I membri del Consiglio di Amministrazione dell’Università, che esercitano le funzioni di indirizzo strategico e sovraintende alla gestione amministrativa, finanziaria e patrimoniale dell’Ateneo, non rientrano tra i soggetti tenuti agli oneri di pubblicazione dei dati ai sensi dell’art. 14, comma 1 bis, D.lgs. 33/2013.
È quindi illegittima, perché confliggente con norme comunitarie direttamente applicabili, la nota con cui l’Università disciplina gli “obblighi di pubblicazione dei dati patrimoniali e reddituali” rappresentando l’obbligo per ciascun membro del Consiglio di Amministrazione, posto che la sentenza del 20.5.2003 della Corte di giustizia, in un caso analogo, ha dichiarato la diretta applicabilità dell’art. 6, par. 1, lett. c), della direttiva 95/46, ai sensi del quale «i dati personali devono essere (…) adeguati, pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali vengono rilevati e/o per le quali vengono successivamente trattati».
Tale obbligo previsto dall’Ateneo viola anche il principio di finalità, di cui agli artt. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE; 8 della CEDU e 6, par. 1, lett. b), dir. 95/46/CE, fermo restando che analoghi contenuti sono presenti anche nella Convenzione n. 108/1981 del Consiglio d’Europa.
La Corte Costituzionale, con la sentenza 20/2019, ha peraltro accolto l’eccezione di costituzionalità elevata contro l’art. 14, comma 1-bis, D.lgs. 33/2013, nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati di cui all’art. 14, comma 1, lettera f), dello stesso decreto legislativo anche per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, anziché solo per i titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall’art. 19, commi 3 e 4, D.lgs. 165/2001.
A causa del vuoto normativo venutosi a creare, è stato emanato il D.L. 162/2019 che ha sospeso nella sua interezza l’applicazione della norma dichiarata parzialmente incostituzionale fino al 31 dicembre 2020. Nelle more dell’adozione dei provvedimenti di adeguamento alla sentenza della Corte costituzionale, tale termine è stato posticipato al 30 aprile 2021, limite non rispettato dal legislatore che non ha emanato alcuna nuova disciplina.
Deve perciò ritenersi non applicabile la nota contestata e la relativa disciplina a chiunque non fosse titolare di un incarico dirigenziale pubblico ai sensi dell’art. 19 D.lgs. 165/2001 e, quindi, anche al ricorrente che è stato semplicemente designato nel consiglio di amministrazione dell’Università resistente senza assumere alcun incarico dirigenziale.
TAR Lazio, Roma, Sez. III, 24 maggio 2021, n. 6033
Oneri di pubblicazione
N. 06033/2021 REG.PROV.COLL.
N. 06189/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6189 del 2017, proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avv.ti [#OMISSIS#] Grandi, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] 436;
contro
Università degli Studi Roma Tor Vergata, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
della nota n.12976 del 18 aprile 2017 dell’Università degli Studi “Tor Vergata” di Roma, di richiesta dei dati patrimoniali e reddituali, mediante compilazione di apposito modulo, ai fini di pubblicazione, ex art.14 del D.Lgs. n.33 del 2013, della presupposta delibera n.241 dell’8 marzo 2017 dell’ANAC, con richiesta di disapplicazione dell’art.14, comma 1 bis del D.Lgs. n.33 del 2013, in relazione all’art. 14, comma 1c,f del D.Lgs. n.33 del 2013;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Roma Tor Vergata, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 [#OMISSIS#] 2021 il dott. [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, quale membro del Consiglio di Amministrazione dell’Università Tor Vergata di Roma, che esercita le funzioni di indirizzo strategico e sovraintende alla gestione amministrativa, finanziaria e patrimoniale dell’Ateneo, rientra tra i soggetti tenuti [#OMISSIS#] oneri di pubblicazione dei dati ai sensi dell’art. 14, comma 1 bis, D.lgs. 33/2013.
A seguito delle modifiche introdotte con l’art. 13 D.lgs. 97/2016 il quadro degli obblighi di trasparenza che trovano applicazione ai titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo comunque denominati prevedono la pubblicazione di:
a) l’atto di nomina o di proclamazione, con l’indicazione della durata dell’incarico;
b) il curriculum;
c) i compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici;
d) i dati relativi all’assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti;
e) gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l’indicazione dei compensi spettanti;
f) le dichiarazione dei redditi, dichiarazione e dello stato patrimoniale come possesso di beni immobili o mobili registrati, azioni, obbligazioni o quote societarie limitatamente al soggetto, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano.
Il Garante per la protezione dei dati personali ha criticato l’equiparazione degli obblighi di trasparenza dei dirigenti delle amministrazioni pubbliche a quelli previsti per i titolari di incarichi politici, poiché vengono assimilate condizioni non equiparabili fra loro imponendo la pubblicazione della propria situazione patrimoniale ad un notevolissimo numero di soggetti pubblici.
L’Università “Tor Vergata” di Roma ha adottato la nota impugnata per disciplinare gli “obblighi di pubblicazione dei dati patrimoniali e reddituali rappresentando l’obbligo, per ciascun membro del Consiglio di Amministrazione, di trasmettere i propri dati unitamente all’[#OMISSIS#] dichiarazione dei redditi, prevedendo anche delle sanzioni in [#OMISSIS#] di inadempimento.
I motivi di ricorso denunciano la violazione del diritto alla [#OMISSIS#] privata, alla protezione dei dati personali, del principio di proporzionalità e del principio di finalità sanciti dagli artt. 7, 8 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; dall’art. 6 del Trattato UE, dall’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; dall’art. 6, par. 1, lett. c) dir. 95/46/CE e dall’art. 5, par. 1, lett. c) del Regolamento 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016.
La sentenza del 20.5.2003 della Corte di giustizia in un [#OMISSIS#] analogo ha dichiarato la diretta applicabilità dell’art. 6, par. 1, lett. c), della direttiva 95/46, ai sensi del quale «i dati personali devono essere (…) adeguati, pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali vengono rilevati e/o per le quali vengono successivamente trattati»,
La Corte costituzionale con la sentenza 389/1989 ha affermato che gli organi della pubblica amministrazione non debbono dare applicazione alle norme interne confliggenti con quelle comunitarie direttamente applicabili.
Infatti, l’art. 14, comma 1-bis, D.lgs. 33/2013 [#OMISSIS#] l’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea quanto al rispetto della [#OMISSIS#] privata e della [#OMISSIS#] familiare e l’art. 8, relativo alla protezione dei dati di carattere personale.
Anche la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali all’art. 8, tutela il rispetto della [#OMISSIS#] privata e familiare e consente l’ingerenza di una autorità pubblica solo se prevista dalla legge e necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
Analoghi contenuti sono presenti [#OMISSIS#] Convenzione n. 108/1981 del Consiglio d’Europa.
Alla luce di tali richiami le misure previste dall’art. 14 D.lgs. 33/2013 costituiscono un’indebita ingerenza [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] privata degli interessati: infatti l’ obbligatorietà [#OMISSIS#] pubblicazione dell’ammontare dei compensi riconosciuti, della loro dichiarazione dei redditi e dello stato patrimoniale comporta una compressione pressoché integrale dei diritti fondamentali riconosciuti e disciplinati dalle disposizioni sopra menzionate, in violazione del principio di proporzionalità che avrebbe dovuto invece comportare il perseguimento delle legittime finalità di trasparenza dell’Amministrazione contemperando in pari tempo i diritti fondamentali degli interessati.
Inoltre tale disciplina [#OMISSIS#] anche il principio di finalità, di cui [#OMISSIS#] artt. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE; 8 della CEDU e 6, par. 1, lett. b), dir. 95/46/CE, secondo il quale i dati personali possono essere “rilevati per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo non incompatibile con tali finalità”; le informazioni personali obbligatoriamente trasmesse dagli interessati all’amministrazione finanziaria in adempimento dei doveri fiscali vengono utilizzate per una finalità diversa ed incompatibile rispetto a quella che ne ha giustificato l’originaria raccolta.
Il ricorso, ricco di molte ulteriori indicazioni che implementano le argomentazioni in questa sede sinteticamente riportate, richiedevano sollevarsi incidente di costituzionalità.
Si costituiva in giudizio l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” che eccepiva preliminarmente l’inammissibilità del ricorso poiché le censure sarebbero unicamente rivolte alla normativa posta a fondamento degli atti impugnati e concludeva nel merito per i rigetto dello stesso.
Alla [#OMISSIS#] di consiglio del 1.8.2017 veniva accolta l’istanza cautelare con fissazione dell’udienza di merito per il 20.6.2018.
In quella data il giudizio veniva sospeso poiché era stata sollevata un’eccezione di costituzionalità sull’art. 14 comma 1 bis, D.lgs. 33/2013.
La Corte Costituzionale con la sentenza 20/2019 accoglieva l’eccezione relativamente all’art. 14, comma 1-bis, D.lgs. 33/2013 [#OMISSIS#] parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati di cui all’art. 14, comma 1, lettera f), dello stesso decreto legislativo anche per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, anziché solo per i titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall’art. 19, commi 3 e 4, D.lgs. 165/2001.
A causa del vuoto normativo venutosi a creare è stato emanato il D.L. 162/2019 che ha sospeso [#OMISSIS#] sua interezza l’applicazione della [#OMISSIS#] dichiarata parzialmente incostituzionale fino al 31 dicembre 2020, nelle more dell’adozione dei provvedimenti di adeguamento alla sentenza della Corte costituzionale.
Tale [#OMISSIS#] non rispettato è stato posticipato al 30.4.2021 che è scaduto senza emanazione della nuova disciplina.
Il Collegio ritiene che il ricorso possa essere ormai deciso con l’accoglimento delle richieste del ricorrente alla luce della sentenza della Corte Costituzionale che ha ritenuto non applicabile la disciplina contestata a chi non fosse titolare di un incarico dirigenziale pubblico ai sensi dell’art. 19 D.lgs. 165/2001 e quindi anche al ricorrente che è stato semplicemente designato nel consiglio di amministrazione dell’Università resistente senza assumere alcun incarico dirigenziale.
Tenuto conto che l’Università ha agito in ossequio ad una [#OMISSIS#] all’epoca vigente possono compensarsi le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 12 [#OMISSIS#] 2021 in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25 D.L. n. 137/2020 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
L’ESTENSORE
IL [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
IL SEGRETARIO
Pubblicato il 24/05/2021