N. 08374/2015 REG.PROV.COLL.
N. 16570/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 16570 del 2014, proposto da:
Libera Università Internazionale degli Studi Sociali – LUISS Guido [#OMISSIS#], Libera Università di Lingue e Comunicazione – IULM, Libera Università [#OMISSIS#] Ss. Assunta – LUMSA, Università Campus Bio-Medico di Roma, Università [#OMISSIS#] Cattaneo – LIUC, Libera Università degli Studi di Enna “Kore”, Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Università Vita-Salute San [#OMISSIS#], in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avv. [#OMISSIS#] Mangia e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Liegi, 32;
contro
Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
– della delibera ANAC n. 144 del 7 ottobre 2014 recante “Obblighi di pubblicazione concernenti gli organi di indirizzo politico nelle pubbliche amministrazioni”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 giugno 2015 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi gli avv. Mangia e [#OMISSIS#] per le Università ricorrenti e l’avv. dello Stato P. Di Palma per ANAC;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha adottato, in data 7 ottobre 2014, la delibera n. 144/2014 recante “Obblighi di pubblicazione concernenti gli organi di indirizzo politico nelle pubbliche amministrazioni”.
In particolare, la predetta delibera, nell’affrontare una serie di questioni riguardanti la recente normativa in materia di obblighi di trasparenza e pubblicità di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ha ritenuto che anche le Università c.d. “libere” (oltre alle Università statali) fossero assoggettate a tale disciplina poiché comprese nella nozione di “amministrazioni pubbliche” di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs n. 165 del 2001 (cfr art. 11 del citato d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33).
Avverso tale delibera n. 144/2014, hanno proposto impugnativa n. otto (8) Università non statali (LUISS, LUMSA, IULM di Milano, Università Campus Bio-Medico di Roma, Università [#OMISSIS#] Cattaneo – LIUC, Libera Università degli Studi di Enna “Kore”, Università degli Studi di scienze gastronomiche – UNISG e Università Vita–Salute San [#OMISSIS#] di Milano), chiedendone l’annullamento nella parte in cui, al paragrafo 4, identifica fra le “pubbliche amministrazioni” tenute a dare attuazione alle disposizioni contenute nel d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (come modificato dall’art. 24-bis del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito nella legge 11 agosto 2014, n. 114) anche le “università non statali legalmente riconosciute” (unitamente all’Allegato 1 contenente la “Elencazione esemplificativa degli organi di indirizzo politico e di amministrazione e gestione in alcune amministrazioni”, per la parte di interesse).
Al riguardo, le Università ricorrenti hanno proposto i seguenti motivi:
1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, legge 20 marzo 1975, n. 70; degli artt. 1 e 199, r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, Testo unico delle leggi sull’istruzione universitaria; degli artt. 1 e 4, legge 29 luglio 1991, n. 243; dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in relazione all’affermazione della natura di ente pubblico delle università non statali.
Parte ricorrente contesta la qualificazione in termini di “enti pubblici non economici” delle Università non statali sia per l’assenza di specifiche previsioni normative sia per la mancanza degli indici di pubblicità individuati dalla giurisprudenza che si è occupata della questione.
Ed invero, oltre a non essere qualificate dalla legge come enti pubblici, le università c.d. “libere” sono invece riconosciute dai rispettivi statuti come soggetti privati.
A fronte di tali indicazioni legislative e statutarie, la riqualificazione delle università non statali in termini pubblicistici potrebbe avvenire in base alla teoria, elaborata dalla giurisprudenza, degli indici rivelatori della pubblicità degli enti formalmente privati ovvero, oltre all’istituzione per legge, il fine pubblicistico, il rapporto di strumentalità o di servizio con lo Stato o con un ente territoriale in ragione del quale l’ente è sottoposto a poteri di indirizzo e di controllo, il finanziamento (totale o maggioritario) a carico dell’erario, l’attribuzione per legge di poteri pubblicistici, il carattere necessario dell’ente (nel senso dell’obbligatorietà della sua esistenza).
Tuttavia, gli indici di pubblicità devono essere univoci e prevalenti come riconosciuto dalla stessa giurisprudenza secondo cui “l’impostazione di tipo formalistico impressa dall’ordinamento alla qualificazione di un ente in termini pubblicistici impone che, in assenza di un’esplicita volontà espressa nell’atto di riconoscimento della persona giuridica, il ricorso ad indici indiretti, rivelatori della natura pubblica, sia condotto con cautela, con la conseguenza che se l’atto costitutivo attribuisce all’ente […] esplicitamente la natura privata, il superamento della volontà consacrata in tale atto può avvenire soltanto allorché tali indici assumano [#OMISSIS#] univoca, tale da superare e prevalere sulla configurazione formale, e ciò anche in ossequio ai principi fondamentali che informano il nostro ordinamento giuridico, il quale garantisce agli individui la libertà di esplicarsi nella società, attraverso la valorizzazione dell’autonomia privata” (TAR Lazio, Sez. II, 19 aprile 2013, n. 3971; Cass. civ., sez. lavoro, 15 dicembre 1999, n. 14129).
Nel caso di specie, invero, i suddetti indici risultano insussistenti (in particolare, l’istituzione per legge o la necessarietà della loro esistenza) e, comunque, non in condizione di ricondurre le università ricorrenti nel perimetro degli enti pubblici (non economici).
Con riguardo poi all’ingerenza ministeriale sulla governance delle università libere, emerge dalle disposizioni statutarie che né al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca né ad altri enti pubblici nazionali o locali sono attribuiti poteri tali da mutarne la qualificazione in termini pubblicistici. La presenza di rappresentanti ministeriali negli organismi di governo delle università ricorrenti risulta, infatti, decisamente minoritaria e non sarebbe, pertanto, in condizione di alterare le ordinarie dinamiche private di gestione di tali enti.
Con riguardo all’indice del consistente finanziamento pubblico, i beni patrimoniali a disposizione delle università libere ricorrenti provengono da enti promotori e finanziatori nonché dalle “rette” corrisposte dagli studenti iscritti; dai bilanci delle Università ricorrenti, risulta invero che la percentuale dei finanziamenti pubblici rispetto a quelli di provenienza privata non è mai superiore al 10%. Ne deriva quindi che la sussistenza dell’indice di pubblicità del finanziamento pubblico prevalente è da escludere con riferimento alle Università ricorrenti;
2) in via subordinata, illegittimità del provvedimento impugnato conseguente all’illegittimità costituzionale delle disposizioni legislative vigenti per le università non statali in relazione all’art. 33 della Costituzione.
Le disposizioni legislative applicabili alle università non statali, ove interpretate nel senso di attribuire alle ricorrenti natura di ente pubblico, sono illegittime per contrasto con l’art. 33 della Costituzione.
Si noti, invero, che la riserva pubblicistica che parte della dottrina ha rilevato con riferimento agli enti di assistenza (IPAB) è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale (cfr sentenza 7 aprile 1988, n. 396) proprio sulla base dell’interpretazione dell’art. 38, ultimo comma, Cost. la cui formulazione è analoga al citato art. 33 Cost..
Ora, anche con riguardo all’istituzione dei centri di istruzione universitaria, l’art. 33 Cost. non stabilisce alcuna riserva pubblicistica; pertanto, se si aderisse all’interpretazione secondo cui la legislazione applicabile alle università non statali (v. artt. 1 e 199 del r.d. 31 agosto 1933, n. 1592; art. 1, comma 5, legge 14 agosto 1982, n. 590; art. 1 della legge 29 luglio 1991, n. 243; art.1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165) come quella in tema di pubbliche amministrazioni prevedono una riserva pubblicistica per le università libere, tali disposizioni risulterebbero in contrasto con l’art. 33 Cost.;
3) violazione degli artt. 14 e 22, comma 3, del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 ed illegittimità del provvedimento impugnato conseguente alla illegittimità costituzionale degli artt. 14 e 22, comma 3, d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33 in relazione agli artt. 76 e 3 della Costituzione.
Con tale censura, le Università ricorrenti contestano poi la loro assoggettabilità agli obblighi di pubblicità e trasparenza previsti dall’art. 14 del d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33, in quanto prive di organi di indirizzo politico.
Ed invero, posto che le università non statali non sono dotate di organi di indirizzo politico, la norma citata non può trovare applicazione nei confronti di tali enti.
Nei confronti delle università non statali, altresì, non può trovare applicazione neanche l’art. 22, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013 recante la disciplina della pubblicazione nei “siti istituzionali degli enti di cui al comma 1” dei “dati relativi ai componenti degli organi di indirizzo”.
Gli “enti di cui al comma 1” sarebbero, invero, gli enti compresi nell’ambito di applicazione del d.lgs. n. 33 del 2013 (cfr art. 11, comma 2) ma, tra tali enti, non rientrano le università non statali.
Tuttavia, laddove dovesse ritenersi corretta l’interpretazione delle predette disposizioni data dall’ANAC, va, anche in questo caso, eccepita l’illegittimità costituzionale di tali norme per violazione dell’art. 76 della Costituzione in relazione all’art. 1, comma 35, lett. c), della legge 6 novembre 2012, n. 190 (“Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”), che – nell’indicare i principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega da parte del Governo – limita espressamente gli obblighi di pubblicità ai “dati relativi ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale”.
Gli artt. 14 e 22, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013, ove interpretati nel senso che gli obblighi di pubblicità si applicano agli organi di indirizzo delle università non statali, sono altresì costituzionalmente illegittimi per violazione del principio di ragionevolezza, in quanto il sacrificio richiesto alla tutela dei dati personali dei titolari degli organi di indirizzo politico potrebbe essere ritenuto “non sproporzionato” laddove si riferisca unicamente a soggetti che ricoprono incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico in quanto, solo nei confronti di questi ultimi, può ritenersi preminente un’esigenza di controllo da parte dei consociati.
In data 14 gennaio 2015, si è costituita l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), eccependo dapprima l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e chiedendone comunque il rigetto perché infondato nel merito, in particolare, richiamando le argomentazioni contenute nella sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 5054/2004 che ha qualificato l’Università LUISS quale “ente pubblico non economico”.
Con memoria, le Università ricorrenti hanno, a loro volta, insistito per l’accoglimento del gravame.
Alla pubblica udienza del 3 giugno 2015, dopo la discussione delle parti, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
A) Oggetto del giudizio ed esame dell’eccezione di inammissibilità proposta da ANAC.
1. In via preliminare, va delimitato l’oggetto del presente giudizio, per come emerge dal ricorso introduttivo del giudizio e per come ulteriormente chiarito da parte ricorrente in sede di discussione orale durante la pubblica udienza.
2. Al riguardo, va anzitutto chiarito che la delibera ANAC n. 144/2014 riguardante le modalità applicative degli obblighi di trasparenza e pubblicazione previsti dal d.lgs n. 33 del 2013 si riferisce, in via esclusiva, alle “pubbliche amministrazioni” ed, in tale ambito, la predetta delibera richiama espressamente le università non statali legalmente riconosciute (cfr pg. 4 ed allegato 1 della delibera impugnata); ora, che la delibera n. 144/2014 non riguardi, in via generale, tutti gli enti richiamati nell’art. 11 del citato d.lgs n. 33 del 2013 a cui è applicabile la disciplina normativa contenuta nel decreto da ultimo citato è, peraltro, chiarito dallo stesso paragrafo 1. della delibera impugnata laddove si precisa quanto segue: “La presente deliberazione è volta a definire l’ambito soggettivo di applicazione delle disposizioni del decreto n. 33 del 2013 con riferimento alle pubbliche amministrazioni.
La delimitazione dell’ambito soggettivo di applicazione delle stesse disposizioni con riferimento agli enti di diritto privato controllati o partecipati da pubbliche amministrazioni sarà oggetto di distinta deliberazione”.
In estrema sintesi, quindi, la delibera impugnata n. 144/2014 definisce gli obblighi di pubblicazione con riferimento alle “pubbliche amministrazioni” (cfr art. 11, comma 1, del d.lgs n. 33 del 2013) e agli enti di diritto pubblico di cui al successivo comma 2, lettera a) del medesimo decreto, mentre rinvia a successive disposizioni la delimitazione dell’ambito soggettivo di applicazione con riferimento agli enti di diritto privato di cui alla successiva lettera b) dell’art. 11, comma 2, del predetto d.lgs n. 33 del 2013.
3. Ciò premesso, parte ricorrente contesta quindi (cfr primo motivo) la delibera ANAC n. 144/2014 (recante, come detto, “Obblighi di pubblicazione concernenti gli organi di indirizzo politico nelle pubbliche amministrazioni”) nella parte in cui include le Università non statali (ovvero le ricorrenti) tra le pubbliche amministrazioni ed, in particolare, tra gli “enti pubblici non economici” ricompresi nella nozione di “amministrazioni pubbliche” di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Ciò, peraltro, è confermato dalla stessa memoria difensiva depositata da ANAC che, nell’individuare la natura giuridica delle Università non statali legalmente riconosciute, le inquadra nella nozione di “ente pubblico non economico” che, a sua volta, è ricompreso nell’ambito delle “amministrazioni pubbliche” di cui al citato art. 1, comma 2, del d.lgs n. 165 del 2001.
Sul punto, l’Autorità resistente richiama, peraltro, quella parte della giurisprudenza che, invero, inquadra le c.d. “università libere” tra gli enti pubblici non economici ed, al riguardo, cita in particolare la sentenza della Cassazione civile, SS.UU., n. 5054/2004 concernente l’Università LUISS.
4. In sintesi, non si tratta in questa sede di chiarire se alle Università non statali siano o meno applicabili le disposizioni contenute nel d.lgs n. 33 del 2013 bensì se le predette Università siano da ricomprendere nella nozione di “pubbliche amministrazioni” di cui all’art. 11, comma 1 (che richiama, a sua volta, l’art. 1, comma 2, del d.lgs n. 165 del 2001) e comma 2 lett. a) del citato decreto.
5. Alla luce di quanto sopra, il Collegio intende, sin d’ora, chiarire che, con la presente decisione, non si tratta di prendere posizione sull’applicabilità o meno alle Università non statali legalmente riconosciute delle disposizioni contenute nel d.lgs n. 33 del 2013 ovvero sulla riconducibilità delle stesse nella nozione di “enti di diritto privato” contenuta nell’art. 11, comma 2, lett. b) del predetto decreto in quanto non è oggetto del presente giudizio (per come sopra chiarito) e sussiste, peraltro, la preclusione di cui all’art. 34, comma 2, del codice del processo amministrativo (CPA) secondo cui “In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non esercitati”.
Sul punto, risulta, invero, che ANAC ha elaborato una schema di delibera recante “Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici”, ancora in fase di consultazione (quindi non ancora approvata), il che conferma la sussistenza della predetta preclusione sancita dal CPA che impedisce al Collegio di spingersi in tale ulteriore indagine.
6. Ciò premesso, può ora passarsi ad esaminare l’eccezione di inammissibilità formulata da ANAC ad avviso della quale la delibera n. 144/2014 “sarebbe un atto di natura consultiva, non idoneo ad incidere in modo diretto ed attuale sulla posizione giuridica dei destinatari”.
L’eccezione non può essere condivisa.
La stessa delibera n. 144/2014 prevede, invero, al par. 10, che “L’Autorità eserciterà, a far data dai 30 giorni successivi alla pubblicazione della delibera, i propri poteri di vigilanza sul rispetto degli obblighi di pubblicazione, che comprendono, nei casi di mancata pubblicazione, poteri di ordine alle amministrazioni interessate affinché procedano alla immediata pubblicazione dei dati nei propri siti istituzionali.
Il Presidente dell’Autorità provvede altresì a comunicare, ai sensi dell’art. 19 c. 7 del d.l. n. 90/2014, all’autorità amministrativa competente ad irrogare le sanzioni, l’inadempimento degli obblighi riscontrati ai sensi dell’art. 47 del d.lgs. n. 33/2013, autorità amministrativa che l’Autorità si riserva di individuare con successiva delibera”.
Con delibera n. 10 del 21 gennaio 2015, ANAC, in applicazione di quanto previsto dall’art 47 del d.lgs. 33 del 2013, come modificato dall’art. 19, comma 7, del decreto legge n. 90 del 2014 (che ha attribuito al Presidente dell’ANAC il potere di segnalare “all’Autorità amministrativa di cui all’art. 47 c. 3 del d.lgs. n. 33/2013 le violazioni in materia di comunicazione delle informazioni e dei dati e di obblighi di pubblicazione previsti nel citato art. 47, ai fini dell’esercizio del potere sanzionatorio di cui al medesimo articolo”), ha poi individuato l’autorità amministrativa competente all’irrogazione delle sanzioni relative alla violazione di specifici obblighi di trasparenza di cui all’art. 47 del d.lgs. 33 del 2013.
In particolare, proprio per le violazioni degli obblighi di pubblicazione concernenti i componenti degli organi di indirizzo politico di cui all’art. 14 del d.lgs n. 33 del 2013, l’Autorità resistente ha disegnato un procedimento che prevede una prima fase in cui l’ANAC è il soggetto competente ad avviare il procedimento sanzionatorio per le violazioni di cui all’art. 47, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 33 del 2013, provvedendo all’accertamento, alle contestazioni e alle notificazioni ai sensi degli artt. 13 e 14 della legge n. 689 del 1981 ai fini del pagamento in misura ridotta, e una seconda fase in cui, in caso di mancato pagamento, il Presidente dell’Autorità, ai sensi del citato art. 19, comma 7, del decreto legge n. 90 del 2014, ne dà comunicazione al prefetto per l’irrogazione della sanzione definitiva (ex art. 18 della legge n. 689 del 1981).
A ciò si aggiunga che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, con nota del 12 febbraio 2015, ha altresì intimato le Università non statali ad adeguarsi a quanto prescritto dalla delibera ANAC n. 144/2014, entro il 24 febbraio 2015, avvertendo che, in caso contrario, non si sarebbe proceduto al “trasferimento delle risorse a favore dell’Istituzione interessata”.
Ora, risulta evidente che gli effetti per le Università ricorrenti del mancato adeguamento agli obblighi di pubblicità di cui al d.lgs n. 33 del 2013 nei tempi e con le modalità indicati dalla delibera n. 144/2014 espongono le stesse ai poteri di vigilanza e sanzionatori di cui all’art. 47 del citato decreto ed all’avvio del conseguente procedimento da parte di ANAC, come declinato nella predetta delibera n. 10/2015, nonché al mancato trasferimento delle risorse da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; ciò rende, pertanto, attuale e concreto l’interesse fatto valere con il ricorso in esame.
B) Normativa applicabile alle Università non statali legalmente riconosciute.
1. Al fine di verificare la natura pubblica delle Università ricorrenti, occorre dapprima richiamare la disciplina generale di riferimento di tali istituti contenuta, in particolare, nel regio decreto 31 agosto 1933 n. 1592, nella legge 9 maggio 1989 n. 168 e nella legge 29 luglio 1991 n. 243.
Con riferimento alla disciplina contenuta nel r.d. 31 agosto 1933, n. 1592 (testo unico delle leggi sull’istruzione superiore), vanno, in particolare, ricordate le seguenti previsioni:
– l’art. 1, anzitutto, prevede che l’istruzione superiore (universitaria) è impartita nelle Università statali e negli Istituti superiori liberi e che le Università e gli Istituti hanno personalità giuridica e autonomia amministrativa, didattica e disciplinare, che è svolta sotto la vigilanza dello Stato (ora Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca);
– l’art. 198 dispone poi che, per appartenere alla categoria degli istituti (non statali) in cui può essere impartita l’istruzione universitaria (o comunque superiore), l’ordinamento di quelle Università e degli Istituti superiori liberi deve essere conforme alle norme del testo unico;
– l’art. 200 prevede, a sua volta, che le Università e gli Istituti superiori liberi devono sottoporre al Ministero competente lo statuto, allegando una motivata relazione ed un documentato piano finanziario, il quale lo approva se, nel suo complesso, risulta rispondente all’interesse generale degli studi e dell’istruzione superiore ed, in particolare, se il piano finanziario sia adeguato al raggiungimento dei fini prefissati. In particolare, poi, il ruolo organico ed il trattamento economico dei professori sono soggetti all’approvazione del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di concerto con quello delle finanze (ora dell’Economia e delle finanze);
– l’art. 212, infine, prevede che le Università e gli Istituti superiori liberi o alcune loro Facoltà o Scuole possono essere soppresse quando sia stata accertata l’insufficienza dei mezzi finanziari o del materiale didattico di cui dispongono, ovvero per ragioni inerenti all’interesse generale degli studi o alla distribuzione territoriale degli Istituti di istruzione superiore.
A sua volta, l’art. 6 della legge n. 168 del 1989, in tema di autonomia universitaria, prevede, al comma 1, che “Le università sono dotate di personalità giuridica e, in attuazione dell’articolo 33 della Costituzione, hanno autonomia didattica, scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile; esse si danno ordinamenti autonomi con propri statuti e regolamenti”, mentre al comma 2 dispone che “nel rispetto dei principi di autonomia stabiliti dall’articolo 33 della Costituzione e specificati dalla legge, le università sono disciplinate, oltre che dai rispettivi statuti e regolamenti, esclusivamente da norme legislative che vi operino espresso riferimento. È esclusa l’applicabilità di disposizioni emanate con circolare”.
L’art. 1 della legge n. 243 del 1991 prevede poi che “Le università e gli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti operano nell’ambito delle norme dell’articolo 33, ultimo comma, della Costituzione e delle leggi che li riguardano, nonché dei principi generali della legislazione in materia universitaria in quanto compatibili”.
Infine, alle Università non statali, con riferimento al personale dipendente, si applicano le norme di cui al d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e, per quanto riguarda il reclutamento dei docenti, i principi contenuti nella citata legge 30 dicembre 2010, n. 240.
C) Caratteristiche delle Università ricorrenti.
Una volta definito l’oggetto del giudizio e richiamata la normativa di riferimento delle università non statali legalmente non riconosciute, è utile, sempre ai fini della individuazione della natura giuridica delle stesse, riassumere i dati caratterizzanti le Università ricorrenti:
– la Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido [#OMISSIS#] -LUISS di Roma è stata avviata tra il 1974 e il 1978 da una preesistente istituzione romana, la Pro [#OMISSIS#], su iniziativa di un gruppo di imprenditori guidati da Umberto Agnelli;
– l’Istituto Universitario di Lingue e Comunicazione – IULM di Milano è stato fondato nel 1968 con d.P.R. 31 ottobre 1968 n. 1490 (pubblicato sulla G.U. n. 72 del 20 marzo 1969) su iniziativa della Fondazione scuola superiore per interpreti e traduttori;
– la Libera Università [#OMISSIS#] Ss. Assunta – LUMSA di Roma è un’università non statale di ispirazione cattolica, costituita nel 1939 su iniziativa della [#OMISSIS#] Sede con r.d. 26 ottobre 1939 n. 1760 (pubblicato sulla G.U. n. 284 del 7 dicembre 1939); l’Istituto è stato trasformato nella Libera Università [#OMISSIS#] Ss. Assunta – LUMSA con decreto direttoriale 12 marzo 1991 (pubblicato sulla G.U. n. 125 del 30 maggio 1991);
– l’Università Campus Bio-Medico di Roma è stata istituita con d.P.R. del 28 ottobre 1991 (pubblicato sulla G.U. n. 256 del 31 ottobre 1991), su iniziativa di enti promotori, al fine di promuovere strutture tra di loro integrate di insegnamento universitario, di ricerca scientifica e di assistenza medico sanitaria; con Decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica del 31 ottobre 1991 (G.U. n. 37 del 14 febbraio 1992), è stata autorizzata a rilasciare i diplomi dei corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e in Scienze Infermieristiche (oggi corso di Laurea in Infermieristica);
– l’Università [#OMISSIS#] Cattaneo – LIUC, con sede in Castellanza (VA), è nata nel 1991 per iniziativa dell’Unione degli Industriali della provincia di Varese – UNIVA, associazione imprenditoriale facente parte di Confindustria;
– la Libera Università degli Studi di Enna “Kore” è stata istituita – su proposta della “Fondazione per la Libera Università della Sicilia Centrale Kore con sede in Enna” – con decreto del MIUR n. 284 del 15 settembre 2004 ed è stata autorizzata a rilasciare titoli aventi valore legale con decreto ministeriale del 5 maggio 2005 (pubblicato sulla G.U. del 13 maggio 2005);
– l’Università degli Studi di scienze gastronomiche – UNISG, con sede in Pollenzo (CN), è stata istituita con D.M. 15 aprile 2005, n. 262 (pubblicato sulla G.U. n. 106 del 9 maggio 2005);
– l’Università Vita – Salute San [#OMISSIS#] di Milano è un’università non statale affiliata con l’Ospedale San [#OMISSIS#] di Milano e fondata nel 1996 all’interno dell’Opera San [#OMISSIS#]; essa è stata istituita formalmente con decreto del Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica n. 593 del 2 agosto 1996.
Con riferimento alla governance, ferma restando la vigilanza sulle università non statali esercitata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR (cit. art. 1 del r.d. n. 1592 del 1933), si ricava dai rispettivi statuti quanto segue:
– nei consigli di amministrazione della LUISS (art. 6, comma 1, lett. g), del Campus Bio Medico di Roma (art. 7), della LUMSA (art. 8) e dell’Università degli Studi di Scienze gastronomiche (art. 7), rispettivamente formati da 20, 14, 10 e 21 membri, è nominato un solo rappresentante designato dal MIUR;
– nel consiglio di amministrazione dello IULM (art. 8), composto da 10 membri, siede un rappresentante della carriera diplomatica nominato dal Ministero degli Affari Esteri mentre possono entrare a far parte del Consiglio dei Garanti, oltre ad un rappresentante della Camera di Commercio di Milano – quale membro di diritto -, anche altri soggetti pubblici (e privati) che contribuiscano alle attività dell’ateneo con un apporto finanziario;
– nel consiglio di amministrazione dell’Università [#OMISSIS#] Cattaneo (art. 11), composto da 22 membri, oltre al rappresentante del Ministero, è prevista altresì la presenza di un assessore regionale, del presidente della provincia e del sindaco del comune in cui ha sede l’ateneo;
– nel consiglio di amministrazione dell’Università “Kore” di Enna (art. 7), composto da 9 membri, non è prevista la presenza obbligatoria di rappresentanti governativi mentre quattro componenti sono nominati da Governo e enti locali nel Consiglio dei Garanti (formato da 21 membri), cui sono affidati compiti di indirizzo generale sullo sviluppo dell’ateneo.
Dal punto di vista dei finanziamenti, non risulta poi smentito che le Università ricorrenti (in disparte, per ora, l’Università “Kore” di Enna, di cui si dirà nel prosieguo) ricevano finanziamenti pubblici non eccedenti il 10% delle risorse a disposizione dei rispettivi istituti (provenienti, invece, in via generale, da fonti private).
Ed invero, sebbene l’art. 2 della legge 243 del 1991 preveda che lo Stato possa concedere contributi alle Università ed agli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti che abbiano ottenuto l’autorizzazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, gli atenei ricorrenti sono finanziati prevalentemente da enti e soggetti privati.
A titolo esemplificativo, invero, risulta quanto segue:
– dal bilancio 2013 dell’Università [#OMISSIS#] Cattaneo – LIUC, i contributi statali di cui alla legge 29 luglio 1991, n. 243, ammontano ad euro 1.445.112,00 che rappresentano il 7,47% dell’importo totale delle entrate, pari a euro 19.336.883,00;
– l’Università degli Studi di scienze gastronomiche, sempre nel 2013, ha ricevuto trasferimenti [#OMISSIS#] dal MIUR per un ammontare pari a euro 279.253,00 che costituiscono una percentuale pari al 3,68% delle entrate totali, pari a euro 7.580.626,00 nonché acconti per l’anno 2014 per un ammontare pari a euro 138.000,00;
– l’Università Campus Bio-Medico di Roma ha ricevuto trasferimenti [#OMISSIS#] da parte dello Stato pari a euro 14.582.705,00 che costituiscono una percentuale pari al 7,67 % dell’importo totale delle entrate, pari a euro 190.073.899.
D) Giurisprudenza in ordine alla natura delle Università non statali legalmente riconosciute.
Al riguardo, va osservato che, in giurisprudenza, si scontrano due opposte visioni sulla natura delle Università non statali legalmente riconosciute; da un lato, quella che ne riconosce la natura giuridica di “ente pubblico non economico” (cfr, in particolare, Cass. civ., SS.UU., n. 5054/2004) in cui si enfatizzano alcuni aspetti come il fine pubblico, il controllo statale, i poteri certificativi e disciplinari, il valore legale dei titoli di studio, ritenendoli indizi sintomatici di pubblicità.
Alla predetta giurisprudenza si è rifatta in parte anche il giudice amministrativo il quale, con particolare riferimento alla materia delle procedure ad evidenza pubblica, ha ribadito la natura di enti pubblici non economici delle Università non statali ed, in quanto tali, le ha ricomprese nella nozione di “amministrazione aggiudicatrice”, assoggettate quindi al rispetto del codice dei contratti pubblici (vgs, in particolare, Cons. Stato, sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 841; vgs anche TAR Lombardia, sez. IV, 6 settembre 2011 n. 2158, sebbene la fattispecie esaminata si riferisca al collocamento in pensione di un professore universitario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore).
Allo stesso modo, la Corte dei Conti ha qualificato le Università non statali quali enti pubblici non economici e, perciò, assoggettate alla giurisdizione contabile in materia di danni causati all’ente di riferiment