TAR Campania, Napoli, Sez. II, 21 maggio 2019, n. 2664

Procedura concorsuale per copertura posto Ricercatore-art. 24, comma 5, Legge Gelmini

Data Documento: 2019-05-21
Area: Giurisprudenza
Massima

Il percorso di carriera previsto a regime dall’art. 24, comma 5, della legge n. 240/2010 per i ricercatori di tipologia b) mira essenzialmente a garantire una continuità nel rapporto di impiego con soggetti già professionalizzati e che potrebbero ben ambire al ruolo di professore associato, mentre è ovvio che nel passaggio da professore associato a professore ordinario, una volta avvenuta la stabilizzazione del rapporto di impiego, il criterio non potrebbe essere lo stesso, essendo in questo caso prevalente il profilo selettivo-comparativo a scapito di quello valutativo-individuale: in sostanza, non è ravvisabile in tale normativa alcuna irragionevolezza nella diversità di trattamento giuridico introdotta con riguardo ai ricercatori di tipologia b) e ai professori associati, né è seriamente individuabile nella stessa alcuna discriminazione lesiva dell’elevazione professionale e delle prospettive di carriera dei professori associati, nonché della loro attività didattica e di ricerca scientifica.
Ne deriva, pertanto, che le prospettate questioni di legittimità costituzionale della legge n. 240/2010, sebbene rilevanti, vanno qualificate come manifestamente infondate.

Contenuto sentenza

N. 02664/2019 REG.PROV.COLL.
N. 02420/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2420 del 2018, proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Cavallo, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentati e difesi dagli Avv.ti [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale presso la PEC Registri Giustizia dei loro difensori
contro
– Università degli Studi di Napoli [#OMISSIS#] II, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la quale è domiciliata per legge in Napoli alla Via A. Diaz n. 11;
– Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e Presidenza del Consiglio dei Ministri, non costituiti in giudizio;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
[#OMISSIS#] Accame, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Ballarin, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Battino, [#OMISSIS#] Bradaschia, [#OMISSIS#] Bruno, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Canale, [#OMISSIS#] Capomolla, [#OMISSIS#] Carbognani, [#OMISSIS#] Carmellini, Donata Catagnoli, Beniamino Terzo Cenci Goga, [#OMISSIS#] Cherubini, [#OMISSIS#] Ciufolini, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Belinda Blanche Crawford, [#OMISSIS#] Filice, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Mariaenrica Frigione, [#OMISSIS#] Galeotti, [#OMISSIS#] Giannantoni, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Gigante, [#OMISSIS#] Giuntini, Andrew [#OMISSIS#] Hopkins, [#OMISSIS#] Jori, [#OMISSIS#] Manetti, [#OMISSIS#] Marrale, [#OMISSIS#] Marrone, [#OMISSIS#] Marzo, [#OMISSIS#] Marzocca, [#OMISSIS#] Mignone, Rosa Misso, [#OMISSIS#] Moschini, [#OMISSIS#] Porto, [#OMISSIS#] Righini, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Schettini, Salvatore Settineri, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Squartini, Cristiana Stellato, [#OMISSIS#] Vacca, [#OMISSIS#] Vittorini e [#OMISSIS#] Vox, rappresentati e difesi dagli Avv.ti [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale presso la PEC Registri Giustizia dei loro difensori;
per l’annullamento
a) delle note dell’Ateneo dell’11 aprile 2018 prot. nn. 0036011, 0036002, 0036003, 0036004, 0036006, 0036007, 0036008 e 0036009, con le quali sono state respinte le istanze presentate dai ricorrenti ai fini della valutazione ai sensi dell’art. 24, commi 5 e 6, della legge n. 240/2010;
b) del regolamento di Ateneo per la disciplina della chiamata dei professori di prima e seconda fascia n. 2005 del 2016, con particolare riferimento agli artt. 2 e 14, ove interpretati nel senso di negare ai ricorrenti il diritto di essere sottoposti alla valutazione di cui all’art. 24, commi 5 e 6, della legge n. 240/2010;
e per l’accertamento
del diritto soggettivo dei ricorrenti ad essere sottoposti alla procedura di valutazione di cui all’art. 24, comma 5, della legge n. 240/2010 ai fini della chiamata nella fascia dei professori ordinari, con conseguente condanna dell’Ateneo a procedere in tal senso, sottoponendo a valutazione i ricorrenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 marzo 2019 il dott. [#OMISSIS#] Dell’Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Espongono i ricorrenti di essere tutti professori associati in servizio presso vari dipartimenti dell’Università degli Studi di Napoli [#OMISSIS#] II e di aver conseguito l’abilitazione scientifica nazionale di prima fascia per professore ordinario.
In date comprese tra il 14 marzo ed il 6 aprile 2018 indirizzavano al predetto Ateneo, ognuno per proprio conto, istanza per essere sottoposti a valutazione ex art. 24, comma 5, della legge n. 240/2010; le note in epigrafe rigettavano tali richieste sulla scorta del ragionamento che aver conseguito l’abilitazione scientifica nazionale non darebbe luogo al diritto alla valutazione ex art. 24, commi 5 e 6, della legge n. 240/2010, ciò in quanto ex art. 16 costituirebbe solo requisito per partecipare a procedure di chiamata di prima e seconda fascia, mentre chi è già professore di seconda fascia non potrebbe essere sottoposto a procedura di valutazione per come finalizzata esclusivamente a ricercatori a tempo determinato di tipologia b), che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale per professori di seconda fascia.
I ricorrenti impugnano tali note sotto i profili della violazione di legge e dell’eccesso di potere, sollevando questioni di legittimità costituzionale e chiedendo l’accertamento del diritto ad essere sottoposti alla richiesta valutazione.
L’Avvocatura Distrettuale dello Stato si è costituita in resistenza, depositando relazione informativa dell’Università degli Studi di Napoli [#OMISSIS#] II nella quale si deduce che gli Atenei, nel rispetto dei limiti temporali e finanziari, hanno la facoltà ma non l’obbligo di attivare le procedure di chiamata nell’ambito delle politiche programmatiche e sulla base delle esigenze didattiche e di ricerca.
Hanno spiegato intervento ad adiuvandum i soggetti meglio individuati in epigrafe, in qualità di professori associati in servizio presso altre università italiane ed in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale per professore ordinario, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
All’udienza pubblica del 5 marzo 2019 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione come da verbale.
DIRITTO
1. Parte ricorrente deduce la violazione degli artt. 2, 3, 4, 9, 33, 35 e 97 Cost., dell’accordo quadro di cui alle direttive comunitarie n. 1999/70/CE e 2000/78/CE, dell’art. 24, comma 6, della legge n. 240/2010, nonché dei principi di unitarietà della funzione di docente e di identità delle mansioni.
2. Il Collegio ritiene che il ricorso in esame non sia meritevole di accoglimento per le ragioni di seguito indicate.
2.1 In via preliminare, come peraltro osservato dalla giurisprudenza (TAR Piemonte, I, 20.1.2016, n. 35), la legge n. 240/2010 ha introdotto un nuovo sistema di progressione in carriera, prevedendo per l’inquadramento nella posizione di professore di prima o seconda fascia una procedura che si articola in due momenti: il conseguimento di una idoneità o abilitazione, valida per un periodo di tempo limitato ed efficace rispetto a qualsiasi università italiana (cfr. art. 16), cui segue la fase della scelta, attraverso la chiamata dell’idoneo/abilitato da parte della singola Università.
Infatti, l’art. 16 prescrive – quale requisito necessario per l’accesso alle qualifiche non iniziali della docenza universitaria – il conseguimento di una “abilitazione scientifica nazionale”, che ha durata di sei anni e presuppone il superamento di una procedura selettiva aperta a tutti (ancorché senza limitazione del numero delle abilitazioni conseguibili). Il conseguimento dell’abilitazione, come chiarisce espressamente la legge (cfr. art. 16, comma 4) non “dà alcun diritto al reclutamento in ruolo o alla promozione presso un’università al di fuori delle procedure previste dagli artt. 18 e 24, commi 5 e 6”.
2.2 Per il reclutamento ciascuna università deve poi attivare un’ulteriore procedura di chiamata, scegliendo tra quella di cui all’art. 18, aperta alla partecipazione degli “studiosi in possesso dell’abilitazione per il settore concorsuale”, anche se siano in servizio presso un’università diversa da quella che procede alla chiamata o anche se non prestino affatto servizio presso alcuna università, ovvero quella dell’art. 24, commi 5 e 6, riservata a docenti che, oltre ad essere in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale, siano anche interni, cioè già in servizio presso l’università che procede alla chiamata. Il comma 5 dell’art. 24 riguarda, in particolare, il passaggio nel ruolo di professore associato del ricercatore a tempo determinato; il comma 6 il passaggio nei ruoli di professore di prima e di seconda fascia, rispettivamente, dei professori di seconda fascia e dei ricercatori a tempo indeterminato.
Quest’ultima disposizione (ovvero il comma 6) si applica in via transitoria nei sei anni successivi all’entrata in vigore della legge n. 240/2010 e, a tal fine, “le università possono utilizzare fino alla metà delle risorse equivalenti a quelle necessarie per coprire i posti disponibili di professore di ruolo”.
2.3 Ne discende che, in base all’attuale sistema normativo, le università possono coprire i posti vacanti utilizzando, per un minimo della metà dei posti disponibili, procedure di chiamata aperte a tutti i soggetti in possesso dell’abilitazione scientifica (art. 18) e, per un massimo della metà dei posti disponibili, procedure di chiamata riservate ai docenti in servizio che abbiano comunque conseguito l’abilitazione (art. 24). Va evidenziato che, dal combinato disposto dei commi 5 e 6 dell’art. 24, emerge che la chiamata degli interni è di carattere diretto, senza la necessità dell’espletamento di alcuna procedura selettiva di tipo comparativo, poiché viene prescelto un soggetto che è sottoposto a valutazione individuale di idoneità e, quindi, nominato all’esito del positivo superamento della procedura valutativa.
3. Ora, con riguardo specifico alla materia di cui alla presente controversia, il legislatore ha inteso affidare all’autonomia regolamentare dell’università la disciplina delle diverse fattispecie comprese nella previsione dell’art. 24, comma 6, tra le quali deve ritenersi ricompreso anche il caso della presenza di due o più candidati, come è dato desumere dal rinvio contenuto nel comma 5 ad un “apposito regolamento d’ateneo” (cfr. T.A.R. Piemonte n. 35/2016 cit.).
In maniera chiara si è poi precisato (T.A.R. Lazio, Roma, III, 13.12.2017, n.12310) che, sebbene la norma di legge primaria consenta la partecipazione alla procedura di chiamata di cui all’art. 24, commi 5 e 6, in linea teorica a qualsiasi ricercatore a tempo indeterminato in possesso di ASN nello specifico settore di interesse, è anche vero che, a fronte della necessaria programmazione triennale del fabbisogno e della richiesta di copertura di un posto col passaggio da ricercatore a tempo indeterminato a professore associato da parte di un dipartimento, la possibilità di sottrarre tale “forza lavoro” da altri dipartimenti, diversi da quello “proponente”, deve rispondere comunque ad una previa volontà dell’ateneo.
3.1 Questa stessa Sezione (31.3.2017, n. 1746) ha sottolineato che l’operato del Consiglio di Dipartimento in merito alle scelte programmatorie appare perfettamente in linea con i principi generali in tema di programmazione del personale nelle pubbliche amministrazioni, i quali richiedono che i bisogni assunzionali siano determinati in funzione delle criticità presenti in ambito organizzativo e delle esigenze di buon andamento degli uffici, e giammai in ragione delle aspettative di carriera del personale interno, pena la violazione dei fondamentali canoni fissati nell’art. 97 Cost. Infatti, il potere di chiamata diretta da parte delle strutture di ateneo di uno dei candidati è espressione dell’ambito di autonomia che la Costituzione riconosce alle università, cosicché il sindacato del giudice amministrativo è limitato alla verifica dell’adeguata esposizione delle ragioni della scelta, che avviene “intuitu personae”, senza che sia necessaria una motivazione sulla comparazione con gli altri candidati. Più in particolare, il contenuto motivazionale della scelta deve concernere un’opzione di tipo personale, effettuata alla luce delle specifiche esigenze organizzative e didattiche; pertanto, la sua sufficienza non può essere valutata come se si trattasse di un giudizio rivolto necessariamente all’individuazione del candidato professionalmente e tecnicamente più qualificato. In altri termini, la motivazione della chiamata diretta concerne il soggetto che viene concretamente scelto e non è, quindi, il risultato di un giudizio di comparazione con altri aspiranti al posto; essa, perciò, non deve per forza evidenziare meriti del prescelto ritenuti maggiori rispetto a quelli degli altri candidati, ma deve dimostrare che l’iter logico seguito in concreto dall’amministrazione universitaria non si è fondato su falsi presupposti e non è connotato da irragionevolezza, soprattutto in relazione alla coerenza delle qualità professionali e scientifiche del chiamato rispetto alle effettive esigenze organizzative, didattiche e scientifiche cui si intende far fronte. Ne discende che la motivazione della chiamata diretta è da ritenere senz’altro congrua se, attraverso la sua lettura, sia possibile verificare che è stata realmente riscontrata nel soggetto prescelto la sussistenza delle doti necessarie per assumere la titolarità dello specifico posto da ricoprire; e ciò anche se non sia stata data alcuna formale giustificazione della mancata preferenza per altri soggetti, ed anche se questi ultimi fossero in possesso di una qualificazione professionale che in assoluto potesse apparire più elevata (cfr. Cons. Stato, VI, 17.10.2006, n. 6186; Cons. Stato, IV, 15.6.1999, n. 1012; TAR Abruzzo, L’Aquila, 11.3.2010 n. 190; TAR Campania, Napoli, II, 7.3.2001, n. 1045).
3.2 Con tali premesse non può che pervenirsi alla reiezione del presente gravame, ove si consideri che in sede ricorsuale vengono prospettate in sostanza questioni di legittimità costituzionale che, a parere della Sezione, appaiono disancorate dall’interesse pubblico e dalle scelte che il legislatore ha rimesso al singolo ateneo affinché le medesime siano adottate nell’esercizio della propria autonomia. Si ribadisce che la riforma apportata ai criteri selettivi dalla legge n. 240/2010 si è chiaramente ispirata – tra l’altro – all’implementazione della qualità e dell’efficienza degli atenei, al rafforzamento del collegamento tra la distribuzione dei fondi pubblici e le performance dell’ateneo sì da assicurare un uso efficiente delle risorse anche attraverso la responsabilizzazione dei soggetti coinvolti, all’individuazione di criteri oggettivi da seguire nelle procedure di selezione dei ricercatori e dei professori riducendo il precariato e garantendo selettività nell’accesso, alla razionalizzazione complessiva del sistema.
Ora appare evidente che aver conseguito l’abilitazione scientifica nazionale non dà luogo al diritto ad essere sottoposto alla valutazione di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 24 della citata legge n. 240/2010, ma costituisce esclusivamente requisito per poter partecipare alle procedure di chiamata di professori di prima e di seconda fascia, laddove i ricorrenti già rivestono il ruolo di professori di seconda fascia. Agli atenei è rimessa la facoltà, nei limiti temporali e finanziari per l’attivazione della procedura di chiamata, di azionare detto iter nell’ambito delle politiche programmatiche e sulla base delle esigenze didattiche e di ricerca; atteso che la chiamata dei professori di prima e seconda fascia è stata disciplinata dalla resistente università con regolamento n. 2005 del 2016, sarebbe semmai stato onere dei ricorrenti gravare di impugnazione gli atti di programmazione e le delibere a mezzo dei quali si sono concretizzate le scelte quanto a reclutamento e fabbisogni nei singoli dipartimenti, individuandosi all’interno di questi ultimi quanti posti dovessero essere ricoperti nei singoli settori.
Contrariamente a quanto dedotto in gravame, la disciplina regolamentare dettata per i ricercatori di tipologia b), nella parte in cui si differenzia da quella relativa ai professori associati, ha una sua ratio ed è non solo ragionevole ma anche del tutto coerente con lo spirito della legge n. 240/2010, che è a sua volta immune dalla denunciata contrarietà ai valori costituzionali, anche interposti, invocati dai ricorrenti, e ciò per la decisiva ragione che mentre i professori associati possono vantare un rapporto a tempo indeterminato, i ricercatori in questione non potrebbero diversamente mai ottenere una stabilizzazione: del resto, già con la cd. legge Moratti era stata eliminata la categoria dei ricercatori a tempo indeterminato.
Infatti, il percorso di carriera previsto a regime dall’art. 24, comma 5, della legge n. 240/2010 per i ricercatori di tipologia b) mira essenzialmente a garantire una continuità nel rapporto di impiego con soggetti già professionalizzati e che potrebbero ben ambire al ruolo di professore associato, mentre è ovvio che nel passaggio da professore associato a professore ordinario, una volta avvenuta la stabilizzazione del rapporto di impiego, il criterio non potrebbe essere lo stesso, essendo in questo caso prevalente il profilo selettivo-comparativo a scapito di quello valutativo-individuale: in sostanza, non è ravvisabile in tale normativa alcuna irragionevolezza nella diversità di trattamento giuridico introdotta con riguardo ai ricercatori di tipologia b) e ai professori associati, né è seriamente individuabile nella stessa alcuna discriminazione lesiva dell’elevazione professionale e delle prospettive di carriera dei professori associati, nonché della loro attività didattica e di ricerca scientifica.
Ne deriva, pertanto, che le prospettate questioni di legittimità costituzionale della legge n. 240/2010, sebbene rilevanti, vanno qualificate come manifestamente infondate.
4. In conclusione, per le ragioni sopra meglio specificate, il ricorso deve essere respinto per infondatezza.
La peculiarità della materia giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Dell’Olio, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario
 Pubblicato il 21/05/2019