Corte dei conti, sez. II, 8 aprile 2015, n. 175

Pensione di reversibilità per studenti universitari orfani maggiorenni – Irripetibilità e buona fede

Data Documento: 2015-04-08
Area: Giurisprudenza
Massima

Dal combinato disposto degli artt. 82, 86 e 203 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 si evince che la pensione di riversibilità sia da ritenersi sempre attribuita con salvezza di rideterminazione ove si modifichino o vengano meno i presupposti su cui si basa il diritto del beneficiario, sul quale gravano specifici obblighi di comunicazione all’ente previdenziale, derivandone l’inapplicabilità dell’irripetibilità di cui all’art. 206 d.P.R. n. 1092/1973.Anche in relazione alla pensione di reversibilità per gli orfani maggiorenni possono applicarsi i principi di irripetibilità dell’indebito pensionistico, ove ne sussistessero i presupposti, ovvero qualora sussista uno stato soggettivo di buona fede in capo al beneficiario di trattamento di riversibilità che abbia assolto agli obblighi di comunicazione posti a suo carico.

Contenuto sentenza

PENSIONI
Corte dei Conti Sez. II App., Sent., (ud. 26-03-2015) 08-04-2015, n. 175
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE
composta dai magistrati:
Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – [#OMISSIS#]
Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Consigliere
Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Consigliere
Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Consigliere relatore
Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sull’appello, iscritto al n. 32314 del registro generale, proposto dal Sig. D.S.A., rappresentato e difeso dagli Avv.ti [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Arricale, ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, via [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], n. 2, c/o [#OMISSIS#] Taverna, contro l’INPDAP, cui è succeduto ex lege l’INPS, avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Campania n. 4031 del 20.12.2007;
esaminati gli atti e i documenti di causa;
uditi [#OMISSIS#] pubblica udienza del 26 marzo 2015 il relatore, Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], l’Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] per l’appellante D.S., non costituito l’INPS, Gestione Dipendenti Pubblici.
Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata con l’appello in trattazione, è stato accolto parzialmente il ricorso proposto dal Sig. D.S.A., volto a far valere l’irripetibilità dell’indebito, per somme in più corrisposte, corrispondenti ad Euro 54.895,70.
Il predetto era titolare di trattamento pensionistico di reversibilità (n. 4026514R) a decorrere dal 01.06.1987, quale orfano di L.D.S., deceduto il 01.06.1987. Il trattamento fu erogato dapprima in virtù della minore età dell’interessato e, successivamente, in quanto studente universitario.
Con il provvedimento n. 402 del 07.12.2001, impugnato in primo grado, l’INPDAP comunicava all’appellante l’accertamento dell’indebito a suo carico, pari a L. 106.292.891, in relazione al pagamento della pensione dal 01.11.1996 al 31.07.2001, non dovuto per [#OMISSIS#] del corso legale degli studi universitari.
Il [#OMISSIS#] di primo grado ha ritenuto ripetibile l’indebito con riferimento al periodo dal superamento della durata legale degli sudi (01.11.1996) al raggiungimento del 26 anno di età (08.02.2000). Ha sostenuto che non sussistesse lo stato di buona fede in quanto il titolare di trattamento pensionistico è obbligato, ex art. 86, 4 comma, del D.P.R. n. 1092 del 1973, a comunicare il variare delle condizioni di fatto che hanno dato luogo alla attribuzione della pensione.
Ha invece dichiarato l’irripetibilità degli importi erogati dal 09.02.2000 al 31.07.2001, ritenendo trattarsi di somme che l’INPDAP non avrebbe mai dovuto porre in pagamento, a prescindere dalla iscrizione a qualsiasi corso di studi.
Con atto depositato il 17.04.2008 ha interposto appello il D.S., deducendo:
– mancata analisi della documentazione, illogicità della sentenza, difetto d’istruttoria. Il predetto aveva esibito all’INPDAP il certificato di iscrizione per l’anno 1995-1996 e quindi l’Istituto era in grado di conoscere che il medesimo per il successivo anno accademico era considerato “fuori corso”. Aveva anche prodotto con il ricorso introduttivo una annotazione a mano dei funzionari dell’INPDAP sul frontespizio del fascicolo amministrativo, alla data 24.03.1995: “visto certificato universitario…(durata a.4)”. La documentazione esibita al momento del deposito del ricorso non è mai stata contestata dall’INPDAP e quindi fa piena prova. Quindi non risponde al vero che il D.S. fosse in mala fede per non aver comunicato la variazione della situazione di fatto;
-difetto di motivazione, motivazione insufficiente su un punto decisivo della controversia. L’INPDAP ha correttamente erogato le prestazioni sino al compimento del 26 anno di età, in quanto l’art. 82 del D.P.R. n. 1092 del 1973 (“iscritti…per tutta la durata del corso legale degli studi..”) richiede solo la regolare iscrizione all’università, senza soluzione di continuità e non anche l’essere studente “in corso”, altrimenti l’equiparazione dei minorenni ai maggiorenni “comunque, non oltre il ventiseiesimo anno di età” non avrebbe alcun senso, visto che nessun corso di laurea prevede una durata fino a ventisei anni;
– illegittimità della nota del 04.03.2008, con cui si è intimata la restituzione della intera somma di cui al provvedimento di recupero del 2001, per non aver tenuto conto della sentenza di primo grado che aveva dichiarato irripetibili le somme dal 09.02.2000 al 31.07.2001 (pari, secondo l’appellante, ad Euro 13.954,79), e per non aver considerato le ritenute fiscali sulle erogazioni pensionistiche (al netto il percepito è stato pari a L. 83.657.825), versate direttamente all'[#OMISSIS#];
– mancanza della prova della mala fede del pensionato, violazione dell’art. 206 e della L. n. 88 del 1989. Le due norme contengono analoghe disposizioni ponendo il dolo quale unico limite alla generale irripetibilità, [#OMISSIS#] restando che l’onere di dimostrare il fatto doloso spettava all’Amministrazione. Né sono stati menzionati i motivi specifici di cui [#OMISSIS#] artt. 204 – 205 del DPR del 1973.
Ha concluso chiedendo, in parziale riforma della sentenza, dichiararsi l’irripetibilità delle somme percepite dall’appellante dal 01.02 1996 all’8.02.2000, con [#OMISSIS#] delle spese ed attribuzione ai procuratori antistatari.
[#OMISSIS#] pubblica udienza del 26.03.2013 l’Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], per l’appellante D.S., ha depositato il decreto di fissazione dell’udienza notificato, e si è riportato [#OMISSIS#] atti scritti. L’INPS non si è costituito.
Motivi della decisione
In via del tutto pregiudiziale si osserva che, per effetto dell’art. 21 del D.L. n. 201 del 06 dicembre 2011, convertito in L. n. 214 del 22 dicembre 2011, l’INPDAP è soppresso dal 01.01.2012 e le relative funzioni sono attribuite all’INPS, successore in tutti i rapporti attivi e passivi dell’Ente.
Tuttavia, con l’art. 2-bis, introdotto dalla suindicata legge di conversione, è previsto che, in attesa dell’emanazione dei Decreti Interministeriali attuativi, con i quali viene disposto il trasferimento all’INPS delle risorse strumentali, umane e finanziarie dell’ Ente soppresso, le strutture centrali e periferiche dell’INPDAP continuano ad espletare le attività connesse ai compiti istituzionali. E’ inoltre ivi disposto che l’INPS è rappresentato e difeso in giudizio dai professionisti legali già in servizio presso l’INPDAP.
Alla luce delle disposizioni di diritto intertemporale il processo, regolarmente instaurato in fattispecie nei confronti dell’INPDAP, viene proseguito nei confronti dell’INPS, succeduto ex lege in tutti i rapporti facenti capo all’INPDAP stesso, cui è stato regolarmente notificato, in data 11.02.2015, il decreto di fissazione della presente udienza.
L’appello, notificato in data 21-26.03.2008, e depositato il 17.04.2008, risulta tempestivamente proposto.
Va, quindi, precisato, nel merito, che la statuizione di irripetibilità dell’indebito, per il periodo dal 09.02.2000 al 31.07.2001, non è stata oggetto di impugnazione da parte dell’ INPDAP, di talché essa è da ritenersi passata in giudicato, vertendo il giudizio di appello all’esame esclusivamente sulla censurata statuizione di legittimità della cessazione della percezione oltre la durata del corso legale e fino al compimento del 26 anno di età, e di ripetibilità dell’indebito dal 01.11.1996 (cessazione della durata legale) all’8.02.2000 (compimento del 26 anno di età).
Si premette che l’art. 82 del D.P.R. n. 1092 del 29 dicembre 1973dispone che, ai fini del diritto alla pensione di reversibilità, “sono equiparati ai minorenni gli orfani maggiorenni iscritti ad università …per tutta la durata del corso legale degli studi e, comunque non oltre il ventiseiesimo anno di età”.
Detta [#OMISSIS#], contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, esclude il perdurare delle erogazioni al verificarsi della cessazione della durata legale del corso di laurea, con conseguente perdita del beneficio, o comunque quando abbia compiuto 26 anni. Diversamente ritenendo non si capirebbe il senso dell’inciso “per tutta la durata del corso legale”, visto che si poteva semplicemente collegare la spettanza del diritto all’iscrizione fino al 26 anno di età. Il legislatore con l’adottata dizione normativa ha consentito [#OMISSIS#] studenti iscritti anche a venti anni di godere del diritto in [#OMISSIS#] di iscrizione ad un corso di laurea di sei anni (questa Corte, Sez. III, n. 279 del 25.05.2004).
Tanto premesso, va osservato che l’art. 86 del D.P.R. n. 1092 del 29 dicembre 1973dispone, al riguardo del diritto al trattamento di reversibilità, che “E’ fatto obbligo [#OMISSIS#] interessati di comunicare alla competente direzione provinciale del tesoro …il verificarsi di qualsiasi evento che comporti variazione della misura della pensione stessa …”.
Prevede l’art. 208 del D.P.R. n. 1092 del 1973 che “nel [#OMISSIS#] in cui il titolare di pensione di riversibilità o di assegno alimentare, in adempimento dell’obbligo stabilito dall'[#OMISSIS#] comma dell’art. 86, comunichi alla competente direzione provinciale del tesoro la cessazione delle condizioni che hanno dato luogo all’attribuzione della pensione o dell’assegno, la stessa direzione provinciale sospende i pagamenti e, ove abbia emesso il provvedimento di liquidazione, lo revoca”.
Dal combinato disposto delle norme riferite si evince che la pensione di riversibilità sia da ritenersi sempre attribuita con salvezza di rideterminazione ove si modifichino o vengano meno i presupposti su cui si basa il diritto del beneficiario, sul quale gravano specifici obblighi di comunicazione all’ente previdenziale (si veda questa Sezione, n. 195 del 27.03.2007), derivandone l’inapplicabilità dell’ irripetibilità di cui all’art. 206 del D.P.R. n. 1092 del 1973.
Ne deriva che del tutto correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto non dovuta la pensione di reversibilità dal 01.11.1996 all’8.02.2000.
Senonché la sentenza ha anche ammesso potessero, in astratto, applicarsi i principi di irripetibilità dell’indebito pensionistico, ove ne sussistessero i presupposti. Sostanzialmente il GUP ha ritenuto applicabile la tesi propugnata dalla Corte costituzionale [#OMISSIS#] sentenza n. 431 del 14.12.1993 (anche nelle n. 240 del 10.06.1994 e n. 166 del 24.05.1996), volta ad individuare, nell’ambito dell’ordinamento previdenziale relativo al sistema AGO-VIS, il principio di settore che esclude la ripetizione dell’indebito in presenza di una situazione di fatto caratterizzata dalla non addebitabilità al percipiente dell’erogazione non dovuta.
Del principio, osserva il Collegio, si trova, con alcuni distinguo, applicazione [#OMISSIS#] sentenza delle SSRR n. 4/QM/2008 del 25.07.2008, in tema della analoga questione della ripetizione delle somme sulla pensione di reversibilità per la cumulabilità con i redditi. Le Sezioni Riunite ammettono, oltre il [#OMISSIS#] annuale per le revisioni delle liquidazioni automatizzate, la valutabilità della sussistenza “di uno stato soggettivo di buona fede in capo al beneficiario di trattamento di riversibilità che abbia assolto [#OMISSIS#] obblighi di comunicazione posti a suo carico”.
La sentenza impugnata ha però escluso, in concreto, l’invocato stato di buona fede del pensionato, sulla base della ritenuta mancata comunicazione, da parte dell’interessato, del venir meno delle condizioni di legge.
Ebbene, su questo punto è fondato il motivo di appello volto a rilevare che, diversamente da quanto affermato dal [#OMISSIS#] monocratico, il pensionato aveva fornito le necessarie notizie.
Come esposto in fatto, il predetto aveva esibito all’INPDAP il certificato di iscrizione per l’anno 1995-1996 (depositato nel primo grado)e quindi l’Istituto era in grado di conoscere che il medesimo per il successivo anno accademico sarebbe stato considerato “fuori corso”. Aveva anche prodotto con il ricorso introduttivo una annotazione a mano dei funzionari dell’INPDAP sul frontespizio del fascicolo amministrativo, alla data 24.03.1995: “visto certificato universitario…(durata a.4)”.
Risulta evidente, ad avviso del Collegio, che l’errore da cui è scaturito l’indebito sia imputabile esclusivamente all’amministrazione, la quale era a conoscenza, a seguito dell’invio da parte del D.S. dei documenti necessari, di tutti gli elementi necessari per evitarlo. Inoltre, aggiunge questa Sezione, la prestazione si è protratta per quasi cinque anni, così rafforzando l’affidamento del pensionato sulla spettanza delle somme.
Tanto premesso, l’appello va accolto e per l’effetto va affermato che è irripetibile l’indebito erariale anche per il periodo dal 01.11.1996 al 31.07.2001.
[#OMISSIS#] assorbita la questione relativa alle modalità del recupero (secondo l’appellante dovrebbe essere effettuata al netto e non al lordo delle ritenute IRPEF e di altra natura). E’ estranea al presente giudizio di appello la doglianza circa la mancata esecuzione della sentenza impugnata, [#OMISSIS#] statuizione passata in giudicato (irripetibilità dal 09.02.2000 al 31.07.2001).
Circa il regolamento delle spese di giudizio, ritiene questa Sezione che sussistano le ragioni per disporne la compensazione, tenuto conto degli orientamenti oscillanti di questa Corte sulla materia della ripetizione degli indebiti.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale,
– accoglie l’appello e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza, [#OMISSIS#] la statuizione di irripetibilità dell’indebito per il periodo dal 09.02.2000 al 31.07.2001, dichiara che è irripetibile l’indebito erariale anche per il periodo dal 01.11.1996 al 31.07.2001.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del 26 marzo 2015.
Depositata in Cancelleria il 8 aprile 2015.