TAR Campania, Napoli, Sez. II,  21 maggio 2019, n. 2663

Procedura concorsuale per copertura posto Ricercatore-Procedimento

Data Documento: 2019-05-21
Area: Giurisprudenza
Massima

aver conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale non dà luogo al diritto ad essere sottoposto alla valutazione di cui ai commi 5 e 6 della citata Legge n.240/2010, ma costituisce esclusivamente requisito per poter partecipare alle procedure di chiamata di professori di prima e di seconda fascia, laddove i ricorrenti già rivestono il ruolo di professori di II fascia. Agli Atenei è rimessa la facoltà, nei limiti temporali e finanziari per l’attivazione della procedura di chiamata, di azionare detto iter nell’ambito delle politiche programmatiche e sulla base delle esigenze didattiche e di ricerca; atteso che la chiamata dei professori di prima e seconda fascia è stata disciplinata dalla resistente Università con Regolamento emanato con D.R. n.778/2015 modificato dal D.R. n.912/2017, sarebbe semmai stato onere dei ricorrenti gravare di impugnazione gli atti di programmazione e le delibere a mezzo dei quali si sono concretizzate le scelte quanto a reclutamento e fabbisogni nei singoli Dipartimenti, individuandosi all’interno di questi ultimi quanti posti dovessero essere ricoperti nei singoli settori. Contrariamente a quanto dedotto in ricorso, la disciplina dettata per i ricercatori di cd. tipologia b) nella parte in cui si differenzia da quella relativa agli associati ha una sua ratio ed è non solo ragionevole ma anche del tutto coerente con lo spirito della Legge n.240/2010, che è a sua volta immune dalla denunciata contrarietà ai valori costituzionali, anche interposti, invocati dai ricorrenti, e ciò perché mentre gli associati possono vantare un rapporto a tempo indeterminato, i ricercatori in questione non potrebbero diversamente mai ottenere una stabilizzazione e, del resto, già con la “Legge-Moratti” era stata eliminata la categoria dei ricercatori a tempo indeterminato.

Contenuto sentenza

N. 02663/2019 REG.PROV.COLL.
N. 02417/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2417 del 2018 proposto dai Sigg. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e De [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentati e difesi dagli avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi della Campania “[#OMISSIS#] Vanivitelli” in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliata ope legis presso gli Uffici in Napoli, Via A. [#OMISSIS#] n.11;
per l’annullamento
previa sospensione, delle note n.57782 e n.57607 del 12/4/2018 di negazione ai ricorrenti della possibilità di essere sottoposti a valutazione di cui all’art.24, co.5 e 6 della Legge n.240/2010.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato con deposito di documentazione;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato Relatore all’udienza pubblica del giorno 5 marzo 2019 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e ivi uditi gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Espongono in fatto i ricorrenti di essere, il Prof. [#OMISSIS#], professore associato MED/08 Anatomia Patologica, avendo conseguito il 7/1/2014 abilitazione scientifica nazionale di I^ fascia, mentre il Prof. De [#OMISSIS#] è professore associato BIO/01, avendo conseguito il 28/1/2014 abilitazione scientifica nazionale di I^ fascia. Rispettivamente in data 14 e 15 marzo 2018 indirizzavano all’Ateneo di applicazione istanza per essere sottoposti a valutazione ex art.24, co.5, legge n.240/2010; le note impugnate rigettavano tali richieste perché aver conseguito l’abilitazione scientifica nazionale non darebbe luogo al diritto alla valutazione ex art.24, co.5 e 6. della Legge n.240/2010, ciò in quanto ex art.16 costituirebbe solo requisito per partecipare a procedure di chiamata di I e II fascia, mentre chi è già Professore di II fascia non potrebbe essere sottoposto a procedura di valutazione per come finalizzata esclusivamente a ricercatori a tempo determinato di tipologia B che abbiano conseguito abilitazione scientifica nazionale per professori di II fascia.
L’Avvocatura Distrettuale si è costituita deducendo che gli Atenei nel rispetto dei limiti temporali e finanziari hanno la facoltà, ma non l’obbligo di attivare le procedure di chiamata nell’ambito delle politiche programmatiche e sulla base delle esigenze didattiche e di ricerca.
Alla udienza pubblica del 5 marzo 2019 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione come da verbale.
DIRITTO
1.Con il ricorso in esame parte ricorrente deduce la violazione degli artt.2, 3, 4, 9, 33, 35 e 97 Cost, dell’Accordo quadro di cui alle Direttive 1999/70 e 2000/78, del DM n.76/12 e del DM 120/16, dell’art.24, co.6 della Legge n.240/10, nonché l’unitarietà della funzione di docente e l’identità di mansioni;
2. Il Collegio, prescindendo dal possibile profilo di inammissibilità di cui alla annotazione a verbale di udienza di possibile applicazione dell’art.73 c.p.a., ritiene che il ricorso in oggetto sia infondato per le ragioni di seguito indicate.
2.1 In via preliminare, come peraltro osservato dalla giurisprudenza (TAR [#OMISSIS#], I, 20.1.2016, n.35), la legge n. 240/2010 ha introdotto un nuovo sistema di progressione in carriera, prevedendo per l’inquadramento [#OMISSIS#] posizione di professore di prima o seconda fascia una procedura che si articola in due momenti: il conseguimento di una idoneità o abilitazione, valida per un periodo di tempo limitato ed efficace rispetto a qualsiasi università italiana (cfr. art. 16), cui segue la fase della scelta, attraverso la chiamata dell’idoneo/abilitato da parte della singola Università.
Infatti l’art. 16 prescrive – quale requisito necessario per l’accesso alle qualifiche non iniziali della docenza universitaria – il conseguimento di una “abilitazione scientifica nazionale”, che ha durata di sei anni e presuppone il superamento di una procedura selettiva aperta a tutti (ancorché senza limitazione del numero delle abilitazioni conseguibili). Il conseguimento dell’abilitazione, come chiarisce espressamente la legge (cfr. art. 16, comma 4) non “dà alcun diritto al reclutamento in ruolo o alla promozione presso un’università al di fuori delle procedure previste dagli artt. 18 e 24, commi 5 e 6”.
2.2 Per il reclutamento ciascuna Università deve poi attivare un’ulteriore procedura di chiamata, scegliendo tra quella di cui all’art. 18, aperta alla partecipazione degli “studiosi in possesso dell’abilitazione per il settore concorsuale”, anche se siano in servizio presso un’università diversa da quella che procede alla chiamata o anche se non prestino affatto servizio presso alcuna università, ovvero quella dell’art. 24, commi 5 e 6, riservata a docenti che, oltre ad essere in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale, siano anche interni, cioè già in servizio presso l’università che procede alla chiamata. Il comma 5 dell’art. 24 riguarda, in particolare, il passaggio nel ruolo di professore associato del ricercatore a tempo determinato; il comma 6 il passaggio nei ruoli di professore di prima e di seconda fascia, rispettivamente, dei professori di seconda fascia e dei ricercatori a tempo indeterminato.
Quest'[#OMISSIS#] disposizione (ovvero il comma 6) si applica in via transitoria nei sei anni successivi all’entrata in vigore della legge n. 240/2010 e, a tal fine, “le Università possono utilizzare fino alla metà delle risorse equivalenti a quelle necessarie per coprire i posti disponibili di professore di ruolo”.
2.3 Ne discende che, in base all’attuale sistema normativo, le Università possono coprire i posti vacanti utilizzando, per un minimo della metà dei posti disponibili, procedure di chiamata aperte a tutti i soggetti in possesso dell’abilitazione scientifica (art. 18) e, per un [#OMISSIS#] della metà dei posti disponibili, procedure di chiamata riservate ai docenti in servizio che abbiano comunque conseguito l’abilitazione (art. 24). Va evidenziato che, dal combinato disposto dei commi 5 e 6 comma dell’art. 24, emerge che la chiamata degli interni è di carattere diretto, senza la necessità dell’espletamento di alcuna procedura selettiva di tipo comparativo, poiché viene prescelto un soggetto che è sottoposto a valutazione individuale di idoneità e, quindi, nominato all’esito del positivo superamento della procedura valutativa.
3. Ora, con riguardo specifico alla materia di cui alla presente controversia, il Legislatore ha inteso affidare alla autonomia regolamentare dell’Università la disciplina delle diverse fattispecie comprese [#OMISSIS#] previsione dell’art. 24, comma 6, tra le quali deve ritenersi ricompreso anche il [#OMISSIS#] della presenza di due o più candidati, come è dato desumere dal rinvio contenuto nel comma 5 ad un “apposito regolamento d’ateneo” (cfr. T.A.R. [#OMISSIS#] n. 35/2016 cit.).
In maniera chiara si è poi precisato (T.A.R. Lazio, Roma, III, 13.12.2017, n.12310) che, sebbene la [#OMISSIS#] di legge primaria consenta la partecipazione alla procedura di chiamata di cui all’art. 24, commi 5 e 6, in linea teorica a qualsiasi ricercatore a tempo indeterminato in possesso di ASN [#OMISSIS#] specifico settore di interesse, è anche vero che, a fronte della necessaria programmazione triennale del fabbisogno e della richiesta di copertura di un posto col passaggio da ricercatore a tempo indeterminato a professore associato da parte di un Dipartimento, la possibilità di sottrarre tale “forza lavoro” da altri Dipartimenti, diversi da quello “proponente”, deve rispondere comunque ad una previa volontà dell’Ateneo.
3.1 Questa stessa Sezione (31.3.2017, n.1746) ha sottolineato che l’operato del Consiglio di Dipartimento in merito alle scelte programmatorie appare perfettamente in linea con i principi generali in tema di programmazione del personale nelle pubbliche amministrazioni, i quali richiedono che i bisogni assunzionali siano determinati in funzione delle criticità presenti in ambito organizzativo e delle esigenze di buon andamento degli uffici, e giammai in ragione delle aspettative di carriera del personale interno, pena la violazione dei fondamentali canoni fissati nell’art. 97 Cost. Infatti il potere di chiamata diretta da parte delle strutture di ateneo di uno dei candidati è espressione dell’ambito di autonomia che la Costituzione riconosce alle Università, cosicché il sindacato del [#OMISSIS#] amministrativo è limitato alla verifica dell’adeguata esposizione delle ragioni della scelta, che avviene “intuitu personae”, senza che sia necessaria una motivazione sulla comparazione con gli altri candidati. Più in particolare, il contenuto motivazionale della scelta deve concernere un’opzione di tipo personale, effettuata alla luce delle specifiche esigenze organizzative e didattiche; pertanto, la sua sufficienza non può essere valutata come se si trattasse di un giudizio rivolto necessariamente all’individuazione del candidato professionalmente e tecnicamente più qualificato. In altri termini, la motivazione della chiamata diretta concerne il soggetto che viene concretamente scelto e non è, quindi, il risultato di un giudizio di comparazione con altri aspiranti al posto; essa, perciò, non deve per forza evidenziare meriti del prescelto ritenuti maggiori rispetto a quelli degli altri candidati, ma deve dimostrare che l’iter logico seguito in concreto dall’amministrazione universitaria non si è fondato su falsi presupposti e non è connotato da irragionevolezza, soprattutto in relazione alla coerenza delle qualità professionali e scientifiche del chiamato rispetto alle effettive esigenze organizzative, didattiche e scientifiche cui si intende far fronte. Ne discende che la motivazione della chiamata diretta è da ritenere senz’altro congrua se, attraverso la sua lettura, sia possibile verificare che è stata realmente riscontrata nel soggetto prescelto la sussistenza delle doti necessarie per assumere la titolarità dello specifico posto da ricoprire; e ciò anche se non sia stata data alcuna formale giustificazione della mancata preferenza per altri soggetti, ed anche se questi ultimi fossero in possesso di una qualificazione professionale che in assoluto potesse apparire più elevata (cfr. Cons. Stato, VI, 17.10.2006, n. 6186; Cons. Stato, IV, 15.6.1999, n. 1012; TAR Abruzzo, L’Aquila, 11.3.2010 n. 190; TAR Campania, Napoli, II, 7.3.2001, n. 1045).
3.2 Con tali premesse non può che pervenirsi alla declaratoria di infondatezza del presente gravame, ove si consideri che le censure dedotte in sede ricorsuale di asserita violazione di articoli della Costituzione appaiono disancorate dall’interesse pubblico e dalle scelte che il Legislatore ha rimesso all’Ateneo affinchè le medesime siano adottate nell’esercizio della propria autonomia. Si ribadisce che la riforma apportata ai criteri selettivi dalla Legge n. 240/2010 si è chiaramente ispirata – tra l’altro – all’implementazione della qualità e dell’efficienza degli atenei, al rafforzamento del collegamento tra la distribuzione dei fondi pubblici e le performance dell’ateneo sì da assicurare un uso efficiente delle risorse anche attraverso la responsabilizzazione dei soggetti coinvolti, all’individuazione di criteri oggettivi da seguire nelle procedure di selezione dei ricercatori e dei professori riducendo il precariato e garantendo selettività nell’accesso, alla razionalizzazione complessiva del sistema.
Ora appare evidente che aver conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale non dà luogo al diritto ad essere sottoposto alla valutazione di cui ai commi 5 e 6 della citata Legge n.240/2010, ma costituisce esclusivamente requisito per poter partecipare alle procedure di chiamata di professori di prima e di seconda fascia, laddove i ricorrenti già rivestono il ruolo di professori di II fascia. [#OMISSIS#] Atenei è rimessa la facoltà, nei limiti temporali e finanziari per l’attivazione della procedura di chiamata, di azionare detto iter nell’ambito delle politiche programmatiche e sulla base delle esigenze didattiche e di ricerca; atteso che la chiamata dei professori di prima e seconda fascia è stata disciplinata dalla resistente Università con Regolamento emanato con D.R. n.778/2015 modificato dal D.R. n.912/2017, sarebbe semmai stato onere dei ricorrenti gravare di impugnazione gli atti di programmazione e le delibere a mezzo dei quali si sono concretizzate le scelte quanto a reclutamento e fabbisogni nei singoli Dipartimenti, individuandosi all’interno di questi ultimi quanti posti dovessero essere ricoperti nei singoli settori. Contrariamente a quanto dedotto in ricorso, la disciplina dettata per i ricercatori di cd. tipologia b) [#OMISSIS#] parte in cui si differenzia da quella relativa [#OMISSIS#] associati ha una sua ratio ed è non solo ragionevole ma anche del tutto coerente con lo [#OMISSIS#] della Legge n.240/2010, che è a sua volta immune dalla denunciata contrarietà ai valori costituzionali, anche interposti, invocati dai ricorrenti, e ciò perché mentre gli associati possono vantare un rapporto a tempo indeterminato, i ricercatori in questione non potrebbero diversamente mai ottenere una stabilizzazione e, del resto, già con la “Legge-Moratti” era stata eliminata la categoria dei ricercatori a tempo indeterminato.
Infatti, il percorso di carriera previsto a regime dall’art. 24, comma 5, della legge n. 240/2010 per i ricercatori di tipologia b) mira essenzialmente a garantire una continuità nel rapporto di impiego con soggetti già professionalizzati e che potrebbero ben ambire al ruolo di professore associato, mentre è ovvio che nel passaggio da professore associato a professore ordinario, una volta avvenuta la stabilizzazione del rapporto di impiego, il criterio non potrebbe essere lo stesso, essendo in questo [#OMISSIS#] prevalente il profilo selettivo-comparativo a scapito di quello valutativo-individuale: in sostanza, non è ravvisabile in tale normativa alcuna irragionevolezza [#OMISSIS#] diversità di trattamento giuridico introdotta con riguardo ai ricercatori di tipologia b) e ai professori associati, né è seriamente individuabile [#OMISSIS#] stessa alcuna discriminazione lesiva dell’elevazione professionale e delle prospettive di carriera dei professori associati, nonché della loro attività didattica e di ricerca scientifica.
Ne deriva, pertanto, che le prospettate questioni di legittimità costituzionale della legge n. 240/2010, sebbene rilevanti, [#OMISSIS#] qualificate come manifestamente infondate.
4. In conclusione, per le ragioni sopra meglio specificate, il ricorso deve essere rigettato per come infondato.
La peculiarità della materia giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Napoli, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di Consiglio del giorno 5 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Lo [#OMISSIS#], Primo Referendario
 Pubblicato il 21/05/2019