N. 07074/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00853/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 853 del 2014,
proposto da
[#OMISSIS#] Astorri, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Rigi Luperti e [#OMISSIS#] Astorri, con domicilio eletto presso lo studio del terzo in Roma, via A. Torlonia, 33;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri e Università degli Studi di Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
– dell’accordo Stato Regioni del 18.4.2007 nella parte in cui (art. 4) limita a 18 mesi la permanenza all’estero dei medici specializzandi (doc.A);
– dell’accordo Stato Regioni del 15.3.2012 recante la medesima disposizione (doc.B);
– della comunicazione del 8.11.2013 (doc.C) a firma del Coordinatore del Comitato Ordinatore della Scuola di Specializzazione in Reumatologia dell’Università di Roma Sapienza e di ogni altro atto, tra i quali quelli adottati dagli uffici dell’ateneo, cui la comunicazione fa riferimento, tendenti ad applicare alla ricorrente il richiamato accordo Stato Regioni del 2007;
e per la disapplicazione
di tali accordi Stato Regioni ai medici specializzandi in possesso del titolo di Dottorato di Ricerca che, invece, in base alla comunicazione in data 18.11.2013, il Comitato Ordinatore della Scuola di Specializzazione in Reumatologia della Facoltà di Medicina della detta Università intende applicare al piano di studi della Dott.ssa Astorri (in possesso del titolo di Dottorato di Ricerca) che frequenta il secondo anno della scuola;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Universita’ degli Studi di Roma La Sapienza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per la ricorrente l’Avv. P. S. [#OMISSIS#] in sostituzione dell’Avv. A. [#OMISSIS#] e l’Avvocato dello Stato O. [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La Dott.ssa [#OMISSIS#] Astorri in data 20.7.2006 ha conseguito il diploma di laurea in medicina presso l’Università degli Studi Campus Biomedico di Roma.
La medesima ricorrente espone:
– di aver iniziato, nel maggio 2007, il Dottorato di Ricerca (PhD) presso la Queen Mary University, Barts’ & The London (QMUL), a Londra, nell’Experimental Medicine & Rheumatology Department, [#OMISSIS#] Vane Science Centre, [#OMISSIS#] Harvey Research Institute, diretto dal Prof. [#OMISSIS#] Pitzalis;
– che in data 28 febbraio 2011, a conclusione di quattro anni di lavoro, ha conseguito il titolo di Dottorato di Ricerca in Reumatologia;
– di essere stata ammessa nel mese di giugno 2012, in esito a concorso, al corso di specializzazione in Reumatologia presso la Scuola di Specializzazione in Reumatologia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche diretto dal Prof. Guido Valesini;
– di aver iniziato il 5 luglio 2012 il corso di specializzazione e, in considerazione del Dottorato di Ricerca conseguito presso l’Istituto di Reumatologia della Queen Mary University of London (QMUL), di aver iniziato a seguire un piano di studi (concordemente definito tra la Scuola di Specializzazione in Reumatologia dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza e l’Istituto Universitario Londinese) che prevede la sua frequenza, in parte, presso l’Università Queen Mary e, in parte, per un mese ogni tre mesi di frequenza a Londra, presso l’Università La Sapienza;
– di aver compilato il piano di studi nel mese di ottobre 2013, che sta seguendo dal luglio 2012, per ottenere la sua approvazione dal Consiglio della Scuola di Specializzazione, in base all’art. 15 del d.P.R. n. 162/82;
– che con nota del 18.11.2013 le è stato comunicato che il Comitato Ordinatore della Scuola, riunitosi il 21.10.2013 per deliberare “un piano formativo personalizzato che tenga conto della esperienza già maturata nel corso del PHD a Londra” aveva deciso che “nel formulare detto piano” che non avrebbe potuto “non tener conto di quanto specificato nel testo dell’accordo stato/regioni del 18.04.2007 che limita a 18 mesi massimo il periodo di permanenza all’estero”.
Avverso gli atti in epigrafe ha, quindi, proposto ricorso l’interessata deducendo i seguenti motivi:
1) Violazione della Direttiva CEE n. 93/16 in materia di libera circolazione dei medici e violazione dell’art. 40.6 del D. Lgs n. 368 del 17.8.1999 di attuazione della detta Direttiva. Eccesso di potere per illogicità, per ingiustizia manifesta e per trattamento identico di situazioni diseguali.
2) Violazione dell’art. 15 del DPR 10.03.1982 n. 62. Falsa applicazione dell’accordo Stato Regioni.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Università degli Studi di Roma La Sapienza si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso.
Con ordinanza cautelare del 21 febbraio 2014, n. 851, è stata accolta la domanda di sospensione degli atti impugnati “considerando, ad un sommario esame dei documenti e delle deduzioni di causa, che il ricorso appare assistito da sufficiente fumus [#OMISSIS#] iuris in quanto la Scuola di Specializzazione non sembra aver tenuto conto in modo adeguato della particolare posizione della ricorrente”.
Con memoria depositata il 28.2.2017 la ricorrente, che rappresenta di aver concluso con merito la Scuola di Specializzazione in Reumatologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia della Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, afferma di non avere più interesse alla prosecuzione dell’azione di cui al ricorso introduttivo del giudizio.
All’udienza del 6 giugno 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
In primo luogo occorre disattendere la richiesta dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse, per ragioni già esposte in precedenti pronunce (cfr. per tutte TAR Lazio, Roma, sez. III, 9 ottobre 2017, n. 10129), ma da ribadire anche per il caso in esame – in cui è intervenuto accoglimento dell’istanza cautelare, con conseguente conclusione positiva del corso di Specializzazione in Reumatologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia della Università degli Studi di Roma “Sapienza”.
E’ necessario, infatti, ribadire principi fondamentali del processo amministrativo, in base ai quali deve trovare applicazione l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, secondo cui il processo cautelare costituisce fase autonoma e distinta nell’ambito del giudizio di impugnazione, non in grado di consumare il rapporto processuale principale e senza, quindi, che l’eventuale sospensiva del provvedimento impugnato – destinata ad avere efficacia solo fino alla decisione di merito, al fine di evitare effetti negativi irreversibili prima di tale decisione – possa determinare cessazione della materia del contendere o improcedibilità dell’impugnativa (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 2 dicembre 2003, n. 7864, 21 novembre 2006, n. 6807, 19 maggio 2010, n. 3165; Cons. Stato, sez. III, 13 maggio 2011, n. 2907, 25 marzo 2013, n. 1660, 6 giugno 2013, n. 5671; Cons. Stato, sez. VI, sentenza non definitiva 4 gennaio 2016, n. 12).
Va dunque ricordato, in primo luogo, che la cessazione della materia del contendere – anche alla luce dell’attuale 5° comma dell’art. 34 cod. proc. amm. (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 1 lett. e) del d.lgs. n. 160 del 2012) – può discendere solo dalla rimozione ex tunc del provvedimento lesivo per autonoma scelta dell’Amministrazione, ispirata a nuovo apprezzamento della situazione da disciplinare e non a mera esecuzione del provvedimento cautelare del giudice amministrativo, essendo l’ordinanza di sospensione non destinata a sopravvivere alla decisione conclusiva del giudizio, attesa la natura accessoria, interinale e contingente della tutela cautelare (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 24 luglio 2017, n. 3638).
Il medesimo carattere interinale della pronuncia cautelare, d’altra parte, non può non escludere anche l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, poiché la cessazione degli effetti della sospensione, disposta dal giudice amministrativo in via di urgenza, porterebbe inevitabilmente al ripristino dell’atto lesivo, ove non definitivamente annullato con pronuncia di merito.
Non a caso, d’altra parte, una significativa deroga ai principi ricordati è stata resa possibile solo con disposizione legislativa, da considerare per ciò stesso norma eccezionale e di stretta interpretazione: ci si riferisce all’art. 4, comma 2 bis, del d.l. 30 giugno 2005, n. 115, introdotto dalla legge di conversione 14 agosto 2005, n. 168, riferita agli esami di abilitazione per avvocato e, in più occasioni, dichiarata inapplicabile ai concorsi pubblici a numero chiuso o alle valutazioni scolastiche (cfr., fra la tante, Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 2010, n. 7002, 8 luglio 2011, n. 41100, 11 gennaio 2012, n. 106, 21 maggio 2013, n. 2727, 10 aprile 2014, n. 1722, nonché n. 12 del 2016 cit.). Con detta normativa, richiamata dalla parte ricorrente e già sopra riportata, viene disposta infatti l’immutabilità di un giudizio favorevole, espresso con riferimento a prove scritte e orali, effettuate da soggetti ammessi a prove meramente abilitanti solo in via giurisdizionale o di autotutela, purché però in possesso dei prescritti requisiti di partecipazione e senza che si pongano questioni di limite numerico degli ammessi, né di par condicio dei concorrenti.
Nella situazione in esame, invece, è contestata la possibilità di proseguire il corso di specializzazione
in base alla previsione dell’accordo Stato/regioni del 18.4.2007, che limita a 18 mesi massimo il periodo di permanenza all’estero.
Nella situazione in esame, non avendo l’Amministrazione disposto, in via di autotutela, la prosecuzione del corso di specializzazione presso l’ateneo romano sulla base di un’autonoma (ri)determinazione, non può evidentemente ravvisarsi, nell’interesse della medesima ricorrente, cessazione della materia del contendere o improcedibilità dell’impugnativa.
Nel merito, il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato e meriti accoglimento.
In particolare deve ritenersi condivisibile la censura con la quale la ricorrente ha evidenziato che l’Università nel negare la prosecuzione del corso di specializzazione non ha tenuto conto del peculiare curriculum di studi della medesima dott.ssa Astorri.
L’interessata, infatti, risulta in possesso di un titolo di Dottorato di Ricerca conseguito presso una Università di uno Stato europeo (la Gran Bretagna), che differenzia la posizione della Astorri nell’ambito degli specializzandi secondo quanto previsto, tra l’altro, dall’art. 15 del d.P.R. n. 162 del 10.3.1982 secondo il quale “Il consiglio delle scuole di specializzazione, in relazione ad eventuali domande di ammissione di candidati che abbiano conseguito il titolo di dottorato di ricerca, delibera specificatamente, considerato il processo formativo e la produzione scientifica dell’aspirante, un apposito piano di studi e di attività professionalizzanti, rispettando le eventuali direttive CEE in materia”.
In base alla norma richiamata, dunque, nelle ipotesi in cui uno specializzando (come la ricorrente) abbia conseguito il Dottorato di Ricerca in una Università, il piano di studi del corso di specializzazione deve essere strutturato tenendo in considerazione il “processo formativo e la produzione scientifica dell’aspirante”, allo scopo evidentemente di non disperdere il patrimonio di conoscenze acquisite con il dottorato, ma anzi di valorizzarlo nell’ambito del percorso di specializzazione.
In tale quadro occorre, altresì, considerare (come evidenziato dalla stessa ricorrente) che in ambito sovranazionale la Direttiva del Consiglio europeo n. 93/16/Cee del 5 aprile 1993, in materia di libera circolazione dei medici, non individua alcun limite temporale alla libera circolazione dei medici, essendo piuttosto volta a promuovere la circolazione dei medici al fine di favorire lo scambio e l’incremento delle conoscenze.
Limite che non è individuato nemmeno nel D.lgs. n. 368 del 17.8.1999 (“Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE”, per lo specifico caso dei medici specializzandi (cfr. art. 40, comma 6).
L’unico limite temporale alla frequenza del corso di specializzazione in questione, quindi, è quello individuato dagli accordi Stato Regione del 18.4.2007 e del 15.3.2012 (ai quali l’Università Sapienza ha fatto riferimento per giustificare l’impugnato diniego) secondo il quale “si concorda che i periodi di formazione specialistica che i medici possono svolgere anche in strutture sanitarie di Paesi stranieri, nell’ambito dei rapporti di collaborazione didattico — scientifica, non possano essere superiori a diciotto mesi”.
Tale disposizione, tuttavia, ove interpretata nei termini rigorosi espressi dall’Università la Sapienza non si concilierebbe con le norme di derivazione comunitaria sopra richiamate, compromettendo il piano di studi che la ricorrente seguiva all’estero, in accordo tra l’Università italiana e quella straniera.
Alla luce del quadro normativo sopra indicato, è possibile ritenere in conclusione che gli atenei possano pur limitare la permanenza all’estero di uno specializzando munito del solo titolo di laurea, al fine di salvaguardare la continuità didattica del corso di specializzazione iniziato in Italia, ma nelle ipotesi come quella in esame debbano tener debito conto di quanto prescritto dall’art. 15 del d.P.R. n. 162 del 10.3.1982, in modo che il Consiglio della Scuola di Specializzazione deliberi “specificatamente” un “apposito” piano di studi e di attività professionalizzanti.
In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere accolto in parte qua previa disapplicazione nel caso di specie degli accordi Stato Regione del 18.4.2007 e del 15.3.2012, con conseguente annullamento della comunicazione del 8.11.2013 del Comitato Ordinatore della Scuola di Specializzazione in Reumatologia dell’Università di Roma Sapienza.
Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in parte motiva e, per l’effetto, annulla la comunicazione del 8.11.2013 del Comitato Ordinatore della Scuola di Specializzazione in Reumatologia dell’Università di Roma Sapienza, previa disapplicazione degli accordi Stato Regione del 18.4.2007 e del 15.3.2012.
Condanna L’università di Roma “Sapienza” al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente, che liquida in € 1.500,00 (millecinquecento) oltre IVA, CPA e oneri dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 25/06/2018