N. 13628/2020 REG.PROV.COLL. N. 00549/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 549 del 2012, proposto da
Primo Pennesi, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Lodato, con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, viale [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], 109;
contro
Università degli Studi di Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Azienda Policlinico [#OMISSIS#] I°, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale del Policlinico, 155;
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca non costituito in giudizio;
Azienda U.O. Policlinmico [#OMISSIS#] i di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via [#OMISSIS#], 39;
per l’annullamento
delle iniziative attuate dall’Università, tese al recupero, mediante trattenuta direttamente effettuata sulle competenze stipendiali, delle somme (costituite dall’indennità di tempo pieno) dichiarate come non spettanti a seguito del collocamento d’autorità in regime di tempo definito disposto con D.R. 3307 del 22.7.2008 con effetto retroattivo dal 1.1.2007.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Universita’ degli Studi di Roma La Sapienza e dell’Azienda Policlinico [#OMISSIS#] I di Roma; Visti gli artt. 35, co. 1, lett. c, e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 11 dicembre 2020 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La vicenda in esame riguarda il collocamento d’ufficio in regime di tempo definito del ricorrente, disposto dal Rettore della Sapienza con decreto n. 3307 del 22.7.2008, con effetto retroattivo dal 1.1.2007 ed il recupero dell’indennità di tempo pieno corrisposta dopo tale data e fino al luglio 2008 ritenuta dall’ateneo
come non dovuta.
Il Prof. Pennesi, in virtù di pregressa opzione, per il regime di impegno a tempo pieno ha prestato servizio per diversi anni, svolgendo anche attività [#OMISSIS#] professionale extramoenia Tuttavia l’Università, ritenuta l’incompatibilità — in base a quanto disposto dall’art. 5, comma 12, del D.lgs. 517/99 — del regime di tempo pieno con lo svolgimento di attività [#OMISSIS#]-professionale extramoenia, con nota prot. n. 11016 del 2.3.2007 è stato invitato ad esercitare l’opzione per il passaggio a tempo definito al fine di regolarizzare la propria posizione con il rapporto di lavoro assistenziale non esclusivo, inoltre con nota prot. n. 39221 l’interessato è stato nuovamente sollecitato ad esercitare la citata opzione, con l’avviso che, qualora non avesse ottemperato alla richiesta, si sarebbe provveduto d’ufficio al collocamento nel regime di tempo definito con decorrenza 1.1.2007
Quindi è stato emesso il D.R. n. 3307 del 22.07.2008 con il quale il ricorrente, in base [#OMISSIS#] artt. 5, comma 12 del D.lgs. 517) e 11 del d.P.R. n. 382/1980, è stato collocato d’ufficio nel regime di tempo definito a far data dal l.1.2007, con richiesta di restituire € 28.050,50 (in unica soluzione ovvero con trattenute mensili), corrispondenti all’indennità di tempo pieno erogata dal 1.1.2007 al 31.7.2008, come da nota n. 0009370 del 13.2.2009 del coordinatore responsabile dell’Ufficio Stipendi.
Il regime di impegno a tempo pieno assunto dal Prof. Pennesi è cessato per effetto del D.R. n. 3307 del 22.7.2008. Fino a tale momento il ricorrente ha espletato la propria attività istituzionale a tempo pieno con i correlati incarichi di docenza e di ricerca, [#OMISSIS#] comunque restando l’impegno assistenziale.
Secondo la giurisprudenza richiamata dal ricorrente [#OMISSIS#] impugnazione, il recupero delle somme corrisposte a titolo di indennità di tempo pieno relative al periodo dal 1.1.2007 al luglio 2008 sarebbe illegittimo.
In ogni [#OMISSIS#] l’Università avrebbe dovuto conguagliare tale decurtazione con quanto, di pari importo, dovuto a titolo perequativo al ricorrente per garantire, comunque, il mantenimento dello stesso trattamento economico complessivo.
Tanto più che nel decreto rettorale che ha collocato l’istante in regime di tempo definito veniva precisato che “Le spettanze derivanti dal calcolo degli arretrati saranno conguagliate con le eventuali somme di cui alle indennità ex art. 31 del DPR n. 761/1979”.
Il ricorrente avrebbe diritto a percepire l’indennità di tempo pieno per il periodo gennaio 2007-luglio 2008, già corrispostagli per la quale è stato adottato l’avversato atto di recupero.
Pertanto avrebbe diritto alla interruzione del recupero e al reintegro delle competenze trattenute.
L’università La Sapienza si è costituita in giudizio soffermandosi [#OMISSIS#] propria memoria sulle differenze tra il regime a tempo pieno ed il regime a tempo definito (evidenziando la simmetria che deve sussistere tra tale regime e l’altrettanto duale regime di attività [#OMISSIS#] professionale intramurale ed extramurale), evidenzia che il ricorrente sarebbe stato più volte invitato a regolarizzare la sua posizione (senza che quest’[#OMISSIS#] abbia spontaneamente provveduto, inducendo quindi l’ateneo ad adottare d’ufficio il decreto rettorale che, con efficacia retroattiva, ha posto fino all’illegittimo connubio tra docenza a tempo pieno ed attività [#OMISSIS#]-professionale extramoenia).
Ciò premesso, eccepisce anche la tardività del ricorso introduttivo (in quanto nessuno dei provvedimenti universitari lesivi sarebbe stato tempestivamente impugnato, incluso il provvedimento rettorale n. 3307 del 22 luglio 2008).
In data 24.7.2020 l’Azienda Policlinico [#OMISSIS#] I ha depositato una propria memoria ove eccepisce, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse in quanto il docente avrebbe percepito tutte le somme arretrate spettanti a titolo d’indennità perequativa.
Inoltre, eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva (trattandosi di un controversia che riguarderebbe principalmente al rapporto universitario e non quello assistenziale) e di giurisdizione del [#OMISSIS#] adito sulla scorta di un orientamento delle Sezioni unite della Corte di Cassazione, per cui le controversie riguardanti sia l’esercizio dell’attività assistenziale svolta dai professori e dai ricercatori universitari, sia il loro rapporto con le Aziende sanitarie, sono devolute alla giurisdizione del [#OMISSIS#] ordinario.
Il ricorrente, in data 23.7.2020, ha depositato le memorie ex art. 73 c.p.a., nelle quali ha ripercorso la evoluzione giurisprudenziale favorevole, in punto di diritto e insiste per l’accoglimento del ricorso.
All’udienza straordinaria dell’11 dicembre 2020 tenutasi secondo le modalità di cui all’art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
1. Il giudizio in esame è volto all’accertamento del diritto del ricorrente a vedersi riconosciuto il diritto alla corresponsione del trattamento salariale per il regime di “tempo pieno” per l’attività di docenza svolta nel periodo 1.1.2007 – 31.7.2008, in quanto secondo l’istante sarebbe stata indebitamente trattenuta dall’Università a seguito del collocamento d’ufficio nel regime a “tempo definito” – con D.R. n. 3307 del 22.7.2008 – avente effetto retroattivo alla data dell’1.1.2007.
2. In via preliminare, occorre soffermarsi sulla eccezione di difetto di legittimazione passiva del Policlinico, sollevata dalla difesa della Azienda ospedaliera [#OMISSIS#] memoria del 24.7.2020.
Secondo l’Azienda la controversia in esame sarebbe estranea al rapporto controverso per cui è causa, in quanto la pretesa avanzata dal ricorrente atterrebbe esclusivamente al rapporto lavorativo con l’Università, competente a versare i compensi per lo svolgimento dell’attività di docenza e ricerca (di cui si richiede l’accertamento della relativa spettanza in misura piena) e, per l’effetto, ad adottare il provvedimento in epigrafe di sospensione e recupero delle somme indebitamente percepite docente.
L’eccezione non è fondata.
2.1. La vicenda in esame non si limita, infatti, al solo rapporto universitario, in quanto nel ricorso si fa riferimento all’aspetto complementare della rideterminazione dell’indennità ex art. 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, che si inserisce in un rapporto imputabile all’Azienda Policlinico [#OMISSIS#] I, anche sotto il profilo dei debiti e dei crediti retributivi connessi allo svolgimento dell’attività assistenziale, come conseguenza della ridefinizione stipendiale in ambito universitario; ciò in quanto – come correttamente osservato dal ricorrente – in base al meccanismo di quantificazione dell’indennità perequativa, questa aumenta proporzionalmente alla riduzione dello stipendio universitario da sottrarre a quello ospedaliero di riferimento.
In altri termini poiché la lite per cui è causa interessa anche la questione inerente il pagamento dell’indennità De [#OMISSIS#], deve ritenersi sussistente la legittimazione passiva dell’Azienda Policlinico [#OMISSIS#] I, quale titolare dei rapporti attivi e/o passivi relativi a tale emolumento.
3. Sempre in via preliminare occorre soffermarsi sulla eccezione di sopravvenuta carenza di interesse sollevata dall’Azienda Ospedaliera [#OMISSIS#] memoria depositata il 24.7.2020 e ribadita nelel successive memorie.
Secondo la predetta Azienda il debito accertato nei confronti del prof. Pennesi, oggetto della controversia in esame sarebbe stato interamente compensato con la corresponsione delle differenze relative all’indennità art. 31 del d.P.R. n. 761/79, per i periodi in questione, erogate dalla medesima Azienda Policlinico [#OMISSIS#] I, proprio al fine di compensare la diminuzione della retribuzione universitaria a seguito del collocamento a tempo definito.
3.1. L’eccezione merita di essere condivisa: l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico [#OMISSIS#] I (in linea con quanto osservato in precedenza in tema di legittimazione passiva) assume di aver versato nel mese di marzo 2011, in favore del ricorrente, € 41.941,64 (per il periodo gennaio 2008 – ottobre 2010) e nel mese di aprile 2012 ulteriori € 20.982,41 (per il periodo gennaio 2007 – dicembre 2007).
In assenza di contestazioni al riguardo deve ritenersi che la diminuzione stipendiale, relativamente al periodo per cui è causa (1.1.2007 – 31.7.2008) sia stata già perequata per effetto del pagamento della predetta indennità, per cui dal presente giudizio il docente non potrebbe trarre più alcuna utilità.
Analoghe considerazioni sono svolte dalla difesa dell’Università [#OMISSIS#] memoria del 13.7.2020, che conferma l’avvenuta corresponsione al proprio dipendente dell’indennità perequativa residua (determinata detraendo l’importo stipendiale preteso in restituzione dalla somma complessiva dovuta a titolo di perequazione).
3.2. In senso contrario, non vale quanto eccepito dal ricorrente [#OMISSIS#] memoria del 10.11.2020, secondo cui la predetta compensazione sarebbe illegittima, in quanto l’Università avrebbe compensato un proprio credito con un diritto di titolarità di un’altra amministrazione (l’Azienda Policlinico [#OMISSIS#] I).
La compensazione effettuata dall’Università La Sapienza, tra la somma complessiva che il ricorrente avrebbe dovuto restituire per l’indebita percezione dell’indennità di “tempo pieno” e quella dovuta a titolo di indennità c.d. “De [#OMISSIS#]”, non può essere considerata illegittima facendo riferimento al soggetto pubblica amministrazione che ha effettuato il conguaglio (Policlinico piuttosto che Università), in quanto l’Azienda Ospedaliera, quanto alla corresponsione dell’indennità perequativa in questione, agisce quale mero delegato, pagando il debito in favore del docente, per conto dell’originario debitore da individuare nell’Università quale datore di lavoro.
4. Infine occorre soffermarsi sulle note di udienza depositate l’8 dicembre 2020, con cui il ricorrente contesta le note depositate dall’Azienda ospedaliera il giorno precedente (7.12.2020), sull’assunto che il deposito di controparte sarebbe tardivo (essendo successivo alle ore 12:00 del 7 dicembre 2020, esso dovrebbe considerarsi effettuato il 9 dicembre 2020, per cui esso non sarebbe avvenuto nei due giorni liberi precedenti l’udienza) e, pertanto, chiede di essere autorizzato a replicare alle note del Policlinico (all’occorrenza previa remissione in termini ex art 37 c.p.a.) e, in subordine, che queste vengano dichiarate inammissibili.
4.1. A tal riguardo si osserva, a prescindere dall’esame della tempestività delle note depositate dall’Azienda ospedaliera alla luce della disciplina reintrodotta dall’art. 25, comma 1, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 (che ha ripristinato la discussione orale con collegamento da remoto limitatamente alle udienze camerali e pubbliche fissate dal 9 novembre 2020 al 31 gennaio 2020), che nelle note del 7.12.2020 il Policlinico [#OMISSIS#] I ripete le deduzioni difensive già riportate [#OMISSIS#] memoria depositate il 24.7.2020 nei termini previsti dal d.lgs. n. 104/2010, per cui tale eccezione di rivela inammissibile perché priva di interesse.
4.2. Tutto ciò non senza considerare che l’art. 25, comma 1, del D.L. n. 137/2020 richiama le disposizioni dei periodi quarto e seguenti del comma 1 dell’art. 4 del D.L. 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 25 giugno 2020, n. 70; tra cui quindi anche la possibilità “in alternativa alla discussione” di depositare “note di udienza fino alle ore 12 del giorno antecedente a quello dell’udienza stessa”, come è avvenuto nel [#OMISSIS#] di specie in cui le contestate note dell’Azienda sono state depositate il 7.12.2020 (ore 20.25).
5. Il ricorso deve quindi essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
6. In ogni [#OMISSIS#] le censure espresse del ricorso devono ritenersi anche infondate.
In proposito si osserva che l’art. 11 del d.P.R. n. 382/1980 prevede un impegno dei professori universitari sia a tempo pieno che a tempo definito, specificando che il primo è incompatibile con qualsiasi attività [#OMISSIS#]-professionale.
In seguito l’art. 5 del d.lgs. n. 517/1999, attesa l’incompatibilità tra l’attività [#OMISSIS#]-professionale e impiego “a tempo pieno” presso le strutture sanitarie pubbliche, ha introdotto un diritto di opzione tra l’esercizio di attività assistenziale intramuraria (ovvero esclusiva) e l’attività [#OMISSIS#] professionale extramoenia. Tale disciplina prevede inoltre l’esercizio di un diritto di opzione entro 45 giorni dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 517/1999, in mancanza del quale si ritiene che i docenti abbiano optato per l’attività assistenziale esclusiva.
6.1. I professori ed i ricercatori universitari nominati in ruolo dopo l’entrata in vigore del citato decreto legislativo possono svolgere quindi soltanto l’attività assistenziale esclusiva, ma possono comunque modificare il proprio regime di inquadramento in determinati [#OMISSIS#] temporali. In tal [#OMISSIS#] l’art. 5, comma 12, del d.lgs. n. 517/1999, prevede che “lo svolgimento di attività [#OMISSIS#] professionale intramuraria comporta l’opzione per il tempo pieno e lo svolgimento dell’attività extramuraria comporta l’opzione per il tempo definito”.
6.2. Ne consegue che l’ “attività intramoenia” può essere svolta (ai fini dell’inquadramento del rapporto lavorativo) solo in regime di “tempo pieno”, mentre l’attività extramoenia solo in regime di “tempo definito”.
6.3. Ciò premesso nel [#OMISSIS#] di specie l’interessato, nonostante i solleciti dell’università, non ha esercitato il diritto di opzione e ha continuato a svolgere l’attività [#OMISSIS#]-professionale con la remunerazione per l’attività di docenza a “tempo pieno” presso l’Università La Sapienza di Roma.
Tale circostanza non è contestata dall’interessato, per cui il collocamento d’ufficio in regime di “tempo definito”, come previsto dall’art. 5, comma 12, del d.lgs. n. 517/1999 per chi esercita “attività extramoenia”, non può che essere considerato atto necessario anche alla stregua dei solleciti inviati dall’ateneo.
Del resto l’interpretazione proposta dal docente finirebbe per consentire ai professori in regime di “tempo pieno” di continuare a svolgere attività [#OMISSIS#]- professionale, situazione che appare contraria alla ratio della disciplina sopra richiamata.
Le spese del giudizio possono essere compensate attesa la peculiarità della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara
improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 11 dicembre 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore [#OMISSIS#] Dello [#OMISSIS#], Referendario
L’ESTENSORE [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
IL [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
IL SEGRETARIO
Pubblicato il 17/12/2020