TAR Campania, Napoli, Sez. II,  25 luglio 2019, n. 4068

Procedura concorsuale per copertura posto Ricercatore-Procedimento

Data Documento: 2019-07-25
Area: Giurisprudenza
Massima

L’art.18, co.4, della legge 30 dicembre 2010, n. 240  prevede che le Università utilizzano parte delle risorse vincolate per procedere “alla chiamata di coloro che nell’ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati titolari di assegni di ricerca, ovvero iscritti a corsi universitari nell’Università stessa”, dunque a qualunque titolo alla luce sia di un’interpretazione letterale sia della ragione giustificatrice della norma stessa, è possibile desumere la sussistenza di una causa ostativa alla partecipazione alle procedure indette ai sensi della stessa disposizione per i candidati che siano stati titolari di un assegno di ricerca nella medesima Università.

Contenuto sentenza

N. 04068/2019 REG.PROV.COLL.
N. 02478/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 60 cod. proc. ammin., sul ricorso numero di registro generale 2478 del 2019 proposto dalla dott.ssa [#OMISSIS#] Fachechi, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Bruno e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi di Napoli “[#OMISSIS#] II” in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliata ope legis presso gli Uffici in Napoli, Via A. Diaz n.11;
nei confronti
Rossi [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Melisurgo n. 4;
per l’annullamento, previa sospensione,
degli esiti della procedura comparativa indetta dall’ Università degli Studi di Napoli [#OMISSIS#] II, ai sensi dell’art. 18, comma 4, Legge n. 240/2010, per la copertura di un posto di Professore universitario di ruolo di seconda fascia settore concorsuale 12/A Diritto Privato, Settore Scientifico Disciplinare IUS/01 Diritto Privato, per le esigenze del Dipartimento di Giurisprudenza.
Visti il ricorso e i relativi allegati, in cui si espone che con D.R. n.170 del 19/1/2018 veniva indetto concorso per 1 posto di professore di II fascia sett. concorsuale 12 A1 ex art.18, co.4 della Legge n.240/2010, riservato a soli soggetti esterni all’Ateneo. La ricorrente presentava domanda dichiarando di aver conseguito nel 2017 ASN per funzioni di professori universitari di I e II fascia, presentando 12 pubblicazioni; partecipava anche il controinteressato prof. Rossi, che risultava poi il soggetto maggiormente qualificato ma che, pur strutturato presso l’Università di Palermo, non può dirsi estraneo all’Università di Napoli “[#OMISSIS#] II” essendo stato, nel triennio antecedente l’indizione della procedura, professore a contratto ex art.23 della Legge n.240/2010 sia come titolare dell’insegnamento di Diritto dell’informatica, sia come affidatario di moduli nel corso di Diritto civile presso la SSPL, ma ciò non veniva però dichiarato nella domanda e nel curriculum, poiché ne sarebbe derivata l’automatica esclusione. Nell’ambito della procedura veniva nominata la Commissione con D.R. n.848/2018 e venivano disposti rinvio e sostituzione di un componente esterno della Commissione; seguivano ulteriore sostituzione di un componente esterno, fissazione del 17 luglio 2018 come termine di conclusione della procedura concorsuale poi prorogato al 21 settembre 2018, sospensione dei lavori della Commissione convocata il 5 settembre 2018, nota rettorale del 29 gennaio 2019 di invito alla Commissione alla ripresa dei lavori da ultimare entro il 28 marzo 2019, convocazione dei candidati per il 13 marzo 2019, successive sedute della Commissione con adozione del provvedimento impugnato e proposta di chiamata del prof. Rossi. Si deducono tra l’altro violazione dell’art.18, co.4 e dell’art.23, co.4 della Legge n.240/10 e degli artt.46, 47 e 76 del DPR n.445/2000, formulandosi richiesta di risarcimento del danno;
Vista la costituzione dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato;
Vista la costituzione del prof. Rossi;
Visti i motivi aggiunti avverso il D.R. di nomina del prof. Rossi come professore associato, della Delibera del Consiglio di Amministrazione di chiamata e presa di servizio del controinteressato;
Vista la documentazione depositata dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato;
Vista la memoria del prof. Rossi;
Vista la documentazione con successiva memoria di parte ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Udito il Relatore Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] alla Camera di Consiglio del giorno 23 luglio 2019, ed uditi i difensori come da verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi degli artt. 60 e 73, comma 3°, cod. proc. amm.;
Viste le circostanze di fatto e le ragioni di diritto come spiegate dalle parti negli atti;
Considerato:
che il Collegio ritiene il ricorso manifestamente fondato, con la conseguenza che esso può essere deciso ai sensi dell’art. 60 cod. proc. ammin. con sentenza in forma semplificata sin dalla presente fase cautelare, come rappresentato ai difensori delle parti (anche ai sensi dell’art. 73, comma 3°, c.p.a.), essendo ciò consentito dall’oggetto della causa, dall’integrità del contraddittorio e dalla completezza dell’istruttoria;
che non sussistono nella fattispecie motivi, quanto alle censure articolate nel ricorso principale e nei successivi motivi aggiunti la cui analogia delle argomentazioni trattate consente un esame unitario, per discostarsi dal precedente del Consiglio di Stato (VI, 3/12/2018, n.6847), pure richiamato in sede ricorsuale, peraltro in linea con pronunce dei giudici di I° grado (TAR Toscana n.864/2018, TAR Piemonte nn.96/2018 e 372/2016), nel quale si è affermato che la recente modifica del citato art.23, co.4 non ha avuto una portata “interpretativa” del disposto del precedente art. 18, co. 4, della Legge n.240/2010, suscettibile di risolvere il punto basico controverso della presente questione. Invero, potendosi “computare le eventuali chiamate di coloro che sono stati titolari dei contratti nell’ambito delle risorse vincolate di cui all’articolo 18, comma 4”, si sarebbe di fatto neutralizzato, in seno a tale ultima disposizione, il limite negativo (a [#OMISSIS#] ostativa) costituito – relativamente alla categoria di personale per cui è causa – dall’avere prestato servizio, presso l’Ateneo che procede ad una chiamata per posto di professore di ruolo, nell’ultimo triennio (rispetto al momento del bando di chiamata);
che una norma, per poter essere qualificata di natura interpretativa, deve recare in sé – con sufficiente chiarezza – idonei indici espressivi della volontà (da parte della fonte giuridica che l’introduce) di disporre, appunto, in chiave interpretativa, il che nella fattispecie non ricorre;
che una norma interpretativa, per essere effettivamente tale, oltre a quanto testè detto, deve anche risultare topograficamente collocata al di fuori del corpo normativo che reca la disposizione che si reputa di voler interpretare, essendo altrimenti oltremodo singolare che, in seno ad uno stesso testo normativo, compaia una norma di un articolo che ne interpreta un’altra di un diverso articolo del medesimo e complessivo articolato;
che nella fattispecie, inoltre, ove il Legislatore avesse voluto effettivamente rimuovere, in seno all’art. 18, co. 4, il predetto limite negativo (a [#OMISSIS#] ostativa), bene avrebbe potuto procedere (molto chiaramente) all’espunzione diretta delle parole enunciative di questo limite, senza dover ricorrere all’obliquo rimedio di una norma (in tesi) interpretativa (e solo supposta tale, per quanto sopra detto) collocata in altra parte del medesimo corpo dispositivo;
che è palese la portata eminentemente finanziaria della novella dell’art. 23, co. 4 citato, in disparte che anche nella nuova formulazione resta assolutamente intatto, in seno all’art. 18, co. 4, della Legge n.240/2010, il limite negativo della “assenza di una prestazione di servizio nell’ultimo triennio” presso l’Ateneo che bandisce la procedura di chiamata, ciò perché si è voluto che le Università riservassero parte del budget disponibile per la chiamata di professori esterni all’Ateneo così acquisendo competenze professionali formatesi in un diverso contesto culturale e maggiormente idonee a garantire quel ricambio di idee che dovrebbe caratterizzare un ambiente accademico;
che peraltro l’espressione “non hanno prestato servizio” nell’ultimo triennio (di cui al menzionato art.18, co. 4), per quanto oggettivamente non perspicua, non risulta idonea ad escluderne la riferibilità – per la sua amplissima portata evocativa – anche a rapporti di natura contrattuale quali quelli intrattenuti dal prof. Rossi con l’Università anteriormente alla procedura di chiamata per cui è causa. Del resto la prestazione di servizio presso una Pubblica Amministrazione, specie dopo l’ampio processo di riorganizzazione del lavoro realizzatosi negli anni ’90 come improntato anche a forme di forte flessibilizzazione delle forme di “legame” giuridico tra le Amministrazioni e i suoi lavoratori, è tale da poter far rientrare nella categoria logico-giuridica del servizio anche rapporti di lavoro autonomo basati su contratti di diritto privato;
che, visto l’art.18, co.4 nella parte in cui prevede che le Università utilizzano parte delle risorse vincolate per procedere “alla chiamata di coloro che nell’ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati titolari di assegni di ricerca, ovvero iscritti a corsi universitari nell’Università stessa”, dunque a qualunque titolo alla luce sia di un’interpretazione letterale sia della ragione giustificatrice della norma stessa, è possibile desumere la sussistenza di una causa ostativa alla partecipazione alle procedure indette ai sensi della stessa disposizione per i candidati che siano stati titolari di un assegno di ricerca nella medesima Università, così come è incontestato che il prof. Rossi abbia svolto all’interno dell’Università di Napoli “[#OMISSIS#] II” varie docenze nel triennio antecedente l’indizione della procedura per cui è controversia, ciò a prescindere dall’interpretazione fornita dal MIUR con la nota versata in atti e dalle deduzione del controinteressato anche con riguardo alla natura gratuita dell’affidamento dell’insegnamento di Diritto dell’informatica;
che l’accoglimento del ricorso introduttivo deve estendersi anche ai motivi aggiunti proposti avverso gli atti di nomina del controinteressato; non sfugge al Collegio che, in presenza di vizi accertati dell’atto presupposto, deve distinguersi tra invalidità a effetto caducante e invalidità a effetto viziante, nel senso che nel primo caso l’annullamento dell’atto presupposto si estende automaticamente all’atto conseguenziale anche quando quest’ultimo non è stato impugnato, mentre nel secondo caso l’atto conseguenziale è affetto da illegittimità derivata ma resta efficace ove non ritualmente impugnato. La prima ipotesi ricorre nel solo caso in cui l’atto successivo venga a porsi nell’ambito della medesima sequenza procedimentale quale inevitabile conseguenza dell’atto anteriore, senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, il che comporta la necessità di valutare l’intensità del rapporto di conseguenzialità tra l’atto presupposto e l’atto successivo, con riconoscimento dell’effetto caducante qualora detto rapporto sia immediato, diretto e necessario, nel senso che l’atto successivo si ponga, nell’ambito dello stesso contesto procedimentale, come conseguenza ineluttabile rispetto all’atto precedente;
che, viceversa, non merita positiva valutazione la domanda di risarcimento dei danni come formulata in sede introduttiva del giudizio. Intanto parte ricorrente ha conseguito innanzi al giudice amministrativo una tutela “in forma specifica” mediante l’annullamento degli atti della procedura a seguito di sentenza in forma semplificata resa alla Camera di Consiglio fisata per la trattazione dell’istanza cautelare, pienamente satisfattiva dell’interesse fatto valere in giudizio, ragion per cui la situazione di incertezza che ha subito parte ricorrente si è protratta per un lasso di tempo assai contenuto. Inoltre tale istanza è stata genericamente indicata e parte ricorrente non ha neanche assolto all’onere probatorio su di essa gravante, ai sensi degli artt.2697 c.c. e 64 c.p.a., oltre che in relazione all’an del danno, anche con riguardo al quantum;
che, per le ragioni sopra esposte, il ricorso come proposto attraverso motivi aggiunti deve essere accolto nei termini di cui in motivazione, mentre le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo,
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe come proposto mediante motivi aggiunti, lo accoglie come da motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti oggetto di impugnazione.
Condanna l’Università di Napoli “[#OMISSIS#] II” e il controinteressato al pagamento delle spese di lite per € 1.500,00 ciascuno e per complessivi € 3.000,00 oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del giorno 23 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
 [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente FF, Estensore
[#OMISSIS#] Dell’Olio, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario
 Pubblicato il 25/07/2019