TAR Lazio, Roma, Sez. III-bis, 25 febbraio 2021, n. 2315

Impugnazione delle prove di ammissione al corso di studi e irreversibilità degli effetti derivanti dalla pronuncia giurisdizionale cautelare

Data Documento: 2021-02-25
Area: Giurisprudenza
Massima

Per quanto la prova di ammissione al corso di studi si configuri nell’immediato come avente i caratteri di una procedura competitiva tra più candidati, una volta che un candidato abbia addirittura terminato il corso di studi, tanto da mutare il suo status (da mero candidato a laureato), o comunque abbia ormai superato gli esami, quantomeno del primo anno del corso di studi, perde siffatto carattere del confronto competitivo tra candidati. Il superamento degli esami universitari, infatti, si risolve in un nuovo e sopravvenuto “accertamento” da parte dell’Amministrazione, che è completamente privo di qualunque carattere della competitività tra gli aspiranti, non determinando l’esclusione di alcun controinteressato. Il superamento dei test di ammissione al corso di laurea non è finalizzato a verificare la preparazione dei candidati ai fini del conseguimento del titolo di studi, tanto è vero che l’esito di tale prova non ha alcuna incidenza sulla successiva valutazione degli esami del corso di studi, né tantomeno dell’esame finale per il conseguimento della laurea. Esso è unicamente finalizzato a consentire l’accesso di un numero limitato di studenti ai relativi corsi di laurea per assicurare i necessari livelli di istruzione.
Nel caso di specie si è realizzato quel “nuovo accertamento” da parte dell’Amministrazione che produce l’effetto di far conseguire ai ricorrenti il bene della vita cui aspiravano e che la disposizione più volte richiamata rende irreversibile.
Ne consegue che, alla stregua di una lettura logico-funzionale della disposizione di cui all’art. 4, co. 2 bis, del d.l. n. 115/2005, convertito dalla legge n. 168/2005 e della giurisprudenza consolidata,  risulta applicabile la richiamata norma sulla irreversibilità degli effetti derivanti, tra gli altri, da una pronuncia cautelare giurisdizionale.
Il ricorso deve perciò essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Contenuto sentenza

N. 02315/2021 REG.PROV.COLL. N. 11443/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11443 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentati e difesi dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale [#OMISSIS#], 88;

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, Università degli Studi di [#OMISSIS#], Università degli Studi di Cagliari, Università degli Studi di Catania, Università degli Studi Mangna Graecia di Catanzaro, Università degli Studi di [#OMISSIS#], Università degli Studi di Milano, Seconda Università degli Studi di Napoli (Sun), Università degli Studi di Palermo, Università degli Studi Politecnica delle Marche, Università degli Studi di Roma – La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Da [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Novellis non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

– del provvedimento di mancata ammissione dei ricorrenti ai corsi di laurea in professioni sanitarie, presso le Università indicate nel’epigrafe del ricorso, per l’a.a. 2013/2014 previa declaratoria del diritto dei ricorrenti ad iscriversi ai suddetti corsi in uno alle graduatorie pubblicate da ciascuna delle predette Università;

– del provvedimento, di estremi sconosciuti, col quale, a seguito di quanto approvato [#OMISSIS#] seduta del 9 settembre 2013 dal Consiglio dei Ministri con il d.l. n. 104/2013, è stato eliminato, anche per l’a.a. 2013/14, il punteggio attribuito ([#OMISSIS#] 10 punti) al voto ottenuto all’esame di Stato per l’accesso ai corsi di studio di cui all’art. 1 della legge n. 264/1999;

– degli altri atti presupposti e connessi indicati nell’epigrafe del ricorso;

e con motivi aggiunti:

– delle nuove ed ulteriori graduatorie pubblicate da ciascuna delle Università indicate in epigrafe, secondo le indicazioni di cui al d.m. 29.11.2013, n. 986 e in attuazione dell’art. 20, commi 1-bis ss., d.l. n. 104/2013 convertito dalla legge n. 128/2013,[#OMISSIS#] parte in cui non colloca i ricorrenti in posizione utile alla immatricolazione in sovrannumero, nonché, ove occorra, di tutti i provvedimenti in esso richiamati;

– del d..m. 29.11.2013, n. 986.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca e di Università degli Studi di [#OMISSIS#] e di Università degli Studi di Cagliari e di Università degli Studi di Catania e di Università degli Studi Mangna Graecia di Catanzaro e di Università degli Studi di [#OMISSIS#] e di Università degli Studi di Milano e di Seconda Università degli Studi di Napoli (Sun) e di Università degli Studi di Palermo e di Università degli Studi Politecnica delle Marche e di Università degli Studi di Roma – La Sapienza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 19 febbraio 2021 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con l’atto introduttivo del giudizio parte ricorrente chiedeva l’annullamento degli atti in epigrafe indicati [#OMISSIS#] parte in cui non collocavano i ricorrenti in posizione utile all’immatricolazione al corso di Laurea in Medicina e Chirurgia per l’anno 2013/2014.

Adduceva molteplici motivi di illegittimità della procedura di ammissione alle facoltà di medicina e di odontoiatria.

Con ordinanza cautelare venivano disposta l’immatricolazione con riserva.

All’udienza del 19 febbraio 2021 la causa è stata infine trattenuta in decisione.

Risulta che i ricorrenti– e tanto non è stato smentito o contestato dal Ministero- che a seguito dell’ammissione con riserva al corso di laurea in esecuzione della ordinanza cautelare questi abbiano frequentato il corso di studi superando con profitto i relativi esami e conseguendo tutti il diploma di laurea.

Tanto varrebbe, secondo parte ricorrente, a ritenere l’improcedibilità del ricorso in applicazione del principio generale del consolidamento della posizione determinatasi in forza delle statuizioni cautelari e della conseguente immatricolazione con riserva al corso di studi.

Siffatta deduzione sulla improcedibilità sollevata dalla difesa di parte ricorrente, deve essere accolta tuttavia non in applicazione di un più generale principio sul consolidamento, come sostenuto ma in diretta applicazione dell’art. 4, comma 2 bis, del D.L. 115 del 2005, convertito con legge n. 168/2005, per le ragioni di seguito riportate.

Ritiene invece il Collegio che ai fini del decidere occorra indagare la portata della [#OMISSIS#] di cui all’art. 4, comma 2 bis, del D.L. 115 del 2005, convertito con legge n. 168/2005, la quale, come è noto, ha introdotto una disciplina specifica che consente, in presenza di talune condizioni ivi previste, l’irreversibilità degli effetti derivanti, tra gli altri, da una pronuncia cautelare giurisdizionale come nel [#OMISSIS#] di specie.

Prevede la disposizione da [#OMISSIS#] richiamata, che “Conseguono ad ogni effetto l’abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d’esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l’ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela”.

La Corte costituzionale, con la sentenza 9 aprile 2009 n.108 e con la conforme ordinanza 19 [#OMISSIS#] 2009 n.158, nel ritenerne la conformità al dettato costituzionale, ha chiarito la portata applicata la disposizione in esame.

Ad avviso della Corte infatti “la disposizione … ha lo scopo di evitare che il superamento delle prove di un esame di abilitazione venga reso inutile dalle vicende processuali successive al provvedimento, con il quale un [#OMISSIS#] o la stessa amministrazione, in via di autotutela, abbiano disposto l’ammissione alle prove di esame o la ripetizione della valutazione. Per raggiungere questo scopo, la disposizione rende irreversibili – secondo la giurisprudenza amministrativa – gli effetti del superamento delle prove scritte e orali previste dal bando. Essa, quindi, rende irreversibili anche gli effetti dei provvedimenti giurisdizionali (pure di natura cautelare) o di autotutela amministrativa che abbiano disposto l’ammissione alle prove stesse, precludendo l’ulteriore prosecuzione del processo eventualmente avviato… La disposizione censurata non si applica ai concorsi pubblici, ma solo [#OMISSIS#] esami di abilitazione. Questi ultimi sono volti ad accertare l’idoneità dei candidati a svolgere una determinata attività professionale. Accertata questa idoneità, tale attività deve potersi liberamente esplicare. L’accertamento deve essere compiuto da un organo imparziale e dotato di adeguate competenze: è necessario che l’accertamento vi sia, mentre non è decisivo che esso abbia luogo nel corso dell’ordinario procedimento amministrativo di esame o a seguito di un provvedimento giurisdizionale o di autotutela amministrativa.

La disposizione impugnata evita che gli effetti di un simile accertamento, già compiuto, vengano travolti dal risultato del processo, eventualmente avviato in conseguenza della conclusione negativa di un precedente accertamento. Su questo, essa fa prevalere quello successivo, avente esito positivo. Si tratta di una scelta operata dal legislatore in sede di bilanciamento di interessi contrapposti”.

Prosegue la Corte costituzionale “… il bilanciamento di interessi operato dal legislatore, con la disposizione denunciata, non è irragionevole. Il diritto di difesa dell’amministrazione è sì compresso, ma non eliminato, in quanto esso può comunque esplicarsi fino all’eventuale superamento delle prove. E la sua compressione è giustificata dal fatto che dell’interesse pubblico all’accertamento dell’idoneità del candidato, di cui l’amministrazione stessa è portatrice, la disposizione si fa comunque carico, richiedendo il superamento della prova: è solo a seguito della ripetizione della stessa o della nuova valutazione, con esito positivo – e non semplicemente sulla base di un provvedimento giurisdizionale – che il candidato consegue l’abilitazione. Vi è, quindi, comunque un accertamento dell’idoneità del candidato, affidato alla stessa amministrazione o ad altra egualmente portatrice dello stesso interesse pubblico. Presupposto per l’applicazione della disposizione impugnata è che, a seguito di un provvedimento giurisdizionale o di iniziativa della stessa amministrazione, vi sia stato un nuovo accertamento dell’idoneità del candidato, con la ripetizione delle prove o con una nuova valutazione di esse. È questo accertamento amministrativo, e non il provvedimento del [#OMISSIS#], a produrre l’effetto di conseguimento dell’abilitazione, che la disposizione rende irreversibile…”

 

Dunque, perché la disposizione possa trovare applicazione occorre che la procedura non presenti caratteri concorsuali, ma sia di tipo idoneativo e che sia intervenuto un nuovo accertamento da parte dell’Amministrazione sulla idoneità del candidato.

Ritiene il Collegio che entrambe le condizioni ricorrano nel [#OMISSIS#] in questione, discostandosi dal diverso orientamento secondo il quale invece in tali ipotesi saremmo al cospetto di una procedura a carattere concorsuale e non idoneativo (in tal senso, T.A.R. Lazio, Roma , sez. III 10 ottobre 2019 n. 11713; T.A.R. Lazio, Roma, Sezione III, 11 settembre 2018, n. 9253; id. 13 aprile 2018, n. 4105; id. 14 novembre 2017, n. 11313; id. 14 novembre 2017, n. 11312).

Secondo il Collegio per quanto la prova di ammissione al corso di studi si configuri nell’immediato come avente i caratteri di una procedura competitiva tra più candidati, una volta che un candidato abbia addirittura terminato il corso di studi, tanto da mutare il suo status (da mero candidato a laureato), o comunque abbia ormai superato gli esami, quantomeno del primo anno del corso di studi, perde siffatto carattere del confronto competitivo tra candidati. Inoltre per quanto si dirà di seguito il superamento degli esami universitari si risolve un nuovo e sopravvenuto “accertamento” da parte dell’Amministrazione che è completamente privo di qualunque carattere della competitività tra gli aspiranti, non determinando l’esclusione di alcun controinteressato.

Al riguardo sul mutamento, in ragione di sopravvenienze fattuali e normative, della natura stessa di una procedura da concorsuale a meramente idoneativa si veda Cons. Stato, Sez. VI, 13 ottobre 2020 n. 6188 secondo cui “… anche in seguito al surriferito arresto della Corte costituzionale (confermato in seguito dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, con la sentenza 28 gennaio 2015 n. 1, che ha avuto modo di ribadire il principio della inapplicabilità ai concorsi pubblici della “sanatoria introdotta dall’art. 4, comma 2-bis, della legge n. 168/2005, (…) perché essa deve ritenersi ammessa soltanto per le varie ipotesi di procedimenti finalizzati alla verifica della idoneità dei partecipanti allo svolgimento di una professione il cui esercizio risulti regolamentato nell’ordinamento interno ma non riservato ad un numero chiuso di professionisti mentre va esclusa per le selezioni di stampo concorsuale per il conferimento di posti a numero limitato (…)”), la ragione della applicabilità del c.d. principio del consolidamento alle sole procedure idoneative riposa nel fatto che in esse non esiste alcun confronto competitivo tra i candidati, potendo in teoria ognuno di essi conseguire il [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#] al quale aspira, al contrario delle procedure concorsuali, con rifermento alle quali il [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#] è scarso, nel senso che sono attribuibili un numero di beni inferiore al numero degli aspiranti, con la conseguente necessità di non alterare la par condicio tra i concorrenti. La par condicio, infatti, sarebbe lesa sia ove, attraverso l’applicazione della [#OMISSIS#], verrebbe preferito, in assenza di un giudizio di merito, il candidato originariamente non ammesso rispetto ad altri sin dall’origine ammessi e “scavalcati” dal primo, con evidente compromissione del diritto di difesa dei controinteressati, sia anche ove, pur ipotizzando che i posti a concorso siano “capienti”, possa conseguire il superamento del concorso, con conseguente cessazione della materia del contendere, colui che non abbia superato una fase della procedura, in assenza di una statuizione che riconosca l’illegittimità di tale non ammissione…. il Collegio, invece, ritiene di non poter fare a meno di considerare una circostanza sopravvenuta all’avvio dei giudizi qui riuniti e che assume un ruolo decisivo [#OMISSIS#] loro definizione. Il bando con il quale è stata avviata la procedura qui in esame aveva indubbiamente ad oggetto un ordinario concorso per l’arruolamento di dirigenti scolastici nelle amministrazioni scolastiche periferiche, ma per effetto della previsione dell’art. 17, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 2013, n. 104, convertito [#OMISSIS#] l. 8 novembre 2013, n. 128, “le graduatorie di merito regionali del concorso a dirigente scolastico,… sono trasformate in graduatorie ad esaurimento”, sicché la graduatoria di merito del ridetto concorso è stata trasformata in una graduatoria ad esaurimento, stravolgendo quindi giuridicamente e sostanzialmente la ratio concorsuale che aveva caratterizzato la procedura e la rilevanza selettiva delle prove alle quali i candidati dovevano sottoporsi, divenendo una procedura idoneativa [#OMISSIS#] quale la risorsa da “scarsa” è divenuta “disponibile” per tutti quei candidati che avevano dimostrato (posto che le prove erano state già espletate al momento dell’entrata in vigore della [#OMISSIS#]) di possedere i requisiti scientifico-culturali per assumere il ruolo di dirigenti scolastici, avendo superato le prove scritte ed orali.”

Nel [#OMISSIS#] di specie il superamento dei test di ammissione al corso di laurea non è finalizzato a verificare la preparazione dei candidati ai fini del conseguimento del titolo di studi, tanto è vero che l’esito di tale prova non ha alcuna incidenza sulla successiva valutazione degli esami del corso di studi, né tantomeno dell’esame finale per il conseguimento della laurea. Esso è unicamente finalizzato a consentire l’accesso di un numero limitato di studenti ai relativi corsi di laurea per assicurare i necessari livelli di istruzione.

Emblematica al riguardo è la pronuncia della Corte costituzionale del 27 novembre 1998 n. 383. La Corte, nel ritenere la legittimità costituzionale dell’art. 9, 4° comma, l. 19 novembre 1990 n. 341 (riforma degli ordinamenti didattici universitari), come modificato dall’art. 17, comma 116, l. 15 [#OMISSIS#] 1997 n. 127 sul potere del Ministro relativamente alla determinazione delle scuole e dei corsi universitari ad accesso limitato, ha affermato che la ratio dei corsi di laurea a numero chiuso è quella di assicurare “standards di formazione minimi a garanzia che i titoli medesimi attestino il possesso effettivo delle conoscenze necessarie all’esercizio delle attività professionali corrispondenti.”, in particolare per i corsi cui si riferiscono le direttive europee sul riconoscimento dei titoli di studio in cui “si prescrive che gli studi teorici si accompagnino necessariamente a esperienze pratiche, acquisite attraverso attività cliniche o, in genere, operative svolte nel corso di periodi di formazione e di tirocinio aventi luogo in strutture idonee e dotate delle strumentazioni necessarie, sotto gli opportuni controlli. E ciò implica e presuppone che tra la disponibilità di strutture e il numero di studenti vi sia un rapporto di congruità, in relazione alle specifiche modalità dell’apprendimento.”

La giurisprudenza amministrativa ha poi chiarito che “La ratio del sistema introdotto dall’art. 4 della Legge n. 264/1999, che prevede un test di ammissione ai corsi di laurea a numero programmato, è finalizzata a garantire un’elevata qualità dell’istruzione universitaria nazionale avendo il test d’ingresso lo scopo di accertare la predisposizione del candidato per le discipline oggetto dei corsi a numero programmato” (Cons. giust. amm. Sicilia, 9 agosto 2019, n. 744).

Predisposizione che nel [#OMISSIS#] in questione i ricorrenti hanno dimostrato sul campo, conseguendo quasi tutti il diploma di laurea, ovvero completando, uno di loro, tutti gli esami propedeutici all’iscrizione all’[#OMISSIS#] anno del corso di studi.

Si è realizzato, dunque, quel “nuovo accertamento” da parte dell’Amministrazione che produce l’effetto di far conseguire ai ricorrenti il [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#] cui aspiravano e che la disposizione più volte richiamata rende irreversibile.

Per altro verso vale la pena sottolineare che se è vero che il cosiddetto “numero chiuso” per l’accesso al corso di studi per il conseguimento della laurea, è funzionale ad esigenze dell’Amministrazione “atteso che le limitazioni previste dalla legge italiana, oltre a rispondere al fine legittimo di raggiungere alti livelli di professionalità, assicurano un livello di istruzione minimo e adeguato in atenei gestiti in condizioni adeguate” (Cons. Stato, Sez. VI, 21 marzo 2019, n. 1882) è altresì vero che, nel [#OMISSIS#] in questione, l’Amministrazione non ha lamentato, almeno in sede processuale, eventuali disfunzioni o difficoltà causate dall’ammissione al corso di studi dei ricorrenti quali studenti in soprannumero.

Paradossalmente una eventuale pronuncia di rigetto con travolgimento della validità del titolo di studi conseguito dai ricorrenti comporterebbe ormai un danno per la stessa Amministrazione e per la collettività tutta, risultandone gravemente mortificato l’investimento pubblico che sorregge il sistema di formazione universitaria e che ha consentito ai ricorrenti di conseguire il titolo anelato e di poter esercitare una professione, peraltro di notevole rilevanza sociale nell’attuale contesto storico.

Il Collegio ritiene, in conclusione, di aderire all’orientamento, per quanto non unanimemente condiviso dalla giurisprudenza (per una posizione differente si vedano T.A.R. Lazio, Roma, Sezione III, 10 ottobre 2019, n. 11713, id. 11 settembre 2018, n. 9253; id. 13 aprile 2018, n. 4105), espresso, in aderenza al Consiglio di Stato, già in altre occasioni (si vedano TAR Lazio, Roma, 15 febbraio 2019 n. 15444 e id 2 febbraio 2018 n. 12076) secondo cui perché possa ritenersi applicabile il dettato di cui al richiamato articolo 4, comma 2 bis, del D.L. n. 115 del 2005 convertito dalla L. n. 168 del 2005 è sufficiente il superamento degli esami del primo anno di corso.

“…Avendo lo stesso appellato superato gli esami di profitto previsti per il primo anno cui il test era preordinato ad accedere, ottenendo una valutazione positiva in ognuno di essi (e ciò non è stato smentito o contestato dalla parte appellante), egli ha conseguito il titolo per il quale aveva concorso; ciò in quanto ha esercitato con effettività, sul campo, frequentando i corsi e superando gli esami positivamente, il titolo cui fa riferimento la [#OMISSIS#] sopra riportata: nel [#OMISSIS#], cioè, lo status di studente attestato e confermato dal superamento con profitto del primo anno di corso di laurea. Ne consegue che, [#OMISSIS#] specie, è applicabile il dettato di cui al richiamato articolo 4, comma 2 bis, del D.L. n. 115 del 2005 convertito dalla L. n. 168 del 2005. Nè potrebbe essere diversamente, dal momento che l’appellato, con il superamento degli esami del primo anno, ha dimostrato di essere in grado di frequentare il corso per l’ammissione al quale aveva sostenuto il concorso, consolidando, come detto, l’effettività del titolo alla cui acquisizione erano volte le prove oggetto di controversia. [#OMISSIS#] specifica situazione va, quindi, affermato il criterio sostanzialista per il suo effetto di raccordo dimostrativo del dato formale. Ciò attraverso una legittima interpretazione estensiva ispirata ai canoni della ragionevolezza e della logicità”. (Cons. St., sez. VI, 6 [#OMISSIS#] 2014, n. 2298 e parere n. 940/2020).

Ne consegue che, alla stregua di una lettura logico-funzionale della disposizione di cui all’art. 4, co. 2 bis, del d.l. n. 115/2005, convertito dalla legge n. 168/2005 e della giurisprudenza sopra richiamata, all’odierno giudizio risulta applicabile la richiamata [#OMISSIS#] sulla irreversibilità degli effetti.

Il ricorso va dunque dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 19 febbraio 2021 con l’intervento dei magistrati:

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario