In una procedura per la conferma in ruolo dei ricercatori, se pur è vero che il parere della facoltà, anche se positivo, non vincola la commissione nazionale giudicatrice, è altrettanto vero che la stessa può disattenderlo solo con una motivazione che dia adeguatamente conto della valutazione effettuata in ordine ai titoli scientifici complessivi presentati ed alla attività didattica.
TAR Campania, Napoli, Sez. II, 18 aprile 2018, n. 2523
Ricercatore non confermato-Parere Consiglio facoltà-Obbligo motivazione commissione nazionale giudicatrice
N. 02523/2018 REG.PROV.COLL.
N. 02501/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2501 del 2017, proposto da [#OMISSIS#] Tirelli, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Mastrantuono e [#OMISSIS#] Roma, con domicilio eletto presso lo studio dei medesimi in Napoli, via Crispi, n. 27;
contro
il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e l’Università degli Studi della Campania [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Napoli, in persona dei rispettivi legali rappresentati pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale di Napoli, domiciliataria per legge alla via [#OMISSIS#] Diaz, n. 11;
la Commissione nazionale giudicatrice per la conferma in ruolo dei ricercatori, gruppo IUS/10-diritto amministrativo, nominata con atto ministeriale n. 636 del 12.2.2010, in persona del presidente pro tempore, non costituita in giudizio;
la Commissione nazionale giudicatrice per la conferma in ruolo dei ricercatori, per il triennio 2011-2014, gruppo IUS/10-diritto amministrativo, in persona del presidente pro tempore, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
a) del giudizio di non idoneità del ricorrente alla conferma nel ruolo di ricercatore universitario per il settore scientifico disciplinare IUS/10 “Diritto Amministrativo” presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi della Campania “[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]”, espresso in data 20 dicembre 2016, con riunione per via telematica della Commissione giudicatrice per la conferma in ruolo nominata con determina ministeriale prot. n. 636/G.I. del 12/02/2010, acquisito al protocollo dell’Università degli Studi della Campania “[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” con nota n. 157863 in data 29/12/2016 e e di cui il ricorrente è venuto a conoscenza in data 23.3.2017 a seguito di accesso agli atti;
b) della nota dell’Università degli Studi della Campania “[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” prot. n. 46493 del 15.03.2017 notificata al ricorrente in data 21.03.2017 con la quale si è preso atto della mancata conferma a ricercatore e si comunica che con DR n. 178 del 13.03.2017, è stato concesso un biennio di proroga utile ai fini della conferma in ruolo, a decorrere dal 01.10.2011 e fino al 30.09.2013;
c) del DR n. 178 del 13.03.2017 prot. n. 45068 con il quale è riconosciuto un biennio di proroga utile ai fini della conferma in ruolo, a decorrere dal 01.10.2011 e fino al 30.09.2013;
d) di ogni altro atto presupposto, connesso ovvero consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi della Campania [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2018 la dott.ssa [#OMISSIS#] Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Dott. [#OMISSIS#] Tirelli ha preso servizio, con decorrenza 1.10.2008, quale ricercatore di diritto amministrativo presso la Facoltà di Economia della Seconda Università degli Studi di Napoli (ora Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi della Campania “[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]), essendo risultato vincitore risultato vincitore della procedura di valutazione comparativa indetta con D.R. n. 1299 del 7.5.2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4^ serie speciale – n. 39 del 18.5.2007.
Decorso il triennio dall’immissione in ruolo, in data 16 novembre 2011, il Dott. Tirelli ha sottoposto al Consiglio di Facoltà (ora Consiglio di Dipartimento) la relazione triennale sull’attività svolta, ai fini della conferma nel ruolo di ricercatore nel predetto settore disciplinare; in esito alla relativa seduta, il Consiglio ha approvato “all’unanimità l’attività svolta, esprimendo parere, ampiamente favorevole, alla conferma nel ruolo di ricercatore universitario, compiacendosi per l’attività didattica e di ricerca svolta”.
La suddetta documentazione è stata trasmessa nel dicembre 2011 alla Commissione Nazionale, nominata dal Ministero con atto prot. n. 636/G.I. del 12/02/2010.
In esito alla riunione telematica del 20 dicembre 2016, la Commissione Nazionale si è espressa negativamente in merito alla conferma in ruolo del Dott. Tirelli e tale giudizio negativo è stato comunicato all’Ateneo con nota acquisita al prot. n. 157863 del 29/12/2016.
Successivamente, in data 21 marzo 2017, l’Ateneo ha comunicato al Dott. Tirelli, con atto prot. n. 46493 del 15.03.2017, che con D.R. n. 178 del 13.03.2017, è stata disposta la concessione di un biennio di proroga utile ai fini della conferma in ruolo, a decorrere dal 01.10.2011 e fino al 30.09.2013.
Avverso il giudizio negativo espresso a maggioranza dalla Commissione nazionale e gli altri atti in epigrafe indicati il Dott. [#OMISSIS#] Tirelli ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, censurando vizi di violazione di legge ed eccesso di potere in relazione a diverse figure sintomatiche. La difesa di parte ricorrente, in particolare, previa illustrazione della disciplina normativa di riferimento, ha contestato la legittimità dell’operato della Commissione nazionale – la quale ha espresso un giudizio sulla qualità e la capacità di ricerca del ricorrente e non sull’attività svolta – giacché la conferma tende ad accertare unicamente che il ricercatore universitario, nel triennio, abbia effettivamente svolto ed espletato l’attività scientifica e didattica, senza consentire una riedizione delle valutazioni già svolte nell’ambito della procedura comparativa alla base dell’immissione in ruolo. In tale quadro, parte ricorrente ha anche censurato la valutazione di pertinenza solo parziale dell’attività didattica espletata nel triennio di riferimento ed i rilievi formulati quanto alla produzione scientifica, sul piano sia contenutistico che quantitativo, lamentando la lacunosità dell’istruttoria, e la contraddittorietà e carenza di motivazione, nonché, rilevato, con riguardo ai profili correlati alla collocazione editoriale delle pubblicazioni evidenziati da uno dei commissari, che all’epoca in cui è avvenuta la pubblicazione (2010-2011) non era in vigore la classificazione delle riviste scientifiche in fasce di merito. A fronte, inoltre, del parere ampiamente e pienamente positivo espresso dal Consiglio di Facoltà, la Commissione avrebbe dovuto profondere un adeguato sforzo motivazionale, evidenziando puntualmente le ragioni alla base dell’apprezzamento negativo formulato e ciò anche alla luce dei parametri di valutazione utilizzati con riguardo ad altri ricercatori.
Il secondo motivo di ricorso si appunta sulla violazione della procedura posta in essere, alla luce della disciplina di riferimento, con particolare riguardo al lungo tempo decorso tra la trasmissione degli atti nel dicembre 2011 alla Commissione ed il giudizio espresso da quest’ultima solo nel dicembre 2016, nonché all’adozione, nel marzo 2017, di un decreto rettorale che ha disposto la concessione di un biennio di proroga (dal 01.10.2011 e fino al 30.09.2013) già decorso al momento dell’emanazione del decreto medesimo, con dirette e gravi ricadute sull’interesse del ricorrente, il quale è a tuttora affidatario dei corsi di Istituzioni di Diritto Pubblico e Diritto Amministrativo.
A sostegno delle proprie deduzioni parte ricorrente ha prodotto ampia documentazione, incluso un parere pro veritate a firma del Prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e l’Università degli Studi della Campania [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Napoli si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame con atto di mera forma, provvedendo alla produzione di documentazione, tra cui, in data 8 settembre 2017, una relazione del Ministero datata 7 settembre 2017, n. prot. 10495 ed una relazione a firma del Presidente della Commissione nazionale del 4 settembre 2017, inclusiva di allegati.
Con ordinanza n. 1285 del 13 settembre 2017, questa Sezione ha disposto la sollecita definizione del ricorso nel merito, ex art. 55, comma 10 c.p.a., tenuto conto anche del rapporto ancora in corso del ricorrente con l’Università resistente e dello svolgimento del secondo giudizio ai sensi dell’art. 31, del d.P.R. n. 382 del 1980; con la medesima ordinanza, inoltre, unitamente ad un motivato apprezzamento negativo circa i giustificativi del ritardo con il quale la Commissione nazionale ha espresso il proprio giudizio (illustrati nella sopra indicata relazione del 4 settembre 2017), la Sezione ha disposto incombenti istruttori, ordinando al Ministero resistente la produzione di documenti e documentazione.
Alla suddetta ordinanza il Ministero non ha dato alcuna esecuzione.
Successivamente, la difesa di parte ricorrente ha prodotto ulteriore memoria e documenti, ribadendo la deduzioni già articolate.
All’udienza pubblica del 20 marzo 2018 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
2. Il Collegio reputa opportune talune preliminari considerazioni al fine del corretto inquadramento della controversia oggetto del presente giudizio.
2.1. La categoria dei ricercatori di ruolo, introdotta dal d.P.R. n. 382 del 1980 e, allo stato, in esaurimento (con la l. n. 230 del 2005 e, poi, con la l. n. 240 del 2010, infatti, è stato precluso alle università, a far data dal 2013, di programmare il reclutamento di tale risorsa) è stata oggetto di diversi interventi normativi ( l. n. 158 del 1987, l. n. 168 del 1989, l. n. 210 del 1998, l. n. 4 del 1999, d.l. n. 180 del 2008 convertito in l. n. 1 del 2009, l. n. 240 del 2010) con i quali è stata definita la relativa procedura di reclutamento, nonché prerogative e status, con una netta distinzione tra i ricercatori immensi in ruolo e quelli confermati in esito alla positiva valutazione espressa dalla commissione nazionale ai sensi dell’art. 31 del sopra indicato testo normativo a conclusione del triennio dall’immissione in ruolo.
2.2. L’art. 31 del d.P.R. n. 382 del 1980, in particolare, àncora alla decorrenza del triennio dall’immissione in ruolo l’avvio della procedura avente ad oggetto la conferma in ruolo del ricercatore; se la procedura si conclude con esito favorevole il ricercatore viene, dunque, confermato in ruolo (con inclusione nella dotazione organica di cui all’art. 30 del medesimo testo normativo), con una serie di conseguenze sul piano della stabilizzazione del rapporto con l’ateneo e delle facoltà riconosciute, tra le quali, a titolo esemplificativo, la possibilità di optare per il regime di lavoro a tempo definito (ove, per contro, nella fase antecedente è previsto solo il rapporto di lavoro a tempo pieno) e l’accesso diretto ai fondi per la ricerca scientifica; le limitazioni allo svolgimento delle attività didattiche integrative originariamente previste per i ricercatori nel primo triennio di attività sono, invece, progressivamente venute meno, in conseguenza dell’aumento del fabbisogno di risorse umane scollegato da un proporzionale aumento delle risorse finanziarie necessarie al reclutamento.
2.3. Ove, invece, il giudizio di conferma si concluda con esito negativo, il ricercatore “può” essere rivalutato, una sola volta, decorso un biennio e se anche tale secondo giudizio è negativo “il ricercatore cessa di appartenere al ruolo”, con possibilità di avvalersi, a domanda, del passaggio ad altra amministrazione.
2.4. Sebbene non sia fissato in termini rigidi dalla normativa di riferimento un termine perentorio entro il quale la commissione nazionale deve esprimere il proprio giudizio, l’impianto definito dalla disciplina sopra richiamata impone che tale attività debba comunque essere svolta entro un termine ragionevole e, comunque, congruo ad assicurare il rispetto degli interessi pubblici e privati implicati, conformemente alla ratio sottesa alla previsione sopra richiamata.
2.5. In questa prospettiva, peraltro, la disposizione stabilisce che l’oggetto della valutazione è incentrato sull’ “l’attività scientifica e didattica integrativa svolta dal ricercatore nel triennio” e che tale giudizio deve essere svolto “anche sulla base di una motivata relazione del Consiglio di facoltà o del dipartimento”.
2.6. Sul punto, l’univoco orientamento della giurisprudenza, integralmente condiviso dal Collegio, ha avuto modo di chiarire che il giudizio di conferma non si sostanza nella rinnovazione delle valutazioni espresse a suo tempo dalla commissione di concorso, essendo finalizzato a verificare l’idoneità del ricercatore alla successiva attività che aspira a svolgere; in altri termini, ciò che la commissione nazionale è tenuta a valutare è il modo in cui sono stati adempiuti i doveri del ricercatore nel triennio successivo alla nomina, sia con riguardo all’attività scientifica sia con riferimento a quella di didattica integrativa (cfr., ex multis, TAR Campania, Napoli, n. 3849 del 2008; TAR Umbria, n.8 del 2013).
2.7. Sempre sul piano generale, il Collegio ritiene di rimarcare che se è vero che senza un positivo apprezzamento dell’attività didattico scientifica la conferma in ruolo non può essere conseguita e che il giudizio della commissione ha carattere tecnico discrezionale, per cui sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, nondimeno quest’ultimo ha il potere dovere di valutare se questo giudizio sia stato correttamente espresso attraverso un controllo estrinseco, che consideri la completezza della istruttoria e l’adeguatezza della motivazione. La discrezionalità non gode, infatti, di uno statuto peculiare di impermeabilità al sindacato del giudice, ma va verificata in relazione alla natura del giudizio tecnico espresso, in primis, attraverso il riscontro della congruenza e logicità della motivazione.
2.8. Anche in ipotesi di valutazioni complesse come quella in esame, dunque, la impugnativa del giudizio della commissione (esclusa la possibilità di rinnovamento della valutazione in sede giurisdizionale, diversamente trasmodandosi nella sfera del merito amministrativo, non sindacabile in sede di legittimità) conduce ad una valorizzazione, proprio in ragione del particolare grado di soggettività ed irripetibilità del giudizio espresso dalla commissione, del riscontro della sufficienza ed adeguatezza dell’elemento estrinseco della motivazione cui si associa l’esaustività della istruttoria svolta.
3. Nella fattispecie, meritano accoglimento le deduzioni con le quali è stata censurata la violazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 382 del 1980, nonché lamentata la carenza di istruttoria e di motivazione.
3.1. Dalla documentazione versata in atti, infatti, emerge che il consiglio di facoltà aveva espresso nel 2011 giudizi ampiamente positivi sulla attività del ricorrente: come esposto nella narrativa in fatto, il Consiglio ha approvato “all’unanimità l’attività svolta, esprimendo parere, ampiamente favorevole, alla conferma nel ruolo di ricercatore universitario, compiacendosi per l’attività didattica e di ricerca svolta”.
3.2. Se invero il parere della facoltà, pur se positivo, non vincola la commissione, la stessa può disattenderlo solo con una motivazione che dia adeguatamente conto della valutazione effettuata in ordine ai titoli scientifici complessivi presentati ed alla attività didattica. Alla stregua di tali considerazioni, è proprio un’adeguata motivazione in ordine a tali aspetti che si presenta carente nel giudizio della commissione, la quale non ha dato esaustivamente conto delle ragioni per cui ha inteso discostarsi dal giudizio ampiamente positivo della facoltà.
3.3. La commissione nazionale, nel caso che ne occupa, non ha tenuto concretamente conto del parere inserito nella struttura del procedimento de quo a mente dell’art. 31 DPR 382/1980, nel quale è stata evidenziata l’attività didattica e scientifica svolta, “con la partecipazione a numerosi convegni e seminari, molti dei quali internazionali”, sottolineata l’intensità anche dell’attività di ricerca, con l’indicazione delle specifiche tematiche oggetto di approfondimento, affermata la significatività delle pubblicazioni prodotte e rimarcata la produttività scientifica.
3.4. E, invero, il giudizio collegiale – espresso, si ribadisce, a maggioranza e non all’unanimità – si limita alla formulazione di un dissenso in relazione a quel parere quanto ad afferenza dell’attività didattica ed all’adeguatezza di quella scientifica senza, tuttavia, esplicitare i parametri in relazione ai quali tale dissenso è stato espresso e le lacune riscontrate non sono superate neanche in esito all’esame dei due giudizi individuali negativi, tenuto conto della circostanza che (in disparte il componente della commissione che si è espresso in favore della conferma in ruolo del ricorrente): uno dei commissari ha espresso rilievi sull’attività didattica solo quanto al primo anno del triennio, il quale, invece – fermo quanto si andrà ad ulteriormente considerare nei successivi capi della presente pronuncia – avrebbe dovuto essere considerato nella sua integralità e nel complesso; le locuzioni utilizzate si risolvono in affermazioni apodittiche e generiche, senza alcuna indicazione in merito alle ragioni per le quali le pubblicazioni “seppure frutto di indagini scientifiche meritevoli” siano “apparse” carenti sul piano della “trattazione e dell’inquadramento degli istituti di carattere generale”; non sono stati in alcun modo esplicitati i parametri di valutazione della produttività scientifica, per contro sostenuta e valorizzata nel parere del Consiglio di Facoltà.
3.5. Quanto sopra esposto consente di concludere per l’illegittimità del giudizio impugnato e ciò anche a prescindere dal parere pro veritate prodotto dalla difesa di parte ricorrente che pure presenta una convergenza rispetto alle valutazioni espresse dal Consiglio di facoltà, al giudizio individuale del componente della commissione nazionale che si è espresso in senso favorevole alla conferma del ricorrente, alle altre evidenze documentali in atti.
4. Vi sono, tuttavia, ulteriori profili, pure dedotti dalla difesa di parte ricorrente, che concorrono ad affermare la fondatezza del ricorso.
4.1. Si è già evidenziato che manca nella disciplina di riferimento la fissazione di un termine perentorio per la conclusione dei lavori della commissione nazionale e si è pure sottolineata la rilevanza che tale valutazione avvenga, comunque, entro un termine congruo.
4.2. Il Collegio non può che stigmatizzare il gravissimo ritardo con il quale la commissione nazionale ha espresso il proprio giudizio negativo, determinando un vistoso stravolgimento dell’applicazione della normativa di riferimento, con implicazioni abnormi se solo si considera (come già evidenziato nell’ordinanza n. 1285 del 13 settembre 2017, alla quale, peraltro, il Ministero non ha neanche dato ottemperanza quanto all’ordine di produzione documentale impartito) che dal 2008 il ricorrente presta servizio presso l’ateneo in qualità di ricercatore non confermato.
4.3. Esulano dalla presente controversia eventuali profili correlati alle conseguenze scaturite da una inerzia della commissione protrattasi per ben cinque anni, rispetto alla quale non è irrilevante neanche il concorso del ricorrente, il quale ben avrebbe potuto attivarsi, con gli strumenti offerti dall’ordinamento, per il suo superamento. Il Collegio ritiene, comunque, di ribadire che alcun positivo apprezzamento può essere riconnesso ai giustificativi (addotti dal Presidente della commissione nella relazione prodotta in giudizio dalla difesa erariale in data 8 settembre 2017) del grave ritardo con il quale la commissione nazionale ha espresso il proprio giudizio in merito all’attività svolta dal ricorrente nel triennio 2008 – 2011, sia in quanto l’interessato non ha formulato alcuna richiesta di sospensione delle attività della Commissione, sia in quanto, la sospensione non risulta dal verbale della commissione (dal quale emerge lo svolgimento di un’unica seduta telematica in data 20 dicembre 2016, protrattasi per 20 minuti: dalle ore 16.50 alle ore 17.10), sia quanto, anche ove una simile richiesta fosse stata formulata (il che- si ribadisce- non emerge in atti), la stessa non avrebbe potuto trovare accoglimento, tenuto conto dell’impianto nel quale il giudizio di conferma si inserisce, per come delineato dalla disciplina di riferimento.
4.4. Esclusa l’incidenza della violazione di un termine congruo e ragionevole di conclusione dell’attività della commissione nazionale sulla legittimità del giudizio da questa espresso (nel senso che il pure gravissimo ritardo non determina, di per sé, l’illegittimità del giudizio, ferma la suscettibilità di un rilievo sotto altri profili che esorbitano del tutto dall’ambito di cognizione del giudice amministrativo), non può revocarsi in dubbio che la circostanza che il giudizio di conferma in ruolo non sia stato tempestivamente concluso – determinando la prosecuzione da parte del ricorrente delle attività scientifiche e didattiche nel periodo successivo (ed anche allo stato) – avrebbe dovuto indurre allo svolgimento di ulteriori approfondimenti: tanto in base ad un principio generale di ragionevolezza e di coerenza dell’azione amministrativa. La commissione nazionale, organo straordinario del Ministero, in applicazione di generali principi cui deve conformarsi l’azione amministrativa e tenuto conto dell’incidenza degli effetti del proprio operato sull’ateneo, nel momento in cui, a distanza di ben cinque anni dalla ricezione degli atti, si è determinata a svolgere la propria attività a seguito di due solleciti dell’ateneo (cfr. nota prot. n. 2498 del 23 gennaio 2013 e nota prot. n. 132257 del 27 ottobre 2016, prodotte in atti), tanto più nella considerazione di una asserita (e indimostrata) sospensione della valutazione della posizione del Dott. Tirelli in ragione della “attesa” trasmissione della monografia in corso di redazione nel 2011 e conclusa (per stessa attestazione del Presidente della commissione) nel 2013, avrebbe dovuto quanto meno attivarsi, con doveroso approccio collaborativo, al fine di rendere esaustivo il giudizio, investendo della questione lo stesso Ministero, per eventuali profili connessi al termine di scadenza della commissione medesima (questione, questa, genericamente prospettata nella memoria depositata dalla difesa di parte ricorrente in data 15 febbraio 2018 e che non ha costituto, comunque, oggetto di tempestiva censura).
5. In tale quadro, non meno stigmatizzabile è l’operato dell’ateneo, in specie tenuto conto che, come correttamente rilevato dalla difesa di parte ricorrente, il biennio di proroga non opera automaticamente ma costituisce una facoltà che spetta allo stesso ateneo riconoscere ed il giudizio negativo avrebbe dovuto essere comunicato all’interessato prima della decorrenza del biennio successivo oggetto della seconda valutazione che, secondo quanto affermato dal ricorrente e non contestato dalle controparti, non è stata neanche avviata (il Ministero, infatti, non ha, come sopra più volte rimarcato, fornito alcun riscontro in relazione alle richieste formulate con l’ordinanza collegiale n. 1285 del 13 settembre 2017). E’ del tutto evidente, infatti, che la possibilità della ripetizione del giudizio (“può essere ripetuto”, nella formulazione dell’art. 31) è funzionale, nel sistema delineato dalla normativa di riferimento, a consentire al ricercatore di colmare le eventuali lacune riscontrate che, sul piano logico prima ancora che giuridico, devono essere dal medesimo conosciute ed apprezzate in modo da poter meglio orientare il proprio operato; ciò a maggior ragione nel caso in cui, come nella fattispecie, il giudizio negativo sia seguito (sia pure a distanza di ben cinque anni) ad una valutazione ampiamente positiva del consiglio di facoltà, il quale si è finanche compiaciuto per l’attività didattica e di ricerca svolta dal Dott. Tirelli.
6. In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso va accolto, con assorbimento delle residue censure, e per l’effetto gli atti impugnati vanno annullati.
7. Il Collegio valuta, inoltre, opportuna la trasmissione di copia della presente sentenza, dell’ordinanza collegiale n. 1285 del 13 settembre 2017, del ricorso e relativi allegati, degli altri atti difensivi di parte ricorrente, degli atti di costituzione del Ministero e dell’Ateneo resistenti e relativi allegati alla Procura Regionale della Corte dei Conti del Lazio per gli eventuali seguiti di competenza, tenuto conto dei possibili profili di rilevanza contabile correlati alla protrazione del rapporto lavorativo del ricorrente con l’ateneo senza soluzione di continuità successivamente alla decorrenza del triennio di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 ed ai riflessi sul piano dell’incremento degli oneri della inoperosità delle amministrazioni coinvolte anche successivamente all’ordinanza collegiale n. 1285 del 13 settembre 2017.
8. La presente decisione e l’ordinanza collegiale n. 1285 del 13 settembre 2017 verranno trasmessi anche all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), per quanto di possibile interesse, segnatamente ai fini della predisposizione del piano nazionale il cui aggiornamento, approvato con delibera n. 1208 del 22 novembre 2017, reca una specifica sezione dedicata alle “istituzioni universitarie”, nella prospettiva di orientare, anche in assenza di vincolatività, verso un rafforzamento delle garanzie di regolarità e legittimità dell’azione amministrativa in un settore di primario rilievo strategico.
9. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in favore di parte ricorrente e, per essa, del procuratore dichiaratosi antistatario (Avv. [#OMISSIS#] Mastrantuono).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
Condanna il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e l’Università degli Studi della Campania [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Napoli al pagamento delle spese di lite in favore del ricorrente e, per esso, del procuratore dichiaratosi antistatario (Avv. [#OMISSIS#] Mastrantuono), liquidandole complessivamente in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri di legge.
Manda alla Segreteria della Sezione la trasmissione alla Procura Regionale della Corte dei Conti del Lazio dei seguenti atti:
la presente decisione;
l’ordinanza collegiale n. 1285 del 13 settembre 2017;
il ricorso e relativi allegati e gli altri atti difensivi di parte ricorrente;
gli atti di costituzione del Ministero e dell’Ateneo resistenti e relativi allegati.
Manda alla Segreteria della Sezione la trasmissione all’Autorità nazionale anticorruzione della presente decisione e dell’ordinanza collegiale n. 1285 del 13 settembre 2017.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Bruno, Consigliere, Estensore
Pubblicato il 18/04/2018