TAR Lazio, Roma, Sez. III, 19 novembre 2018, n. 11170

Abilitazione scientifica nazionale-Rinnovo valutazione

Data Documento: 2018-11-19
Area: Giurisprudenza
Massima

Gli articoli 4 e 7, nonché l’Allegato B al d.m. 7 giugno 2016, n. 120, scandiscono le singole voci da valutare ai fini dell’attribuzione alle pubblicazioni presentate del giudizio di “elevata qualità”: giudizio riferito non solo alla qualità in senso stretto – intesa come originalità e rigore metodologico, ex (lett. c), comma 1, art. 4, comma 1, lettera c) del d.m. succitato– ma anche dai requisiti previsti dalle lettere residue indicate nell’art. 4 (coerenza con il settore concorsuale di riferimento, continuità temporale, collocazione su riviste di pregio internazionale, rilevanza nel settore).

Contenuto sentenza

N. 11170/2018 REG.PROV.COLL.
N. 05201/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 5201 del 2017, proposto da
[#OMISSIS#] Meomartino, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, piazza San [#OMISSIS#] 101;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, Anvur – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Miur – Dgfis, Commissione per l’Abilitazione Scientifica Nazionale alla prima e seconda Fascia dei Professori Universitari nel Settore, Cun non costituiti in giudizio;
nei confronti
Prof. [#OMISSIS#] Marino non costituito in giudizio;
per l’annullamento
– del giudizio collegiale e dei giudizi individuali negativi, pubblicati in data 31 marzo 2017, con i quali la Commissione della procedura di valutazione per l’abilitazione scientifica nazionale ha ritenuto di dichiarare il ricorrente non idoneo alla funzione di professore universitario di prima fascia nel settore concorsuale 07/H5 – cliniche chirurgica e ostetricia veterinaria – e di tutti gli atti e valutazioni svolte dalla Commissione nella procedura valutativa;
– del verbale n. 1 in data 15 novembre 2016 della Commissione Nazionale per l’Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia del Settore Concorsuale 07/H5 – cliniche chirurgica e ostetricia veterinaria;
– dei verbali: n. 2, relativo alla seduta della Commissione del 20 dicembre 2016, n. 3, relativo alla seduta della Commissione del 10 febbraio 2017; n. 4, relativo alle sedute della Commissione del 22 e 23 marzo 2017; n. 6, relativo alla seduta della Commissione del 30 marzo 2017, concernenti la valutazione dei candidati;
– della relazione riassuntiva, redatta dalla Commissione nella seduta del 30 marzo 2017;
– del Decreto Direttoriale del 29 luglio 2016, n. 1532, mediante cui il Direttore generale per la programmazione, il coordinamento e il finanziamento delle istituzioni della formazione superiore del MIUR ha indetto la “Procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia”;
– del D.P.R. 04 aprile 2016, n. 95, recante “Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, concernente il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell’art. 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240”;
– del D.M. 07 giugno 2016, n. 120, recante “Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei Commissari, ai sensi dell’articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e successive modifiche, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2016, n. 95”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca e dell’Anvur – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2018 la dott.ssa [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] e uditi per le parti l’Avv. F. Briccoli in sostituzione degli Avv.ti L. [#OMISSIS#] e G. [#OMISSIS#], nonchè il Procuratore dello Stato M. De [#OMISSIS#];
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
E’ sottoposta all’esame del Collegio una questione di mancato riconoscimento dell’abilitazione scientifica nazionale, nella peculiare procedura prevista dall’art. 16 della legge n. 240 del 30 dicembre 2010 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e di reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario). Tale procedura è disciplinata anche dal regolamento attuativo, approvato con d.P.R. n. 222 del 14 settembre 2011, come modificato con d.P.R. n. 95 del 4 aprile 2016, nonché dal regolamento recante criteri e parametri per la valutazione, oggetto di decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca n. 120 del 7 giugno 2016, oltre che dal bando di selezione.
L’impugnativa richiede alcune annotazioni preliminari, circa i limiti di sindacabilità degli atti che siano, come quelli in esame, espressione di discrezionalità tecnica nella peculiare forma di giudizi di valore, implicanti competenze specialistiche di alto profilo; in rapporto a tali giudizi – resi peraltro nell’ambito di procedure di esame a carattere abilitativo e non concorrenziale – non può non sottolinearsi l’estrema difficoltà di un sindacato giurisdizionale non debordante nel merito (di per sè insindacabile) delle scelte compiute dall’Amministrazione, sussistendo di norma, per giudizi appunto di valore, margini di discrezionalità particolarmente ampi, rimessi sia alla sensibilità che all’esperienza, nonché all’alta specializzazione dei docenti, chiamati a far parte della commissione esaminatrice.
Non possono essere trascurate, tuttavia, ulteriori circostanze, attinenti sia all’evoluzione dei principi affermati dalla giurisprudenza, in tema di giudizio di legittimità su atti che siano espressione di discrezionalità tecnica, sia alla peculiare disciplina, dettata in materia di abilitazione scientifica nazionale, istituita per attestare la qualificazione dei professori universitari di prima e di seconda fascia, cui potranno essere successivamente affidati – con la procedura di cui all’art. 18 della citata legge n. 240 del 2010 – incarichi di docenza.
Sotto il primo profilo, infatti, la cognizione del Giudice Amministrativo ha subito nel corso degli anni una significativa evoluzione, fino a ritenere censurabile ogni valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura, ovvero orientamenti già oggetto di giurisprudenza consolidata, o di dottrina dominante in materia (cfr. in termini: Cons. Stato, sez IV, 13 ottobre 2003, n. 6201); resta fermo tuttavia che l’indagine debba limitarsi all’attendibilità delle valutazioni effettuate, con possibile eccesso di potere giurisdizionale qualora l’indagine del giudice si estendesse all’opportunità o alla convenienza dell’atto, o al merito di scelte tecniche opinabili, con oggettiva sostituzione della volontà dell’organo giudicante a quella dell’Amministrazione competente in materia (Cass., SS.UU., 5 agosto1994, n. 7261).
Per quanto riguarda la disciplina, vigente in tema di abilitazione scientifica nazionale, il legislatore ha introdotto parametri oggettivi, puntualizzati in via regolamentare, in grado di consentire un percorso di verifica giudiziale più stringente, in ordine al discostamento o meno da tali parametri e, in caso di positivo riscontro degli stessi, circa l’esigenza di una motivazione particolarmente accurata, per negare il titolo abilitante a soggetti, che per titoli professionali e produzione pubblicistica risultino, in effetti, già inseriti nel settore scientifico di riferimento.
Nel citato regolamento n.120 del 2016 si richiede in particolare, all’art. 5, che il candidato possieda almeno tre titoli fra quelli (non meno di sei) scelti dalla Commissione nell’elenco di cui all’allegato “A” al regolamento stesso; detto candidato, inoltre, deve superare almeno due su tre “valori soglia”, rapportati al numero di pubblicazioni su determinate categorie di riviste e alle citazioni registrate – in ordine alla relativa produzione scientifica – su specifiche banche dati internazionali (cfr. allegato “C” reg. cit); conclusivamente, quindi, l’abilitazione di cui trattasi potrà essere rilasciata – sulla base di cinque giudizi individuali (tre almeno dei quali positivi) e di un giudizio finale a carattere collegiale – solo ai candidati che, oltre a possedere gli almeno tre titoli di cui sopra, ottengano (art. 6 reg. cit.) una valutazione positiva sull’impatto della propria produzione scientifica e le cui pubblicazioni siano valutate complessivamente di qualità “elevata”, come definita nell’allegato “B” al medesimo regolamento (“si intende per pubblicazione di qualità elevata una pubblicazione che, per il livello di originalità e rigore metodologico e per il contributo che fornisce al progresso della ricerca, abbia conseguito o è presumibile che consegua un impatto significativo nella comunità scientifica di riferimento, a livello anche internazionale”). Ulteriori precise disposizioni indicano il numero di pubblicazioni da produrre, gli anni di riferimento e alcune diversificazioni per le valutazioni, da riferire alla I^ o alla II^ fascia di docenza.
Nel caso di specie, l’abilitazione di cui trattasi è stata negata all’unanimità per il settore disciplinare 07/H5 – “Cliniche chirurgica e ostetricia veterinaria” – I^ fascia, pur essendo stati rilevati sia il possesso degli almeno tre titoli curriculari, tra quelli scelti dalla Commissione, sia il raggiungimento dei tre valori-soglia di cui all’allegato “C” al DM. n. 120 del 2016, punti nn. 2 e 3, con positivo riconoscimento dell’impatto della produzione scientifica, nei termini di cui all’art. 1 dell’allegato “A” al medesimo D.M..
La Commissione esaminatrice ha infatti ritenuto che il candidato non abbia presentato pubblicazioni tali “da dimostrare una posizione riconosciuta a livello internazionale della ricerca e che non possieda la piena maturità scientifica richiesta per le funzioni di professore di I^ fascia del settore concorsuale 07/H5”.
Tali conclusioni finali, riportate nel giudizio collegiale, sono contestate nell’impugnativa con più ordini di censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili: in primo luogo, il ricorrente lamenta la genericità del parametro di “elevata qualità”, che non risulterebbe specificato nella normativa di riferimento (Allegato B al D.M. n. 120/2016 e artt. 7 e 4 dello stesso) e, dunque, conferirebbe alla Commissione valutatrice la possibilità di pronunciarsi in modo arbitrario; la Commissione, nonostante la valutazione positiva dei requisiti oggettivi del possesso degli almeno tre Titoli e dell’impatto della produzione scientifica, avrebbe sostanzialmente omesso di valutare il terzo ed ultimo parametro della “elevata qualità”, in contrasto con l’auto-vincolo espresso nel verbale n. 1 e, conclusivamente, con difetto di motivazione al riguardo: tre commissari, in particolare, non farebbero nemmeno menzione di tale parametro e due soli la citerebbero, ma senza adeguata ponderazione e con affermazioni generiche.
Il Ministero intimato e l’ANVUR, costituitisi in giudizio, producono ampie controdeduzioni alle argomentazioni difensive del ricorrente, sottolineando come “nel novellato art. 16 della legge n. 240 del 2010” sia stato espunto l’aggettivo “analitica”, con riferimento al giudizio sui titoli e le pubblicazioni scientifiche, peraltro in conformità a quanto affermato dalla giurisprudenza già in rapporto al testo previgente, circa la possibilità di esprimere una valutazione di sintesi, purchè espressiva di un giudizio articolato, non smentibile in punto di fatto.
In tale contesto il Collegio ha ravvisato i presupposti per emettere sentenza in forma semplificata e, previo rituale avviso alle parti, ha trattenuto l’impugnativa in decisione, rilevandone l’infondatezza.
Diversamente da quanto prospettato nel ricorso, infatti, i giudizi individuali ed il giudizio collegiale appaiono sufficientemente ampi, accurati e completi, anche con specifico riferimento al parametro della qualità delle pubblicazioni scientifiche, come specificato nel corso degli anni dal legislatore, proprio al fine di ridurre gli spazi di discrezionalità della Commissione. In particolar modo gli articoli 4 e 7, nonché l’Allegato B al D.M. n. 120/2016, scandiscono le singole voci da valutare ai fini dell’attribuzione alle pubblicazioni presentate del giudizio di “elevata qualità”: giudizio riferito non solo alla qualità in senso stretto – intesa come originalità e rigore metodologico, ex (lett. c), comma 1, art. 4, comma 1, lettera c) del D.M. n. 120/2016 – ma anche dai requisiti previsti dalle lettere residue indicate nell’art. 4 (coerenza con il settore concorsuale di riferimento, continuità temporale, collocazione su riviste di pregio internazionale, rilevanza nel settore).
Si deve quindi osservare come le pubblicazioni presentate dal candidato, prof. Meomartino, siano state considerate discontinue dal punto di vista temporale e non collocate su riviste di pregio internazionale, poiché aventi un basso “Impact Factor” (per 8 su 15 pubblicazioni inferiore ad 1), nonostante l’apporto individuale apprezzabile del candidato. Sul profilo specificamente qualitativo, inoltre, la Commissione ha ritenuto limitato il numero di articoli in extenso di tipo sperimentale presentati (solo 6 su 15), a fronte di un maggior numero di “descrizioni di casi clinici, short communications e un abstract”. Pertanto, considerato il maggior rilievo che la dimensione internazionale acquista nella prima fascia di docenza, il ricorrente non ha dimostrato di aver raggiunto una posizione riconosciuta a livello internazionale e la piena maturità scientifica per l’abilitazione a detta prima fascia.
Come già in precedenza illustrato, d’altra parte, la valutazione soggettiva, su cui deve prioritariamente esercitarsi la discrezionalità tecnica della Commissione, non è sindacabile nel merito, ove attendibile e non erronea in fatto.
Nella situazione in esame il Collegio non ravvisa, per contrastare l’attendibilità dei giudizi, argomentazioni convincenti: l’asserita mancata valutazione del requisito di “elevata qualità” risulta, infatti, smentita da un’attenta disamina della parte di motivazione a ciò dedicata, tanto nel giudizio collegiale quanto nei singoli giudizi individuali. Tenuto conto dei fattori sopra ricordati, su cui deve basarsi il giudizio qualitativo in base alla normativa vigente, non si vede in effetti come possa negarsi che tali giudizi siano stati resi da ciascun commissario, anche solo sottolineando alcune delle carenze (come la collocazione editoriale non elevata, la scarsa continuità temporale, il limitato carattere innovativo, per prevalente esposizione di casistica su animali singoli), tali da determinare “scarso contributo alla ricerca”.
Nei ricordati limiti, entro cui può effettuarsi il sindacato di legittimità sugli atti discrezionali, non si ravvisano pertanto elementi tali da evidenziare vizi funzionali, o di violazione di legge, nei termini dedotti nell’impugnativa.
Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che il ricorso debba essere respinto.
Le spese giudiziali, da porre a carico della parte soccombente, vengono liquidate come precisato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso n. 5201/2017, come in epigrafe proposto; condanna il ricorrente al pagamento delle spese giudiziali, a favore dell’Amministrazione universitaria costituita, nella misura di €. 1.000,00 (euro mille/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
 Pubblicato il 19/11/2018