L’ art. 6, della Legge 30 dicembre 2010, n.240, conserva la diversificazione nell’ambito del rapporto di lavoro dei docenti universitari tra quelli impegnati a tempo pieno e quelli a tempo definito. La differenziazione, nella mens legis, opera sul regime delle funzioni assegnate: per i docenti a tempo pieno è prevista l’incompatibilità con l’esercizio abituale di ogni attività professionale ulteriore o diversa ed un impegno didattico più ampio, cui corrisponde un differente trattamento economico e la possibilità di accedere ad incarichi ed uffici (rettore, direttore di dipartimento, coordinatore dei corsi di dottorato di ricerca, ecc.), preclusi, invece, ai docenti a tempo definito, che possono, invece, svolgere attività libero-professionali.
Anche per i docenti universitari è prevista l’autorizzazione quale condizione per lo svolgimento di incarichi esterni retribuiti; il citato art.6 della Legge n.240/2010 distingue, in particolare, tra le attività liberamente esercitabili, anche con l’ottenimento di un compenso e sempre fatto salvo il rispetto degli obblighi istituzionali, e attività che possono essere svolte esclusivamente previa autorizzazione, presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purché non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l’università di appartenenza. Tra le prime rientrano l’attività di valutazione e referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, attività di collaborazione scientifica e di consulenza, attività di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, attività pubblicistiche ed editoriali; tra le seconde, funzioni didattiche e di ricerca nonché compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione.
TAR Campania, Napoli, Sez. II, 29 dicembre 2017, n. 6132
Professore associato-Richiesta autorizzazione incarico esterno
N. 06132/2017 REG.PROV.COLL.
N. 03304/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3304 del 2014 proposto dal Sig. Guerriero [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avv. [#OMISSIS#] Saggiomo e [#OMISSIS#] D’[#OMISSIS#] ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Napoli alla Via [#OMISSIS#] Santacroce n.19;
contro
Seconda Università degli Studi di Napoli in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso i cui uffici domicilia in Napoli, via A. Diaz n. 11;
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;
per l’annullamento
del provvedimento n.8290 del 28/3/2014 di rigetto dell’istanza del 20/1/2014 di richiesta del rilascio dell’autorizzazione per lo svolgimento di incarico esterno, nonché della nota n.4111 del 14/2/2014 di preavviso di diniego.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista la costituzione dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato con successivo deposito di documentazione;
Vista la memoria di parte ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2017 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in esame il ricorrente espone di essere in servizio presso il Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale della II Università degli Studi di Napoli quale Professore Associato Confermato di Restauro; con nota n.52239 del 20/12/2013 il Comune di Casalnuovo gli proponeva l’incarico di Presidente di Commissione di Collaudo Tecnico-Amministrativo e di Collaudatore Statico dell’intervento di restauro del Palazzo Lancellotti di Durazzo e di aver conseguentemente richiesto al Rettore della II Università degli Studi di Napoli l’autorizzazione allo svolgimento dell’incarico, per cui il Direttore del Dipartimento di Architettura rilasciava il nulla-osta per assenza di conflitto di interessi. Successivamente il ricorrente integrava la richiesta di autorizzazione allo svolgimento dell’incarico, evidenziando le ragioni della scelta del Comune di Casalnuovo ma interveniva preavviso di rigetto; venivano allora prodotte osservazioni circa la compatibilità dell’incarico con l’assolvimento dei compiti istituzionali, ma è stato adottato l’impugnato provvedimento di diniego omettendo di considerare che dal 2004 al 2008 il ricorrente aveva già ricoperto incarico del tutto analogo come proposto dallo stesso Comune.
L’Avvocatura Distrettuale dello Stato si è costituita depositando documentazione.
Alla pubblica udienza del 5 dicembre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione come da verbale.
DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe parte ricorrente deduce la violazione dell’art.11 del DPR n.382/1980, dell’art.6 della Legge n.240/2010, dell’art.251, co.2 del DPR n.207/2010, dell’art.53 del D. Lgs. n.165/2001, degli artt.3, 7, 8 e 10 della Legge n.241/1990 e dell’art.97 Cost., nonché l’eccesso di potere e l’erroneità.
2. In via preliminare la Sezione ritiene che, ai fini dell’inquadramento normativo della vicenda, vada evidenziato – come peraltro rimarcato anche in giurisprudenza (cfr. Corte Conti, sez. giurisd. Lombardia, 25.11.2014, n.216) – che l’art. 53, co. 7, del D. Lgs. n.165/2001, nel testo vigente anteriormente all’entrata in vigore dell’art.1, comma 42, della Legge n.190/2012 (c.d. Legge anticorruzione) avvenuta il 28 novembre 2012, disponeva: “I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti”.
Con l’entrata in vigore della Legge anticorruzione il primo inciso è stato completato dalla previsione: “Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi”.
2.1 E’ noto che, sul piano sistematico, il rapporto di lavoro con il datore pubblico è storicamente caratterizzato, a differenza di quello privato, dal c.d. regime delle incompatibilità, in base al quale al dipendente pubblico, nei limiti indicati, è preclusa la possibilità di svolgere attività extralavorative. La ratio di tale divieto, che permane anche in un sistema “depubblicizzato” a rimarcare la peculiarità dell’impiego presso la P.A., va rinvenuta nel principio costituzionale di esclusività della prestazione lavorativa a favore del datore pubblico (“I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, così art.98 Cost.) per preservare le energie del lavoratore e per tutelare il buon andamento dell’Amministrazione, che risulterebbe turbato dall’espletamento da parte di propri dipendenti di attività imprenditoriali caratterizzate da un nesso tra lavoro, rischio e profitto. Centri di interesse alternativi all’ufficio pubblico rivestito, implicanti un’attività caratterizzata da intensità, continuità e professionalità, potrebbero turbare la regolarità del servizio o attenuare l’indipendenza del lavoratore pubblico e il prestigio della P.A.
Un simile obbligo di esclusività non è rinvenibile nell’impiego privato, nel quale il codice civile si limita a vietare esclusivamente attività extralavorative del dipendente che si pongano in concorrenza con l’attività del datore (art. 2105 c.c.).
2.2 Tuttavia, nell’impiego pubblico il divieto di espletare incarichi extraistituzionali non è così assoluto. Difatti il regime vigente, codificato dall’art.53 del D. Lgs. n.165/2001, pur individuando, al primo comma, situazioni di incompatibilità assoluta (sancite dagli artt.60 e ss. del D.P.R. n.3/1957 per lo svolgimento di attività imprenditoriali, agricole, commerciali, libero-professionali ed altri lavori pubblici o privati: su tale ipotesi cfr. Corte conti, sez. giurisd. Sicilia, 24.7.2014 n.927), il cui espletamento porta alla decadenza dall’impiego previa diffida, prevede anche, al comma 7 del cennato art.53, attività occasionali espletabili dal dipendente pubblico previa autorizzazione datoriale ed anche attività “liberalizzate”, ovvero liberamente esercitabili senza previa autorizzazione, in quanto espressive di basilari libertà costituzionali (art. 53, co. 6, D. Lgs. n. 165 cit.).
3. Ora, nel caso in esame, non si verte né nella prima ipotesi sopra citata (attività assolutamente vietate ex art.53, co. 1, D. Lgs. n.165) stante la saltuarietà e non professionalità dei lavori svolti dal ricorrente quale professore associato confermato, né nella terza (attività liberalizzate ex art. 53, co. 6), non rientrando le attività svolte dal docente nel numerus clasusus di quelle che non richiedono autorizzazione.
Pertanto, l’oggetto dell’incarico rientra pacificamente nella seconda tipologia, ovvero tra quelle espletabili (ergo non vietate in assoluto) per la loro occasionalità e “non professionalità”, ma previa autorizzazione datoriale. Tale autorizzazione è prescritta dall’art. 53, co. 7 al fine di verificare in concreto:
a) se l’espletamento dell’incarico, già prima della Legge n.190/2012 (e del D.P.R. n.62/2013 che esaltano l’antico e già preesistente problema dei [#OMISSIS#] di interesse) possa ingenerare, anche in via solo ipotetica o potenziale, situazione di conflittualità con gli interessi facenti capo all’Amministrazione e, quindi, con le funzioni (ad essi strumentali) assegnate sia al singolo dipendente che alla struttura di appartenenza (problema particolarmente delicato nel comparto Sanità);
b) la compatibilità del nuovo impegno con i carichi di lavoro del dipendente e della struttura di appartenenza (che dovrà comunque non solo essere svolto fuori dall’orario di lavoro, ma pure compatibilmente con le esigenze di servizio), nonché con le mansioni e posizioni di responsabilità attribuite al dipendente, interpellando eventualmente a tal fine il responsabile dell’ufficio di appartenenza, che dovrà esprimere il proprio parere o assenso circa la concessione dell’autorizzazione richiesta;
c) la occasionalità o saltuarietà, ovvero non prevalenza della prestazione sull’impegno derivante dall’orario di lavoro ovvero l’impegno complessivo previsto dallo specifico rapporto di lavoro, con riferimento ad un periodo determinato;
d) la materiale compatibilità dello specifico incarico con il rapporto di impiego, tenuto conto del fatto che taluni incarichi retribuiti sono caratterizzati da una particolare intensità di impegno;
e) specificità attinenti alla posizione del dipendente stesso (incarichi già autorizzati in precedenza, assenza di procedimenti disciplinari recenti o note di demerito in relazione all’insufficiente rendimento, livello culturale e professionale del dipendente);
f) corrispondenza fra il livello di professionalità posseduto dal dipendente e la natura dell’incarico esterno a lui affidato.
3.1 Questo generale regime autorizzatorio, a cui sottostanno anche le categorie di pubblici dipendenti non privatizzati (magistrati, militari, polizia, diplomatici, prefetti etc.), ha una evidente e condivisibile ratio sia civilistica-lavoristica che pubblicistica: consentire al datore di valutare la compatibilità di tale attività extralavorativa con il corretto e puntuale espletamento, in modo terzo ed imparziale, della prestazione contrattualmente dovuta dal lavoratore alla P.A., in ossequio anche al principio costituzionale di tendenziale esclusività (98 cost.) e di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 cost.).
3.2 Occorre, allora, verificare i margini di applicabilità di tale disciplina anche ai professori universitari per come rileva ai fini del decidere; sul punto si è affermato (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 14.3.2017, n.195) che depongono nel senso della necessità di un’autorizzazione preventiva degli incarichi irrinunciabili ragioni di buon andamento dell’amministrazione universitaria, che deve essere in grado previamente di assentire incarichi esterni dei professori universitari che possano, in astratto, potenzialmente pregiudicare l’adempimento della pubblica funzione cui gli stessi sono assegnati. Poiché dall’impianto normativo emerge una presunzione legale di carattere generale in relazione all’incompatibilità degli incarichi esterni con i doveri d’ufficio (in termini, T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 7.3.2013, n. 614), la situazione di incompatibilità deve, quindi, essere valutata in astratto, sul presupposto che la norma mira anche a salvaguardare le energie lavorative del dipendente al fine del [#OMISSIS#] rendimento, indipendentemente anche dalla circostanza che questi abbia sempre regolarmente svolto la propria attività impiegatizia (cfr. Cons. Stato, V, 13.1.1999, n. 29).
Il Legislatore prevede, tuttavia, la possibilità che, in presenza di una specifica e preventiva autorizzazione rilasciata da parte dell’Amministrazione di appartenenza, il dipendente pubblico possa eccezionalmente ricoprire incarichi ulteriori al di fuori di quelli istituzionali.
3.3 Il Collegio osserva che, quanto ai docenti universitari, rileva la disciplina di cui all’art.6 della Legge 30 dicembre 2010, n.240 che conserva la diversificazione nell’ambito del rapporto di lavoro dei docenti universitari tra quelli impegnati a tempo pieno e quelli a tempo definito. La differenziazione, nella mens legis, opera sul regime delle funzioni assegnate: per i docenti a tempo pieno è prevista l’incompatibilità con l’esercizio abituale di ogni attività professionale ulteriore o diversa ed un impegno didattico più ampio, cui corrisponde un differente trattamento economico e la possibilità di accedere ad incarichi ed uffici (rettore, direttore di dipartimento, coordinatore dei corsi di dottorato di ricerca, ecc.), preclusi, invece, ai docenti a tempo definito, che possono, invece, svolgere attività libero-professionali.
Anche per i docenti universitari è prevista l’autorizzazione quale condizione per lo svolgimento di incarichi esterni retribuiti; il citato art.6 della Legge n.240/2010 distingue, in particolare, tra le attività liberamente esercitabili, anche con l’ottenimento di un compenso e sempre fatto salvo il rispetto degli obblighi istituzionali, e attività che possono essere svolte esclusivamente previa autorizzazione, presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purché non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l’università di appartenenza. Tra le prime rientrano l’attività di valutazione e referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, attività di collaborazione scientifica e di consulenza, attività di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, attività pubblicistiche ed editoriali; tra le seconde, funzioni didattiche e di ricerca nonché compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione.
3.4 Ora pare a quest’Organo giudicante che, nella fattispecie, l’incarico conferito da un Ente locale di Presidente di Commissione di Collaudo Tecnico-Amministrativo e di Collaudatore Statico di un intervento di restauro sia connotato dall’occasionalità e non dalla professionalità, senza che sia possibile ingenerare, anche in via solo ipotetica o potenziale, una situazione di conflittualità con gli interessi facenti capo all’Amministrazione; peraltro, ai sensi dell’art.12 del DPR n.382/1980 come modificato dall’art.3 della Legge n.118/1989, i professori ed i ricercatori a tempo pieno ben possono – come appunto nella fattispecie – eccezionalmente svolgere attività per conto delle Amministrazioni dello Stato, di Enti pubblici o a prevalente partecipazione pubblica, purchè siano prestate in qualità di esperti nel proprio campo disciplinare, risultino compatibili con l’assolvimento dei propri doveri ed assolvano a compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione. Su questi presupposti si è ritenuto, a titolo esemplificativo, possibile (T.A.R. Sicilia, Palermo, I, 10.12.2001, n.1852) conferire studi in materia forestale propedeutici alla redazione di un Piano regolatore generale a docenti universitari a tempo pieno che insegnano presso la facoltà di agraria.
4. Per questi motivi il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento degli atti oggetto di impugnazione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti oggetto di impugnazione.
Condanna la Seconda Università degli Studi di Napoli al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in € 1.500,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Manda alla segreteria di darne comunicazione alle parti costituite.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Dell’Olio, Consigliere
Pubblicato il 29/12/2017