N. 07204/2020 REG.PROV.COLL.
N. 12496/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12496 del 2019 proposto dalla dottoressa [#OMISSIS#] Cenko rappresentata e difesa dagli avv.ti [#OMISSIS#] Petitto e [#OMISSIS#] Podio con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi n.12, è domiciliatario;
nei confronti
[#OMISSIS#] Trabattoni non costituito in giudizio;
per l’annullamento:
– del giudizio collegiale espresso dalla competente Commissione, pubblicato sul sito web del MIUR in data 2 settembre 2019, che ha ritenuto di non abilitare la ricorrente come Professore di II fascia per il settore concorsuale 06/D1 “Malattie dell’Apparato Cardiovascolare e Malattie dell’Apparato Respiratorio”;
– di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenziali, così come indicati nell’epigrafe del proposto gravame.
Visto il ricorso con la relativa documentazione;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il dottor [#OMISSIS#] Sapone alla pubblica udienza del 22.6.2020 tenutasi secondo le modalità di cui all’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020, conv. in legge 27 aprile 2020 n. 24, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il proposto gravame è stato impugnato il giudizio, assunto unanimamente, con cui la competente Commissione ha ritenuto di non abilitare la dottoressa [#OMISSIS#] Cenko, assegnista di ricerca dall’1.1.2016 presso l’Università degli Studi di Bologna nel settore MED/11, come Professore di II fascia per il settore concorsuale 06/D1 “Malattie dell’Apparato Cardiovascolare e Malattie dell’Apparato Respiratorio”.
Il ricorso è affidato al seguente ed articolato motivo di doglianza:
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 16 della L. n.240/2010. Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 8 del DPR n.95/2016 nonché degli artt. 3, 4 e 6 del DM n.120/2016. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, contraddittorietà, difetto di motivazione, disparità di trattamento, illogicità manifesta. Violazione degli artt.1 e 3 della L. n.24171990. Violazione dell’art.97 Costituzione, Violazione del principio di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione. Violazione del principio di proporzionalità.
Si è costituito l’intimato Ministero contestando la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali e concludendo per il rigetto delle stesse.
Alla pubblica udienza del 22 giugno 2020 il gravame è stato assunto in decisione.
In punto di fatto deve essere rilevato che il contestato giudizio di inidoneità, dopo aver dato atto che la dottoressa Cenko aveva raggiunto due valori soglia previsti dal DM n.602/2016 per gli indicatori bibliometrici nella produzione scientifica globale ed era in possesso di almeno 3 titoli tra quelli individuati dalla Commissione, ha ritenuto unanimamente che “ Tuttavia i contributi presentati ai fini della valutazione sono talora costituiti da articoli di revisione della letteratura oppure in molti casi derivano dai dati di un registro. Per questi motivi mancano sufficienti spunti di originalità nella produzione scientifica, così come testimoniato dall’insufficiente numero di citazioni che ne connota un impatto limitato”.
Il Collegio osserva che la normativa disciplinante la controversia in trattazione è costituita dagli art.4 e 7 del DM n.120/2016; più in particolare:
I) l’art.7 stabilisce che:
“1. La Commissione attribuisce l’abilitazione esclusivamente ai candidati che soddisfano entrambe le seguenti condizioni:
a) ottengono una valutazione positiva del titolo di cui al numero 1 dell’allegato A (impatto della produzione scientifica) e sono in possesso di almeno tre titoli tra quelli scelti dalla Commissione, secondo quanto previsto al comma 2 dell’articolo 5;
b) presentano, ai sensi dell’articolo 7, pubblicazioni valutate in base ai criteri di cui all’articolo 4 e giudicate complessivamente di qualita’ «elevata» secondo la definizione di cui all’allegato B. (Si intende per pubblicazione di qualita’ elevata una pubblicazione che, per il livello di originalita’ e rigore metodologico e per il contributo che fornisce al progresso della ricerca, abbia conseguito o e’ presumibile che consegua un impatto significativo nella comunita’ scientifica di riferimento a livello anche internazionale);
II) l’art.4 a sua volta prevede che: 1. La Commissione valuta le pubblicazioni scientifiche presentate dai candidati ai sensi dell’articolo 7, secondo i seguenti criteri:
a) la coerenza con le tematiche del settore concorsuale o con tematiche interdisciplinari ad esso pertinenti;
b) l’apporto individuale nei lavori in collaborazione;
c) la qualita’ della produzione scientifica, valutata all’interno del panorama nazionale e internazionale della ricerca, sulla base dell’originalita’, del rigore metodologico e del carattere innovativo;
d) la collocazione editoriale dei prodotti scientifici presso editori, collane o riviste di rilievo nazionale o internazionale che utilizzino procedure trasparenti di valutazione della qualita’ del prodotto da pubblicare;
e) il numero e il tipo delle pubblicazioni presentate nonche’ la continuita’ della produzione scientifica sotto il profilo temporale;
f) la rilevanza delle pubblicazioni all’interno del settore concorsuale, tenuto conto delle specifiche caratteristiche dello stesso e dei settori scientifico-disciplinari ricompresi.
In tale quadro normativo in primis è fondamentale sottolineare che l’abilitazione scientifica debba essere riconosciuta al candidato che sia in possesso dei tre requisiti autonomi di cui all’art.7.
Per quanto concerne, le pubblicazioni presentate, in relazione alle quali statisticamente si innerva la stragrande maggioranza delle controversie in materia, il Collegio sottolinea che:
a) l’art.4 prevede una serie di criteri autonomi di valutazione delle pubblicazioni che devono essere tutti soddisfatti affinchè la Commissione possa giustificare la formulazione di un giudizio positivo, non essendo possibile alcuna forma di compensazione tra i suddetti criteri;
b) in tale contesto, quindi, stante la natura ampiamente discrezionale del giudizio della Commissione, specie per quanto concerne la qualità delle pubblicazioni da valutare sulla base dell’originalita’, del rigore metodologico e del carattere innovativo delle stesse e la loro rilevanza all’interno del settore concorsuale, è necessario che un eventuale giudizio negativo debba essere congruamente motivato, non potendo la Commissione limitarsi a richiamare tout court la non sussistenza del criterio previsto;
c) in particolare, occorre procedere sia ad una sintetica descrizione delle pubblicazioni presentate sia ad un sintetico esame delle stesse, che non tutte le Commissioni svolgono, ed individuare chiaramente le ragioni che hanno giustificato la formulazione del giudizio negativo;
d) in sostanza se il giudizio negativo sulle pubblicazioni, in ordine alla mancanza di originalità delle stesse e alla carenza di impatto significativo nella comunità scientifica di riferimento, rappresenta l’esito di una valutazione discrezionale è necessario, al fine di giustificare la legittima adozione di un simile giudizio, che siano anche sinteticamente indicati i relativi presupposti, dato che in caso contrario la motivazione risulta essere del tutto apodittica e non consentirebbe di valutarne l’intrinseca logicità.
Con il primo profilo di doglianza la ricorrente ha contestato la legittimità del gravato giudizio sostenendo che la Commissione nel formulare la valutazione negativa sulle pubblicazioni ha tenuto conto unicamente del criterio relativo alla qualità delle stesse, ignorando del tutto gli altri criteri previsti a tal fine dal menzionato art.4.
La censura non è suscettibile di favorevole esame atteso che il citato art.4 prevede una serie di autonomi criteri che devono essere tutti soddisfatti, non essendo possibile alcuna forma di compensazione tra gli stessi, per cui una volta acclarata la carenza di originalità e di rigore metodologico il mancato utilizzo di alcuni degli altri criteri de quibus risulta essere giuridicamente irrilevante.
Per quanto concerne invece il criptico giudizio negativo sulle pubblicazioni il Collegio, in linea con le prospettazioni ricorsuali, osserva che:
I) risulta del tutto generico il riferimento alla circostanza che “i contributi presentati talora sono costituiti da articoli di revisione della letteratura” essendo necessario a tal fine un ulteriore elemento (quale la percentuale tra lavori di revisione e lavori presentati) in grado di giustificare l’asserita carenza di originalità;
II) relativamente alla natura dei lavori di revisione la tesi della Commissione si fonda sul presupposto, apodittico e non dimostrato da un esame degli stessi, che tali lavori siano meramente ripetitivi e riassuntivi dello stato della dottrina, mentre non può essere escluso a priori che i lavori de quibus pur avendo come oggetto altre pubblicazioni possano comunque portare a risultati originali e innovativi; III) la circostanza poi che i dati analizzati dalla dott.ssa Cenko per le proprie pubblicazioni provengano tutti dallo stesso registro internazionale non può in alcun modo far desumere, in assenza di alcuna argomentazione a sostegno, la mancanza di originalità della produzione scientifica della ricorrente.
Da ultimo deve essere evidenziato che il criterio utilizzato dalla Commissione per avallare il proprio giudizio negativo sulla qualità delle pubblicazioni della dott.ssa Cenko (insufficiente numero di citazioni che ne connota un impatto limitato) è stato già ritenuto illegittimo da questa Sezione con la sentenza n.5633/2019, confermata dalla sentenza della Sezione Sesta del Consiglio di Stato n. 3778/2020, la quale ha affermato che “Nella fattispecie in esame la Commissione nel prevedere come criterio di valutazione della qualità delle pubblicazioni un criterio oggettivo correlato al mero dato numerico delle citazioni ha fatto cattivo uso del potere discrezionale di cui era titolare, in quanto il giudizio della qualità delle pubblicazioni, come delineato dal menzionato art.4, è un giudizio più articolato che deve tener conto di altri elementi (originalita’, rigore metodologico e carattere innovativo) che in nessun caso possono essere ritenuti sussistenti sulla base del numero delle citazioni, non potendosi, inoltre, in alcun modo contestare che il mero dato numerico possa essere condizionato da elementi esogeni quali la data di pubblicazione dei lavori scientifici, la lingua in cui sono stati scritti, la diffusione delle riviste in cui sono stati pubblicati o nel caso di monografie la rilevanza e la diffusione della casa editoriale e la specificità degli argomenti oggetto delle suddette pubblicazioni”.
Alla luce di quanto sopra affermato, pertanto, la doglianza prospettante il difetto di motivazione nonché la violazione dell’art.4 del DM n.120/2016, deve essere accolta.
Anche se ininfluente ai fini dell’esito del presente giudizio il Collegio, nondimeno, ritiene necessario vagliare la fondatezza dell’altra censura dedotta e prospettante l’eccesso di potere per disparità di trattamento, avuto presente che è quasi costantemente formulata nei giudizi avverso il diniego di abilitazione scientifica.
Al riguardo deve essere evidenziato che:
a) l’eccesso di potere per disparità di trattamento postula un’assoluta identità delle situazioni, circostanza molto difficilmente riscontrabile nei giudizi de quibus;
b) per giurisprudenza consolidata, la cui notorietà esime il Collegio da ogni citazione al riguardo, il vizio di eccesso di potere per irragionevole diversità di trattamento non può essere dedotto quando viene rivendicata l’applicazione in proprio favore di posizioni giuridiche riconosciute ad altri soggetti in modo illegittimo, in quanto, in applicazione del principio di legalità, la legittimità dell’operato della pubblica amministrazione non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione;
c) ne discende de plano che qualora il diniego di abilitazione scientifica risulta essere legittimo, la circostanza che un altro candidato che versava in una situazione asseritamente identica abbia conseguito l’abilitazione risulta essere ininfluente.
Ciò premesso, il proposto gravame deve essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato e con obbligo del resistente Ministero di far effettuare una nuova valutazione della ricorrente da parte di una diversa commissione entro 60 gg dalla notificazione della presente sentenza.
Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III bis, definitivamente pronunciando sul ricorso n.12496 del 2019, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione.
Condanna il resistente Ministero al pagamento a favore di parte ricorrente delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.000,00 (Euro duemila0)
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2020 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Sapone, Presidente, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Profili, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
[#OMISSIS#] Sapone
IL SEGRETARIO
Pubblicato il 26/06/2020