La devoluzione alla giurisdizione del giudice contabile delle controversie relative all’esercizio dell’azione revocatoria a tutela dei crediti delle pubbliche amministrazioni è coerente con il suo scopo, esplicitato nel fine di realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali: tutela che indubbiamente compete alla Corte dei conti apprestare, per le azioni di accertamento e di condanna, e che ugualmente deve ritenersi esserle stata affidata per quelle a tutela delle ragioni del creditore e per i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, in quanto rispetto alle prime hanno carattere accessorio e strumentale. La rilevata natura accessoria e strumentale delle azioni come la revocatoria, consente inoltre di ritenere che esse non sono estranee alle “materie della contabilità pubblica”, che l’art. 103 Cost. riserva alla cognizione della Corte dei conti, insieme comunque con le altre specificate dalla legge: si tratta di mezzi predisposti anch’essi, si pure in via indiretta, a quella riparazione del danno erariale, sulla quale la giurisdizione compete alla Corte dei conti.La devoluzione alla giurisdizione del giudice contabile delle controversie relative all’esercizio dell’azione revocatoria a tutela dei crediti delle pubbliche amministrazioni è coerente con il suo scopo, esplicitato nel fine di realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali: tutela che indubbiamente compete alla Corte dei conti apprestare, per le azioni di accertamento e di condanna, e che ugualmente deve ritenersi esserle stata affidata per quelle a tutela delle ragioni del creditore e per i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, in quanto rispetto alle prime hanno carattere accessorio e strumentale. La rilevata natura accessoria e strumentale delle azioni come la revocatoria, consente inoltre di ritenere che esse non sono estranee alle “materie della contabilità pubblica”, che l’art. 103 Cost. riserva alla cognizione della Corte dei conti, insieme comunque con le altre specificate dalla legge: si tratta di mezzi predisposti anch’essi, si pure in via indiretta, a quella riparazione del danno erariale, sulla quale la giurisdizione compete alla Corte dei conti.L’art. 2901 c.c., nel disciplinare le condizioni dell’azione revocatoria, stabilisce che. “Il creditore […] può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni: 1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del credito o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicare il soddisfacimento; 2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione”. Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, dunque, il giudice deve, quindi, stabilire se l’atto di disposizione patrimoniale possa ritenersi anteriore o successivo alle ragioni del credito. Al riguardo, nell’ambito della responsabilità erariale, per stabilire il momento della nascita del credito, prescindendo dalla certezza giuridica sostanziale rimessa al giudizio di responsabilità, occorre fare riferimento al momento in cui si è verificato il fatto costitutivo dell’obbligazione, ossia al momento in cui può ritenersi astrattamente perfezionata la fattispecie dannosa contestata al debitore.Sulla sussistenza della scientia fraudis a carico del docente è sufficiente osservare che lo stesso aveva svolto attività professionale incompatibile con il rapporto di lavoro a tempo pieno con l’Università e, pertanto, egli stesso aveva la perfetta cognizione che il trasferimento della nuda proprietà al figlio dell’immobile in questione, avrebbe potuto arrecare pregiudizio alle pretese risarcitorie dell’Università.Il requisito della consapevolezza, da parte del terzo acquirente, del pregiudizio arrecato dall’atto dispositivo alle ragioni del creditore dell’alienante prescinde dalla specifica conoscenza del credito a tutela del quale l’azione revocatoria viene esperita, investendo, invece, la riduzione delle garanzie offerte dal debitore, in relazione alla consistenza patrimoniale considerata ed ai vincoli già esistenti nei confronti di altri creditori.
Corte dei conti reg., Liguria, 22 dicembre 2016, n. 121
Professore associato a tempo pieno – Incompatibilità – Azione Revocatoria - Giurisdizione
GIUDIZIO DI CONTO
C. Conti Liguria Sez. giurisdiz., Sent., 22-12-2016, n. 121
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LIGURIA
composta dai magistrati:
Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – [#OMISSIS#]
Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Consigliere, relatore
Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio iscritto al n. 19801 del registro di Segreteria, relativo alla domanda diretta al conseguimento della dichiarazione di inefficacia nei confronti dell’Università degli Studi di Genova dell’atto di compravendita posto in essere in data 27/4/2011, con trascrizione nei pubblici registri in data 9/5/2011, fra B.M. (venditore) e il figlio B.F. (acquirente).
Il signor B.M., nato a P. il (…), CF (…), è elettivamente domiciliato in Genova, Via [#OMISSIS#] d’Aste, presso lo studio dall’Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], che lo rappresenta e difende nel presente giudizio.
Il sig. B.F., nato a G. il (…), CF (…), è elettivamente domiciliato in Genova, Via Lungoparco Gropallo 2/6, presso lo studio dell’Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] che lo rappresenta e difende nel presente giudizio.
Uditi, nell’udienza del 7 dicembre 2016, il relatore [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], il P.M. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]; il difensore di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]; l’Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in difesa di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
Ritenuto in
Svolgimento del processo
Con atto depositato il 28/4/2016, la Procura Regionale ha proposto l’azione revocatoria di cui [#OMISSIS#] artt. 2901 e ss. c.c., chiedendo la dichiarazione dell’inefficacia nei confronti del creditore (Università degli Studi di Genova) dell’atto di compravendita, stipulato il 27/4/2011, con trascrizione nei pubblici registri in data 9/5/2011, fra B.M. (venditore) e il figlio B.F. (acquirente). Più precisamente con atto del notaio Boscarelli in data 27/4/2011, B.M. ha ceduto al figlio B.F., nato in Genova il 4/4/1990, la nuda proprietà dell’appartamento [#OMISSIS#] in Genova, Viale Quartara 43, terzo piano interno 10, al prezzo dichiarato di Euro 190.000.
L’azione viene esercitata a tutela del credito dell’Università di Genova, per l’importo complessivo di Euro 377.050,41 oltre gli accessori di legge, derivante dalle sentenze di questa Sezione Giurisdizionale n. 100/2014 e n. 88/2015.
Con la prima delle suddette sentenze il sig. B.M., docente associato a tempo pieno nel settore scientifico NEurochirurgia della Facoltà di Medicina di Genova, è stato condannato al pagamento di Euro 70.313,34 (per retribuzioni indebitamente corrisposte dall’Università al B.) nonché al pagamento, su tale somma, della rivalutazione e degli interessi legali, questi ultimi a decorrere dal deposito della sentenza, oltre le spese.
Con la successiva sentenza n. 8815 il B. è stato condannato al pagamento della somma di Euro 306.737,07 (in applicazione dell’art. 53 comma 7 del D.Lgs. n. 165 del 2001), con rivalutazione monetaria e interessi legali, questi ultimi a decorrere dal deposito della sentenza stessa.
L’atto di compravendita oggetto dell’azione revocatoria, secondo la Procura, è pregiudizievole alle ragioni del creditore a causa dell’insufficienza del patrimonio del B., che, dopo la cessazione del rapporto con l’Università di Genova, risulta emigrato prima in [#OMISSIS#] e poi in Svizzera.
[#OMISSIS#] specifico, sulla consistenza del patrimonio di B.M., la Procura ha indicato i cespiti immobiliari allo stesso riferibili, rappresentati da:
1) proprietà, nel Comune di Frabosa Sottana (Cn), di porzione di immobili classificati in categoria (…) e (…);
2) usufrutto di immobile [#OMISSIS#] in Genova, via Quartara 43 (cat. (…)), e di immobile [#OMISSIS#] in Genova, via Marasso 15 (cat. (…)) e in via Marasso 11 (cat. (…));
3) usufrutto per 24 di immobile in via Quartara 41D (cat. (…));
4) usufrutto per 24 di immobile [#OMISSIS#] in Frabosa Sottana, via Prato Nevoso 42 cat. (…)).
A supporto dell’azione revocatoria, la Procura ha addotto che i due contraenti sarebbero stati consapevoli del pregiudizio che l’atto di compravendita avrebbe arrecato alle ragioni del creditore:
– B.M. perché in data 9/6/2008, con ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Milano, era stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari per i reati di cui [#OMISSIS#] artt. 81, 110, 6402, 479, 61 n. 7, 61 n. 2 c.p., che sarebbero stati commessi in qualità di responsabile dell’equipe di nEurochirurgia della casa di cura privata “S.R. s.p.a.” di Milano, incarico, questo, incompatibile con il rapporto di lavoro presso l’Università degli Studi di Genova;
– il figlio, acquirente della nuda proprietà del [#OMISSIS#], sarebbe stato a conoscenza del pregiudizio arrecato dall’atto alle ragioni del creditore in quanto lo stretto rapporto di parentela (padre e figlio) rappresenterebbe già elemento sufficiente a integrare la presunzione di conoscenza, rafforzata dal fatto che il figlio non poteva non conoscere i motivi dell’avvenuto arresto del padre, data comunque la risonanza avuta da tali fatti sulla stampa (anche nazionale).
Con memoria pervenuta il 16/11/2016 a cura dell’Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] si è costituito in giudizio il sig. M.B..
La difesa ha eccepito il difetto di giurisdizione di questa Corte in favore del [#OMISSIS#] ordinario, Tribunale civile di Genova, e, in subordine, ha prospettato l’incostituzionalità degli artt. 26 R.D. n. 1038 del 1933, come modificato dall’art. 1 comma 174 della L. n. 266 del 2005, e dell’art. 73 del nuovo CGC, per contrasto con gli artt. 3, 24, 25, 42, 102 e 103 Cost.
Nel merito ha addotto l’infondatezza della domanda di revocatoria in quanto il B. avrebbe trasferito la nuda proprietà dell’immobile al figlio per procurarsi le necessarie risorse economiche, trovandosi in difficoltà per il crollo dell’attività professionale dovuto alla vicenda della Casa di Cura S. [#OMISSIS#], sottolineando, al riguardo, che l’atto di costituzione in mora della Procura (4/7/2011) è successivo all’atto di compravendita e che il figlio si è procurato la provvista accendendo un finanziamento bancario con “Banco [#OMISSIS#]” e in parte con un prestito dai nonni.
La difesa, inoltre, ha osservato che gli arresti domiciliari, cui è stato sottoposto il B. per pochissimi mesi si riferiscono a reato che non aveva [#OMISSIS#] a che vedere con l’Università di Genova, mentre i pretesi danneggiati dal reato – Regione Lombardia e ASL [#OMISSIS#] – erano stati risarciti a inizio 2009 dalla Casa di Cura S. [#OMISSIS#], per cui il B. non poteva immaginare l’esistenza di una pretesa creditoria da parte dell’Università di Genova.
Il sig. B.F. si è costituito in giudizio con memoria pervenuta il 16/11/2016 dell’Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
La difesa ha eccepito il difetto di giurisdizione sotto il duplice profilo della mancanza di qualsiasi rapporto di servizio tra il convenuto e la P.A. e sotto il profilo della natura privatistica della controversia, tendente alla dichiarazione di inefficacia di un atto di compravendita stipulato tra privati.
Ha eccepito l’incostituzionalità dell’art. 1, comma 174, della L. n. 266 del 2005, dell’art. 26 R.D. n. 1038 del 1933, e dell’art. 73 C.G.C. [#OMISSIS#] parte in cui attribuiscono giurisdizione alla Corte dei conti nei confronti di privati cittadini, per violazione degli artt. 3,24 e 111, 25, 102 e 103 Cost.
In via gradata e nell’ipotesi in cui questa Corte affermi la propria giurisdizione, la difesa ha eccepito l’improcedibilità dell’azione per omesso invito a dedurre nei confronti del convenuto.
Nel merito la difesa assume la mancanza del “consilium fraudis”, in quanto l’arresto del padre era avvenuto per l’inchiesta sulla Casa di Cura S. [#OMISSIS#] di Milano che ha visto il coinvolgimento delle parti civili Regione Lombadia e ASL [#OMISSIS#], risarcite dalla stessa Casa di Cura che aveva così liberato i medici dalle richieste risarcitorie.
Il figlio del B. non poteva sapere che dagli stessi fatti di Milano poteva derivare un credito per l’Università di Genova.
L'[#OMISSIS#] della nuda proprietà rispondeva all’esigenza di fornire liquidità al padre che, mantenendo l’usufrutto avrebbe continuato ad abitare [#OMISSIS#] casa dove aveva sempre vissuto.
In via di estremo subordine, in [#OMISSIS#] di accoglimento della domanda revocatoria, la difesa ha chiesto, previa autorizzazione alla chiamata in causa di B.M., la condanna di quest'[#OMISSIS#] alla restituzione nei confronti di B.F. dell’importo di Euro 190.000,00 e la manleva nei confronti dello stesso per non averlo reso edotto della possibile esposizione nei confronti dell’Università di Genova, garantendo nel contratto “[#OMISSIS#] disponibilità di quanto venduto, prestando ampia garanzia per ogni evizione e molestia..”.
Richiamando l’art. 269 c.p.c., ha chiesto, quindi, il differimento della prima udienza al fine di consentire la citazione in causa del terzo, B.M..
All’odierna pubblica udienza le parti hanno ampiamente ribadito le loro posizioni ed hanno concluso come in atti.
Considerato in
Motivi della decisione
La Procura chiede che venga dichiarata l’inefficacia dell’atto di disposizione patrimoniale posto in essere dal signor B.M. nei confronti del figlio, B.F..
1 In primo luogo occorre pronunciarsi sull’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata da entrambi i convenuti.
Come è noto, l’art. 1, comma 174, della L. 23 dicembre 2005, n. 266, ha stabilito: “Al fine di realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali, l’art. 26 del regolamento di procedura di cui R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, si interpreta nel senso che il Procuratore regionale della Corte dei conti dispone di tutte le azioni a tutela delle ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale di cui al libro VI, titolo III, capo V, del codice civile”.
Il ricorso ai mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale da parte del P.M., è stato confermato dal Codice di giustizia contabile, D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174, che, all’art. 73 statuisce “Il pubblico ministero, al fine di realizzare la tutela dei crediti erariali, può esercitare tutte le azioni a tutela delle ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale di cui al libro VI, Titolo III, Capo V, del codice civile”.
La Corte di Cassazione, a Sezioni Riunite, con sentenza n. 22059 del 22/10/2007, ha ritenuto che la devoluzione alla giurisdizione del [#OMISSIS#] contabile delle controversie in argomento “oltre che imposta dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 174, è anche coerente con il suo scopo, esplicitato nel “fine di realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali”: tutela che indubbiamente compete alla Corte dei conti apprestare, per le azioni di accertamento e di condanna, e che ugualmente deve ritenersi esserle stata affidata per quelle “a tutela delle ragioni del creditore” e per “i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale”, in quanto rispetto alle prime hanno carattere accessorio e strumentale. Peraltro, la giurisdizione relativamente a uno di tali mezzi – il sequestro conservativo, che [#OMISSIS#] altri è accomunato dalla stessa finalità – già era stata riservata al [#OMISSIS#] contabile, con l’art. 48 del citato regolamento di procedura del 1933 e successivamente con il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, art. 5, convertito con L. 14 gennaio 1994, n. 19.
La rilevata natura accessoria e strumentale delle azioni come la revocatoria, consente inoltre di ritenere che esse non sono estranee alle “materie della contabilità pubblica”, che l’art. 103 Cost. riserva alla cognizione della Corte dei conti, insieme comunque con le “altre specificate dalla legge”: si tratta di mezzi predisposti anch’essi, si pure in via indiretta, a quella riparazione del “danno erariale”, sulla quale la giurisdizione compete alla Corte dei conti.”.
Le stesse argomentazioni in diritto sono state confermate dalla Suprema Corte [#OMISSIS#] sentenza n. 11073 del 3/7/2012
In siffatto contesto normativo e giurisprudenziale l’eccezione di difetto di giurisdizione deve essere respinta.
Manifestamente infondata è la prospettata questione di legittimità costituzionale degli artt. 26 R.D. n. 1038 del 1933, come modificato dall’art. 1 comma 174 della L. n. 266 del 2005, e dell’art. 73 del nuovo CGC, per asserito contrasto, secondo B.M., con gli artt. 3, 24, 25, 42, 102 e 103 Cost., e, secondo B.F., per contrasto con gli artt. 3, 24, 111, 25, 102 e 103 della Costituzione.
Al riguardo, è sufficiente richiamare le considerazioni svolte dalla Corte di Cassazione [#OMISSIS#] stessa sentenza n. 22059/2007, laddove ha aggiunto che all’interpretazione seguita nell’affermare la giurisdizione dalla Corte dei conti in materia, “non sono comunque di ostacolo neppure i parametri costituzionali che la ricorrente ha richiamato e gli inconvenienti che ha prospettato: i principi di uguaglianza e di ragionevolezza non sono violati, poiché la responsabilità amministrativo- contabile ha proprie particolarità, che si riflettono anche sulla conservazione della garanzia rappresentata dal patrimonio del debitore; proprio la Corte dei conti è il [#OMISSIS#] “naturale”, nelle materie della contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge; è un [#OMISSIS#] “speciale”, ma è stato mantenuto in essere dalla Costituzione; il coinvolgimento di diritti soggettivi, eventualmente anche di terzi, è conseguenza della configurazione come “esclusiva” data alla giurisdizione contabile ancora dalla Costituzione; … il già menzionato carattere di esclusività impedisce all’amministrazione creditrice di agire a sua volta davanti al [#OMISSIS#] ordinario, sicché non vi è possibilità di duplicazioni di giudizi e di contraddittorietà di giudicati”.
2 In ordine all’eccezione di improcedibilità dell’azione revocatoria, proposta da B.F., per non essere stata preceduta dall’invito a dedurre di cui all’art. 5 del D.L. n. 453 del 1993, convertito in L. n. 19 del 1994, la stessa deve ritenersi infondata, in quanto l’azione revocatoria, a differenza dell’azione di responsabilità contabile, è sottoposta interamente alla disciplina del diritto civile e del processo civile. L’invito a dedurre, istituto tipico del procedimento di responsabilità contabile, non è suscettibile di applicazione analogica (cfr. Corte dei conti: Sezione Campania, sent. n. 1788 del 17/7/2008; Sezione Liguria sent. n. 10/2009).
3 Nel merito, i difensori non contestano l’accertata insufficienza del patrimonio di B.M. a soddisfare i crediti dell’Università di Genova, derivanti dalle sentenze di questa Sezione Giurisdizionale n. 100/2014 e n. 88/2015, ma contestano la mancanza dell’elemento soggettivo a carico dei convenuti, assumendo che l’atto di disposizione patrimoniale in questione sarebbe stato posto in essere non per sottrarre il [#OMISSIS#] alle pretese creditorie dell’Università di Genova, ma esclusivamente per le necessità di liquidità di B.M. che a causa della vicenda penale in cui è stato travolto aveva subito un crollo della propria attività professionale.
Il difensore di B.F. assume l’infondatezza dell’azione revocatoria per mancanza del consilium fraudis, adducendo che il procedimento penale di Milano, di cui il figlio era a conoscenza, [#OMISSIS#] aveva a che fare con l’Università di Genova e che, come aveva riferito il prof. B. al figlio, la casa di Cura S. [#OMISSIS#] di Milano aveva preso in carico tutte le richieste di restituzione e risarcimento danni da parte di Regione e ASL e aveva stipulato una transazione con queste ultime.
La difesa ha esposto, inoltre, che il figlio, all’epoca dei fatti, non coabitava con il padre, ma viveva in [#OMISSIS#] per ragioni di studio e che la sua unica preoccupazione era quella che il padre non venisse condannato penalmente.
Detto ciò, l’art. 2901, nel disciplinare le condizioni dell’azione revocatoria, stabilisce che “Il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a [#OMISSIS#], può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni: 1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del credito o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicare il soddisfacimento; 2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel [#OMISSIS#] di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.”
Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, il Collegio deve, quindi, stabilire se l’atto di disposizione patrimoniale possa ritenersi anteriore o successivo alle ragioni del credito.
Al riguardo, nell’ambito della responsabilità erariale, per stabilire il momento della nascita del credito, prescindendo dalla certezza giuridica sostanziale rimessa al giudizio di responsabilità, occorre fare riferimento al momento in cui si è verificato il fatto costitutivo dell’obbligazione, ossia al momento in cui può ritenersi astrattamente perfezionata la fattispecie dannosa contestata al debitore.
Nel [#OMISSIS#] in esame, la condotta antigiuridica dannosa è stata posta in essere da B.M. quanto meno a decorrere dalla stipulazione in data 9/4/2004, del contratto [#OMISSIS#] professionale con l’Istituto [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di Milano, incompatibile con la posizione di professore associato di NEurochirurgia a tempo pieno presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Genova.
La denuncia di danno erariale da parte del Rettore dell’Università di Genova è del giugno 2008, coeva alla misura degli arresti domiciliari (9/6/2008) cui è stato sottoposto il B., con ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Milano, in relazione a reati collegati all’attività di nEurochirurgo espletata presso la suddetta Clinica S. [#OMISSIS#].
L’atto di disposizione patrimoniale, adottato in data 27/4/2011, è, pertanto, successivo al travolgimento del B. [#OMISSIS#] suddetta vicenda penale che ha portato alla luce l’incompatibilità dell’attività stessa con il rapporto di lavoro che lo legava all’Università di Genova.
Sotto il profilo soggettivo deve, quindi, ritenersi sufficiente, ai fini dell’azione revocatoria, la mera conoscenza del pregiudizio potenziale alle ragioni del credito in questione (scientia fraudis), non occorrendo la dolosa preordinazione (consilium fraudis), sulla cui asserita mancanza si sono a lungo soffermate le difese.
Sulla sussistenza della “scientia fraudis” a carico del Prof. B., è sufficiente osservare che lo stesso aveva svolto attività professionale incompatibile con il rapporto di lavoro a tempo pieno con l’Università, e, pertanto, egli stesso aveva la perfetta cognizione che il trasferimento della nuda proprietà al figlio dell’immobile in questione, avrebbe potuto arrecare pregiudizio alle pretese risarcitorie dell’Università.
La scienza fraudis di B.M. trova, peraltro, esplicito riscontro [#OMISSIS#] sentenza di questa Sezione Giurisdizionale n. 100/2014, laddove il [#OMISSIS#] ha accertato che il B. “percepiva una retribuzione quale docente universitario a tempo pieno, in assenza di qualsiasi corrispettiva prestazione professionale, e nel contempo svolgeva attività [#OMISSIS#]-professionale in varie cliniche private, con le conseguenti prebende, in violazione della normativa in materia di esclusività del rapporto con l’Università. Quanto all’elemento soggettivo, altrettanto difficilmente si può ritenere che l’interessato non percepisse l’anomalia della situazione, e l’evidente vantaggio per sé, con altrettanto evidente danno per l'[#OMISSIS#]”.
[#OMISSIS#] sentenza n. 88/2015, riguardante la fattispecie di danno rappresentato dai compensi conseguiti [#OMISSIS#] svolgimento delle attività incompatibili con il rapporto con l’Università, il [#OMISSIS#] ha evidenziato che “..vi è stato, con riferimento alle somme oggi contestate, un quid pluris, oltre al semplice silenzio nei confronti dell’Università, costituito dalla falsa dichiarazione di non essere in situazione di incompatibilità (connessa al regime di lavoro a tempo pieno) resa dal convenuto alle cliniche presso le quali ha svolto attività [#OMISSIS#]-professionale”.
Occorre, inoltre, rilevare che, come emerge dal contratto di finanziamento fondiario, versato in atti dalla Procura (con il quale il “B.D.B. S.p.A.” ha accordato a titolo di mutuo fondiario a B.F. la somma complessiva di Euro 100.000), il Prof. B.M. figura, oltre che parte terza datrice di ipoteca, quale fideiussore nei confronti della Banca per l’importo di Euro 100.000. Appare, pertanto, innegabile che l’atto in questione, seppure formalmente a titolo oneroso, è stato reso possibile dallo stesso venditore, B.M., che ha prestato fideiussione in favore del figlio, con evidente intento di mettere l’immobile al riparo dalle pretese dei creditori.
Quanto all’esigenza frapposta dai convenuti consistente [#OMISSIS#] necessità di liquidità da parte del venditore, si osserva che la sussistenza della consapevolezza del pregiudizio che l’atto di disposizione patrimoniale può arrecare alle ragioni del creditore, [#OMISSIS#] qualsiasi altra ragione di carattere personale dedotta dal debitore anche se verosimile e legittima.
[#OMISSIS#] a questo punto la valutazione della sussistenza dell’elemento soggettivo a carico di B.F..
La posizione del terzo è irrilevante nel [#OMISSIS#] di atti di disposizione patrimoniale a titolo gratuito. Nel [#OMISSIS#] di atti a titolo oneroso, invece, la legge richiede, per quelli, che, come nel [#OMISSIS#] in esame, siano successivi all’insorgenza del credito, che il terzo sia stato consapevole del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione, tuttavia, riconosce che la prova di tale atteggiamento soggettivo ben può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al [#OMISSIS#] di merito (cfr. Corte di Cassazione Sez. Civ. III, sent. n. 7452 del 5/6/2000), ammettendo che la prova della “partecipatio fraudis” del terzo, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore e il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente (cfr.: Cass. Civ. Sez. III, sent. n. 5359 del 5/3/2009).
Nel [#OMISSIS#] in esame, in disparte i dubbi sulla effettiva onerosità dell’atto per B.F. atteso che la provvista dei fondi, come detto, risulta garantita dalla fideiussione del padre, si osserva che il terzo acquirente era il figlio dello stesso venditore è che ben conosceva la vicenda penale in cui il padre è stato coinvolto. Pertanto è ragionevole presumere che egli condividesse la consapevolezza del padre sulle inevitabili ripercussioni che la vicenda penale avrebbe portato sul rapporto lavorativo con l’Università. D’altra parte, dagli articoli prodotti dalla Procura, emerge che la notizia sugli arresti domiciliari comprendeva anche informazioni che i giornalisti avevano acquisito sentendo direttamente il Preside di Medicina e Chirurgia e il Capo di dipartimento dell’Università di Genova circa la presenza del docente in Facoltà (doc. 7 del fascicolo di procura).
A fronte dell’evidente conoscibilità pubblica dei fatti, le argomentazioni difensive riguardanti la circostanza che all’epoca F. si trovava in [#OMISSIS#] per ragioni di studio, appaiono del tutto inidonee ad escludere la sussistenza della “scientia fraudis”, a carico del convenuto.
In ogni [#OMISSIS#], in disparte il fatto che alla data di stipulazione dell’atto l’acquirente oltre che residente era anche domiciliato in Genova, Viale Quartara 43/10, occorre considerare che per affermare la “scientia fraudis” di B.F. non è necessario che lo stesso conoscesse le specifiche pretese risarcitorie dell’Università, ma è sufficiente che egli fosse consapevole che l’atto potesse arrecare pregiudizio alle ragioni dei creditori del padre.
In proposito la Cassazione ha affermato che in tema di azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c., il requisito della consapevolezza, da parte del terzo acquirente, del pregiudizio arrecato dall’atto dispositivo alle ragioni del creditore dell’alienante prescinde dalla specifica conoscenza del credito a tutela del quale l’azione revocatoria viene esperita, investendo invece la riduzione delle garanzie offerte dal debitore, in relazione alla consistenza patrimoniale considerata ed ai vincoli già esistenti nei confronti di altri creditori (Cass. Civ. Sez. I, sent. n. 2303 del 19/3/1996).
Il Collegio, verificata la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge per la tutela revocatoria – esistenza di un credito, pregiudizio alle ragioni del creditore; “scientia fraudis” del debitore e del terzo – ritiene, in accoglimento della domanda del P.M., di dover dichiarare l’inefficacia nei confronti dell’Università di Genova dell’atto di disposizione patrimoniale consistente nel trasferimento della nuda proprietà dell’immobile.
La domanda di rivalsa, proposta da B.F. nei confronti del padre, B.M., non rientra [#OMISSIS#] giurisdizione di questa Corte (Cfr. Corte dei conti: Sezione Giurisdizionale Liguria, sent. n. 3/2013).
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale regionale per la Liguria, respinta ogni contraria istanza ed eccezione
DICHIARA
l’inefficacia nei confronti dell’Università di Genova dell’atto di compravendita, stipulato il 27/4/2011, con trascrizione nei pubblici registri in data 9/5/2011, fra B.M. e B.F. (acquirente) della nuda proprietà dell’appartamento [#OMISSIS#] in Genova, Viale Quartara 43, piano 3 interno 10, al prezzo dichiarato di Euro 190.000,00
Spese compensate.
Così deciso in Genova, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del 7 dicembre 2016.
Depositata in Cancelleria 22 dicembre 2016