TAR Lazio, Roma, Sez. III, 4 maggio 2018, n. 4993

Accesso ai corsi a numero chiuso-Improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse

Data Documento: 2018-05-04
Area: Giurisprudenza
Massima

Improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che i ricorrenti sono stati immatricolati a seguito di scorrimento della graduatoria.

Contenuto sentenza

N. 04993/2018 REG.PROV.COLL.
N. 14681/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14681 del 2016, proposto da: 
Cianci [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio Studio Legale [#OMISSIS#]&[#OMISSIS#] in Roma, via S. [#OMISSIS#] D’Aquino, 47, come da procura in atti; 
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca in persona del Ministro p.t., Universita’ degli Studi di Messina ed Università degli Studi di Catanzaro Magna Graecia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
Cineca non costituito in giudizio; 
nei confronti
Gemma [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Aliu non costituiti in giudizio; 
per l’annullamento
della non ammissione ai corsi di laurea in medicina e chirurgia e odontoiatria e protesi dentaria per l’a.a. 2016/2017, numero chiuso – risarcimento danni – accesso ai documenti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca e di Universita’ degli Studi di Messina e di Università degli Studi di Catanzaro Magna Graecia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2018 il consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori per la parte ricorrente gli Avv.ti M. [#OMISSIS#] e S. [#OMISSIS#] e per le Amministrazioni resistenti l’Avvocato dello Stato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con ricorso notificato il 27 novembre 2016 e depositato il 19 di dicembre successivo, la signorina [#OMISSIS#] Cianci ha impugnato, chiedendone l’annullamento (previa misura cautelare), gli atti che hanno determinato la sua mancata ammissione al corso di Laurea Magistrale a Ciclo unico in Medicina e Chirurgia e in Odontoiatria e Protesi Dentaria dell’Università degli Studi di Messina (o, in subordine, presso una delle sedi universitarie che egli aveva indicato in ordine di preferenza), esponendo di avere partecipato, in data 6 settembre 2016, alla prova di ammissione per l’accesso programmato, secondo le disposizioni di cui al D.M. 30 giugno 2016, n. 546 recante “Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico ad accesso programmato nazionale a.a. 2016/2017”.
2. – La ricorrente evidenzia di avere conseguito, alla fine della prova, il punteggio di 61,70, in posizione non utile per accedere ai corsi presso l’Ateneo prescelto.
3. – Il test di accesso si presentava strutturato su 60 quesiti a risposta multipla, ed il punteggio, secondo l’Avviso di ammissione, avrebbe dovuto essere attribuito ai candidati secondo i seguenti criteri:
– attribuzione di 1,5 punti per ogni risposta esatta;
– sottrazione di 0,4 punti per ogni risposta sbagliata;
– attribuzione di zero punti per ogni risposta non data.
Pertanto, il punteggio massimo attribuibile era pari a 90 punti, e, a parità di punteggio, secondo l’art. 3 del Bando, “nell’odine della graduatoria prevale in ordine decrescente il punteggio ottenuto dal candidato nella soluzione, rispettivamente, dei quesiti relativi agli argomenti di ragionamento logico, cultura generale, biologia, chimica, fisica e matematica”.
4. – La ricorrente evidenzia, già nella prospettazione in punto di fatto, che, nel corso della procedura, il MIUR ha rilevato che uno dei quesiti, contrassegnato dal numero 16 nel questionario-tipo predisposto dall’Amministrazione, non presentava una sola risposta corretta (originariamente individuata in quella segnata alla lettera “A”), e, pertanto, ha deciso di attribuire indistintamente a tutti i candidati il punteggio di 1,5 per tale quesito.
Quest’ultimo era del seguente tenore: “Un recente studio ha mostrato che negli ultimi 20 anni il peso medio degli italiani è salito del 5%. Più in particolare, il peso medio dei cittadini del Centro-Nord è cresciuto del 6%, mentre quello dei cittadini del Meridione è cresciuto del 3%. Quale delle seguenti conclusioni può essere dedotta dalle informazioni riportate sopra?”
Le cinque risposte entro le quali i candidati dovevano effettuare la scelta erano le seguenti:
A) “I cittadini del Centro-Nord sono più numerosi dei cittadini del Meridione”;
B) “Alcuni cittadini del Centro-Nord sono immigrati dal Meridione”;
C) I Cittadini del Centro-Nord hanno un peso medio superiore rispetto ai cittadini del Meridione”;
D) “Nessuna delle altre alternative è corretta”;
E) “I cittadini del Centro-Nord sono mediamente aumentati di peso di 3 chilogrammi in più rispetto ai cittadini del Meridione”.
La ricorrente assume di essere stato pregiudicato da tale scelta ministeriale, asserendo che, in mancanza di questa, “verosimilmente” la graduatoria avrebbe visto una soglia di ammissione più bassa per 1,90 punti (ossia per 1,50 punti attribuiti per la risposta esatta e per la mancata sottrazione di 0,40 punti per la risposta omessa), il che gli avrebbe consentito di superare l’ultimo degli ammessi (peraltro non specificamente individuato).
Questi, infatti, invece dei 62,50 punti conseguiti, avrebbe ottenuto soltanto 60,60 punti, e, così, sarebbe stato sopravanzato dalla ricorrente, che, come detto, vanta 61,70 punti.
Inoltre, sempre in punto di fatto, il ricorrente evidenzia che, contrariamente alle rassicurazioni fornite dal MIUR, i quesiti somministrati ai candidati non sarebbero stati inediti, perché contemplati in alcuni testi per la preparazione al concorso presenti sul mercato.
5. – Il ricorso, che è steso su 58 pagine (oltre a quelle contenenti le domande) formate da 35 righe ciascuna, consta dei motivi che, per comodità espositiva, possono essere riassunti come segue.
1) Sul quesito n. 16 di cui si è detto al punto n. 4 della presente narrativa:
“Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e dei principi generali in tema di pubblici concorsi. Eccesso di potere per contraddittorietà con precedente provvedimento. Incompetenza. Violazione del DM n. 54616”.
Il motivo si presenta articolato in più censure.
a) La scelta ministeriale sarebbe errata innanzitutto perché divergente dalle determinazioni assunte dal MIUR, negli anni passati, in presenza della medesima situazione: infatti, nell’edizione 2013 fu deciso di attribuire punteggio a chi avesse scelto due delle possibili soluzioni; invece, nel 20072008 furono attribuiti zero punti a tutti i candidati.
b) Sarebbe stata errata, inoltre, la scelta di intervenire sul quesito soltanto dopo lo svolgimento delle prove, e non prima, così da evitare ai candidati l’effetto di disorientamento dovuto alla presenza di un quesito con più risposte esatte.
c) La attribuzione a tutti i candidati di 1,5 punti per il detto quesito, poi, avrebbe danneggiato chi, come il ricorrente, avrebbe risposto correttamente (secondo la prospettazione in esame) al medesimo.
d) La scelta ministeriale sarebbe poi affetta da incompetenza, non emergendo quale sia stato l’organo che l’ha adottata.
e) Infine, sarebbe stato violato il principio del contrarius actus, in quanto solo le singole Università avrebbero potuto annullare il quesito.
*****
Il ricorso contiene, nel prosieguo, “altre censure non inerenti specifici quesiti ma l’intera struttura del test”, che possono essere sunteggiate come di seguito.
2) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 4, 1° c. L. 2 agosto 1999 n. 264, del DM 54616. Eccesso di potere per illogicità manifesta”.
L’art. 2 comma II del DM n. 5462016 prevedeva che i quesiti dovessero vertere su: cultura generale e ragionamento logico; biologia; chimica; fisica e matematica.
Venti di essi riguardavano la logica, che, tuttavia, non è materia di studio nella scuola secondaria superiore; ma se invece che dei quesiti di logica fossero stati somministrate domande di cultura generale, al ricorrente sarebbero stati potenzialmente attribuiti almeno dodici punti in più.
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 comma I L. n. 2641999 e del DM n. 5462016, nonché della lex specialis di affidamento della commessa. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta. Violazione degli articoli 3, 33, 34 e 97 Cost. e disparità di trattamento.
a) Ventinove dei quiz sottoposti ai candidati, formulati da una società specializzata per conto del MIUR, non sarebbero stati inediti, bensì integralmente tratti da pubblicazioni per la preparazione del concorso che si trovano in comune commercio.
b) Inoltre, sarebbe illegittima la scelta stessa di esternalizzare la confezione della prova, posto che il sistema di redazione del questionario sarebbe stato quello di copiare da testi diffusi in commercio.
E, se i quesiti fossero stati tutti inediti, parte ricorrente, che ha risposto in modo errato o non ha risposto a otto domande “copiate”, avrebbe conseguito 74,20 punti, così superando il test d’accesso.
c) Inoltre, la presenza di domande non inedite avrebbe comportato, per i candidati (compreso il ricorrente) un generale effetto di disorientamento.
4) Violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 6 L. n. 2411990, dell’art. 3 comma II DPR n. 4871994 e dell’art. 6ter del d.lgs. n. 5021992 e degli articoli 3 e 4 L. 2641999. Eccesso di potere per difetto di adeguata istruttoria e congrua motivazione e per illogicità manifesta.
A fronte di una potenziale offerta formativa, per l’anno accademico di riferimento, pari a circa 10.000 posti complessivi in tutta Italia, il MIUR ne ha banditi 9.224.
Tanto contrasterebbe sia con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’unione Europea (che ritiene prevalente la tutela del bene-salute rispetto all’offerta formativa) che con quella dei Giudici nazionali (in particolare, con la sentenza n. 3831998 della Corte Costituzionale).
In subordine, l’art. 3 della legge n. 2641999 (che impone di tenere conto, nella determinazione dei posti da mettere a concorso, anche del fabbisogno professionale sanitario) sarebbe costituzionalmente illegittimo ove lo si volesse leggere –come nella specie avrebbe fatto il MIUR- nel senso di programmare l’offerta formativa degli Atenei senza tenere conto della necessità di reperire un maggior numero di professionisti.
I parametri costituzionali violati sarebbe gli articoli 2, 32, 33, 34 e 117: quest’ultimo in relazione alla violazione dell’art. 1 del Protocollo CEDU, che disporrebbe, da un lato, l’incomprimibilità del diritto all’istruzione, e dall’altro, che lo Stato si adegui per sopperire al fabbisogno professionale sanitario.
5) Violazione degli articoli 34 e 97 Cost., 46 DPR n. 3941999, del d.lgs. n. 2861998 e della legge n. 2641999. Eccesso di potere per irragionevolezza, difetto di motivazione, contraddittorietà tra provvedimenti del medesimo Ateneo.
Inoltre, sarebbe illegittima la scelta, operata dal MIUR con il DM n. 5462016, di non attribuire ai cittadini comunitari i posti riservati ai cittadini extracomunitari non residenti in Italia rimasti vacanti dagli aventi diritto, in quanto, da un lato, non sarebbe prevista riserva alcuna per i non comunitari (poiché l’art. 46 DPR n. 3941999 si limiterebbe a disporre la previsione di un dato numero di accessi di studenti extracomunitari), e, d’altro lato, in subordine, ove anche si ritenesse esistere una riserva, i posti residui (ossia non occupati da studenti non comunitari) andrebbero ridistribuiti fra gli aspiranti provenienti da Paesi comunitari, posto che, al contrario, sarebbe violato il diritto costituzionalmente garantito allo studio.
In caso di accoglimento di tale censura occorrerebbe, secondo la ricorrente – che a questo fine cita giurisprudenza di altri TAR relativa ad anni accademici precedenti- assegnare i posti residui soltanto a coloro che hanno agito in giudizio, e non a tutti i concorrenti collocati in posizione (divenuta) utile nella graduatoria.
*****
Le successive doglianze contenute nel ricorso, volte ad inficiare l’intera procedura concorsuale, sono svolte in via dichiaratamente subordinata, in quanto parte ricorrente premette alla loro esposizione di avere interesse alla loro decisione solo in caso di rigetto dei motivi che precedono.
6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 comma I della legge n. 2641999 e del DM n. 5462016. Eccesso di potere per illogicità manifesta.
La norma in rubrica non consentirebbe l’esternalizzazione della redazione del test da somministrare ai candidati, sicché l’intera prova si paleserebbe illegittima.
7) Violazione e falsa applicazione dei principi di pubblicità, imparzialità, trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa. Violazione e falsa applicazione della legge n. 2641999. Incompetenza, carenza di potere e violazione del principio dell’autovincolo assunto con la lex specialis.
Altro vizio dell’intero concorso deriverebbe dalla mai intervenuta approvazione dei relativi atti da parte del MIUR.
8) Violazione del principio di segretezza della prova e della lex specialis del concorso. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del DPR n. 6861957 e dell’art. 14 del DPR n. 4871994. Violazione del DM MIUR del 30 giugno 2016 e del relativo allegato 1. Violazione degli articoli 34 e 97 Cost. e della regola dell’anonimato nei pubblici concorsi nonché dei principi di trasparenza e par condicio. Contraddittorietà tra atti diversi. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, arbitrarietà, irrazionalità, travisamento e sviamento dalla causa tipica.
I vizi in rubrica deriverebbero dalla presenza, tra il materiale consegnato ai candidati, di un codice alfanumerico personale, che, al momento di consegna del foglio contenente le risposte e sottoscrizione del registro di uscita, i commissari avrebbero potuto facilmente associare al nome e cognome del candidato cui esso perteneva.
Inoltre, sebbene detti codici fossero composti da 15 cifre o lettere, solo 3, 4 o 5 di esse avrebbero avuto carattere veramente distintivo rispetto agli altri codici, in quanto nei dispositivi alfanumerici sarebbero state presenti delle ripetizioni dovute alla necessità di identificare la sede di esame in cui il candidato aveva sostenuto la prova.
Le dette modalità di svolgimento della prova, asseritamente lesive del principio dell’anonimato, sarebbero altresì contrarie al bando di concorso (che prevedeva una urna chiusa sia per le schede anagrafiche che per i fogli contenenti le risposte), perché contemplate soltanto nelle istruzioni diramate ai concorrenti.
9) Violazione e falsa applicazione del DM n. 5462016 e del relativo allegato 1. Violazione del bando di concorso. Violazione degli articoli 3, 4, 34 e 97 Cost. Violazione del principio di paternità della prova di concorso e di trasparenza e par condicio. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, arbitrarietà e contraddittorietà, irrazionalità e sviamento dalla causa tipica.
Ove, al contrario di quanto sostenuto nel precedente motivo, si ritenesse che i commissari non abbiano potuto attribuire ogni singolo elaborato ad un dato candidato, risulterebbe leso il principio di paternità delle prova di concorso.
Infatti, nessuno dei commissari avrebbe potuto verificare se, dopo la conclusione della prova, al momento di compilare e sottoscrivere la propria scheda anagrafica e di scegliere una coppia di etichette in una postazione distante dal tavolo della commissione, ciascun candidato abbia riempito il documento anagrafico con le proprie o con altrui generalità.
10) Violazione di legge. Violazione dei principi in materia concorsuale, eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta, difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa e del favor partecipationis. Lesione del principio del legittimo affidamento. Sviamento di interesse. Violazione degli articoli 1 e 6 della legge n. 2411990.
Il motivo ruota intorno all’ipotesi per cui, pur dopo la scadenza del termine di conclusione della prova e l’ordine della commissione ai candidati di riconsegnare le penne utilizzate per la redazione del questionario, i partecipanti, durante lo svolgimento di tali operazioni, avrebbero trattenuto le penne per continuare la redazione del test oltre l’orario consentito, oppure, al medesimo fine, avrebbero utilizzato penne differenti da quelle appena riconsegnate.
Inoltre, una ulteriore possibilità di operare sui questionari oltre l’orario consentito sarebbe stata fornita dalla fase di applicazione delle etichette adesive alla scheda anagrafica.
5. – Parte ricorrente ha, quindi, chiesto l’annullamento degli atti gravati, e, in subordine, il risarcimento in forma specifica e, in forma ulteriormente gradata, quello per equivalente, nonché, in sede cautelare, la ammissione con riserva al corso di laurea ambito.
6. – Il MIUR si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del gravame.
7. – Con ordinanza n. 88392017 è stato ordinato al ricorrente di provvedere all’integrazione del contraddittorio con tutti i candidati in graduatoria ed è stata respinta l’istanza cautelare.
L’incombente è stato ritualmente assolto.
A ridosso della camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare e dell’udienza di trattazione del ricorso nel merito il ricorrente ha depositato diverse memorie, nelle quali ha illustrato i motivi di censura.
In occasione della pubblica udienza del 7 febbraio 2018 il ricorso è stato posto in decisione.
8. – Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Infatti, in occasione della pubblica udienza del 7 febbraio 2018, i procuratori della ricorrente hanno effettuato la seguente dichiarazione, debitamente verbalizzata: “Gli avvocati di parte ricorrente dichiarano che i ricorrenti risultano immatricolati a seguito di scorrimento della graduatoria e pertanto risulta venuto meno l’interesse al ricorso al quale rinunciano”.
Le spese, in ragione di tanto, possono essere interamente compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), dichiara improcedibile il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
 Pubblicato il 04/05/2018