Il giudizio pensionistico, ancorché strutturato come ricorso contro atti della pubblica amministrazione, ha per oggetto il rapporto obbligatorio di quiescenza intercorrente tra le parti e non la delibazione della legittimità formale degli atti che regolano il rapporto medesimo. Conseguentemente, le eventuali censure di illegittimità formulate nei confronti dei provvedimenti pensionistici, non potendo trovare applicazione in questo giudizio i principi propri del procedimento di impugnazione innanzi alla giurisdizione amministrativa, non assumono rilevanza e non possono determinare alcuna pronuncia caducatoria o di annullamento degli atti avversati.Non può trovare applicazione il principio secondo cui, seppur doveroso, il recupero di somme illegittimamente erogate trova un suo ineludibile limite nel consolidamento di situazioni derivante dal principio di affidamento nella sicurezza giuridica qualora l’accipiens abbia mancato di adempiere a precisi obblighi di comunicazione in capo a lui gravanti, sicché non possa ravvisarsi buona fede in capo allo stesso.Va evidenziata l’unicità causale del trattamento pensionistico di riversibilità nei casi in cui lo stesso veda beneficiario il coniuge superstite contestualmente all’orfano, ciò per l’ovvia considerazione che entrambi gli interessati traggono il loro diritto dallo stesso evento, ossia il decesso dell’unico dante causa titolare del rapporto pensionistico principale o diretto, con la conseguenza che qualora dovesse formarsi un indebito, l’istituto previdenziale ben potrebbe invocarne l’unicità causale, ancorché le ragioni dell’indebito possano dipendere da situazioni proprie di uno solo tra gli aventi diritto alla riversibilità, e così coinvolgere nell’azione di ripetizione anche l’altro contitolare, a nulla rilevando il fatto che il rapporto venga gestito con due distinte liquidazioni, una in favore del coniuge e all’altra nei confronti dell’orfano, essendo questo un profilo meramente contabilistico.
Corte dei conti reg., Lazio, 26 marzo 2015, n. 196
Pensione di reversibilità per studenti universitari orfani maggiorenni – Irripetibilità e buona fede
PENSIONI
C. Conti Lazio Sez. giurisdiz., Sent., 26-03-2015, n. 196
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio
Il [#OMISSIS#] Unico delle Pensioni Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 73749 del registro di Segreteria,
proposto da S. I.
con la rappresentanza e la difesa dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
avverso
l’INPS (Gestione ex-INPDAP Rm 1).
Assiste il Giudicante il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
All’udienza del 24.03.2015 sono comparsi:
l’avv. [#OMISSIS#], per parte ricorrente;
l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], per l’Amministrazione INPS resistente.
Svolgimento del processo
Con il ricorso in epigrafe è affermato il diritto ad ottenere l’annullamento del recupero, pari ad Euro 5.111,87, disposto dall’INPDAP sulla pensione di reversibilità della Sig.ra S. e riguardante il figlio maggiorenne della medesima sig. F. G. (portato in compensazione sugli arretrati maturati dalla Sig.ra S.).
Riferisce l’atto introduttivo del presente giudizio che;
-la ricorrente è titolare di pensione di reversibilità INPS ex INPDAP n. iscr. 3988240;
-il figlio della medesima – F. G., nt. il 20.09.1982 – era titolare dì pensione di reversibilità quale orfano maggiorenne studente n. iscr. 3988240 Z2;
-con nota del 17.12.2004 il sig. F. comunicava aIl’INPDAP di aver interrotto gli studi avendo conseguito il diploma in data 08.07.2004 e comunicava di non avere più diritto al trattamento pensionistico;
-l’INPDAP interrompeva la liquidazione della pensione di reversibilità dall’01.08.2004.
-in fase di liquidazione degli arretrati spettanti alla sig.ra S. a titolo di IIS e 13me mensilità ottenuti a seguito della sentenza n. 717/2012 della Sez. Giur.le Lazio (liquidazione avvenuta in data 16.03.2013) l’INPDAP tratteneva Euro. 5.111.87, inviando il prospetto di liquidazione per detti importi che risultavano (presumibilmente) non dovuti al sig. F. G.. per il periodo 01.10.2003-01.08.2004;
-l’INPDAP operava, in definitiva, una compensazione sugli importi a credito da liquidare sulla pensione della sig.ra S., per un debito (presunto e non meglio motivato) del di lei figlio sig. F. G..
Rileva quindi parte ricorrente che:
– il recupero effettuato dall’Amministrazione non può considerarsi legittimo e non può essere accettato;
– nel presente [#OMISSIS#], infatti, è stato violato un giudicato (sentenza n. 717/2012 da cui è emerso un credito nei confronti della signora S., su cui l’INPS ha operato il predetto recupero), è stata effettuata una compensazione tra debiti/crediti di due soggetti diversi e per un debito, oltretutto, di cui non vi è alcuna motivazione.
L’Amministrazione INPS (Gestione ex INPDAP) si è costituita in giudizio (11.12.2014) a mezzo di comparsa, con il patrocinio dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rilevando che:
la pensione su cui insistono le somme da erogare e le somme da ripetere, in via di compensazione, è la medesima (iscrizione n. 3988240);
in base all’art. 88 del D.P.R. n. 1092 del 1973, “le quote relative [#OMISSIS#] orfani minorenni, che non siano figli di precedente matrimonio del [#OMISSIS#] causa e che convivano col coniuge superstite, spettano a quest'[#OMISSIS#]”;
il sig. F. non ha mai presentato -seppur maggiorenne dal 2000- alcuna istanza per la riscossione diretta della propria quota di pensione;
la giurisprudenza di questa Corte (Sez. [#OMISSIS#], sent. n. 366/2011; Sez. Sicilia, sent. n. 1139/2010) ha ammesso la possibilità di ripetere l’indebito in fattispecie analoghe.
All’odierna udienza le parti si sono riportate ai rispettivi atti scritti e alle conclusioni ivi dedotte.
Motivi della decisione
In via preliminare, va evidenziato che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, il giudizio pensionistico, ancorché strutturato come ricorso contro atti della pubblica amministrazione, ha per oggetto il rapporto obbligatorio di quiescenza intercorrente tra le parti e non la delibazione della legittimità formale degli atti che regolano il rapporto medesimo.
Conseguentemente, le eventuali censure di illegittimità formulate nei confronti dei provvedimenti pensionistici, non potendo trovare applicazione in questo giudizio i principi propri del procedimento di impugnazione innanzi alla giurisdizione amministrativa, non assumono rilevanza e non possono determinare alcuna pronuncia caducatoria o di annullamento degli atti avversati.
Parte ricorrente insorge avverso l’impugnato provvedimento di recupero, opinando che l’Amministrazione illegittimamente vada a incidere sulla propria pensione, giacché il preteso indebito (risultando peraltro il provvedimento di recupero incomprensibile) è invece riconducibile a indebito pensionistico del figlio.
Ciò posto, in primo luogo questo Giudicante è chiamato a delibare la sussistenza dell’indebito posto a base dell’azione di recupero attuata dall’Amministrazione resistente, che attiene a quanto percepito dell’orfano compartecipe.
La ricorrente evidenzia (cfr. atto introduttivo del giudizio) che il provvedimento impugnato risulterebbe non legittimo (violazione delle norme del [#OMISSIS#] procedimento; violazione della tutela dell’affidamento e eccesso di potere), risultando privo di motivazione per quanto riguarda la determinazione dell’indebito.
Rileva altresì parte attrice di non avere avuto alcun ruolo, né colposo né doloso, [#OMISSIS#] causazione del presunto errore in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione, nell’erogare somme (in ipotesi non dovute) a titolo di pensione provvisoria.
Parte ricorrente riferisce che costituirebbe comunque orientamento [#OMISSIS#] della Corte dei conti quello in base a cui, in materia pensionistica, la buona fede del pensionato percipiente comporti l’irripetibilità delle somme (in ipotesi) indebitamente corrisposte in eccesso: secondo parte ricorrente la ripetizione dell’indebito non avviene in questa materia secondo le regole stabilite dall’art. 2033 c.c., poiché essa è comunque condizionata dalla sussistenza, nel percettore che abbia usato l’ordinaria diligenza, dalla consapevolezza che le somme non erano dovute o erano dovute in misura inferiore.
Osserva il Giudicante che nel [#OMISSIS#] di specie, a fronte del conferimento della pensione, all’orfano percipiente incombeva il preciso obbligo di comunicare all’Amministrazione qualsiasi dato (in particolare, relativo [#OMISSIS#] studi in corso) atto ad influire sul diritto o sulla misura del beneficio economico.
Solo a seguito dell’acquisizione tardiva dei corretti dati relativi [#OMISSIS#] studi svolti dall’orfano l’Amministrazione resistente ha accertato un credito erariale in relazione ai ratei pensionistici erogati dall’ottobre 2003 al luglio 2004, in quanto gli orfani di età [#OMISSIS#] di 21 anni studenti universitari mantengono il diritto pensionistico alla condizione che siano iscritti a università o a istituti superiori equiparati per tutta la durata del corso legale degli studi e comunque non oltre il ventiseiesimo anno di età; in questo contesto, il diritto del sig. F. era venuto meno dal compimento del ventunesimo anno di età.
Non può trovare applicazione, [#OMISSIS#] fattispecie, il principio (cfr. Corte conti, SS.RR., sent n. 7/QM/2007) secondo cui, seppur doveroso, il recupero di somme illegittimamente erogate trova un suo ineludibile limite nel consolidamento di situazioni derivante dal principio di affidamento [#OMISSIS#] sicurezza giuridica.
[#OMISSIS#] specie, infatti, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, non può ritenersi accertata la buona fede dell’accipiens, che aveva mancato di adempiere a precisi obblighi di comunicazione in capo a lui gravanti.
Il ritardo dell’Amministrazione nel contestare la formazione dell’indebito ha quindi, oltretutto, determinato un vantaggio nei confronti del sig. F., il quale si è trovato a disporre di somme (senza dover corrispondere alcun interesse), ben consapevole (cfr. SS.RR., sent. 2/2012/QM) della non dovutezza di parte dei ratei pensionistici (tra l’ottobre 2003 e il luglio 2004) e della incoerenza di quanto erogato con quanto dovuto.
Non può quindi essere utilmente invocato il principio (cfr. SS. RR. n. 7/QM/2007), dell’affidamento [#OMISSIS#] sicurezza giuridica, essendo ampiamente dimostrata la rilevabilità, in concreto, secondo l’ordinaria diligenza, dell’errore riferito alla maggior somma erogata sui ratei di pensione (cfr. cit. SS.RR., sent. 2/2012/QM).
In secondo luogo, il Giudicante deve valutare la legittimità del recupero dell’indebito sotto il profilo della possibilità di incidere su partita pensionistica in atto intestata alla madre (ricomprendente, all’atto dell’erogazione, le somme di cui l’Amministrazione chiede la restituzione).
In tale contesto, questo Giudicante ritiene di non potersi discostare dall’attestata giurisprudenza di questa Corte (cfr., per tutte, Sez. [#OMISSIS#], sent. n. 366/2011), secondo cui “va… evidenziata l’unicità causale del trattamento pensionistico di riversibilità nei casi in cui lo stesso veda beneficiario il coniuge superstite contestualmente all’orfano, ciò per l’ovvia considerazione che entrambi gli interessati traggono il loro diritto dallo stesso evento, ossia il decesso dell’unico [#OMISSIS#] causa titolare del rapporto pensionistico principale o diretto, con la conseguenza che qualora dovesse formarsi un indebito, l’Istituto previdenziale ben potrebbe invocarne l’unicità causale, ancorchè le ragioni dell’indebito possano dipendere da situazioni proprie di uno solo tra gli aventi diritto alla riversibilità, e così coinvolgere nell’azione di ripetizione anche l’altro contitolare, a [#OMISSIS#] rilevando il fatto che il rapporto venga gestito con due distinte liquidazioni, una in favore del coniuge e all’altra nei confronti dell’orfano, essendo questo un profilo meramente contabilistico.”
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando
RESPINGE
Il ricorso in epigrafe.
Liquida in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze le spese e competenze di lite [#OMISSIS#] misura di Euro 150,00 (centocinquanta/00).
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di Consiglio del 24 marzo 2015.
Depositata in Cancelleria 26 marzo 2015.