N. 00071/2018 REG.PROV.COLL.
N. 10150/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10150 del 2010, proposto da:
[#OMISSIS#] Porcari, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Colantoni, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Plebiscito, 107;
contro
L’Università degli Studi di Roma 3, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Romei, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via L.G. Favarelli, 22;
per la riassunzione del giudizio n. R.G. 10270/04 della Corte d’Appello di Roma, Sez. Lavoro, definito con sentenza n. 3344/10, che ha dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario in relazione alla fattispecie di cui è causa;
e per la condanna
dell’Università degli Studi di Roma 3 al risarcimento dei danni causati da illegittima esclusione dal corso concorso per la riqualificazione del personale interno per 23 posti di collaboratore amministrativo contabile VII q.f.-.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Roma 3;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 novembre 2017 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso ex art. 700 c.p.c. n. R.G. 259210/00, depositato in data 22.11.2000 la Sig.ra [#OMISSIS#] Porcari ha adito il Tribunale del Lavoro di Roma, rappresentando:
– di essere dipendente della Università degli Studi Roma 3, con sede in Roma, Via Ostiense 159, a decorrere dal 1.1.1996 ed, in seguito ad una progressione di carriera, risultava inquadrata nel VI livello con un provvedimento del Rettore dell’Università che ha ricostruito l’anzianità della istante all’interno del VI livello dal 28 aprile 1997;
– che in data 22 giugno 2000 ha chiesto al Direttore Amministrativo dell’Università Roma 3 il passaggio dall’area di elaborazione dati (in cui ricopriva il ruolo di Assistente presso la Divisione del Personale) all’area amministrativo-contabile;
– che con provvedimento n.1169 del 3 luglio 2000 il Direttore amministrativo ha disposto, ai sensi del D.P.C.M. del 24.9.1981, il passaggio della Sig.ra Porcari dall’area elaborazione dati, profilo di assistente elaborazione dati, all’area amministrativo-contabile profilo di assistente amministrativo VI livello;
– che in data 1.6.2000 è stato pubblicato sul sito internet http://concorsi.uniroma3.it il bando di corso-concorso per la riqualificazione e formazione del personale interno per 23 posti di Collaboratore Amministrativo Contabile, VII qualifica funzionale;
– che ai fini dell’ammissione a tale concorso, l’art. 2 del bando sopra citato prevedeva il possesso dei seguenti requisiti che testualmente si riportano “anzianità di effettivo servizio, senza demerito, nella qualifica immediatamente inferiore (VI livello), pari a due anni, oppure una anzianità di effettivo servizio senza demerito in due qualifiche inferiori pari a quattro anni; idoneità fisica al servizio continuativo ed incondizionato all’impiego al quale il corso concorso si riferisce. L’Amministrazione ha facoltà di sottoporre a visita medica di controllo i vincitori di concorso, in base alla normativa vigente, non essere esclusi dall’elettorato politico attivo. Tutti i requisiti sopra elencati devono essere posseduti alla data di scadenza del termine utile per la presentazione delle domande di ammissione al corso concorso. I candidati sono comunque ammessi al corso concorso con riserva“;
– che la Sig.ra [#OMISSIS#] Porcari ha chiesto di essere ammessa al corso-concorso in data 26.6.2000;
– che con provvedimento in data 8.11.2000, n. 1897, il Direttore amministrativo ha decretato l’esclusione della Sig.ra Porcari dal corso-concorso in quanto non appartenente, al termine ultimo di scadenza per la presentazione delle domande alla stessa area funzionale (amministrativo contabile) del corso concorso in esame. Per cui la suddetta domanda non era considerata valida ai sensi dell’art. 33 del d.P.R. 28.9.1987, n. 567;
– che in data 15.11.2000 la Sig.ra Porcari, ritenendo di essere illegittimamente esclusa dal corso concorso, ha chiesto di essere ammessa, in via cautelare, al predetto corso concorso, avente inizio a partire dal 20 novembre 2000, senza aver alcun esito;
– che in seguito la sig.ra Porcari, con ricorso ex art. 700 c.p.c., conveniva in giudizio Roma Tre al fine di ottenere l’annullamento dell’intera procedura relativa al corso-concorso o, in subordine, per essere comunque ammessa (eventualmente “con riserva”) allo stesso.
Con provvedimento del 20.12.2000 il Giudice ordinario adito ha disposto l’ammissione con riserva della Sig.ra [#OMISSIS#] Porcari al corso concorso riservato al personale interno dell’università degli Studi Roma Tre per complessivi 23 posti di collaboratore amministrativo ed in eventuali, successivi moduli di lezioni, prove ed esami di merito, ai sensi dell’art. 7 del bando di concorso, nonché l’accesso della Porcari stessa all’espletamento delle prove finali del corso per l’assegnazione dei posti disponibili.
La ricorrente, quindi, è stata ammessa a sostenere le prove del concorso, i cui corsi si erano nel frattempo esauriti, essendosi svolti negli ultimi giorni del novembre 2000 e del tutto conclusi già il 1.12.2000.
L’interessata ha sostenuto la prova scritta in data 13.2.2001 e quella orale in data 1.6.2001, ed è stata inserita nella relativa graduatoria, ma non tra i vincitori.
Espone la ricorrente che l’Università avrebbe ottemperato solo parzialmente al provvedimento cautelare, in quanto la Sig.ra Porcari sarebbe stata convocata per l’espletamento delle prove scritte d’esame senza essere messa nelle condizioni di partecipare al corso-concorso, la cui frequenza era obbligatoria in misura non inferiore ai 2/3 delle lezioni. Ciò in violazione dell’art. 7 del bando del 1.06.2000 e sebbene tra la data dell’ordinanza cautelare (20.12.00) e la data delle prove scritte (13.02.02), vi fosse un periodo di tempo sufficiente a realizzare un altro modulo di lezioni per consentire alla ricorrente di accedere alle prove selettive.
Pertanto con ricorso ex art. 414 e segg. c.p.c., in riassunzione a seguito del provvedimento cautelare emesso in data 20.12.2000, l’interessata ha chiesto che venisse annullata l’intera procedura concorsuale, con ripetizione del concorso e condanna dell’ateneo Roma Tre al risarcimento di tutti i danni dalla stessa subiti.
Il Giudice Unico del Lavoro di Roma, con sentenza n. 25910, depositata il 3.12.2003, in accoglimento del ricorso, ha confermato il provvedimento cautelare del 20.12.2000, condannando Roma Tre al risarcimento dei danni derivati dal provvedimento di esclusione del 8.11.2000 e ha respinto ogni altra domanda proposta dalla ricorrente.
L’Università Roma Tre ha impugnato tale pronuncia innanzi alla Corte d’Appello di Roma.
Con la sentenza n. 3344/10 la Corte d’Appello si è pronunciata dichiarando la propria carenza di giurisdizione.
Premesso quanto sopra la ricorrente ha riassunto il giudizio innanzi a questo Tribunale per ottenere la conferma della tutela già accordata dal Giudice ordinario e per la condanna dell’Università degli Studi Roma Tre al pagamento dei danni subiti, pari ad € 103.291,37, o da liquidarsi anche in via equitativa, ex art. 1226 c.c., in misura non inferiore a tale importo.
In proposito ha dedotto i seguenti motivi:
1) annullamento dell’intera procedura concorsuale relativa al bando dell’1.6.2000 per violazione di legge;
2) annullamento o disapplicazione del provvedimento n.1897 del 3.11.00 del Direttore Amministrativo per violazione o falsa applicazione di legge.
L’Università degli Studi Roma Tre si è costituita in giudizio per resistere al ricorso.
All’udienza del 17 novembre 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è fondato.
Ai fini della partecipazione al concorso in esame, il bando pubblicato sul sito internet htpt://concorsi.uniroma3.it in data 1.6.2000, in relazione all’anzianità di servizio dei candidati, prevedeva quali requisiti di partecipazione una “anzianità di effettivo servizio, senza demerito, nella qualifica immediatamente inferiore (VI), pari a due anni, oppure una anzianità di effettivo servizio senza demerito in due qualifiche inferiori pari a quattro anni”.
L’art. 12 dell’ordinanza 7.9.1999 emessa dal Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi Roma 3 (da cui l’avviso di procedura ha avuto origine), in tema di procedure di reclutamento mediante corso-concorso riservato al personale a tempo indeterminato in servizio presso l’ateneo, stabiliva tra i requisiti per l’ammissione al corso concorso riservato “una anzianità di effettivo servizio, senza demerito nella qualifica immediatamente inferiore, pari a due anni di anzianità per la VI e la VII qualifica”, senza distinguere l’area di appartenenza all’interno del livello di qualifica.
Il provvedimento n. 1897 dell’8.11.2000 ha escluso la ricorrente sul presupposto che la stessa “alla data di presentazione della domanda di partecipazione al corso era inquadrata nella VI qualifica area funzionale elaborazione dati e che, pertanto, ai sensi dell’art. 33 del D.P.R. 28.9.1987, n. 567, la suddetta domanda è da ritenersi non valida”.
Il bando di concorso trae origine dalla citata ordinanza emessa dal Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi Roma 3, ove si prevedono, quali requisiti di anzianità (una durata minima di 2 anni), diversi da quelli contenuti nell’art. 33 del d.P.R. 787/87 (6 anni), consentendo il reclutamento tra i dipendenti di due livelli di qualifica inferiori, purché in possesso dell’anzianità di 4 anni, senza alcuna menzione dell’area funzionale di appartenenza.
L’esclusione della ricorrente disposta con determinazione n. 1897 dell’8.11.2000 risulta, pertanto, emanata in violazione del bando di concorso dell’1.6.2000 e delle norme presupposte di cui all’ordinanza 7.9.1999 adottata dal C.d.A. dell’Università degli Studi Roma Tre, per cui la stessa deve essere annullata.
Quanto alla richiesta di risarcimento del danno si osserva che, a seguito della decisione cautelare del giudice ordinario e come dallo stesso evidenziato della decisione di I grado, l’Università non ha consentito l’immediata partecipazione della istante al corso di preparazione all’esame (la cui frequenza, per almeno 2/3 delle lezioni, era indicata dall’art. 7 del bando quale “obbligatoria”). Inoltre il materiale didattico sul quale studiare, fornito agli altri concorrenti in sede di corso di preparazione, è stato consegnato alla Sig.ra Porcari venti giorni prima della data della prova scritta, tenutasi il 13.2.2001.
Premesso quanto sopra è possibile esaminare la richiesta di risarcimento del danno avanzata dalla ricorrente.
L’istante chiede che venga accertata una responsabilità contrattuale (ex artt. 1336 c.c. per inadempimento all’offerta al pubblico formulata nel bando di concorso) o extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.) di Roma Tre.
In particolare la ricorrente chiede il risarcimento del danno conseguente alla momentanea esclusione dal corso-concorso, per un importo pari ad € 3.809,55, somma alla quale si dovrebbero aggiungere gli “importi che la stessa non percepirà nel prossimo futuro a causa del divario incolmabile rispetto ai colleghi vincitori… in misura non inferiore ad € 103,291,37”.
L’istante, quindi, oltre a chiedere il risarcimento del danno da perdita di chances conseguente alla illegittima esclusione dal concorso, che ha determinato un pregiudizio nella possibilità di conseguire determinati risultati (il conseguimento dell’inquadramento superiore con il relativo trattamento), chiede anche il risarcimento “per il pregiudizio che la stessa continuerà a subire negli anni a venire”, vale a dire il risarcimento per danni che si produrranno in futuro, richiesta quest’ultima che come tale è inammissibile.
In via preliminare occorre rilevare che il danno da “perdita di chance”, in linea di principio può essere liquidato:
– assumendo come parametro di valutazione l’utile economico complessivamente realizzabile dal danneggiato, diminuito di un coefficiente di riduzione proporzionato al grado di possibilità di conseguirlo;
– ovvero, ove tale metodologia risulti di difficile applicazione, con ricorso al criterio equitativo ex art. 1226 c.c.-.
La perdita di chance, diversamente dal danno futuro, che riguarda un pregiudizio di là da venire soggetto a ristoro purché certo e altamente probabile e fondato su una causa efficiente già in atto, costituisce un danno attuale (non irrealizzato), che non si identifica con la perdita di un risultato utile bensì con la (perdita della) possibilità di conseguirlo; e richiede, a tal fine, che siano stati posti in essere concreti presupposti per il realizzarsi del risultato sperato (ossia una probabilità di successo maggiore del cinquanta per cento statisticamente valutabile con giudizio prognostico ex ante secondo l’id quod plerumque accidit sulla base di elementi di fatto forniti dal danneggiato: cfr. Cons. Stato, sez. VI, 7 febbraio 2002, n. 686).
Al fine di ottenere il risarcimento per perdita di una chance è quindi necessario che il danneggiato:
– dimostri (anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate) la sussistenza di un valido nesso causale tra il danno e la ragionevole probabilità della verificazione futura del danno;
– provi, conseguentemente, la realizzazione in concreto almeno di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta (cfr. T.A.R. Toscana, 13 aprile 2000, n. 660).
Sulla base di tali premesse si osserva che nel caso di specie si ravvisano i presupposti per procedere al risarcimento da perdita di chance, inteso quale “entità patrimoniale, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione” (cfr. Cass., sez. III, 21.7.2003, n. 11322; Cass., sez. III, 28.1.2005, n. 1752; Cass., sez. III, 11.12.2003, n. 18945) rappresentata dall’impossibilità di conseguire un determinato risultato, mentre non è possibile procedere al risarcimento dei danni che non si sono prodotti e che vengono soltanto prospettati come futuri, quale pagamento delle differenze tra la retribuzione percepita dalla ricorrente e quella alla quale avrebbe avuto diritto ove avesse superato il corso-concorso per l’accesso alla VII categoria.
La perdita di chance lamentata – sia pure nell’ambito di un giudizio prognostico avente inevitabile carattere probabilistico – in conseguenza della [#OMISSIS#] largamente aleatoria di una valutazione della possibilità di superare il concorso, induce ad affidare la valutazione del relativo pregiudizio ad un criterio equitativo, consentito laddove – come nel caso di specie – non sia possibile conseguire altrimenti una puntuale determinazione dell’ammontare del pregiudizio dalla parte fondatamente lamentato (cfr., in termini, T.A.R. Sicilia, Catania, 17 ottobre 2001, n. 1868) in ragione della impossibilità di conoscere ex ante le concrete possibilità di conseguire la idoneità in relazione ai posti messi a concorso e al numero degli altri partecipanti al concorso.
Il risarcimento, nel caso di specie, consiste nel ristoro della impossibilità di partecipare al corso-concorso interno in condizioni di parità per le ragioni sopra esposte, e non nel pagamento delle integrali retribuzioni alle quali l’istante avrebbe avuto diritto nel caso di positivo esito dello stesso (che non è stato dimostrato, né tanto meno era dimostrabile).
Ove l’interessata fosse stata tempestivamente ammessa al concorso avrebbe avuto (solo) una “concreta probabilità di successo” (e non la certezza del suo superamento), per cui sussiste un valido nesso causale tra l’esclusione dal concorso e la ragionevole probabilità di una favorevole conclusione della procedura selettiva, per la quale l’istante ha dimostrato di possedere i requisiti per partecipare al corso-concorso da cui era stata esclusa, (cfr. Cons. giust. amm. sic., sez. giurisdiz., 22.4.2005, n. 276).
Ritiene conclusivamente il Collegio che, in virtù dei poteri equitativi di determinazione del lamentato pregiudizio, esercitabili ai sensi dell’art. 1226 c.c., il danno riconoscibile a titolo di lucro cessante per perdita di chance in favore della ricorrente ammonti a complessivi € 3.000,00 (euro tremila/00).
Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione terza, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, così dispone:
– annulla gli atti indicati in epigrafe;
– condanna il resistente ateneo universitario, nella persona del rettore in carica, al pagamento della somma di € 3.000,00 (tremila/00) a titolo di responsabilità precontrattuale, in favore della parte ricorrente, secondo quanto in motivazione indicato;
– condanna l’Università Roma Tre al pagamento delle spese di lite, che liquida nella misura complessiva di € 2.000,00 (duemila/00) oltre IVA, CPA e oneri dovuti per legge in favore della ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Savoia, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Immacolata Pisano, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 05/01/2018