La motivazione del provvedimento costituisce il baricentro e l’essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo e, per questo, un presidio di legalità sostanziale che non può essere sostituito nemmeno mediante il ragionamento ipotetico previsto dall’art. 21 octies, legge 7 agosto 1990, n. 241 (cfr., ad esempio, Cons. Stato, Sez. III, 30 aprile 2014, n. 2247 e, da ultimo, Sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 5892; cfr. anche Sez. IV, 4 marzo 2014, n. 1018 che attenua il divieto di integrazione postuma della motivazione nelle sole ipotesi in cui le ragioni del provvedimento siano chiaramente intuibili ovvero si tratti di attività vincolata).
TAR Lazio, Roma, Sez. III, 26 aprile 2018, n. 4633
Abilitazione scientifica nazionale-Obbligo di motivazione
N. 04633/2018 REG.PROV.COLL.
N. 04471/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4471 del 2017, proposto da
Rosa [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via Lima n. 28;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la sede della quale è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
ROMANI [#OMISSIS#] e BOSSI [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
– del giudizio di non idoneità (pubblicato il 12 aprile 2017) e, quindi, di mancata abilitazione a Professore universitario di prima fascia relativamente al Settore Concorsuale 03/A1 (Chimica Analitica) – Bando D.D. 1532/2016.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 aprile 2018 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi, ai preliminari, per la parte ricorrente, l’Avv. A. [#OMISSIS#] e, per l’Amministrazione resistente, l’Avvocato dello Stato [#OMISSIS#] Fico;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente ha partecipato alla procedura per ottenere l’abilitazione nazionale scientifica a professore di prima fascia nel settore concorsuale 03/A1 (chimica analitica), di cui al bando n. 1532/2016.
Con votazione unanime, l’istante è stata giudicata non idonea ad ottenere l’abilitazione e, pertanto, con il ricorso in esame, ha impugnato tale esito, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, per il seguente articolato motivo:
– eccesso di potere per erroneità dei presupposti e per contraddittorietà; carenza di istruttoria e di motivazione; violazione ed errata applicazione del D.M. n. 120/2016 e del D.M. n. 602/2016.
La ricorrente ha superato tutti i valori soglia relativi all’impatto di produzione scientifica nonché è in possesso di quattro (4) titoli sui 10 scelti dalla commissione di esame.
L’istante, quindi, ha superato abbondantemente due dei tre pilastri, ora previsti dal DM n. 120/2016, necessari per il conseguimento dell’abilitazione di che trattasi.
Per quanto riguarda, invece, la valutazione della produzione scientifica della ricorrente (che, ai fini del conseguimento dell’abilitazione nazionale, deve raggiungere la soglia della “qualità elevata” nel giudizio della commissione), l’organo collegiale ha formulato giudizi contraddittori anche perché, sebbene abbia valutato positivamente i parametri previsti dall’art. 6 del DM n. 120/2016 con riferimento all’apporto individuale, alla qualità delle pubblicazioni, alla collocazione editoriale ed alla continuità della produzione, si è poi limitata a dare un giudizio generico di non coerenza dei lavori dalla stessa presentati in sede di abilitazione, senza spiegare cioè i motivi per i quali non rientravano nella definizione ampia del settore concorsuale 03/A1 (chimica analitica) fissata nel DM 30 ottobre 2015.
Peraltro, la commissione ha formulato giudizi contraddittori in rapporto ad altri candidati che hanno affrontato tematiche similari a quelle della ricorrente e che sono state, invece, giudicate coerenti.
In ogni caso, proprio nei casi come quello in esame in cui la discrezionalità tecnica esercitata dalla commissione è molto ampia, è necessario che la motivazione (di non coerenza delle pubblicazioni) sia ampia e rigorosa e dia contezza chiara dell’iter logico seguito per formulare un tale giudizio negativo; ciò avrebbe dovuto essere più stringente nel caso di specie in cui la ricorrente ha superato ampiamente i valori soglia di impatto della produzione scientifica nonché di numero minimo dei titoli scelti dalla commissione.
Si è costituito in giudizio il Ministero intimato, per resistere al ricorso.
Con ordinanza n. 3163/2017, è stata fissata, ai sensi dell’art. 55, comma 10, del CPA, l’udienza pubblica per la definizione del merito.
Con memoria, il Ministero resistente, dopo aver chiarito che i numeri delle pubblicazioni richiamati nel giudizio collegiale fanno riferimento alla numerazione indicata nel curriculum di ciascun candidato presente nel sito in data 2 gennaio 2017, ha chiesto il rigetto del ricorso perché infondato nel merito.
In prossimità della trattazione del merito, la ricorrente ha depositato memoria, insistendo per l’accoglimento dell’impugnativa.
Alla pubblica udienza del giorno 11 aprile 2018, la causa, dopo che in sede di chiamata preliminare la difesa di parte ricorrente ha convenuto con la spiegazione fornita dal Ministero resistente sull’indicazione dei numeri delle pubblicazioni contenuta nel giudizio collegiale, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
1. Viene all’esame del Collegio una questione riguardante il mancato riconoscimento dell’abilitazione scientifica nazionale, la cui procedura è delineata, a livello di fonte primaria, dall’art. 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (recante “Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e di reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”).
Come chiarito di recente dalla Sezione (per tutte, TAR Lazio, sez. III, 29 marzo 2018, n. 3493), tale procedura è disciplinata anche da fonti subordinate ovvero dal regolamento attuativo, approvato con d.P.R. n. 222 del 14 settembre 2011, come modificato con d.P.R. n. 95 del 4 aprile 2016, dal regolamento recante criteri e parametri per la valutazione, oggetto di decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca n. 120 del 7 giugno 2016, e dal bando di selezione n. 1532/2016.
L’oggetto dell’impugnativa richiede alcune annotazioni preliminari, circa i limiti di sindacabilità degli atti che siano, come quelli in esame, espressione di discrezionalità tecnica nella peculiare forma dei giudizi di valore, implicanti competenze specialistiche di alto profilo connotate da margini di opinabilità; in rapporto a tali giudizi – resi peraltro nell’ambito di procedure di esame a carattere abilitativo e non concorrenziale – non può non sottolinearsi l’estrema difficoltà di un sindacato giurisdizionale non debordante nel merito (di per sè insindacabile) delle scelte compiute dall’Amministrazione, sussistendo di norma, per i giudizi appunto di valore, margini di discrezionalità particolarmente ampi, rimessi all’esperienza e all’alta specializzazione dei docenti, chiamati a far parte della commissione esaminatrice.
Non possono essere trascurate, tuttavia, ulteriori circostanze, attinenti sia all’evoluzione dei principi affermati dalla giurisprudenza, in tema di giudizio di legittimità su atti che siano espressione di discrezionalità tecnica, sia alla peculiare disciplina, dettata in materia di abilitazione scientifica nazionale, istituita per attestare la qualificazione dei professori universitari di prima e di seconda fascia, cui potranno essere successivamente affidati – con la procedura di cui all’art. 18 della citata legge n. 240 del 2010 – incarichi di docenza.
Sul primo profilo, infatti, la cognizione del giudice amministrativo ha subito nel corso degli anni una significativa evoluzione che ha evidenziato come spetti a detto giudice – anche in base al principio, di rilievo comunitario, della effettività della tutela – una piena cognizione del fatto, secondo i parametri della disciplina in concreto applicabile. A tal fine, può ritenersi censurabile ogni valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura ovvero orientamenti già oggetto di giurisprudenza consolidata o di dottrina dominante in materia (cfr Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2003, n. 6201).
E’ dunque superata la [#OMISSIS#] di un riscontro giurisdizionale di legittimità sugli atti discrezionali, condotto sul piano del controllo solo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito, dovendo invece il giudizio estendersi all’attendibilità delle operazioni tecniche o degli elementi di fatto posti a fondamento della valutazione, con possibile sussistenza del vizio di eccesso di potere giurisdizionale solo quando l’indagine del giudice si sia estesa all’opportunità o alla convenienza dell’atto che significa sostituzione della volontà dell’organo giudicante a quella dell’Amministrazione competente in materia (Cass., SS.UU., 5 agosto 1994, n. 7261).
L’orientamento giurisprudenziale indicato mira a garantire, attraverso il ricordato principio di effettività, l’esclusione di ambiti franchi dalla tutela giurisdizionale, al fine di assicurare un giudizio coerente con i principi, di cui agli articoli 24, 111, 113 e 117 Cost., con riferimento anche all’art. 6, par.1, CEDU (cfr. in tal senso, fra le tante, anche Cons. Stato, sez. VI, 12 giugno 2015, n. 2888; 27 maggio 2014, n. 3357; 16 aprile 2012, n. 2138; 18 novembre 2008, n. 694).
Per quanto riguarda la disciplina vigente in tema di abilitazione scientifica nazionale, il legislatore ha introdotto parametri oggettivi, puntualizzati in via regolamentare, in grado di consentire un percorso di verifica giudiziale più stringente, in ordine allo scostamento o meno da tali parametri e, in caso di positivo riscontro degli stessi, circa l’esigenza di una motivazione particolarmente accurata laddove si intenda negare il titolo abilitante a soggetti che per titoli professionali e produzione pubblicistica risultino, in effetti, già inseriti nel settore scientifico di riferimento.
Nel citato regolamento (D.M.) n.120 del 2016, si richiede in particolare, all’art. 5, che il candidato possieda almeno tre titoli fra quelli (non meno di sei) scelti dalla Commissione nell’elenco di cui all’allegato “A” al regolamento stesso; detto candidato, inoltre, deve superare almeno due dei tre “valori-soglia”, rapportati ai titoli posseduti ed al numero di pubblicazioni su determinate categorie di riviste e alle citazioni registrate – in ordine alla relativa produzione scientifica – su specifiche banche dati internazionali (cfr. allegato “C” reg. cit).
Conclusivamente, quindi, l’abilitazione di cui trattasi potrà essere rilasciata – sulla base di cinque giudizi individuali (tre almeno dei quali positivi) e di un giudizio finale a carattere collegiale – solo ai candidati che, oltre a possedere almeno tre titoli su quelli scelti dalla commissione, ottengano (art. 6 reg. cit.) una valutazione positiva sull’impatto della propria produzione scientifica (due valori soglia su tre) e le cui pubblicazioni siano valutate complessivamente di qualità “elevata”, secondo la definizione contenuta nell’allegato “B” al medesimo regolamento (“si intende per pubblicazione di qualità elevata una pubblicazione che, per il livello di originalità e rigore metodologico e per il contributo che fornisce al progresso della ricerca, abbia conseguito o è presumibile che consegua un impatto significativo nella comunità scientifica di riferimento, a livello anche internazionale”); ulteriori disposizioni contenute nel DM n. 120/2016 indicano il numero di pubblicazioni da produrre, gli anni di riferimento e alcune diversificazioni per le valutazioni da riferire alla I^ o alla II^ fascia di docenza.
2. Nel caso di specie, l’abilitazione di che trattasi è stata negata per il settore concorsuale 03/A1 – Chimica analitica, con cinque giudizi negativi, sul presupposto (principale) che le pubblicazioni presentate dalla candidata non fossero coerenti con il settore di riferimento; in particolare, la commissione, nel giudizio collegiale, ha ritenuto la coerenza della produzione scientifica “mediamente scarsa” e, altresì, ha valutato 7 pubblicazioni (sulle 16 presentate in sede di abilitazione) “non coerenti” con il SC 03/A1.
Con riferimento ad altri parametri previsti dall’art. 4 del DM n. 120/2016 (in particolare, l’apporto individuale, la qualità, la collocazione editoriale), i giudizi della commissione possono invece essere considerati di contenuto positivo per la ricorrente.
3. Ciò premesso, risultano meritevoli di accoglimento ed assorbenti le censure di violazione del citato decreto n. 120 del 2016 e di eccesso di potere per difetto di motivazione, riscontrabile nei giudizi individuali e in quello collegiale.
Un tale censura assume maggiore [#OMISSIS#] in ragione del pieno raggiungimento, da parte della ricorrente, dei ricordati parametri oggettivi previsti per il rilascio dell’abilitazione scientifica nazionale, ovvero di almeno tre titoli curriculari, fra i dieci elencati dalla Commissione (che nella fattispecie ne ha riconosciuti quattro), nonché di tre valori – soglia sui tre fissati nell’allegato “C” al DM. n. 120 del 2016, punti nn. 2 e 3.
L’unica connotazione negativa deve ritenersi riferita, quindi, alla non coerenza delle pubblicazioni con il settore concorsuale di riferimento.
Sul punto, va osservato che sia la commissione, nel giudizio collegiale, sia i membri in quelli individuali si sono limitati ad un giudizio molto sintetico ed assertivo che non consente di ricostruire l’iter logico seguito per addivenire ad una tale valutazione di incoerenza.
Eppure, il D.M. n. 855/2015 descrive in maniera analitica le tematiche oggetto del settore concorsuale di riferimento ma la commissione di esame non si è curata di chiarire, con riferimento alle singole pubblicazioni, quali fossero gli elementi dirimenti che non consentivano di far rientrare le tematiche trattate dalla candidata nel SC 03/A1.
A tale riguardo, non può soccorrere quanto affermato dal Presidente della Commissione nella relazione depositata in giudizio in vista della trattazione del merito della controversia in quanto si tratta di una spiegazione postuma che non può essere utilizzata per integrare la motivazione resa nell’ambito di un organo collegiale che, nel frattempo, ha esaurito il suo compito con riferimento alla tornata di che trattasi.
Il Collegio, al riguardo, ritiene invero di non doversi discostare dall’orientamento espresso dalla giurisprudenza amministrativa (da ultimo, avallato anche dalla Corte Costituzionale – cfr. la sentenza n. 58/2017) secondo cui la motivazione del provvedimento costituisce il baricentro e l’essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo e, per questo, un presidio di legalità sostanziale che non può essere sostituito nemmeno mediante il ragionamento ipotetico previsto dall’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990 (cfr., ad esempio, Cons. Stato, sez. III, 30 aprile 2014, n. 2247/2014 e, da ultimo, sez. VI, n. 5892 del 13 dicembre 2017; cfr. anche sez. IV, sentenza n. 1018 del 4 marzo 2014, che attenua il divieto di integrazione postuma della motivazione nelle sole ipotesi in cui le ragioni del provvedimento siano chiaramente intuibili ovvero si tratti di attività vincolata).
Ora, dai giudizi della commissione le ragioni della valutazione di “non coerenza” delle pubblicazioni non sono affatto intuibili e, quindi, sarebbe stata auspicabile una motivazione più adeguata, considerato peraltro che – come detto – la candidata soddisfa ampiamente due dei tre parametri previsti dall’art. 5 del DM 120/2016 (titoli e impatto della produzione scientifica) e ha ricevuto giudizi positivi anche con riferimento ad alcuni criteri di cui all’art. 4 del decreto citato, previsti per la valutazione della qualità delle pubblicazioni.
4. In ragione di quanto sopra, il Collegio ritiene che il ricorso, previo assorbimento delle ulteriori censure non esaminate, sia fondato e vada accolto, con conseguente annullamento dell’impugnato giudizio di inidoneità.
Ai sensi dell’art. 34, comma 1, lettera e) del d.lgs. n. 104 del 2010, il Collegio ritiene, altresì, che, in esecuzione della presente sentenza, la posizione dell’interessata debba essere riesaminata da parte di una Commissione in diversa composizione, entro il termine di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione in via amministrativa della presente pronuncia, ovvero dalla sua notificazione se antecedente.
5. Le spese di giudizio, tuttavia, possono essere compensate tra le parti, in ragione della assoluta peculiarità della vicenda.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:
– lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento che ha giudicato inidonea la ricorrente;
– ordina all’Amministrazione di rivalutare l’interessata nei sensi di cui in motivazione entro 60 (sessanta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.
Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 26/04/2018