TAR Calabria, Reggio Calabria, 29 maggio 2019, n. 363

Procedura concorsuale Ricercatore-Equiparazione Tecnico laureato

Data Documento: 2019-05-29
Area: Giurisprudenza
Massima

Il diritto alla retribuzione, in forza della natura strettamente sinallagmatica del contratto di lavoro, presuppone necessariamente l’avvenuto svolgimento dell’attività di servizio e che la piena reintegrazione del patrimonio del lavoratore deve reputarsi ammissibile solo in caso di illegittima interruzione di un rapporto di lavoro già in essere, ma non anche nel caso di illegittimo ritardo nella costituzione del rapporto di impiego stesso in quanto, in tale seconda fattispecie, spetta all’interessato solo il riconoscimento della medesima decorrenza ai fini giuridici attribuita a quanti siano stati nella medesima procedura nominati tempestivamente (TAR Campania, Salerno, Sez. II,  26 gennaio 2015, n. 206).

Contenuto sentenza

N. 00363/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00095/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 95 del 2017, proposto da
[#OMISSIS#] Amoddeo, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Tropiano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in Reggio Calabria, Via G. Spagnolio, n. 33 A.;
contro
il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, domiciliata ex lege in Reggio Calabria, via del Plebiscito, n. 15;
per l’annullamento
della determina dell’Università degli studi “Mediterranea” di Reggio Calabria, prot. n. 13859, del 24/11/2016;
nonché, in subordine, per il risarcimento del danno consequenziale all’illecito amministrativo perpetrato, a danno del ricorrente, nell’ambito della procedura concorsuale per un posto di ricercatore universitario, bandito con D.R. n. 924/95, consistente, nello specifico, nell’accertamento e riconoscimento del diritto del ricorrente ad ottenere tutti gli effetti economici e previdenziali
della nomina a ricercatore universitario, con decorrenza dall’anno 1999;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 aprile 2019 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato l’1 febbraio 2017 e depositato il 24 febbraio 2017, parte ricorrente ha impugnato la determina, prot. n. 13859, del 24/11/2016, con cui l’Università degli studi “Mediterranea” di Reggio Calabria, dando atto che “gli effetti giuridici ed economici decorrono dalla data di compimento del triennio o del quinquennio (nel Suo caso del quinquennio) di servizio effettivo e, quindi, dall’1.3.2012, avendo preso servizio l’1.3.2007”, ha confermato la sua assegnazione, in regime di tempo pieno, alla classe IV, con uno stipendio a.l. di € 24.826,54 oltre ad un assegno aggiuntivo a.l. di €. 5.157,62 ed agli assegni spettanti a norma di legge.
1.1. Il dott. Amoddeo chiede, in subordine, che l’Università resistente sia condannata al risarcimento del danno conseguente all’illegittimo espletamento della procedura concorsuale indetta con D,R, n. 924/95 per l’assunzione di un ricercatore universitario.
2. Premette il ricorrente che:
– nell’anno 1995, con D.R. n. 924/95, l’Università degli studi “Mediterranea” di Reggio Calabria, facoltà di Ingegneria, bandiva un concorso per l’assegnazione di un posto di ricercatore universitario (settore scientifico disciplinare, A03X Fisica Matematica);
– le prove di suddetto concorso, tenutesi nell’anno 1998, consistevano nella redazione di due elaborati scritti, in un colloquio orale e nella presentazione di titoli e pubblicazioni di natura scientifica ed accademica;
– il dott. Amoddeo veniva ammesso alla prova orale del concorso insieme alla dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Vergari che veniva proclamata vincitrice del concorso.
Il ricorrente impugnava, pertanto, gli atti della procedura concorsuale con ricorso proposto dinanzi a questo Tribunale che, con sentenza n. 1294/99 confermata dal Consiglio di Stato, annullava il decreto di nomina della dottoressa Vergari.
Con D.R. n. 19/2000 l’Università annullava tutti gli atti di approvazione del concorso ma solo nel 2006 il dott. Amoddeo veniva dichiarato vincitore del concorso e con D.R. del 28 febbraio 2007 veniva immesso nel ruolo dei ricercatori non confermati, con decorrenza della nomina, ai soli effetti giuridici, dal 15.1.1999, data di assunzione della dott.ssa Vergari.
3. Tanto premesso in fatto, parte ricorrente lamenta, in via principale, la illegittimità del provvedimento impugnato per violazione dell’art. 103, comma 3, del DPR 11/07/1980 n. 382.
Contesta, in particolare, la errata applicazione dell’articolo 103, comma 3 del DPR n. 382/1980 per non avere l’ateneo, nel disporre la ricostruzione della carriera, tenuto conto del ritardo con il quale è stato assunto. Ritardo imputabile esclusivamente alla illegittimità della procedura concorsuale. Un corretto espletamento della stessa gli avrebbe consentito, infatti, di essere assunto come ricercatore non confermato già a partire dal 1999.
La decorrenza degli effetti giuridici ed economici della sua conferma in ruolo, pertanto, non sarebbe stata quella attualmente fissata alla data dell’01/03/2012, bensì quella corrispondente al 15 gennaio 2002.
Ne deriverebbe il corretto inquadramento, non nella IV classe professionale, bensì nella VII classe professionale.
4. In via subordinata il ricorrente chiede che l’Università sia condannata al risarcimento, in forma specifica, di tutti i pregiudizi subiti a causa dell’illegittimo espletamento della procedura concorsuale che ha comportato un notevole ritardo nella sua assunzione (il ricorrente è stato inquadrato nel ruolo dei ricercatori non confermati della Facoltà di Ingegneria con decorrenza dall’1 marzo 2007 – giusto D.R. n. 84 del 28 febbraio 2007 – e decorrenza dei soli effetti giuridici dal 15 gennaio 1999).
Chiede, in particolare, che l’amministrazione sia condannata, a titolo di risarcimento del danno, alla corretta ricostruzione di carriera ed al conseguente corretto inquadramento con il relativo adeguamento stipendiale.
Assume a tal fine che il pregiudizio subito avrebbe acquisito “solo oggi i caratteri dell’attualità e della concretezza” in quanto, sebbene derivante dall’illegittimo espletamento della procedura concorsuale bandita nel 1995, solo a seguito della ricostruzione della carriera effettuata con il provvedimento qui impugnato, tale danno si è “concretamente manifestato”.
Precisa, inoltre, che all’odierna azione risarcitoria, il cui presupposto è l’illegittimità della procedura concorsuale indetta nel 1995, non è “applicabile la disciplina prevista dall’art. 30 c.p.a., che pone il limite temporale decadenziale dell’azione risarcitoria a 120 giorni, bensì quella previgente al D.lgs. n. 104/10, che prevede il solo termine prescrizionale quinquennale, ex art. 2947 c.c. (Cons. Giust. Amm. Sic., 08-02-2016, n. 38)”.
5. Chiede, infine, che gli siano riconosciute, a titolo di risarcimento del danno derivante dal ritardo con cui è stato assunto, le somme di danaro non percepite a titolo di stipendio e di contributi previdenziali, comprensivi di interessi e rivalutazioni monetarie, da calcolarsi nei termini di legge, nonché il danno curriculare, consistente nella perdita della maturazione del curriculum accademico, ed il danno morale e/o esistenziale da liquidarsi in via equitativa, ex art. 1226 c.c.
6. Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Reggio Calabria eccependo preliminarmente:
– l’irricevibilità del ricorso non avendo il ricorrente impugnato il DR 196 del 5.6.2007 con cui è stata stabilita la decorrenza degli effetti economici del suo inquadramento dall’1 marzo 2007;
– l’inammissibilità del ricorso in considerazione della natura non provvedimentale della nota impugnata con cui l’amministrazione universitaria si sarebbe limitata a fornire chiarimenti. Peraltro, quella nota sarebbe, comunque, meramente confermativa del provvedimento del 2015 non impugnato.
Nel merito ha rilevato l’infondatezza del ricorso in quanto:
– l’articolo 103 fa riferimento all’attività effettivamente prestata;
– non sono mosse altre contestazioni al provvedimento;
– anche la pretesa risarcitoria è infondata non risultando provati tutti i presupposti dell’art. 2043 c.c;
– la pretesa risarcitoria sarebbe, comunque, prescritta.
7. All’udienza pubblica del 3 aprile 2019, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Il Collegio deve farsi carico di esaminare, preliminarmente, le eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità sollevate dall’Amministrazione resistente.
8.1. Entrambe le eccezioni devono essere disattese.
8.2. Con riferimento alla pretesa irricevibilità del ricorso per l’omessa impugnazione del decreto con cui è stata disposta la decorrenza dell’assunzione al 15 gennaio 1999 ai solo fini giuridici, osserva la Sezione che oggetto del presente giudizio non è la retrodatazione degli effetti economici della nomina di ricercatore, bensì la ricostruzione della carriera successiva alla immissione nella fascia dei ricercatori confermati, che tenga conto del ritardo con cui quella nomina è stata disposta.
8.2.1. È altresì infondata l’eccezione di irricevibilità della domanda risarcitoria del danno derivante dal ritardo con cui il ricorrente è stato assunto, trattandosi di azione non soggetta ad alcun termine decadenziale bensì solo al termine di prescrizione quinquennale.
Il fatto illecito dal quale, secondo la prospettazione di parte ricorrente, scaturirebbe il diritto al risarcimento del danno, consistente nell’illegittimo espletamento della procedura concorsuale indetta nel 1995, è invero, anteriore all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo con la conseguente inapplicabilità del termine decadenziale di centoventi giorni previsto, per la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi, dall’articolo 30, comma 3, del codice del processo amministrativo (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 6/2015).
8.3. Anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso deve essere disattesa.
Pur non potendosi negare che la nota impugnata si limita a dare dei chiarimenti in merito ai criteri sulla base dei quali la ricostruzione della carriera è stata effettuata ed è, comunque, confermativa del precedente provvedimento del 2015, osserva il Collegio come la pretesa azionata – avente ad oggetto la corretta ricostruzione della carriera – ha la consistenza del diritto soggettivo.
È stato chiarito in proposito che, “poiché la controversia riguarda situazioni giuridiche aventi natura di diritto soggettivo, non può predicarsi alcuna acquiescenza alla nota con cui l’università abbia riscontrato negativamente l’istanza di riconoscimento dei servizi pregressi, trattandosi di mero atto di natura paritetica (in termini, cfr. TAR Campania Napoli, Sez. II, 4 febbraio 2013 n. 705 e 20 dicembre 2010 n. 27663); invero, a fronte di un diritto attribuito da una precisa norma di legge in materia di status e di carriera di pubblici dipendenti, non può trovare applicazione l’istituto dell’acquiescenza, ma occorre eventualmente la rinuncia esplicita (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. I, 21 gennaio 1984 n. 59)” (T.A.R. Napoli, sez. II, sentenza n. 971 del 23 febbraio 2016).
Non può ritenersi, pertanto, preclusivo del diritto dell’interessato un precedente diniego non impugnato, concretandosi tale atto, privo di valore provvedimentale, in un atto paritetico con il quale l’amministrazione nega la spettanza di un diritto.
9. Nel merito il ricorso è solo parzialmente fondato.
9.1. Non è meritevole di positivo apprezzamento la pretesa del ricorrente ad una ricostruzione della carriera che tenga conto del ritardo con cui l’Università ha disposto la sua immissione nel ruolo dei ricercatori non confermati.
Ai sensi dell’articolo 103 comma 3, ai fini della ricostruzione della carriera, non può, infatti, che tenersi conto del servizio effettivamente prestato nell’università (come espressamente statuito dalla norma e come correttamente dedotto dalla difesa erariale).
Del resto, l’assunto secondo il quale se la procedura concorsuale fosse stata regolarmente espletata l’immissione del ricorrente nella fascia dei ricercatori confermati avrebbe avuto una diversa decorrenza, non è condivisibile, non essendovi alcun automatismo nella suddetta immissione in ruolo che presuppone, invece, una valutazione effettuata da apposita commissione. La stessa sentenza del Tar Campania citata da parte ricorrente ha affermato: “Tale considerazione postula una prognosi in ordine alla espressione del giudizio positivo da parte della commissione, che esula dall’ambito delle valutazioni spettanti al giudice adito, esprimendosi in un giudizio tecnico non sostituibile dell’amministrazione” (sez. II, sentenza n. 2835/2005). Né del resto il ricorrente si è preoccupato di dimostrare che, se la procedura concorsuale per la nomina di un ricercatore non confermato fosse stata legittimamente espletata, avrebbe ottenuto, prima del 2012, una valutazione positiva ai fini dell’immissione nella fascia dei ricercatori confermati. Né, ancora, rileva che nel 2012 – con decorrenza dall’1 marzo 2012 – tale valutazione positiva sia stata effettuata dall’apposita commissione e che il ricorrente sia stato effettivamente immesso nella fascia dei ricercatori confermati, atteso che quella valutazione fa riferimento alle pubblicazioni scientifiche del triennio 2010 – 2012. È significativo, in proposito, osservare che, al contrario, nel 2011 la commissione aveva ritenuto di dover esprimere una valutazione negativa in relazione alle pubblicazioni scientifiche del triennio 2007 – 2010 negando, pertanto, l’immissione nella fascia dei ricercatori confermati.
9.2. Alla luce di quanto dedotto al paragrafo che precede, ritiene il Collegio che la ricostruzione della carriera nei termini prospettati dal ricorrente non possa essergli riconosciuta neanche a titolo risarcitorio.
Parte ricorrente non ha, invero, in alcun modo dimostrato che a seguito di un corretto espletamento della procedura concorsuale sarebbe stato immesso nella fascia dei ricercatori confermati nel 2002 o nel 2004 e non ha, peraltro, neanche contestato la valutazione degli altri titoli effettuata dall’università ai fini della ricostruzione della carriera ex art. 103 comma 3 del dpr 282/80.
9.3. È, invece, parzialmente fondata la domanda con cui il ricorrente chiede che gli siano riconosciuti, a titolo di risarcimento del danno, gli effetti economici e previdenziali della nomina a ricercatore universitario, con decorrenza dall’anno 1999.
9.3.1. Deve essere, preliminarmente, disattesa l’eccezione di prescrizione sollevata dall’amministrazione resistente, secondo la quale il credito risarcitorio avrebbe dovuto essere fatto valere entro il quinquennio decorrente dal D.R. del 5 giugno 2007, con cui è stata riconosciuta al ricorrente la retrodatazione al 15 gennaio 1999, ai solo fini giuridici, degli effetti della immissione nel ruolo dei ricercatori non confermati.
L’eccezione è infondata risultando documentata la reiterata richiesta – certamente a partire dall’11 maggio 2011 – “di ristoro di tutti i danni, patrimoniali e non, … derivati in conseguenza della lunga vicenda processuale che ha determinato, alla fine, l’emanazione del decreto del pro Rettore
Vicario n” 498 del 911L12006, di approvazione, a distanza di quasi dieci anni, degli
atti del concorso per ricercatore universitario e la conseguente revoca del precedente, a seguito di sentenza del Consiglio di Stato” (v. doc. n. 7)
9.3.2. In merito ai presupposti della domanda risarcitoria qui in esame, osserva il Collegio che questo Tribunale, con sentenza n. 1294 del 13 ottobre 1999, confermata dal Consiglio di Stato nel 2001, ha già affermato l’illegittimità dell’operato dell’Università degli Studi di Reggio Calabria e, in particolare, della Commissione giudicatrice.
Il TAR ha ritenuto, invero, come “il differente punteggio attribuito ai due candidati per le pubblicazioni, 10 al primo e 19 alla seconda, sia manifestamente illogico ed irrazionale”.
Ha osservato, in particolare, come a fronte dei 28 lavori presentati dal ricorrente – di cui 25 pubblicati su riviste internazionali – la dott.ssa Vergari avesse presentato solo 7 lavori, di cui uno pubblicato su una rivista locale e 5 costituiti da note interne del Dipartimento di Matematica dell’Università di Catania, due delle quali redatte insieme al Presidente della Commissione, senza alcuna indicazione in ordine all’apporto personale della candidata.
L’inescusabilità dell’operato dell’amministrazione universitaria appare ancor più evidente ove si consideri che, solo in seguito all’insediamento del Commissario ad acta nominato con la sentenza n. 197 del 25 gennaio 2006, con cui è stato definito il giudizio proposto dal ricorrente per l’esecuzione del giudicato, il dott. Amoddeo è stato proclamato vincitore del concorso ed è stato immesso in ruolo (D.R. n. 84 del 28 febbraio 2007).
Risulta, pertanto, acclarata non soltanto la illegittimità degli atti della procedura concorsuale (sui quali si è pronunciata la sentenza n. 1294/1999 di questo Tribunale) bensì l’ulteriore negligenza in cui l’amministrazione resistente è incorsa anche nella esecuzione del giudicato, concretizzatasi solo dopo 8 anni e solo in seguito all’intervento del Commissario ad acta.
Non coglie nel segno il rilievo secondo il quale con la sentenza n. 1294/1999, questo Tribunale ha annullato il decreto con cui la Vergari era stata dichiarata vincitrice del concorso per difetto di motivazione, demandando all’Università la riedizione del giudizio tecnico-discrezionale sulla valutazione dei titoli scientifici.
Va evidenziato, invero, che la richiamata sentenza ha rilevato la manifesta illogicità ed irrazionalità del differente punteggio attribuito ai due candidati ed il Consiglio di Stato ha, inoltre, sottolineato “la macroscopica discrepanza tra il voto conseguito e la consistenza (non solo numerica) delle relative pubblicazioni”.
Da quanto sopra emerge come, in assenza di altre circostanze – non dedotte in giudizio – la suddetta attività amministrativa, già stigmatizzata in sede giurisdizionale, si ponga, secondo l’id quod plerumque accidit, come fonte del danno ingiusto lamentato dal ricorrente.
9.3.3. In merito alla quantificazione del danno, osserva il Collegio che è consolidata la regola per cui il risarcimento del danno non può corrispondere all’integrale importo delle retribuzioni.
“La giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito che nelle ipotesi di omessa o ritardata assunzione, il danno risarcibile per equivalente non si identifica nella mancata erogazione della integrale retribuzione e della relativa contribuzione, non potendo non tenersi conto del fatto che per il periodo di mancata assunzione la parte ricorrente non ha dovuto impegnare le proprie energie nell’esclusivo interesse dell’amministrazione, ma ha potuto rivolgerle alla cura di ogni altro interesse, sia sul piano lavorativo che del perfezionamento culturale e professionale (Consiglio di Stato, Sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8020; Sez. VI^, 29 ottobre 2008 n. 5413; Sez. V, 25 luglio 2006 n. 4645)” (TAR Napoli, sez. III, sentenza n. 6098 del 18 ottobre 2018; sez. V, sentenza n. 1348 dell’1 marzo 2018).
Si è ritenuto, infatti, che il diritto alla retribuzione, in forza della natura strettamente sinallagmatica del contratto di lavoro, presuppone necessariamente l’avvenuto svolgimento dell’attività di servizio e che la piena reintegrazione del patrimonio del lavoratore deve reputarsi ammissibile solo in caso di illegittima interruzione di un rapporto di lavoro già in essere, ma non anche nel caso di illegittimo ritardo nella costituzione del rapporto di impiego stesso in quanto, in tale seconda fattispecie, spetta all’interessato solo il riconoscimento della medesima decorrenza ai fini giuridici attribuita a quanti siano stati nella medesima procedura nominati tempestivamente (TAR Salerno, sez. II, sentenza n. 206 del 26 gennaio 2015).
Tanto premesso, la pretesa del ricorrente – che chiede a titolo di risarcimento del danno le somme corrispondenti alle mensilità non percepite dal 15 gennaio 1999 fino alla data dell’assunzione – deve essere ridimensionata, alla luce della consolidata giurisprudenza sul punto, che afferma che non può trovare accoglimento una richiesta di commisurare il danno all’intero ammontare delle retribuzioni non percepite, a partire dalla data della mancata assunzione a quella dell’effettivo collocamento in servizio.
Il danno risarcibile può essere, quindi, quantificato equitativamente, in applicazione del combinato disposto degli artt. 2056, co. 1 e 2, e 1226 c.c., in una somma pari al 50 % delle retribuzioni che sarebbero state corrisposte al ricorrente nel periodo decorrente dalla data della mancata assunzione a quella dell’effettivo collocamento in servizio, con esclusione della parte variabile della retribuzione relativa alle funzioni e con esclusione di quanto, a qualsiasi titolo, percepito dall’interessato nel medesimo periodo per attività lavorative, che andrà appositamente accertato dalla amministrazione.
Le somme così determinate andranno incrementate della rivalutazione monetaria e degli interessi compensativi al tasso legale, questi ultimi nella misura eccedente il danno da svalutazione, da calcolarsi a partire dalla data di pubblicazione della sentenza.
9.4. Nulla va, invece, riconosciuto al ricorrente per il danno curricolare e per il danno morale e/o esistenziale atteso che nessuna prova viene fornita in tal senso.
10. Alla luce di tutto quanto sopra, il ricorso va parzialmente accolto e, per l’effetto, l’amministrazione resistente va condannata al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, delle somme risultanti dall’applicazione dei criteri sopra indicati.
Ai fini della quantificazione del suddetto risarcimento, il Collegio ritiene, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., di dover assegnare all’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria un termine di novanta giorni, decorrente dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, per proporre al dott. [#OMISSIS#] Amoddeo un’offerta risarcitoria formulata alla luce dei criteri di cui al § 9.3.3.
11. Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti, in considerazione della parziale soccombenza nonché della peculiarità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte nei termini di cui in motivazione e per l’effetto:
– dichiara il diritto del ricorrente ad ottenere, dalla resistente Università, il risarcimento dei danni conseguenti alla sua ritardata nomina nel ruolo dei ricercatori non confermati;
– condanna l’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria al risarcimento, in favore del dott. [#OMISSIS#] Amoddeo, del danno conseguente alla sua ritardata nomina nel ruolo di ricercatori non confermati, nella misura che sarà liquidata con il metodo di cui all’art. 34, comma 4, c.p.a. ed i criteri indicati in motivazione;
– rigetta per il resto.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario, Estensore
[#OMISSIS#] De Col, Referendario
 Pubblicato il 29/05/2019