Tenuto conto del mutamento del contesto ordinamentale, che non prevede più né la liquidazione della pensione in via provvisoria né il riscontro successivo sul provvedimento di pensione definitiva da parte della Corte dei conti, non è condivisibile l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, sulla base degli artt. 204 ss. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, il legislatore avrebbe voluto attuare un principio di tendenziale immodificabilità della pensione definitiva, allo scopo di favorire la stabilità e la certezza del rapporto pensionistico, per la tutela del diritto del pensionato e della sua famiglia ad avere assicurata un’esistenza libera e dignitosa e la sicurezza giuridica. Questo orientamento riteneva, dunque, che il termine triennale entro cui l’amministrazione poteva procedere alla modifica del trattamento pensionistico fosse svincolato dalla registrazione dell’atto presso la Corte dei conti.Nel precedente contesto ordinamentale, la garanzia della certezza della pensione trovava adeguato presupposto nella previsione sia di una liquidazione provvisoria, da effettuarsi nell’imminenza della cessazione dal servizio e che doveva necessariamente precedere la meglio e più compiutamente documentata liquidazione della pensione definitiva, sia nel riscontro successivo effettuato su quest’ultima dalla Corte dei conti circa la corrispondenza della liquidazione a quanto risultante dagli atti. In tale contesto, proprio la garanzia della corretta determinazione della pensione definitiva, derivante dal positivo controllo della Corte dei conti, costituiva il fondamento della certezza del rapporto pensionistico che si consolidava definitivamente con il trascorso del triennio dalla registrazione. Una volta venuto meno il controllo della Corte dei conti sui provvedimenti di pensione dell’INPDAP, il fondamento stesso della correttezza del calcolo della pensione risulta recessivo; di conseguenza, ferme restando le ipotesi tassative previste dall’art. 204 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 per la revoca o modifica del trattamento di pensione, deve ritenersi che non sia più applicabile il termine triennale per le modifiche stesse essendo ora venuto a mancare il presupposto da cui far decorrere il predetto termine.
Corte dei conti reg., Puglia, 24 marzo 2015, n. 180
Professore associato – Riliquidazione trattamento pensionistico – Termine per la rideteriminazione
PENSIONI
C. Conti Puglia Sez. giurisdiz., Sent., (ud. 10-03-2015) 24-03-2015, n. 180
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA PUGLIA
in composizione monocratica, [#OMISSIS#] persona del [#OMISSIS#] Unico
Consigliere dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 32096/PC del registro di Segreteria, proposto dal prof. ing. V.G., nato a C. (B.) il (…) e residente in B. alla Via C. n. 222, codice fiscale (…), rappresentato e difeso, anche disgiuntamente tra loro, dagli avvocati [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], codice fiscale (…), e [#OMISSIS#] Intiso, codice fiscale (…), elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Bari alla Via della Resistenza n. 188,
contro
l’INPS, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Gestione ex INPDAP, con sede legale in Roma, Via [#OMISSIS#] il Grande, 24, in persona del [#OMISSIS#] e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso nel presente giudizio dagli avv.ti [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] procura ad lites rilasciata con atto del Notaio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma del 16.2.2012 n. 77882, elettivamente domiciliati presso la sede INPS – gestione ex INPDAP, in Bari alla via [#OMISSIS#] n. 40/U;
Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;
Vista la L. n. 205 del 2000;
Uditi, [#OMISSIS#] pubblica udienza del 10.3.2015, l’avv. [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] per il ricorrente e l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in rappresentanza dell’INPS.
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato in data 1.9.2014 e depositato in data 20.9.2014 presso la Segreteria di questa Sezione Giurisdizionale, il sig. G.V. – già professore associato del Politecnico di Bari, cessato dal servizio per limiti di età a far data dall’1.11.2010 – ha impugnato, previa sospensiva, il decreto n. BA012014792521 in data 19.05.2014, emesso dalla Direzione Provinciale di Bari dell’I.N.P.S. – Gestione Dipendenti Pubblici ex I.N.P.D.A.P. e la nota del 23.06.2014, prot. n. INPS. 0900.25/06/2014.0270389, con cui rispettivamente è stato rideterminato, sulla base del nuovo modello PA04 trasmesso in data 29.4.2014 dal Politecnico di Bari a seguito della rettifica del trattamento economico e delle competenze accessorie, l’importo annuo della pensione di vecchiaia, riducendolo da Euro. 58.284,46 a Euro. 50.790,28, ed è stato accertato un debito di Euro 29.811,06 per somme corrisposte in misura [#OMISSIS#] sulla pensione definitiva dal giorno 1.11.2010 al 30.06.2014, nonché disposto il recupero cautelativo mediante ritenuta mensile di Euro. 852,03, pari ad 1/5 della pensione dall’1.7.2014 al 30.5.2017. Il ricorrente ha dedotto l’illegittimità del provvedimento di riliquidazione della pensione emanato nel 2014 per violazione dell’art. 204 del D.P.R. n. 1092 del 1973 – trattandosi di errori di fatto o di calcolo la modifica doveva intervenire entro il triennio a decorrere dal precedente decreto definitivo del 2010 (n. BA012010473657 del 16.11.2010) – non essendo possibile, come da giurisprudenza consolidata, ammettere la modifica del provvedimento oltre il predetto [#OMISSIS#] decadenziale – ed ha chiesto il ripristino del trattamento pensionistico nell’ammontare originario, la declaratoria di non sussistenza di alcun debito nei confronti dell’INPS e della illegittimità della ritenuta cautelativa; in subordine, il ricorrente ha chiesto di accertare l’illegittimità del recupero ai sensi dell’art. 206 del citato TU 1092/1973 e delle ritenute cautelari attesa la propria buona fede ed il legittimo affidamento [#OMISSIS#] correttezza dell’originario operato dell’amministrazione invocando, a tal fine, i principi di recente affermati dalle Sezioni Riunite con la decisione n. 2/QM/2012.
L’INPS, costituito in giudizio con memoria depositata in data 9.1.2015, ha dedotto l’applicabilità, [#OMISSIS#] specie, della disposizione di cui all’art. 162 del D.P.R. n. 1092 del 1973, asserendo trattarsi di conguaglio tra pensione provvisoria e pensione definitiva, ha invocato i principi giuridici che affermano la doverosità del recupero di somme indebitamente corrisposte al pensionato ed ha chiesto, pertanto, il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 27/2015 del 13.1-9.2.2015 è stata accolta parzialmente l’istanza cautelare disponendo la sospensione degli effetti soltanto della nota del 23.06.2014, prot. n. INPS. 0900.25/06/2014.0270389, di accertamento dell’indebito e del conseguente recupero cautelativo mensile.
In vista dell’udienza di discussione il difensore del ricorrente ha depositato, in data 2.3.2015, una memoria difensiva con cui ha contestato l’assunto difensivo dell’INPS – secondo cui l’indebito deriverebbe dal conguaglio tra trattamento provvisorio e definitivo – deducendo in proposito come dalla documentazione in atti si evinca che con il provvedimento del 2010 era stata liquidata già in via definitiva la pensione del prof. G. e che il successivo Provv. del 2014 è motivato dall’invio da parte del Politecnico di altro prospetto (modello PA04) a rettifica del trattamento economico, delle competenze accessorie e dello stato di servizio. Deducendo che [#OMISSIS#] specie, quindi, non si sia verificato né un errore di fatto o di calcolo, i soli che giustificherebbero, ai sensi dell’art. 204 del D.P.R. n. 1092 del 1973, la modifica del provvedimento definitivo di pensione ed osservando ancora che la Corte Costituzionale (sent. 208/2014) ha escluso che l’errore di diritto possa essere assimilato alle ipotesi indicate [#OMISSIS#] predetta disposizione normativa, ha insistito per l’illegittimità del provvedimento di pensione del 2014 ed ha chiesto il ripristino della pensione nell’ammontare originariamente liquidato con il provvedimento del 2010. In subordine, nell’ipotesi in cui sia ritenuta legittima la modifica della pensione definitiva, il ricorrente, richiamando quanto disposto dall’art. 206 del D.P.R. n. 1092 del 1973 ed invocando altresì il legittimo affidamento nel consolidamento della propria posizione pensionistica, ha chiesto di dichiarare irripetibile l’indebito di Euro. 29.821,06 di cui alla nota dell’INPS del 23.6.2014.
All’udienza del 10.3.2015, il difensore del ricorrente si è riportato alla memoria difensiva ed ha insistito per l’accoglimento del ricorso; l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] per l’INPS si è riportata alla memoria scritta chiedendo, invece, il rigetto del ricorso. Il giudizio è stato definito come da dispositivo, letto [#OMISSIS#] stessa udienza, di seguito trascritto; ai sensi dell’art. 429, primo comma, c.p.c., come mod. dall’art. 53, secondo comma, del D.L. n. 112 del 2008 conv. in legge dalla L. n. 133 del 2008, è stato fissato il [#OMISSIS#] di sessanta giorni per il deposito della sentenza.
Motivi della decisione
Pacifico dalla documentazione presente in atti che con il Provv. del 16 novembre 2010 l’INPDAP ha liquidato in Euro. 58.284,46 la pensione definitiva del ricorrente, il thema decidendum concerne, in primo luogo, la legittimità del successivo provvedimento INPS del 19.5.2014, con cui è stato rideterminato l’importo della pensione in Euro. 50.790,28, emesso per tener conto di un nuovo prospetto del Politecnico di Bari a rettifica del trattamento economico, delle competenze accessorie e dello stato di servizio del ricorrente, prof. G..
Le norme che vengono in rilievo in tale fattispecie sono quelle recate dagli artt. 204 e segg. del D.P.R. n. 1092 del 1973.
L’art. 204 stabilisce che “la revoca o la modifica del provvedimento definitivo di pensione può aver luogo quando: a) vi sia stato errore di fatto o sia stato omesso di tener conto di elementi risultanti dagli atti; b) vi sia stato errore nel computo dei servizi o nel calcolo del contributo del riscatto, nel calcolo della pensione, assegno o indennità o nell’applicazione delle tabelle che stabiliscono le aliquote o l’ammontare della pensione, assegno o indennità; c) siano stati rinvenuti documenti nuovi dopo la emissione del provvedimento; d) il provvedimento sia stato emesso in base a documenti riconosciuti o dichiarati falsi.
L’articolo seguente prevede poi, per quel che interessa in questa sede, che nei casi previsti nelle lettere a) e b) dell’art. 204 il provvedimento è revocato o modificato d’ufficio non oltre il [#OMISSIS#] di tre anni dalla data di registrazione del provvedimento stesso.
Inoltre l’art. 206 prevede che nel [#OMISSIS#] in cui, in conseguenza del provvedimento revocato o modificato, siano state riscosse rate di pensione o di assegno ovvero indennità, risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, [#OMISSIS#] che la revoca o la modifica siano state disposte in seguito all’accertamento di fatto doloso dell’interessato.
Così richiamato il quadro normativo di riferimento, [#OMISSIS#] specie non può revocarsi in dubbio che la modifica del provvedimento definitivo del 2010 è stata determinata dall’omessa considerazione, in sede di predisposizione del primo modello PA04 del Politecnico, di elementi risultanti dagli atti oltre che dall’errore nel computo dei servizi; invero, come emerge dal confronto dei due modelli predisposti dal Politecnico, la rettifica riguarda il trattamento economico, le competenze accessorie ed anche il servizio reso, tutti elementi riscontrabili proprio dagli atti amministrativo-contabili presenti presso l’amministrazione di appartenenza.
Assodato, quindi, che la modifica è stata effettuata per una delle cause espressamente previste dall’art. 204 del D.P.R. n. 1092 del 1973 occorre, ora, valutare se la stessa sia da considerarsi tardiva in relazione al [#OMISSIS#] di tre anni previsto dall’art. 205 TU 1092/1973, la cui decorrenza è ancorata, ai sensi dello stessa disposizione di legge, alla registrazione del primo provvedimento definitivo.
In proposito non può non rilevarsi che [#OMISSIS#] specie il primo provvedimento, con il quale è stato liquidato il trattamento di pensione a decorrere dall’1.11.2010, è stato emanato in data 18.11.2010 senza essere preceduto dalla liquidazione della pensione provvisoria; infatti, [#OMISSIS#] circolare INPDAP n. 1 del 25.1.2005 si precisava che, a partire dal 1 luglio 2005, l’Istituto assume le competenze in tema di liquidazione dei trattamenti pensionistici del personale delle Università e che la liquidazione della pensione avviene in modalità definitiva, senza la possibilità di mettere in pagamento un trattamento provvisorio predisposto dall’Università.
Deve inoltre evidenziarsi che il predetto provvedimento del 2010, trattandosi di determinazione emessa direttamente dall’Ente previdenziale, non è stato assoggettato al controllo successivo della Corte dei Conti e conseguente registrazione come originariamente previsto dall’art. 166 del 312/1980 per i decreti ministeriali concessivi del trattamento di pensione dei dipendenti civili e militari dello Stato.
Un orientamento giurisprudenziale, argomentando che con la citata regolamentazione di cui [#OMISSIS#] artt. 204 e segg. del D.P.R. n. 1092 del 1973 il legislatore ha voluto attuare un principio di tendenziale immodificabilità della pensione definitiva, allo scopo di favorire la stabilità e la certezza del rapporto pensionistico, per la tutela del diritto del pensionato e della sua famiglia ad avere assicurata un’esistenza [#OMISSIS#] e dignitosa e la sicurezza giuridica, ritiene che il [#OMISSIS#] triennale sia svincolato dalla registrazione dell’atto presso la Corte dei Conti. Seguendo tale orientamento, nel [#OMISSIS#] di specie, per il quale il controllo successivo non è stato effettuato, il [#OMISSIS#] triennale decorrerebbe dalla data del primo provvedimento e quindi la determinazione del 19.5.2014, modificativa del primo, sarebbe illegittima perché intervenuta oltre il triennio.
Il predetto orientamento non è però condivisibile tenuto conto del mutamento del contesto ordinamentale sopra descritto che ora non prevede più né la liquidazione della pensione in via provvisoria né il riscontro successivo sul provvedimento di pensione definitiva.
Invero, la garanzia della certezza della pensione, [#OMISSIS#] un limitato periodo di tre anni entro il quale, in ipotesi tassative, il provvedimento definitivo poteva essere modificato, trovava adeguato presupposto [#OMISSIS#] previsione sia di una liquidazione provvisoria, da effettuarsi nell’imminenza della cessazione dal servizio e che doveva necessariamente precedere la meglio e più compiutamente documentata liquidazione della pensione definitiva, sia nel riscontro successivo effettuato su quest'[#OMISSIS#] dalla Corte dei Conti, organo esterno all’amministrazione, circa la corrispondenza della liquidazione a quanto risultante dagli atti. In tale contesto, proprio la garanzia della corretta determinazione della pensione definitiva, derivante dal positivo controllo della Corte dei Conti, costituiva il fondamento della certezza del rapporto pensionistico che si consolidava definitivamente con il trascorso del triennio dalla registrazione.
Una volta venuto meno il controllo della Corte dei Conti sui provvedimenti di pensione dell’INPDAP, il fondamento stesso della correttezza del calcolo della pensione risulta recessivo specie quando come nel [#OMISSIS#] in esame, si tratta di provvedimento di pensione nemmeno preceduto dalla liquidazione provvisoria; di conseguenza, [#OMISSIS#] restando le ipotesi tassative previste dall’art. 204 del TU 1092/1973 per la revoca o modifica del trattamento di pensione, deve ritenersi che non sia più applicabile il [#OMISSIS#] triennale per le modifiche stesse essendo ora venuto a mancare il presupposto da cui far decorrere il predetto [#OMISSIS#].
A ciò deve aggiungersi, in [#OMISSIS#], che l’interpretazione sistematica qui sostenuta, [#OMISSIS#] restando l’applicazione del disposto di cui al successivo art. 206, a mente del quale in [#OMISSIS#] di modifica del provvedimento non si fa luogo a recupero dell’indebito [#OMISSIS#] il [#OMISSIS#] di dolo del pensionato, permette di correggere errori di liquidazione della pensione che laddove non trovassero emendamento creerebbero un danno erariale permanente a cui l’ordinamento non potrebbe porre [#OMISSIS#] alcuno se non chiamando a risponderne il funzionario dell’amministrazione qualora imputabile a titolo di dolo o colpa grave.
Ma supporre di addebitare un danno erariale permanente all’autore dello stesso senza immaginare che l’ordinamento possa interrompere il perpetuarsi del danno stesso appare soluzione interpretativa inaccettabile.
Alla luce di quanto fin qui esposto reputa questo giudicante che il provvedimento del [#OMISSIS#] 2014 sia legittimo perché, non applicabile il [#OMISSIS#] triennale di cui all’art. 204 D.P.R. n. 1092 del 1973, la modifica decreto di pensione del 2010 è avvenuta per i motivi ammessi dallo stesso art. 204 ossia perché non era stato tenuto conto di elementi risultanti dagli atti del Politecnico e del coretto computo del servizio.
Ai sensi dell’art. 206 citato l’indebito, escluso il comportamento doloso del ricorrente, non può però essere recuperato; deve pertanto dichiararsi l’irripetibilità della somma di Euro. 29.821,06, oggetto della richiesta dell’INPS del 23.6.2014.
Conseguentemente l’INPS è tenuto al rimborso della parte già recuperata.
In adesione all’orientamento della giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis Sez. III centrale di appello sent. n. 000113 del 13/03/2001, Sez. I centrale di appello sent. n. 000376 del 30/10/2007, n. 251 del 14.5.2012) – secondo cui l’irripetibilità delle somme indebitamente corrisposte a soggetti in buona fede che non consegue ad inadempimento o a ritardato adempimento di un’obbligazione, non inerendo ad un debito, non può produrre interessi corrispettivi o moratori né, tanto meno, può essere suscettibile di rivalutazione – le somme trattenute a tale titolo dall’Istituto di previdenza devono essere restituite nel solo ammontare della sorte capitale.
Trattandosi di accoglimento solo parziale sussistono i presupposti per la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Puglia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso n. 32096 proposto dal sig. G.V. e per l’effetto dichiara l’irripetibilità dell’indebito pensionistico di Euro. 29.821,06 indicato [#OMISSIS#] comunicazione della Direzione Provinciale INPS di Bari del 23.6.2014.
Condanna l’INPS alla restituzione al ricorrente di quanto già trattenuto in via cautelativa, senza aggiunta di interessi e rivalutazione monetaria.
Spese compensate.
Fissa il [#OMISSIS#] di 60 giorni per il deposito della sentenza.
Così deciso, in Bari, all’esito della [#OMISSIS#] di consiglio del 10 marzo 2015.
Depositata in Cancelleria 24 marzo 2015.