TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, Sez. I, 14 novembre 2019, n. 473

Professore universitario a tempo definito-Incompatibilità

Data Documento: 2019-11-14
Area: Giurisprudenza
Massima

L’art. 13, comma 1, n. 10 del D.P.R. n. 382 del 1980 (significativamente rubricato “aspettativa obbligatoria per situazioni di incompatibilità”) prevede che “ferme restando le disposizioni vigenti in materia di divieto di cumulo dell’ufficio di professore con altri impieghi pubblici o privati, il professore ordinario è collocato d’ufficio in aspettativa per la durata della carica, del mandato o dell’ufficio nei seguenti casi: […]10) nomina alle cariche di presidente, di amministratore delegato di enti pubblici a carattere nazionale, interregionale o regionale, di enti pubblici economici, di società a partecipazione pubblica, anche a fini di lucro. Restano in ogni caso escluse le cariche comunque direttive di enti a carattere prevalentemente culturale o scientifico e la presidenza, sempre che non remunerata, di case editrici di pubblicazioni a carattere scientifico”.
Secondo un risalente ma non superato insegnamento giurisprudenziale, tale disposizione “prevede il collocamento in aspettativa, come obbligatorio e non come meramente facoltativo […], sicché risulta esclusa la possibilità di valutazioni discrezionali dell’amministrazione di appartenenza del dipendente, in ordine al se accordare o meno il collocamento in aspettativa, e per quale durata accordarlo” (così Cons. Stato, Sez. VI, n. 1056 del 2004).
L’indirizzo richiamato impone di considerare come il regime di incompatibilità, e il conseguente obbligatorio collocamento in aspettativa, siano entrambi da riconnettere al puntuale verificarsi della fattispecie individuata dalla disposizione in esame, in ragione della carica assunta dal docente (“presidente” del consiglio di amministrazione) e della qualificazione (pubblica) da ascrivere al soggetto presso il quale la medesima carica viene rivestita, senza che residui alcuno spazio intermedio per un apprezzamento discrezionale da parte dell’Ateneo, che consenta di accertare la sussistenza o meno di una condizione di incompatibilità nel caso concreto.
Il punto nodale (data la pacifica assunzione della carica di presidente del consiglio di amministrazione della società) attiene dunque alla natura (pubblica o privata) del soggetto giuridico presso il quale è avvenuta ed è stata accettata la nomina, essendo, a ben vedere, del tutto irrilevante, alla stregua della norma, quali poteri o compiti siano stati in tal modo assegnati al ricorrente.
9. Quest’ultimo, nel secondo profilo di censura, suggerisce peraltro che la società Banca Mediocredito del Friuli Venezia Giulia non possa essere qualificata come partecipata dall’Amministrazione regionale e che essa, pertanto, non possa neppure essere considerata quale “società a partecipazione pubblica”, quanto meno nel senso prefigurato dall’art. 13, 1° co., n. 10 del D.P.R. n. 382 del 1980, ai fini dell’automatico collocamento in aspettativa.

Contenuto sentenza

N. 00473/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00364/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia [#OMISSIS#]
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 364 del 2018, proposto da 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Prada, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
contro
Università degli Studi Udine, in persona del legale rappresentante pro tempore, legalmente rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trieste, domiciliataria ex lege, con sede in Trieste, piazza Dalmazia, 3; 
per l’annullamento
del decreto rettorale prot. 0026101 dell’11.9.2018, con il quale il ricorrente è stato collocato in aspettativa senza assegni ai sensi dell’art. 13 del D.P.R. 11.7.1980, n. 382.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Universita’ degli Studi Udine;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2019 il dott. [#OMISSIS#] Bardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente ricopre il ruolo di professore ordinario nell’Università di Udine sin dal 2001.
Ricorda di avere optato, quale docente universitario di ruolo, per l’impegno a tempo definito, ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. n. 382 del 1980, impegno compatibile con l’esercizio della professione di avvocato (4° co. lett. b).
Su designazione dell’Amministrazione regionale, egli è stato nominato componente del consiglio di amministrazione della Società Banca Mediocredito del Friuli Venezia [#OMISSIS#] s.p.a., come da deliberazione dell’assemblea dei soci dell’11 luglio 2018. In pari data, il consiglio di amministrazione della Società lo ha quindi nominato presidente di tale organo.
Egli precisa, tuttavia, di non essere titolare di alcuna delega e di non esercitare alcun “potere” inerente all’amministrazione della società, bensì meri “compiti” per lo più attinenti alla legale rappresentanza della società stessa e al corretto funzionamento degli organi societari.
2. Deliberata e accettata la nomina, il ricorrente ha comunicato all’Università di Udine l’assunzione dell’incarico in data 11 luglio 2018. In tale sede egli evidenziava che “l’art. 13, 1° co., n. 10 del DPR 382/1980 prevede la collocazione in aspettativa, tra l’altro, nel caso di nomina alle cariche di presidente, di amministratore delegato di enti pubblici economici, di società a partecipazione pubblica, anche ai fini di lucro.
Banca Mediocredito FVG è una società di capitali di diritto privato (non ente pubblico), in cui la partecipazione pubblica è inferiore al 50%, ossia minoritaria”.
Sulla base di tali presupposti, egli concludeva che, nella fattispecie, “si rientrerebbe nell’ambito dell’attività liberamente esercitabile dal professore a tempo definito, il quale può far parte di consigli di amministrazione di società di capitali, nell’ambito dell’esercizio della propria attività professionale, esclusa soltanto la titolarità di cariche con deleghe operative, che comportano l’esercizio di attività commerciale, incompatibile con lo status di professore universitario”.
Osservava, infine, come il Regolamento afferente alla disciplina degli incarichi esterni (adottato dall’Ateneo ai sensi dell’art. 53, comma 3-bis, D. Lgs. n. 165 del 2001) avrebbe testualmente previsto (art. 2) l’esclusione dai casi di incompatibilità con il rapporto d’impiego, ogni qual volta l’assunzione della carica di presidente del consiglio di amministrazione non sia accompagnata dalla contestuale delega di poteri inerenti alla gestione della società, perché in simili evenienze l’attività del docente non si porrebbe in contraddizione con il divieto di esercizio dell’impresa e del commercio (che, riguardo ai professori che abbiano optato per il tempo definito, è testualmente sancito dall’art. 11, 4° co., lett. b) del D.P.R. n. 382 del 1980).
3. Tali rilievi (i quali, come si vedrà tra breve, sostanzialmente definiscono il perimetro del presente giudizio) venivano disattesi dal rettore dell’Università di Udine che, con l’avversato provvedimento, disponeva il collocamento in aspettativa senza assegni del ricorrente.
Il provvedimento in questione, richiama, quanto all’aspetto motivazionale, il parere emesso, su richiesta dell’Ateneo, dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, la quale, dopo aver rilevato come la partecipazione societaria detenuta dalla Regione si fosse attestata al 47% del capitale azionario e come fosse stato mantenuto in capo all’Amministrazione un significativo potere di indirizzo sulla gestione, riteneva di poter assegnare alla società l’attributo della partecipazione pubblica, rilevando, conseguentemente, l’insorgere di una situazione di incompatibilità a carico del ricorrente, così da imporne, ai sensi dell’art. 13, 1° co., n. 10 del D.P.R. n. 382 del 1980, il collocamento in aspettativa obbligatoria, qui contestato.
Va inoltre soggiunto che l’Avvocatura erariale, pur avvertendo dell’esistenza di taluni margini di incertezza nell’interpretazione della complessa materia, precisava in modo assai netto di non ravvisare lo spazio per introdurre un elemento di differenziazione, tale da far escludere dal regime di incompatibilità (e dal conseguente obbligo di disporre l’aspettativa) il particolare caso in cui l’assunzione della carica non fosse stata assecondata dal conferimento di poteri gestori o di indirizzo (come si sarebbe verificato per il ricorrente). Osservava poi come la figura del presidente del consiglio di amministrazione, nella fattispecie, non apparisse del tutto avulsa da compiti e prerogative in grado di incidere, anche in termini significativi, sull’andamento sociale.
4. Il ricorrente contesta, ora, gli assunti fatti propri dall’Università, esponendo, nell’alveo di un unico ampio ed articolato motivo, le seguenti tesi: da un lato, assume che il regime di aspettativa obbligatoria coglie esclusivamente le ipotesi in cui l’assunzione della carica sociale dia luogo allo svolgimento di una attività imprenditoriale (c.d. “esercizio dell’industria e del commercio”), con la conseguenza che l’assunzione della carica di presidente non operativo rivestirebbe un ruolo poco più che onorifico, di per sé non idoneo a generare elementi di incompatibilità rispetto alla prestazione del docente (con la quale non verrebbe in nessun modo ad interferire, non minando né la qualità dell’insegnamento, né il contenuto dell’attività scientifica) e, più in generale, all’andamento del rapporto di servizio che lega il ricorrente all’Ateneo di appartenenza.
Dall’altro lato, egli inoltre sostiene che la Società Banca Mediocredito del Friuli Venezia [#OMISSIS#] non può essere qualificata come pubblica, ovvero non può essere qualificata come tale nel contesto dell’art. 13 del D.P.R. n. 382 del 1980, il cui disposto andrebbe riferito alle sole società a prevalentepartecipazione pubblica.
5. Si è infine costituita in giudizio l’Università resistente, con memoria non di mera forma, depositata appena un giorno prima dell’udienza pubblica del 9 ottobre 2019, all’esito della quale la causa veniva introitata per la decisione.
6. La difesa del ricorrente eccepiva, nel corso dell’udienza, la tardività della memoria, in quanto prodotta oltre il termine previsto dall’art. 73, comma 1, c.p.a.
L’eccezione di tardività, riferita al deposito delle difese da parte dell’Amministrazione, è senz’altro fondata, dovendosi in proposito rilevare che tale adempimento processuale è stato posto in essere successivamente alla scadenza del termine stabilito, a questi fini, dall’art. 73, comma 1 c.p.a.
Va conseguentemente dichiarata l’inutilizzabilità della memoria depositata l’8 ottobre 2019, fatto salvo l’effetto, pur sempre riconducibile allo scritto difensivo in esame, di determinare la formale costituzione in giudizio dell’Amministrazione (costituzione poi confermata dalla rituale partecipazione all’udienza pubblica della difesa erariale – cfr. art. 1, R.D. n. 1611 del 1933).
7. Nondimeno il ricorso è infondato in relazione all’unico motivo dedotto, le cui declinazioni, strettamente connesse, possono essere trattate congiuntamente.
8. In linea generale, deve essere ricordato che l’art. 13, 1° co., n. 10 del D.P.R. n. 382 del 1980 (significativamente rubricato “aspettativa obbligatoria per situazioni di incompatibilità”) prevede che “ferme restando le disposizioni vigenti in materia di divieto di cumulo dell’ufficio di professore con altri impieghi pubblici o privati, il professore ordinario è collocato d’ufficio in aspettativa per la durata della carica, del mandato o dell’ufficio nei seguenti casi: […]10) nomina alle cariche di presidente, di amministratore delegato di enti pubblici a carattere nazionale, interregionale o regionale, di enti pubblici economici, di società a partecipazione pubblica, anche a fini di lucro. Restano in ogni caso escluse le cariche comunque direttive di enti a carattere prevalentemente culturale o scientifico e la presidenza, sempre che non remunerata, di case editrici di pubblicazioni a carattere scientifico”.
Secondo un risalente ma non superato insegnamento giurisprudenziale, tale disposizione “prevede il collocamento in aspettativa, come obbligatorio e non come meramente facoltativo […], sicché risulta esclusa la possibilità di valutazioni discrezionali dell’amministrazione di appartenenza del dipendente, in ordine al se accordare o meno il collocamento in aspettativa, e per quale durata accordarlo” (così Cons. Stato, Sez. VI, n. 1056 del 2004).
L’indirizzo richiamato impone di considerare come il regime di incompatibilità, e il conseguente obbligatorio collocamento in aspettativa, siano entrambi da riconnettere al puntuale verificarsi della fattispecie individuata dalla disposizione in esame, in ragione della carica assunta dal docente (“presidente” del consiglio di amministrazione) e della qualificazione (pubblica) da ascrivere al soggetto presso il quale la medesima carica viene rivestita, senza che residui alcuno spazio intermedio per un apprezzamento discrezionale da parte dell’Ateneo, che consenta di accertare la sussistenza o meno di una condizione di incompatibilità nel caso concreto.
Il punto nodale (data la pacifica assunzione della carica di presidente del consiglio di amministrazione della società) attiene dunque alla natura (pubblica o privata) del soggetto giuridico presso il quale è avvenuta ed è stata accettata la nomina, essendo, a ben vedere, del tutto irrilevante, alla stregua della norma, quali poteri o compiti siano stati in tal modo assegnati al ricorrente.
9. Quest’ultimo, nel secondo profilo di censura, suggerisce peraltro che la società Banca Mediocredito del Friuli Venezia [#OMISSIS#] non possa essere qualificata come partecipata dall’Amministrazione regionale e che essa, pertanto, non possa neppure essere considerata quale “società a partecipazione pubblica”, quanto meno nel senso prefigurato dall’art. 13, 1° co., n. 10 del D.P.R. n. 382 del 1980, ai fini dell’automatico collocamento in aspettativa.
Proprio quest’ultimo assunto non può però essere condiviso, dal momento che la suddetta società rientra pienamente nella categoria delle “società a partecipazione pubblica” secondo la piana definizione introdotta dall’art. 2, 1° co., D. Lgs. n. 175 del 2016, in base al quale sono tali “le società a controllo pubblico, nonché le altre società partecipate direttamente da amministrazioni pubbliche o da società a controllo pubblico” (lett. n).
Cosicché, la disposizione richiamata consente di chiarire che la qualificazione di società partecipata prescinde del tutto, come pare invece postulare il ricorrente, dalla contestuale presenza di forme di controllo dell’Amministrazione, essendo invero sufficiente la titolarità, da parte della Regione, di una quota del capitale sociale, quota che, peraltro, appare nel caso di specie tutt’altro che irrilevante (circostanza ben evidenziata nel parere formulato dall’Avvocatura erariale).
10. Tale conclusione è ulteriormente avvalorata dall’apparato definitorio contenuto nel citato art. 2 del D. Lgs. n. 175 del 2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), con il quale si chiarisce che per partecipazione deve intendersi “la titolarità di rapporti comportanti la qualità di socio in società o la titolarità di strumenti finanziari che attribuiscono diritti amministrativi” (lett. f).
Ma ancor più dev’essere rammentato che, ai sensi del successivo art. 12, i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate (salva l’amplificazione del regime di responsabilità nel caso di società in house) sono comunque soggetti, indipendentemente dall’assunzione di una posizione di controllo da parte dell’Amministrazione, alla giurisdizione della Corte dei conti, “nei limiti della quota di partecipazione pubblica” (1° co.), in tutti i casi di “danno erariale […], patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell’esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione” (2° co.).
Il che rende immediatamente percepibile come l’assunzione della carica di presidente, benché in carenza di deleghe esplicite e di poteri gestori o di indirizzo, ponga il ricorrente in una condizione di responsabilità volta a tutelare l’Amministrazione nei limiti della partecipazione (che si assomma alle ordinarie figure in cui si articola l’ordinaria responsabilità privatistica degli organi sociali nei confronti dei soci e del ceto creditorio), la quale costituisce un chiaro elemento sintomatico della qualificazione della società come “a partecipazione pubblica”, nel significato sotteso alla stessa lettera dell’art. 13, 1° co., n. 10 del D.P.R. n. 382 del 1980 (va inoltre soggiunto che la predetta qualificazione è attestata nelle delibere di parificazione del rendiconto della Regione, rese dalla competente sezione della Corte dei Conti – vd. ad es. deliberazione n. FVG/34/2018/PARI).
11. Emerge, sotto il profilo ora esaminato, la funzione di garanzia insita nell’automatico collocamento in aspettativa del docente, che “si giustifica (come riconosciuto anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 158 del 1985) per la plausibile e ragionevole considerazione della impossibilità del contemporaneo svolgimento, in modo adeguato, dell’attività di docente universitario nei compiti nuovi e complessi derivante dalla riforma dell’ordinamento universitario e dei compiti di notevole impegno connessi ad alcune cariche pubbliche. 
La regola è quindi quella del collocamento in aspettativa d’ufficio (e non a domanda, come per gli altri dipendenti dello Stato) senza assegni dei professori che assumono cariche pubbliche in senso lato. Ciò in quanto detta regola, sollevando il titolare dell’incarico dalle incombenze connesse al suo status di docente, gli consente di dedicare tutto il suo impegno al migliore espletamento dell’incarico, senza privarlo del suo posto di lavoro (cfr. Cons. di Stato, VI, n. 7945 del 2003)” (Cons. Stato, Sez. VI, n. 6511 del 2008), scongiurando gli effetti della altrimenti inevitabile dilatazione del perimetro della responsabilità erariale (automaticamente circoscritta, mediante il collocamento in aspettativa, al solo alveo della carica conferitagli).
12. Del resto, anche la sottile distinzione, prospettata dal ricorrente, tra i poteri di amministrazione (delegati ad altri soggetti) e i compiti (che gli sarebbero stati ascritti) inerenti al mero funzionamento degli organi sociali, sulla cui base viene proclamata l’estraneità della figura del presidente rispetto all’attività d’impresa, non appare sufficientemente circostanziata né, a ben vedere, del tutto convincente al fine di depotenziare la condizione di formale incompatibilità nella quale il docente si è venuto a trovare. 
Basti richiamare, in proposito, il prevalente indirizzo giurisprudenziale, formatosi successivamente alla modifica dell’art. 2392 c.c., avvenuta in seguito della riforma delle società di capitali del 2003, secondo il quale (contrariamente alla tesi esposta in sede d’impugnazione) i componenti del consiglio di amministrazione che, come il ricorrente, non siano stati destinatari di deleghe e risultino quindi non operativi, restano pur sempre implicati nelle scelte gestorie, rispetto alle quali risultano pienamente responsabili quando non abbiano impedito fatti pregiudizievoli commessi dagli amministratori operativi, “in virtù della conoscenza — o della possibilità di conoscenza, per il loro dovere di agire informati ex art. 2381 c.c. — di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze” (così ad es. Cass. Civ. Sez. I, n. 17441 del 2016).
Sotto quest’ultimo profilo, deve essere poi considerato come le particolari competenze tecniche, le quali costituiscono il necessario apporto scientifico-esperienziale del ricorrente alle sedute degli organi societari, non possono che acuirne l’influenza, così da interferire, quanto meno di fatto (specie in ragione della propria autorevolezza, amplificata dalla sottostante designazione regionale), con gli indirizzi e la gestione della società. 
Tale influenza, d’altro canto, risulta testualmente formalizzata nel contesto dello statuto della società, il quale, nell’art. 15, oltre a sancire, in relazione all’attività del consiglio di amministrazione, i poteri propulsivi del presidente, nel 9° co. attribuisce prevalenza al voto espresso da quest’ultimo nel caso di parità (e salvo, per particolari materie, il quorum previsto nel 10° co.), rendendo quindi potenzialmente determinante l’orientamento assunto dal ricorrente nel corso delle riunioni.
13. Sulla base delle considerazioni che precedono, il collocamento in aspettativa senza assegni del ricorrente non può che essere qualificato, dunque, come obbligatorio ai sensi dell’art. 13, 1° co., n. 10 del D.P.R. n. 382 del 1980, con piena conferma del provvedimento assunto in tal senso dall’Ateneo, in quanto:
a) la nomina a presidente (deliberata su designazione regionale) afferisce indiscutibilmente ad una società a partecipazione pubblica, tale dovendo essere ritenuta la Società Banca Mediocredito del Friuli Venezia [#OMISSIS#] s.p.a.; 
b) anche a prescindere da questo rilievo (di per sé assorbente), i compiti ascritti al ricorrente, in ragione del conferimento e della accettazione della carica di presidente, non appaiono prima facie estranei alla gestione, anche imprenditoriale, della compagine sociale, così da configurare una situazione di chiara incompatibilità, la cui rimozione impone l’automatico collocamento in aspettativa del docente.
14. Per i rilievi anzidetti il ricorso va dunque respinto.
Sussistono ugualmente giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite, considerata la novità delle questioni esaminate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia [#OMISSIS#] (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2019 con l’intervento dei Magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Bardino, Referendario, Estensore
Pubblicato il 14/11/2019

IL SEGRETARIO