel cui ambito può esplicarsi l’autonomia delle Università. In relazione al secondo profilo, non si ravvisano profili di irragionevolezza della disposizione regolamentare. Il legislatore ha voluto individuare, all’esito di un bilanciamento equilibrato degli interessi, un limite all’obbligo di contribuzione degli studenti e ha inteso ancorarlo all’entità del finanziamento pubblico. La circostanza dedotta dall’appellante, secondo cui la riduzione del finanziamento avrebbe comportato una riduzione della contribuzione, rappresenta un dato contingente, mutevole nel tempo, non idoneo a rendere irragionevole la regola normativa in esame”.
Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte deve, pertanto, ritenersi l’infondatezza dell’appello proposto dall’Università ( n. 3255/2014 R.G.).
Può a questo punto passarsi all’esame dell’appello iscritto al n. 3579/2014 R.G., proposto in via autonoma avverso la medesima sentenza n. 123/2014 dall’ Associazione Coordinamento per il Diritto allo Studio, dall’Associazione Dottorandi Pavesi e dagli studenti in epigrafe indicati.
Con il primo motivo gli appellanti censurano la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto di applicare alla fattispecie oggetto di causa, per il periodo successivo al 15 agosto 2012, la versione dell’articolo 5 del dpr n. 306/1997 come novellata dall’articolo 7, comma 42, del d.l. 6 luglio 2012 n. 95.
Deducono in primo luogo che i provvedimenti riguardanti la determinazione della contribuzione studentesca nell’anno solare 2012 e l’approvazione del bilancio preventivo sono stati approvati in data antecedente all’entrata in vigore del suddetto decreto legge, con la conseguenza della inapplicabilità ad essi delle disposizioni dallo stesso introdotte.
Assumono in proposito che i soli atti recanti scelte in punto di contribuzione studentesca per l’anno solare 2012 sono solo quelli gravati con il ricorso originario di primo grado e con i primi motivi aggiunti, tutti adottati prima della emanazione del citato decreto legge.
Rilevano, poi, che i commi dallo stesso introdotti nell’articolo 5 del dpr n. 306/1997 non possono comunque essere applicati all’esercizio finanziario 2012, mancando i decreti ministeriali previsti dal comma 1 bis, la cui adozione è elemento necessario per l’applicazione della norma.
Richiamano in proposito anche l’espressa previsione di cui al comma 1 quinquies, la quale espressamente individua come dies a quo per l’applicazione delle nuove disposizioni l’anno accademico 2013-2014.
Affermano, pertanto, che per l’intero anno solare 2012 deve farsi esclusivo riferimento al testo originario dell’articolo 5, con conseguente erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto di applicare già con riguardo al periodo tra il 15 agosto 2012 ed il 31 dicembre 2012 le disposizioni introdotte dal d.l. n. 95/2012, con l’esito di non conteggiare, ai fini del rapporto massimo percentuale tra contribuzione studentesca e FFO di cui al richiamato articolo 5, le somme versate quali tasse universitarie dagli studenti fuori corso.
Il motivo di appello è fondato.
La sentenza di primo grado così motiva sul punto.
“A seguito di verificazione, effettuata da personale della Ragioneria generale dello Stato presso il Ministero dell’Economia e del Dipartimento per l’Università presso il Ministero della Pubblica Istruzione, in data 09.09.2013 veniva depositata la relazione finale contenente gli esiti della verificazione. In essa i verificatori hanno disegnato due scenari diversi, in relazione al diverso calcolo della contribuzione studentesca introdotta dall’articolo 7 comma 42 della legge 135/2012. Nel caso in cui la contribuzione studentesca debba calcolarsi al netto degli studenti fuori corso, secondo il nuovo criterio in vigore dal 15-8-2012, per l’intero anno finanziario 2012, i verificatori hanno escluso il superamento del tetto del 20% del F.F.O.; nel caso in cui invece il contributo studentesco debba calcolarsi con il nuovo criterio solo dal 15.8.2012 risulta uno sforamento del 1,354%. Il Collegio ritiene di accogliere questo secondo calcolo in quanto deve ritenersi che la norma non sia di immediata applicazione con riferimento alla distinzione tra la contribuzione degli studenti in corso e dei fuoricorso, mancando i provvedimenti attuativi relativi alla contribuzione dei fuoricorso. questa scelta interpretativa è supportata dalla considerazione che, diversamente opinando, si giustificherebbe un sistema di contribuzione, quale quello deliberato dall’Università, che non distingue tra studenti in corso e fuori corso. In terzo luogo l’esclusione dell’effetto retroattivo della norma discende dal rapporto tra attività giurisdizionale e potestà legislativa, così come delineato dalla CEDU….”.
La Sezione non condivide la conclusione cui è giunto il giudice di primo grado in ordine all’applicabilità della previsione di cui al comma 1 bis dell’articolo 5 del dpr n. 306/1997, relativa alla non computabilità nel tetto massimo del 20% della contribuzione degli studenti fuori corso, già a decorrere dall’entrata in vigore del d.l. n. 95/2012 convertito nella legge n. 135/2012.
Tanto per le ragioni che di seguito si espongono.
Si è già detto in precedenza, nella disamina dell’appello proposto dall’Università degli Studi di Pavia, della natura innovativa e, pertanto, né retroattiva né di interpretazione autentica del comma 1 bis dell’articolo 5 del dpr n. 306/1997.
Le argomentazioni in precedenza già svolte devono, peraltro, essere ulteriormente