Nelle procedure di abilitazione scientifica nazionale, i giudizi espressi dalla commissione non sono soggetti al vaglio giurisdizionale, in termini di ri-valutazione e/o correzione dei giudizi tecnici già espressi dall’organo all’uopo costituito, essendo il sindacato del giudice amministrativo in materia limitato ai profili della palese irragionevolezza e sproporzione ovvero al travisamento dei fatti.
Al riguardo, occorre osservare che l’ipotetico accoglimento delle censure articolate si risolverebbe, inevitabilmente, in un contro-giudizio da parte del giudice che, in violazione del principio fondamentale di separazione tra poteri dello Stato, sostituirebbe, a quelle espresse dalla Commissione, le proprie (a loro volta, opinabili) valutazioni sugli elementi critici (non congruità rispetto al settore) considerati dall’organo valutativo. Al contrario il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni, espressione di discrezionalità tecnica, è ammesso soltanto qualora esse travalichino nelle fattispecie della manifesta illogicità/irragionevolezza o dell’“error facti”.
TAR Lazio, Roma, Sez. III, 13 febbraio 2017, n. 2346
Abilitazione scientifica nazionale- Commissioni giudicatrici-Valutazione-Sindacato giurisdizionale
N. 02346/2017 REG.PROV.COLL.
N. 04421/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4421 del 2014, proposto da:
dott. [#OMISSIS#] Costa, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Covino, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, largo Messico, 7;
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, in persona del Ministro p.t., Anvur – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituita in giudizio;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia
1) del provvedimento di approvazione (di data e tenore sconosciuti) degli atti della Commissione giudicatrice della procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale, ex art. 16 L. n. 240 del 2010, a professore di prima e seconda fascia – settore concorsuale 12/E1 – Diritto internazionale e dell’Unione Europea, pubblicati in data 24.1.2014 sul sito del MIUR, nella parte in cui è stato dichiarato non abilitato il prof. [#OMISSIS#] Costa;
2) dei verbali da n. 1 a n. 6 e della relazione finale compresi i relativi allegati, redatti dalla commissione giudicatrice nella suddetta procedura;
3) dei giudizi individuali e collegiali formulati dalla citata Commissione sul profilo scientifico del ricorrente;
4) dei decreti direttoriali del MIUR con i quali sono stati prorogati i lavori delle commissioni;
5) del D.M. n. 76 del 7.6.2012;
6) della delibera dell’ANVUR n. 50 del 21.6.2012;
7) del documento del Consiglio direttivo dell’ANVUR denominato abilitazione scientifica nazionale – normalizzazione degli indicatori per l’età accademica;
8) del D.D. MIUR n. 245 del 13.2.2013, con il quale è stata nominato la Commissione giudicatrice nella procedura “de qua”;
9) del D.D. MIUR n. 674 del 16.4.2013 di nomina quale commissario del prof. [#OMISSIS#] in sostituzione della prof.ssa Carella;
10) di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o conseguente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca e dell’Anvur – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2016 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori: Avv. G. Covino e l’Avvocato dello Stato A. [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, dott. [#OMISSIS#] Costa, ricercatore di Diritto Internazionale, partecipava alla procedura di abilitazione scientifica nazionale (ASN) alle funzioni di professore universitario di seconda fascia, indetta con Decreto Direttoriale del MIUR n. 222 del 20 luglio 2012, in relazione al settore concorsuale 12/E1 – Diritto Internazionale e dell’Unione Europea.
L’esito della procedura è stato sfavorevole in quanto la Commissione, nel giudizio collegiale finale, con determinazione assunta all’unanimità dei propri componenti, ha considerato negativamente, il mancato superamento delle mediane di settore e l’esigua produzione scientifica complessiva (tre monografie più sette ulteriori pubblicazioni tra articoli su rivista e capitoli di libro nell’arco di un’età accademica che va dal 1977 al 2012), non compensata da un livello qualitativo estremamente positivo dei singoli scritti (cfr. Circolare MIUR dell’11.1.2013), valutati dai commissari di livello “limitato” per il carattere istituzionale e manualistico che connota, in particolare, le tre monografie, che non pervengono, secondo i valutatori, a risultati scientifici innovativi o originali.
Al momento della presentazione della domanda di partecipazione il candidato non superava alcuna delle tre mediane previste e disciplinate dall’art. 6 e dall’Allegato B al D.M. n. 76 del 2012.
2. Avverso gli atti indicati il dott. Costa ha proposto ricorso, con atto notificato in data 28 marzo 2014 e depositato il successivo 7 aprile, deducendo i motivi nel prosieguo riassunti.
Si è costituito in giudizio il MIUR producendo una relazione difensiva con allegati nella quale si ribadisce la legittimità della procedura e dei giudizi formulati dall’apposita Commissione, ai fini del rigetto del ricorso.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente svolge una critica generalizzata (per violazione dell’art. 16, comma 3, lettere a,b,c, Legge n. 240 del 2010; degli artt. 4 e 6, commi 4 e 5, d.P.R. n. 222 del 2011, dell’art. 3, comma 3, dell’art. 4, comma 1, dell’art. 6, comma 5, del D.M. n. 76 del 2012; del legittimo affidamento) al sistema adottato dall’ANVUR per il calcolo delle mediane di produttività scientifica di cui all’art. 6 e agli Allegati A e B D.M. n. 76 del 2012, il quale sarebbe nel complesso inattendibile (come dimostrerebbero alcuni documenti ufficiali in cui l’ANVUR ammette i successivi aggiustamenti e le rettifiche operate nel calcolo delle mediane, settore per settore), in quanto avrebbe introdotto nel sistema una notevole aleatorietà di metodo e di merito, impedendo ai futuri candidati di conoscere con sufficiente anticipo i requisiti da superare per conseguire l’abilitazione. Il sistema delle mediane, come in concreto attuato, sarebbe connotato da lacunosità e aleatorietà, in aperto contrasto con lo “spirito” della Legge n. 240 del 2010.
In secondo luogo, nell’ambito dello stesso primo motivo, parte ricorrente, deduce la violazione da parte della Commissione degli artt. 3, comma 3, 6, comma 5, D.M. n. 76 (oltre che degli artt. 4, comma 1 e 6, comma 5, D.M. cit.) per avere predisposto ulteriori e/o sostitutivi criteri di valutazione rispetto a quelli di cui al D.M. cit. (cfr. allegato al verbale n. 1 del 19.3.2013, doc. 2 ric.), senza esplicitare una motivazione adeguata come imposto dalle richiamate disposizioni.
3.2. Il motivo è complessivamente infondato per genericità e inconferenza.
In effetti, le doglianze del ricorrente nei confronti del sistema delle “mediane” degli indicatori di produttività scientifica, nell’ambito del sistema ASN, non si traducono in puntuali censure sul piano della legittimità dell’azione amministrativa, integrando piuttosto critiche di metodo e di opportunità della scelta ministeriale (art. 6 D.M. n. 76 del 2012, istitutivo dei criteri di valutazione nell’ambito dell’abilitazione scientifica nazionale) di attribuire un ruolo decisivo alle c.d. “mediane”, nella misurazione dell’impatto della produzione scientifica complessiva di cui all’articolo 4, comma 4, lettera a), D.M. cit. imponendo alle Commissioni di tener conto degli indicatori bibliometrici indicati negli Allegati A e B e di attenersi al principio secondo il quale l’abilitazione alla seconda fascia può essere attribuita esclusivamente ai candidati:
a) che sono stati giudicati positivamente secondo i criteri e i parametri di cui all’articolo 4, commi 1, 2, 3 e 4, lettere b), c), d), e), f), g), h), i) e l);
b) i cui indicatori dell’impatto della produzione scientifica complessiva presentino i valori richiesti per la prima fascia, sulla base delle regole di utilizzo degli stessi di cui all’allegato B, numero 3, lettera b (art, 6 comma 4, D.M. n. 76 del 2012).
Le lacune e le inesattezze nell’attuazione del sistema delle mediane, come detto, vengono dedotte in termini del tutto generici e non specificamente riferibili alla concreta situazione in cui versa il ricorrente. Le censure, pertanto, sono del tutto inconferenti.
Del pari infondate sono le doglianze contrarie alle determinazioni con cui la Commissione ha ritenuto di derogare agli specifici criteri valutativi normativamente prefigurati dal D.M. n. 76 del 2012 ovvero di integrarli. Siffatta facoltà trovava un preciso referente normativo nell’art. 3, comma 3, del medesimo D.M. – dove si legge che “l’eventuale utilizzo di ulteriori criteri e parametri più selettivi ai fini della valutazione delle pubblicazioni e dei titoli sono predeterminati dalla commissione, con atto motivato pubblicato sul sito del Ministero e su quello dell’università sede della procedura di abilitazione” – e nell’art. 6, comma 5, D.M. cit. – secondo cui qualora la commissione intenda discostarsi dai suddetti principi (che sono quelli emergenti dagli artt. 3, 4 e 5 D.M. 76/2012) è tenuta a darne motivazione preventivamente, con le modalità di cui all’articolo 3, comma 3, e nel giudizio finale. L’onere di motivazione – a cui sono espressamente subordinate le deroghe ai criteri regolamentari e le integrazioni degli stessi – risulta pienamente assolto dalla Commissione che ha puntualmente esposto le ragioni in considerazione delle quali si è orientata ad intervenire (al riguardo è sufficiente la lettura dell’Allegato 1, dedicato ai “criteri”, al verbale della prima riunione del 19.3.2013, doc. 2 ric.).
4.1. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente censura che la motivazione del giudizio espresso dalla Commissione, che sarebbe partita da una sorta di “preconcetto” nei confronti delle opere di taglio manualistico (tali sarebbero le monografie di cui il ricorrente è autore) le quali al contrario, nella specie, attesterebbero la capacità dell’autore di “riorganizzare un intero ambito giuridico”.
4.2. Il motivo è infondato.
La Commissione nel giudizio collegiale e, in termini analoghi, i singoli commissari nei rispettivi giudizi individuali si esprimono nei termini seguenti (doc. 4 ric.): “i lavori indicati come monografie sono in realtà o raccolte di materiali giuridici commentate o lavori di taglio istituzionale e manualistico, che non costituiscono vere e proprie monografie scientifiche….in tutte le pubblicazioni presentate il candidato, pur mostrando conoscenza dei temi trattati, rivela limiti di metodo, di analisi giuridica e di inquadramento teorico-sistematico; e non perviene a risultati innovativi o originali.”.
I giudizi espressi appaiono coerenti l’uno con l’altro e, seppur con sfumature diverse, evidenziano tutti i medesimi limiti qualitativi nel valutare la produzione scientifica del ricorrente. Sul piano quantitativo è invece oggettivo (e non contestato) il dato del mancato conseguimento degli indicatori di produttività scientifica con riguardo a tutte e tre le mediane di settore e quello di una produzione numericamente assai limitata se rapportata alla lunga età accademica del candidato. Dovendosi considerare sufficientemente motivato il giudizio espresso, le ulteriori censure del ricorrente si traducono in assunzioni dirette a sovvertire, sul piano dell’apprezzamento tecnico-scientifico, la valutazione compiuta. Tuttavia, in conformità ad orientamenti della giurisprudenza amministrativa da tempo consolidati, i giudizi espressi dalla Commissione non sono soggetti al vaglio giurisdizionale, in termini di ri-valutazione e/o correzione dei giudizi tecnici già espressi dall’organo all’uopo costituito, essendo il sindacato del G.A. in materia limitato ai profili della palese irragionevolezza e sproporzione ovvero al travisamento dei fatti, elementi che il Collegio non rileva nel caso di specie. In effetti, l’ipotetico accoglimento delle censure articolate si risolverebbe, inevitabilmente, in un contro-giudizio da parte di questo Giudice che, in violazione del principio fondamentale di separazione tra poteri dello Stato, sostituirebbe, a quelle espresse dalla Commissione, le proprie (a loro volta, opinabili) valutazioni sugli elementi critici (non congruità rispetto al settore) considerati dall’Organo valutativo. Al contrario il sindacato del Giudice Amministrativo sulle valutazioni, espressione di discrezionalità tecnica, è ammesso soltanto qualora esse travalichino nelle fattispecie della manifesta illogicità/irragionevolezza o dell’“error facti”, ipotesi obbiettivamente non ricorrenti nella specie.
5.1. Nel terzo motivo si contestano i tempi eccessivamente ristretti impiegati dalla Commissione – n. 6 riunioni nell’arco di sei mesi per esaminare le pubblicazioni dei n. 68 candidati all’abilitazione per la prima fascia e dei 164 candidati all’abilitazione per la seconda fascia – per valutare le pubblicazioni dei candidati che, calcolati sulla base delle riunioni collegiali effettivamente tenute in rapporto al numero dei candidati (tra prima e seconda fascia) ed al numero di pubblicazioni allegabili (n. 12 per la prima fascia e n. 18 per la seconda), si dimostrerebbero del tutto insufficienti a consentire una seria e ponderata valutazione della produzione scientifica.
5.2. Il Collegio non ritiene la censura fondata, atteso che:
a) sono condivisibili le affermazioni contenute nella relazione ministeriale ove si evidenzia che: la Commissione poteva legittimamente utilizzare strumenti di lavoro telematico (art. 8, comma 7, d.P.R. n. 222 del 2011); era previsto l’uso di una piattaforma informatica che ha reso possibile per i singoli commissari la condivisione con gli altri, ben prima della loro pubblicazione, delle bozze dei propri giudizi individuali via via che essi maturavano; in ogni caso la piattaforma ha consentito a ciascun singolo commissario di poter svolgere un rilevante lavoro preparatorio, successivamente “confluito” nel lavoro collegiale di tutta la Commissione, riducendo i tempi delle riunioni collegiali “in presenza”;
b) più in generale, dai tempi di lavoro della Commissione giudicatrice non possono automaticamente desumersi profili di illegittimità sotto il profilo del difetto di istruttoria o della mancanza dei presupposti; secondo ormai costanti indirizzi giurisprudenziali (cfr. ex multis Tar Lazio, Sez. III, 11238 del 10.11.2014; id. 10560 del 21.10.2014), infatti, “non è sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alla valutazione delle prove d’esame di candidati; in primo luogo, infatti, manca una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti; in secondo luogo, non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato; inoltre, i calcoli risultano scarsamente significativi laddove siano stati effettuati in base ad un computo meramente presuntivo, derivante dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o degli elaborati esaminati” (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 11 dicembre 2013, n. 5947);
c) nel caso di specie non risultano addotti elementi tali da fare ritenere che i tempi siano stati talmente ridotti da superare gli argomenti contenuti nella sentenza sopra riportata, considerato – tra l’altro – che appare verosimile quanto osservato dall’Amministrazione secondo cui occorre tener conto anche del lavoro preparatorio svolto dai Commissari al di fuori delle riunioni e che è stato poi convogliato in sede collegiale.
Per quanto precede il motivo “de quo” non può considerarsi fondato e va, per l’effetto, respinto.
6.1. Con il quarto motivo parte ricorrente contesta inoltre la legittimità della procedura con riguardo alle modalità di svolgimento del sorteggio dei docenti universitari inseriti nelle apposite liste degli aspiranti commissari nazionali, il quale non si sarebbe svolto nel rispetto di quanto prescritto dall’art. 7 D.P.R. n. 222 del 2011 in quanto non si sarebbe adottata una sequenza di estrazioni numeriche unica per tutte le commissioni, secondo quanto previsto da una nota redatta dal comitato tecnico nominato dal MIUR e pubblicata prima dell’inizio delle operazioni di estrazione (doc. 21 ric.): in realtà l’Amministrazione non ha usato un’unica sequenza numerica per tutti i settori concorsuali, ossia quella sorteggiata nella prima seduta del 30.12.2012 (11-14-1-5) avendo successivamente effettuato nuove estrazioni distinte. Nel medesimo motivo i ricorrenti articolano ulteriori censure (par. 4.2.) per violazione del principio di collegialità in quanto uno dei commissari (prof. [#OMISSIS#]) è intervenuto nel corso della procedura valutativa per sostituire la componente dimissionaria, prof.ssa Carella (le cui dimissioni sarebbero state illegittimamente accettate dal MIUR); il nuovo componente non ha partecipato alla parte iniziale delle operazioni e in particolare alla determinazione dei criteri valutativi e non avrebbe potuto ratificarli “ex post” in quanto la natura di collegio perfetto della Commissione giudicatrice impedirebbe che “la commissione operi al completo solo per ratificare il lavoro svolto da una limitata parte dei suoi componenti”.
6.2. Quanto al sorteggio, il Collegio rileva che la circostanza che si sia di fatto proceduto a molteplici estrazioni numeriche ripartite per gruppi di settori concorsuali, invero, non si pone in contrasto con alcuna delle disposizioni rinvenibili nell’art. 16 della n. 240 del 2010, istitutiva dell’abilitazione scientifica nazionale né con alcuna delle norme contenute nel D.P.R. n. 222 del 2011 (regolamento governativo disciplinante le modalità organizzative di tutte le procedure ASN). La circostanza in contestazione, pertanto, non può integrare una fattispecie di “violazione di legge”. I molteplici sorteggi operati per l’individuazione dei componenti delle varie commissioni giudicatrici da formare in relazione a ciascun settore concorsuale, secondo il ricorrente, avrebbero violato (non una disposizione di legge o regolamentare ma) una nota esplicativa redatta dal “comitato tecnico” diffusa dal MIUR sul proprio sito (e denominata “Modalità di sorteggio delle commissioni per l’abilitazione scientifica nazionale ai sensi del d.P.R. n. 222 del 2011”), nella quale si ravvisava l’opportunità di un’operazione di sorteggio unitaria per tutti i settori e comunque, basata su un’unica sequenza numerica da applicare ai diversi settori concorsuali.
Si è trattato, pertanto, di un’istruzione o direttiva interna all’Amministrazione, il cui omesso rispetto, a tutto concedere, potrebbe integrare, ipoteticamente, una fattispecie di “eccesso di potere”.
E’ tuttavia noto e consolidato il principio secondo cui la violazione di istruzioni, circolari, norme interne ecc. può sì integrare il vizio di eccesso di potere ma soltanto ove si riveli sintomatico di una deviazione dell’esercizio del potere amministrativo, nel suo concreto svolgimento, dallo scopo (id est dall’interesse pubblico) che la stessa norma attributiva del potere individua.
Orbene, nella specie, è invece evidente che la necessità di procedere ad una pluralità di sorteggi non ha rappresentato una deviazione dall’interesse pubblico che sovrintende alle procedure abilitative in esame, né vi è alcun elemento che induca a ritenere che la molteplice estrazione abbia in alcun modo pregiudicato la regolarità ed imparzialità della procedura di formazione delle varie commissioni giudicatrici a partire dalle liste all’uopo predisposte, non essendo emerso alcun serio elemento che induca a ritenere che l’imparzialità delle commissioni sarebbe stata meglio garantita da un sorteggio unico nazionale.
La Sezione ha già avuto modo di osservare in tema (cfr. TAR Lazio, sez. III, 22 settembre 2015, n. 11324) che “le allegazioni ministeriali contenute nella relazione difensiva ….appaiono più che convincenti nel giustificare le ragioni e l’opportunità del ricorso ai diversi sorteggi numerici abbinati a distinti settori concorsuali variamente raggruppati ed eseguiti via via che venivano completate le liste degli aspiranti commissari, previo esame dei titoli da essi esibiti e nel rispetto del contraddittorio disciplinato dall’art. 8 D.M. n. 76 del 2012. Ha dedotto in particolare il Ministero resistente che:
– “tutta la catena normativa (legge n. 240 del 2010, DPR n. 222 del 2011, DM n. 76 del 2012) è incentrata sul settore concorsuale che, come è noto, costituisce una delle principali novità introdotte dalla legge n. 240 del 2010 ed è configurato dall’art. 15 delle medesima legge quale aggregazione di livello superiore rispetto ai settori scientifico disciplinari”;
– il citato art. 8 del D.M. 76 / 2012 prevede una dettagliata disciplina per l’accertamento della qualificazione scientifica degli aspiranti commissari da parte dell’ANVUR, nella quale è incluso il contraddittorio con gli interessati; è previsto in particolare che l’ANVUR dispone di gg. 30 per l’esame dei titoli dei candidati; che la Direzione generale competente deve provvedere, se del caso, alla notifica all’istante dei motivi che ostano accoglimento della candidatura; che l’interessato può produrre le proprie osservazioni nei successivi dieci giorni; che l’ANVUR, infine, su richiesta della competente Direzione Generale, adotti la sua decisione da notificare all’interessato;
– la suddetta disciplina, com’è di intuitiva evidenza, ha comportato tempistiche differenziate (anche in modo rilevante) per la definitiva formazione di ciascuna lista, in funzione del numero degli aspiranti (molto diverso da settore a settore), della quantità di osservazioni da esaminare ecc.;
– ciò ha indotto il MIUR, al fine di costituire le commissioni in tempi ragionevoli, di precedere alle operazioni di sorteggio (così consentendo alle commissioni neo nominate di iniziare i loro lavori) man mano che venivano completate le procedure di formazione delle liste corrispondenti ai vari settori concorsuali;
– sarebbe stato invero irragionevole ritardare senza motivo i sorteggi relativi alle liste già definite nell’attesa della definizione delle altre liste rivelatasi maggiormente problematiche (per numero di aspiranti, complessità della disamina dei titoli, disamina delle osservazioni dei candidati esclusi) e tali da richiedere tempi prolungati;
– peraltro la normativa prevede espressamente ipotesi di sorteggio separate allorché si debba procedere alla sostituzione dei commissari (art. 7, comma 5, D.P.R. n. 222 del 2011)”.
Per le considerazioni che precedono il Collegio respinge “in [#OMISSIS#]” la censura esaminata.
6.3. Con riguardo invece alla presunta violazione del principio della collegialità perfetta in rapporto alla sostituzione di uno dei commissari originari con il nuovo commissario che, entrato in funzione dal 30.4.2013, non ha partecipato alla prima fase dei lavori commissariali, il Collegio osserva che l’ipotesi verificatasi nella specie, invero, è contemplata dall’art. 7, comma 5, d.P.R. n. 222 del 2011 a mente del quale “5. In tutti i casi in cui occorre sostituire un commissario si procede ad un nuovo sorteggio secondo le modalità di cui al presente articolo. Sono fatti salvi gli atti della commissione compiuti prima della sostituzione, ad eccezione di quelli che sono espressione di un giudizio tecnico-discrezionale individuale del componente sostituito.”. A detta disposizione la Commissione si è attenuta. Non appaiono poi pertinenti i precedenti giurisprudenziali richiamati da parte ricorrente che si riferiscono alla fattispecie ben diversa (e non realizzatosi nella specie) di attività svolte da una parte soltanto dei commissari dell’Organo in carica che opererebbe così in composizione “ridotta” (e, in quanto, tale illegittima) e successivamente ratificate dal “plenum”.
6.4. Per quanto precede il quarto motivo va complessivamente respinto.
7.1. Con il quinto ed ultimo motivo il ricorrente si duole del prolungarsi dei lavori della Commissione oltre il termine massimo (cinque mesi) sancito dall’art. 16 della Legge n. 240/2010, dall’art. 8 comma 6 D.P.R. n. 222 del 2011 e dal bando (D.P.R. n. 222 del 20.7.2012) in assenza di valida proroga, il che avrebbe dovuto comportare la decadenza della Commissione e la sostituzione dei membri della stessa; precisano i ricorrenti che le proroghe successive al 30.6.2013 e disposte dal MIUR con appositi Decreti Direttoriali (vedi in particolare il D.D. n. 1718 del 20.9.2013 ed il D.D. n. 1767 del 30.9.2013) sarebbero illegittime in quanto il comma 394 dell’art. 1 della Legge n. 228/2012 (c.d. Legge di Stabilità) ammetteva che la proroga potesse essere disposta soltanto con “decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze”.
7.2. In realtà, secondo il [#OMISSIS#] orientamento della Sezione, in svariate occasioni pronunciatasi in argomento, devono essere disattese le censure che in linea generale riguardino il superamento del termine per la conclusione della procedura ASN e le proroghe disposte con i DPCM 19.6.2013 e 26.9.2013 atteso che “il termine per la conclusione dei lavori della commissione è stato legittimamente prorogato dapprima al 30 giugno 2013 per effetto dell’art. 1 comma 389 della L. 228/2012, poi – in forza del comma 394 del medesimo art. 1 – che ha autorizzato la proroga con D.P.C.M. – dall’art. 1, comma 2, D.P.C.M. 19 giugno 2013 e, successivamente, dall’art. 1, comma 1, D.P.C.M. 26 settembre 2013, che lo ha fissato al 30 novembre 2013; i decreti direttoriali del MIUR n. 1263 del 28.6.2013 e n. 1767 del 30.9.2013 hanno prorogato i lavori delle commissioni costituite, nell’osservanza dei suddetti termini finali a ciò autorizzati dai D.P.C.M. sopra menzionati” (cfr. “ex multis” TAR Lazio, III, n. 12405 del 9.12.2014),.
I DPCM del 19.6.2013 e del 26.9.2013 sopracitati citati hanno chiaramente fissato i termini massimi entro cui i decreti direttoriali avrebbero potuto disporre la proroga (rispettivamente il 30.9.2013 e il 30.11.2013) per la conclusione dei lavori delle commissioni.
8. Conclusivamente, stante l’infondatezza dei motivi che lo sorreggono, il ricorso deve essere respinto. Le spese di giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente in epigrafe al pagamento delle spese di giudizio in favore del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e delle Ricerca, in persona del Ministro p.t., che liquida complessivamente in € 1.000,00 (mille/00), oltre oneri tutti di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario, Estensore
Pubblicato il 13/02/2017