TAR Lazio, Roma, Sez. III quater, 31 maggio 2019, n. 6965

Studenti-Accesso università-Equipollenza diplomi e attestati al diploma universitario di fisioterapia-Università straniera-Filiazione

Data Documento: 2019-05-31
Area: Giurisprudenza
Massima

Se è vero da un lato che la assenza di autorizzazione ex art. 4 della legge 14 gennaio 1999, n. 4, non consente il riconoscimento automatico dell’intero corso di studi (e dunque la parte specificamente dedicata al tirocinio), è anche vero dall’altro lato che ciò può dare luogo alla adozione di misure compensative (ripetizione tirocinio oppure esame idoneativo) ma non anche al mancato integrale riconoscimento del titolo di studio, comprensivo altresì della parte teorica comunque svolta nei termini anzidetti.

Contenuto sentenza

N. 06965/2019 REG.PROV.COLL.
N. 01096/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1096 del 2019, proposto da 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via [#OMISSIS#] 44; 
contro
Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
per l’annullamento
a) del provvedimento del Ministero della Salute n. 03-4508-M5R0 di rifiuto della richiesta di rilascio della European Professional Card-EPC del 2/11/2018;
b) nonché di tutti gli atti preordinati, consequenziali e connessi, ivi compreso, per quanto occorrer possa, il richiamato parere della Conferenza dei Servizi del 26/9/2018, nonché gli allegati a sua volta richiamati dal verbale della Conferenza dei Servizi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 14 [#OMISSIS#] 2019 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Premesso che:
a) parte ricorrente proponeva in data 3/10/2018 domanda online di rilascio della Tessera Professionale Europea, secondo quando disposto dal Regolamento di Esecuzione UE 2015/983, per il riconoscimento del titolo di fisioterapista rilasciato dalla Università di Ostrava (Repubblica Ceca);
b) in data 2/11/2018 il Ministero comunicava il rigetto della richiesta, rinviando alle motivazioni contenute nel verbale della Conferenza dei Servizi del 26/9/2018 il quale, in sintesi riteneva che: 1) la parte teorica del corso si era tenuta in Svizzera presso il centro studi AIEU di Chiasso, il quale aveva a tal fine stipulato apposita convenzione con l’Università di Ostrava. Una simile “triangolazione formativa” aveva “suscitato alcune perplessità” in capo ai competenti uffici ministeriali: di qui una prima consultazione con le autorità svizzere (le quali rilevavano che il centro studi AIEU era liberamente stabilito nel loro territorio) e poi una specifica richiesta di parere al CIMEA (organo di consultazione e di informazione sulle procedure di riconoscimento titoli) il quale evidenziava un [#OMISSIS#] “difetto di valutazione della qualità” in merito al predetto corso; 2) la parte pratica (tirocinio) si era svolta presso strutture italiane in assenza, tuttavia, della prescritta procedura di autorizzazione di cui all’art. 4 della legge n. 4 del 1999 (c.d. filiazione);
c) la predetta determinazione ministeriale veniva dunque impugnata per i seguenti motivi: 1. violazione e falsa applicazione della direttiva UE 36/2005 come integrata dalla direttiva UE 55/2013 nonché del d.lgs.206/2007 – omessa valutazione dei presupposti di fatto e di diritto – carenza e/o omessa puntuale istruttoria – genericità, la procedura tramite TPE non prevedrebbe la possibilità di consultare la conferenza di servizi; quest’[#OMISSIS#] inoltre, in quanto precedente alla presentazione della domanda del ricorrente, non potrebbe avere esaminato la sua specifica posizione; 2. violazione degli artt. 5 fino a 6 del d.lgs. 206/2007– carenza di istruttoria [#OMISSIS#] parte in cui l’intimata Amministrazione statale non avrebbe adeguatamente rappresentato le ragioni per cui il corso, tenuto dalla Università di Ostrava presso il centro studi svizzero AIEU, sarebbe radicalmente privo dei prescritti requisiti di qualità; il Ministero avrebbe potuto contestare i contenuti del percorso formativo solo previo avvio di una formale procedura nei confronti proprio della predetta Università, come è espressamente previsto dall’art. 5 quiquies del d.lgs. 206/2007; 3. violazione e falsa applicazione del trattato di Lisbona e delle istruzioni governative IMI connesse alla procedura telematica della tessera professionale europea poiché è imposto [#OMISSIS#] Stati membri dell’accordo di scambiare informazioni e di fare tutte le opportune verifiche tra gli stati membri per addivenire alla effettiva valutazione dei titoli; non sarebbe, inoltre, stata seguita la specifica procedura EPC la quale prevede precise disposizioni sullo scambio delle informazioni necessarie alla valutazione ed al riconoscimento delle qualifiche;
d) Si costituiva in giudizio l’intimata amministrazione statale mediante articolate controdeduzioni basate, essenzialmente, sull’utilizzo improprio di una triangolazione formativa che avrebbe avuto come unico obiettivo quello di aggirare la normativa interna sul “numero chiuso” onde accedere ad analoghi corsi universitari italiani;
e) In esito alla [#OMISSIS#] di consiglio del 26 febbraio 2019 questa sezione disponeva determinati incombenti istruttori nei confronti del Ministero della Salute; quest’[#OMISSIS#], pur non avendo provveduto nell’ambito del presente giudizio al deposito di quanto richiesto, tramite le difese dell’Avvocatura dello Stato ha tuttavia fatto riferimento [#OMISSIS#] esiti delle analoghe istruttorie disposte dal Collegio nei numerosi altri ricorsi, vertenti su dinieghi di riconoscimento di tenore analogo al presente, tutti chiamati alla stessa [#OMISSIS#] di consiglio del 14 [#OMISSIS#] 2019;
f) nel corso di quest’[#OMISSIS#], avvisate le parti circa la possibilità di adottare sentenza in forma semplificata, la causa veniva infine trattenuta in decisione.
Ulteriormente premesso che la normativa comunitaria in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite presso altri Stati membri trova puntuale disciplina [#OMISSIS#] direttiva 2005/36 CE, recepita con il d.lgs. 206/2007, la quale prevede, a seguito delle modifiche introdotte con la direttiva 2013/55/CE, la possibilità di ottenere la tessera professionale europea, costituente, come questa Sezione ha più volte avuto modo di evidenziare (ex multis, TAR Lazio, III Quater, 6 febbraio 2018 n. 1460) “un documento elettronico che alcuni professionisti dell’Unione, tra i quali sicuramente i fisioterapisti, possono attivare per conseguire il riconoscimento della propria qualifica professionale ottenuta in uno Stato membro al fine di esercitare la professione in un altro Stato membro, stabilmente oppure in via temporanea e occasionale”, all’esito di una procedura interamente telematica che può essere attivata a scelta del professionista e che si svolge con il supporto della piattaforma informativa IMI (Sistema di Informazione del Mercato Interno), predisposta e vigilata dalla Commissione europea;
Considerato di dover respingere il primo motivo in quanto, sebbene nel particolare procedimento descritto non sia espressamente previsto – con evidenti finalità acceleratorie – l’esame istruttorio dell’istanza da parte della conferenza di servizi, previsto dall’art. 16 del d.lgs. 206/2007 nell’ambito dell’ordinario iter di riconoscimento, reputa la Sezione che l’amministrazione abbia sempre il potere di procedere alla convocazione della conferenza, anche in virtù di quanto previsto in linea generale dagli art. 14 e seguenti della L. 241/1990, qualora ritenga opportuno un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti nel procedimento; risulta, inoltre, evidente che il Ministero abbia motivato il diniego con riferimento gli esiti della conferenza dei servizi del 26 settembre 2018 in quanto in tal sede, ancorché prima della presentazione dell’istanza dell’odierno ricorrente, era stata valutata ed approfondita con [#OMISSIS#] generale la tematica dei titoli rilasciati dall’Università di Ostrava all’esito di corso di studi seguito in Svizzera;
Considerato in merito ai restanti motivi di ricorso (da trattare congiuntamente attesa la loro stretta logica interrelazione) quanto di seguito specificato:
1. L’Università di Ostrava ha organizzato un corso di laurea in Fisioterapia in lingua italiana da tenersi presso un centro di formazione liberamente stabilito in Svizzera (AIEU). L’odierno ricorrente chiede ora il riconoscimento – tramite la particolare procedura telematica sopra descritta – di tale titolo. Ebbene queste “triangolazioni formative” sono senza fallo ammesse dall’art. 50, par. 3, della direttiva 36/2005/CE e dall’art. 8, comma 5, del connesso decreto legislativo di recepimento n. 206 del 2007, laddove si fa espresso riferimento a titoli di formazione rilasciati da uno Stato membro “a seguito di una formazione ricevuta … nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione europea”;
2. L’Accordo UE – Svizzera del 21 giugno 1999, integrato e modificato dalla decisione n. 2 del 30 settembre 2011, prevede tra l’altro la applicazione della suddetta direttiva 36/2005/UE anche in territorio svizzero (ivi ricompreso il richiamato art. 50, non espressamente escluso dal suddetto accordo e dalle sue successive modifiche, il quale disciplina al paragrafo 3 – giova ripetere – proprio le suddette “triangolazioni formative”). Si veda in questa stessa direzione, del resto, quanto affermato dal Consiglio di Stato, Terza Sezione, [#OMISSIS#] decisione n. 1701 del 19 marzo 2018 [cfr. punto VIII, lettera ee)];
3. È ben vero che in questi casi si registrerebbero fenomeni di sostanziale elusione del c.d. “numero chiuso”, ma è anche vero che la Corte di Giustizia ha comunque ammesso che i cittadini UE possano avvalersi degli strumenti offerti dal diritto comunitario per superare, altresì, eventuali gravosi ostacoli frapposti dai rispettivi ordinamenti nazionali (cfr. sentenza 6 ottobre 2015, C-298/14, par. 27, richiamata tra l’altro [#OMISSIS#] nota della Commissione UE in data 27 settembre 2017, laddove si afferma che “la Corte ha dichiarato che la [#OMISSIS#] circolazione delle persone non sarebbe pienamente realizzata qualora gli Stati membri potessero negare il godimento di dette disposizioni a quei loro cittadini che abbiano fatto uso delle agevolazioni previste dal diritto dell’Unione e che abbiano acquisito, grazie a queste ultime, qualifiche professionali in uno Stato membro diverso da quello di cui essi possiedono la cittadinanza”);
4. In [#OMISSIS#] di “dubbio fondato” circa la bontà di queste triangolazioni il paese ospitante (il Ministero della salute italiano, nel [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]) dovrebbe non direttamente escludere il richiesto riconoscimento ma, piuttosto, coinvolgere le autorità del paese di origine (la Repubblica Ceca, sempre nel [#OMISSIS#] di specie) onde valutare la sussistenza di eventuali “differenze sostanziali” tra i corsi normalmente organizzati nel paese ospitante e quelli tenuti nel paese di origine (dunque tra i corsi italiani e quelli tenuti in Svizzera per conto dell’Università di Ostrava, sempre con riguardo al [#OMISSIS#] di cui si controverte). Ciò anche allo scopo di adottare eventuali “misure compensative”. In questa direzione si veda altresì la nota della Commissione UE del 29 settembre 2017 [#OMISSIS#] parte in cui si afferma che, in [#OMISSIS#] di “dubbio fondato”, trova applicazione quanto a tal fine previsto dall’art. 50, paragrafo 3, della direttiva 2005/36/CE, ossia la richiesta di informazioni – circa il programma e le modalità entro cui è stato svolto il corso di formazione – allo Stato membro che ha rilasciato il titolo di studio di cui si chiede il riconoscimento. La suddetta disposizione comunitaria esprime dunque uno specifico sistema di riconoscimento dei titoli professionali fondato essenzialmente sullo scambio di informazioni tra i paesi dell’Unione. Essa prevede in particolare che:
“3. In [#OMISSIS#] di dubbio fondato, qualora un titolo di formazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c) sia stato rilasciato da un’autorità competente di uno Stato membro e riguardi una formazione ricevuta in toto o in parte in un centro legalmente stabilito nel territorio di un altro Stato membro, lo Stato membro ospitante può verificare presso l’autorità competente dello Stato membro di origine:
a) se il programma di formazione del centro che ha impartito la formazione è stato formalmente certificato dal centro di formazione situato [#OMISSIS#] Stato membro di origine;
b) se il titolo di formazione rilasciato è lo stesso che si sarebbe ottenuto avendo seguito integralmente la formazione [#OMISSIS#] Stato membro di origine; e c) se tale titolo conferisce gli stessi diritti professionali nel territorio dello Stato membro di origine”;
Più specificamente, quanto al procedimento tramite TPE, trova applicazione l’art. 4 quinquies comma 3 della Direttiva 2005/36 CE, recepito dall’art. 5 quinquies comma 2 del d.lgs. 206/2007, secondo cui “In [#OMISSIS#] di dubbi debitamente giustificati, l’autorità competente di cui all’articolo 5 può chiedere allo Stato membro d’origine ulteriori informazioni o l’inclusione, entro due settimane dalla richiesta, della copia certificata di un documento”; le stesse norme, entrambe al comma 4, dispongono poi che “nel [#OMISSIS#] in cui lo Stato membro ospitante non riceva, da parte dello Stato membro d’origine o del richiedente, le informazioni necessarie, che può richiedere conformemente alla presente direttiva per decidere in merito al rilascio della tessera professionale europea, può rifiutarsi di rilasciare la tessera. Tale rifiuto è debitamente giustificato.”;
5. Ebbene nel [#OMISSIS#] di specie questo passaggio (interpello presso autorità stato membro di origine del titolo) è stato completamente e pacificamente obliterato, e tanto con ogni conseguenza in ordine alla violazione delle richiamate disposizioni interne e comunitarie nonché in merito al sostanziale difetto di istruttoria. Il Ministero non ha infatti proceduto nei termini ivi puntualmente prescritti, rivolgendo cioè alle autorità della Repubblica Ceca una richiesta di chiarimenti in merito alle perplessità nutrite in ragione della “triangolazione formativa” e dello svolgimento dei tirocini presso strutture legalmente stabilite [#OMISSIS#] Confederazione Elvetica. Né tale passaggio poteva ritenersi soddisfatto mediante il coinvolgimento delle autorità svizzere (Segreteria di Stato per la Formazione, la quale si è peraltro limitata ad affermare che il centro studi EIEU è comunque ivi legalmente stabilito) oppure di enti (CIMEA, il cui parere è tra l’altro da reputare del tutto genericamente formulato, come più avanti si avrà modo di osservare) cui la normativa di riferimento ad ogni buon conto non assegna, neppure ai soli fini consultivi, specifiche competenze in seno al procedimento di riconoscimento di cui in questa sede si discute.
In altre parole, lo Stato chiamato a riconoscere un titolo rilasciato da altro stato membro ha certamente il potere di svolgere accertamenti e verifiche sui contenuti della formazione allo stesso presupposta, e ciò al precipuo fine di svolgere le valutazioni di propria competenza circa la possibilità di addivenire ad un riconoscimento diretto, piuttosto che al previo espletamento di una misura compensativa finalizzata a colmare il divario formativo eventualmente rilevato. Lo strumento attraverso il quale tale approfondimento può avvenire non è, tuttavia, quello [#OMISSIS#] specie utilizzato dal Ministero della Salute, e tanto con ogni conseguente evidenza della lamentata violazione di legge e dell’invocato difetto di istruttoria.
6. Le “differenze sostanziali” di cui all’art. 17, comma 2, del decreto legislativo n. 206 del 2007, sono state, peraltro, solo genericamente dedotte dal Ministero della salute: di qui anche il vizio di insufficiente motivazione [#OMISSIS#] parte in cui è stato del tutto ellitticamente sottolineato il “difetto della valutazione di qualità in linea con i principi della Convenzione di Lisbona”. Acriticamente mutuando, per tale via, una affermazione del parere CIMEA che, a sua volta, non si rileva tuttavia sorretta da più [#OMISSIS#] e circostanziati elementi istruttori e senza in alcun modo evidenziare: a) in che cosa potesse consistere l’eventuale distanza tra i corsi italiani e quelli tenuti in territorio svizzero per conto dell’Università di Ostrava; b) se il relativo programma di formazione fosse stato in qualche misura validato o meno dalle competenti autorità della Repubblica Ceca.
7. Il prospettato difetto di motivazione sussiste, altresì, [#OMISSIS#] parte e [#OMISSIS#] misura in cui il Ministero non [#OMISSIS#] in contestazione alcuna la dichiarazione comunque data dall’Università di Ostrava in data 15 novembre 2017, dichiarazione questa con cui si afferma che il suddetto programma di studi in Fisioterapia è stato accreditato dal Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Ceca (tale nota risulta peraltro estranea al procedimento in questione poiché adottata in un momento antecedente alla relativa istanza di riconoscimento del 18 aprile 2018);
8. Quanto poi alla assenza di “filiazione”, ossia con riguardo alla parte pratica del corso (tirocinio) pacificamente svoltosi in Italia, si richiama la giurisprudenza di questa sezione (cfr. sentenza n. 3982 del 29 marzo 2017) confermata dal Consiglio di Stato con decisione n. 1701 del 19 marzo 2018 della Terza Sezione.
Dunque, se è vero da un lato che la assenza di autorizzazione ex art. 4 della legge n. 4 del 1999 non consente il riconoscimento automatico dell’intero corso di studi (e dunque la parte specificamente dedicata al tirocinio), è anche vero dall’altro lato che – come del resto in identici precedenti casi – ciò può dare luogo alla adozione di misure compensative (ripetizione tirocinio oppure esame idoneativo) ma non anche al mancato integrale riconoscimento del titolo di studio, comprensivo altresì della parte teorica comunque svolta nei termini anzidetti. Sussiste in questa direzione la violazione, altresì, dell’art. 22 del decreto legislativo n. 206 del 2007 nonché del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.
E a tali conclusioni non può non giungersi pure se si tiene conto dei precedenti specifici sulla questione in cui il ricorso proposto avverso la misura compensativa era stato respinto dalla sezione nel rilievo della disamina della posizione di ciascuno dei richiedenti da parte della Conferenza di Servizi, circostanza questa che non si rinviene nel [#OMISSIS#] in esame (cfr. TAR Lazio III Quater, 29 marzo 2017, n. 4020 e n. 4018, 4 aprile 2017, n. 4204 per citarne alcune e tutte confermate in sede di appello).
Ritenuto conclusivamente di accogliere il presente ricorso, nei sensi e nei limiti di cui sopra, con conseguente annullamento degli atti in epigrafe indicati e con compensazione in ogni [#OMISSIS#] delle spese di lite, stante la sostanziale novità e la sicura peculiarità della questione esaminata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla le determinazioni ministeriali in epigrafe indicate.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 14 [#OMISSIS#] 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario, Estensore
 Pubblicato il 31/05/2019