L’ attività di ricerca scientifica si connota, oltre che per l’essenziale funzione di accrescere il patrimonio delle conoscenze raggiunte in un determinato ambito disciplinare, anche per l’utilizzo di un metodo condiviso dalla comunità dei ricercatori, con conseguente assoluta ininfluenza di confini geografici o di peculiari caratteristiche dei soggetti che promuovono e organizzano detta attività.
Da quanto detto discende, nel caso di specie, come sia ragionevole interpretare in senso ampio la locuzione del bando “altri enti ed istituzioni di ricerca”, includendo tutte le attività di ricerca indipendentemente dalla natura (pubblica o privata) o dalla nazionalità (italiana o estera) del soggetto presso il quale esse sono state svolte, ma all’unica condizione che le attività in questione siano effettivamente qualificabili come “ricerca” alla stregua dei parametri previsti (anche internazionali).
TAR Lazio, Roma, Sez. III ter, 21 gennaio 2020, n. 798
Procedura concorsuale per copertura posto ricercatore CNR-Illegittimità bando di concorso
N. 00798/2020 REG.PROV.COLL.
N. 14071/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14071 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
[#OMISSIS#] Posa, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cosseria 2;
contro
Cnr – Consiglio Nazionale Ricerche, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Borrielli [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Ferrarini Giovanni, Marrocco [#OMISSIS#], Italiano [#OMISSIS#], Palella [#OMISSIS#], Muraro [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Marchitto [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Varasano [#OMISSIS#], Rebai [#OMISSIS#], Irimescu Adrian, Uccello [#OMISSIS#], Cadelano [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Rebaioli [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Marrella [#OMISSIS#], Villagrossi [#OMISSIS#], Busacca [#OMISSIS#], Panzavecchia [#OMISSIS#], Bortolin [#OMISSIS#], Odetti Angelo, Pour Abdollahian Tehran Golboo, Pedroni [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Behnam [#OMISSIS#], Brancato [#OMISSIS#], Baiocchi Benedetta, [#OMISSIS#] Sara,[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Caniello [#OMISSIS#], Campagna Zignani [#OMISSIS#], Panizza [#OMISSIS#], Lo Vecchio [#OMISSIS#], Tamburis Oscar, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Senni [#OMISSIS#], Sorrentino [#OMISSIS#], De [#OMISSIS#] Sara, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Concetto;
per l’annullamento
– del provvedimento di esclusione dal concorso bandito dal CNR (bando n. 366.63) per titoli e colloquio, riservato al personale in possesso dei requisiti di cui all’art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, per l’assunzione con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato di 3 unità di personale profilo di ricercatore – III livello Area Strategica, Ingegneria industriale e civile, ricevuto in data 12/11/2018;
– del bando di concorso n. 366.63, per titoli e colloquio, riservato al personale in possesso dei requisiti di cui all’art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, per l’assunzione con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato di 3 unità di personale profilo di ricercatore – III livello Area Strategica, Ingegneria industriale e civile nella parte in cui, l’art. 2, rubricato ‘requisiti di ammissione’, dovesse interpretarsi nel senso di non considerare il servizio svolto dal ricorrente presso l’University of Maryland e la George Washington University degli Stati Uniti d'[#OMISSIS#];
– del medesimo bando di concorso, nella parte in cui le norme in esso contenute sono state erroneamente interpretate dal CNR nel senso di limitare la possibilità di accesso alla procedura di stabilizzazione ex art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 nei termini sopra indicati;
– nonché di ogni altro presupposto, connesso e/o conseguente che si manifesti lesivo per il ricorrente e di cui ci si riserva l’impugnazione mediante motivi aggiunti;
– dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 e delle circolari n. 3 del 23.11.2017 e n. 1 del 09.01.2018 del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione se interpretate nel senso di escludere il ricorrente dalla procedura di stabilizzazione ex art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017;
nonché per quanto occorrer possa
– del Regolamento di organizzazione e funzionamento del Consiglio Nazionale delle Ricerche, emanato con provvedimento del Presidente n. 43, prot. AMMCNT-CNR n. 0036411 del 26 maggio 2015, di cui è stato dato l’avviso di pubblicazione sul sito del CNR e sul sito istituzionale del MIUR, in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – Serie Generale – n. 123 del 29 maggio 2015, entrato in vigore in data 1 giugno 2015; e del Regolamento del Personale del Consiglio Nazionale delle Ricerche emanato con Decreto del Presidente prot. n. 25035 in data 4 maggio 2005, pubblicato nel Supplemento Ordinario n. 101 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 124 del 30 maggio 2005, se interpretati in senso negativo nei confronti del ricorrente.
nonché per l’accertamento (e conseguente condanna dell’amministrazione intimata) del diritto di parte ricorrente ad accedere alle prove orali per cui è causa con conseguente obbligo di adozione dei relativi provvedimenti di ammissione alla procedura di stabilizzazione e valutazione dei propri titoli e della propria anzianità;
nonché, con i motivi aggiunti depositati il 20.1.2019, altresì, per l’annullamento:
– del provvedimento di ammissione alla procedura con riserva;
– del provvedimento di valutazione dei titoli nella parte in cui il punteggio risulta assegnato con riserva;
– della graduatoria di merito definitiva pubblicata dal CNR in data 21.12.2018, nella parte in cui il ricorrente risulta inserito nella posizione n. 13 con riserva e non a pieno titolo, nonché delle successive rettifiche;
– di ogni altro presupposto, connesso e/o conseguente che si manifesti lesivo per il ricorrente e di cui ci si riserva l’impugnazione mediante motivi aggiunti;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Cnr – Consiglio Nazionale Ricerche;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 novembre 2019 il dott. [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il dott. Posa, assegnista di ricerca presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), presentava istanza per la partecipazione alla procedura di concorso bandita dallo stesso CNR, per titoli e colloquio, riservata al personale in possesso dei requisiti di cui all’art. 20, co. 2 del d.lgs n. 75/2017, per l’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato di 3 unità di personale profilo di ricercatore – III livello professionale – presso il CNR – Area Strategica “Ingegneria industriale e civile”.
L’amministrazione con il provvedimento di esclusione indicato in epigrafe del 12.11.2018 respingeva la domanda di partecipazione del ricorrente ritenendo che il medesimo fosse sprovvisto dei requisiti di partecipazione; l’esclusione riportava una motivazione del seguente tenore: “[il ricorrente] ha dichiarato di aver prestato servizio presso l’University of Maryland, College Park e la George Washington University – Stati Uniti d’[#OMISSIS#]. Al riguardo si comunica che a seguito di specifici approfondimenti riguardo la portata applicativa della suddetta disposizione del bando e alla luce del complesso quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, questa Amministrazione è dell’avviso che la procedura di cui all’art. 20 del d.lgs n. 75/201, in quanto derogatoria delle modalità di reclutamento ordinarie, vada interpretata in senso rigoroso, tassativo e non estensibile a fattispecie non espressamente normate, con conseguete effetto preclusivo della possibilità di computare nel triennio di attività anche quelle svolte presso Istituzioni estere.”.
Con il ricorso principale il dott. Posa impugnava il detto provvedimento di esclusione articolando plurime censure sotto il profilo della violazione di legge e dell’eccesso di potere.
Si è costituta l’amministrazione, tramite l’Avvocatura dello Stato, chiedendo la reiezione del ricorso.
Con ordinanza n. 366/2019 è stata accolta la domanda cautelare, disponendo l’ammissione con riserva alla procedura selettiva.
Con motivi aggiunti, depositati il 20.1.2019, veniva poi impugnata, per le stesse ragioni dedotte in via principale, la graduatoria concorsuale nella parte in cui il ricorrente risultava inserito con clausola “ammesso con riserva” piuttosto che a pieno titolo.
In esecuzione dell’ordinanza collegiale n. 9209/2019, veniva poi integrato il contraddittorio con notifica del gravame a tutti i concorrenti collocati nella graduatoria di merito.
All’udienza pubblica del 27 novembre 2019 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Il ricorso deve essere accolto.
L’amministrazione ritiene che l’attività di ricerca svolta presso università straniere non sia computabile al fine della maturazione del requisito di cui all’art. 2, co. 1 lett. b) del bando de quo, in ragione della natura in ragione della natura estera della struttura.
In proposito si osserva che la locuzione del bando “altri enti ed istituzioni di ricerca” non reca specificazioni di sorta sulla nazionalità (italiana, europea o extraUE) di tali soggetti.
L’ampiezza della formulazione utilizzata si spiega ponendo mente alle finalità della peculiare procedura oggi in esame, per la quale importa – e deve importare – lo svolgimento di un’attività di ricerca propriamente detta (nella medesima “materia” indicata dal bando), indipendentemente dalle variegate caratteristiche degli enti e istituti di afferenza.
Rileva in tal senso la raccomandazione 2005/251/CE della Commissione dell’11 marzo 2005, “riguardante la Carta europea dei ricercatori e un codice di condotta per l’assunzione dei ricercatori” (Carta e codice di condotta sono allegati alla raccomandazione), richiamata nelle premesse del bando (“VISTA l’adozione della Carta europea […], cui l’Ente ha deliberato di ispirare la propria azione” con “delibera del Consiglio di Amministrazione n. 129/2005”) e alla quale si riferisce espressamente l’art. 2 d.lgs. 25 novembre 2016, n. 216 (decreto legislativo parimenti richiamato nelle premesse del bando).
Ai sensi di quest’ultima previsione (rubricata, per l’appunto “Carta europea dei ricercatori”), gli “enti pubblici di ricerca” di cui all’art. 1, tra i quali è incluso il Cnr, “nei propri statuti e regolamenti recepiscono la Raccomandazione della Commissione Europea dell’11 marzo 2005 riguardante la Carta Europea dei ricercatori e il Codice di Condotta per l’Assunzione dei Ricercatori (2005/251/CE), tengono conto delle indicazioni contenute nel documento European Framework for Research Careers e assicurano tra l’altro, ai ricercatori e ai tecnologi: a) la libertà di ricerca; b) la portabilità dei progetti; c) la diffusione e la valorizzazione delle ricerche; d) le necessarie attività di perfezionamento ed aggiornamento; e) la valorizzazione professionale; f) l’idoneità degli ambienti di ricerca; g) la necessaria flessibilità lavorativa funzionale all’adeguato svolgimento delle attività di ricerca; h) la mobilità geografica, intersettoriale e quella tra un ente e un altro; i) la tutela della proprietà intellettuale; l) la possibilità di svolgere specifiche attività di insegnamento in quanto compatibili con le attività di ricerca; m) adeguati sistemi di valutazione; n) rappresentanza elettiva di ricercatori e tecnologi negli organi scientifici e di governo degli enti” (co. 1).
Ancora, la norma assegna ai Ministeri vigilanti il compito di verificare l’attuazione dei menzionati principi, ponendo particolare attenzione a una serie di rilevanti aspetti, incluso quello del “rientro in Italia di ricercatori e tecnologi di elevata professionalità e competenza” (art. 2, co. 4, lett. h, d.lgs. cit.).
L’espresso rinvio alla raccomandazione 2005/251/CE (e il recepimento dei relativi “principi” nell’ordinamento nazionale) consiglia di dare brevemente conto delle parti di interesse dell’atto.
Occorre anzitutto puntualizzare che la Carta adotta la definizione dell’attività di ricerca “tratta dal manuale di Frascati accettata a livello internazionale” (la nota in calce fa riferimento al documento denominato “Proposed Standard Practice for Surveys on Research and Experimental Development, Manuale di Frascati, OCSE, 2002”), con la conseguenza che “i ricercatori sono descritti come ‘Professionisti impegnati nella [#OMISSIS#] o nella creazione di nuove conoscenze, prodotti, processi, metodi e sistemi nuovi e nella gestione dei progetti interessati’” (enf. agg.).
Essa chiarisce al contempo che sono “‘datori di lavoro’ […] tutti gli enti pubblici o privati che impiegano ricercatori in base a un contratto o che li ospitano nell’ambito di altri tipi di contratti o accordi, ivi compresi quelli che non prevedono rapporti economici diretti. In quest’ultimo caso, si tratta di istituti di insegnamento superiore, dipartimenti di facoltà, laboratori, fondazioni o organismi privati presso cui i ricercatori seguono una formazione alla ricerca o svolgono attività di ricerca, grazie ad un finanziamento proveniente da terzi” (enf. agg.).
Sempre in via preliminare, la Carta si (auto)qualifica alla stregua di un “insieme di principi generali e requisiti che specificano il ruolo, le responsabilità e i diritti dei ricercatori e delle persone che assumono e/o finanziano i ricercatori”, con lo scopo di “garantire che la natura dei rapporti tra ricercatori e datori di lavoro o finanziatori favorisca esiti positivi per quanto riguarda la produzione, il trasferimento, la condivisione e la diffusione delle conoscenze e dello sviluppo tecnologico, e sia propizia allo sviluppo professionale dei ricercatori”. Essa “riconosce inoltre il valore di tutte le forme di mobilità come strumento per migliorare lo sviluppo professionale dei ricercatori”, affermando di essere “destinata a tutti i ricercatori dell’Unione europea in tutte le fasi della loro carriera” e di disciplinare “tutti i campi di ricerca nel settore pubblico e privato, indipendentemente dal tipo di nomina o di occupazione, dalla natura giuridica del datore di lavoro o dal tipo di organizzazione o istituto nei quali viene svolto il lavoro […]” (cfr. sez. I).
Già da questi primi punti risulta evidente la connotazione essenzialmente oggettiva e “trasversale” dell’attività di ricerca e la sua “insensibilità” alla natura giuridica del soggetto a favore del quale essa viene svolta.
Più specificamente, poi, nella racc. 2005/251/CE si afferma che i “principi generali e requisiti” sanciti dalla Carta e dal codice di condotta vanno recepiti dagli Stati membri “nel loro ambito di competenza, nel quadro normativo e regolamentare nazionale o nei principi e orientamenti settoriali e/o istituzionali (carte e/o codici per i ricercatori)” (racc. n. 4), dovendo essere considerati “come parte integrante dei meccanismi istituzionali di garanzia della qualità […]” (racc. 5). E si prevede, ancora, che gli Stati membri, oltre a dover continuare a impegnarsi per “superare i rimanenti ostacoli giuridici e amministrativi alla mobilità, ivi compresi quelli relativi alla mobilità intersettoriale e alla mobilità tra e nell’ambito di funzioni diverse […]” (racc. 6), “s’impegnino a garantire che i ricercatori beneficino di un’adeguata copertura sociale in funzione del loro status giuridico. Nell’ambito di tale contesto, occorrerebbe prestare particolare attenzione alla trasferibilità dei diritti pensionistici, di base o integrativi, per i ricercatori che si spostano all’interno dei settori privato e pubblico dello stesso paese e anche per quelli che cambiano paese nell’Unione europea. Tali sistemi dovrebbero garantire che i ricercatori, che nel corso della loro vita cambiano professione o interrompono la carriera, non perdano ingiustamente i loro diritti sociali” (racc. 7).
Con particolare riferimento a quest’ultimo punto va notato che un paragrafo della Carta è dedicato al “Valore della mobilità”: “I datori di lavoro e/o i finanziatori devono riconoscere il valore della mobilità geografica, intersettoriale, inter- e trans-disciplinare e virtuale nonché della mobilità tra il settore pubblico e privato, come strumento fondamentale di rafforzamento delle conoscenze scientifiche e di sviluppo professionale in tutte le fasi della carriera di un ricercatore. Dovrebbero pertanto integrare queste opzioni nell’apposita strategia di sviluppo professionale e valutare e riconoscere pienamente tutte le esperienze di mobilità nell’ambito del sistema di valutazione/avanzamento della carriera. È pertanto necessario creare gli strumenti amministrativi che consentano la ‘trasferibilità’ dei diritti in materia di previdenza sociale e retribuzioni, conformemente alla legislazione nazionale”.
Passando ai “principi e requisiti generali” del codice di condotta per le assunzioni dei ricercatori (sez. 2), va menzionato quello secondo il quale i “datori di lavoro e/o i finanziatori dovrebbero istituire procedure di assunzione aperte, efficaci, trasparenti, favorevoli, equiparabili a livello internazionale e adeguate ai posti di lavoro proposti”, prevedendo, ancora, il “Riconoscimento dell’esperienza di mobilità”: “Eventuali esperienze di mobilità, ossia un soggiorno in un paese o regione diversi o in un altro istituto di ricerca (pubblico o privato), o un cambiamento di disciplina o settore, sia nell’ambito della formazione iniziale che in una fase ulteriore della carriera, o ancora un’esperienza di mobilità virtuale, dovrebbero essere considerate contributi preziosi allo sviluppo professionale del ricercatore”.
Dagli elementi sin qui riportati si trae la conferma di un dato di comune esperienza, vale a dire che l’attività di ricerca scientifica si connota, oltre che per l’essenziale funzione di accrescere il patrimonio delle conoscenze raggiunte in un determinato ambito disciplinare, anche per l’utilizzo di un metodo condiviso dalla comunità dei ricercatori, con conseguente assoluta ininfluenza di confini geografici o di peculiari caratteristiche dei soggetti che promuovono e organizzano detta attività.
Da quanto detto discende che è ragionevole interpretare in senso ampio la locuzione del bando “altri enti ed istituzioni di ricerca”, di modo che ai fini dell’integrazione del requisito per cui è controversia vanno considerate tutte le attività di ricerca indicate dagli interessati, indipendentemente dalla natura (pubblica o privata) o dalla nazionalità (italiana o estera) del soggetto presso il quale esse sono state svolte, ma all’unica condizione che le attività in questione siano effettivamente qualificabili come “ricerca” alla stregua dei parametri (anche internazionali) di cui si è detto.
E ciò è in linea con gli scopi della selezione siccome fissati dalla normativa primaria: non appare, infatti, adeguatamente motivata la scelta di preferire i ricercatori precari che abbiano maturato un’esperienza solo presso enti pubblici nazionali posto che, in termini di professionalità e alla luce del richiamato interesse pubblico, niente esclude a priori che analoghi meriti siano riconoscibili a ricercatori impiegati presso istituti di ricerca esteri o privati.
In altri termini, il requisito dei 3 anni di attività di ricerca nel periodo 2010-2017 denota l’intento di riservare il concorso ai soli aspiranti in possesso di una certa esperienza nell’ambito delle attività di ricerca, con la conseguenza che il bando, muovendo dalla disciplina sovranazionale di cui si è innanzi dato conto, appropriatamente utilizza la locuzione per cui è questione.
Mentre la finalità di stabilizzazione del personale precario, prevista dalla legge, appare già assicurata dal piano di assunzioni previsto dall’art. 20, co. 1, d.lgs, n. 75/2017 e dal fatto che la procedura in esame richiede comunque che l’interessato dimostri la “titolarità, successivamente alla data del 28 agosto 2015, di un contratto di lavoro flessibile presso il CNR” (art. 2, co. 1, lett. a, bando).
L’assunto dell’amministrazione – che escluderebbe dal computo dell’esperienza triennale, quale requisito di partecipazione, le attività svolte presso istituzioni di ricerca estere – contrasta quindi con il disposto del bando di concorso che letteralmente stabilisce come requisito all’invocato art. 2, comma 1 lett. b) “aver maturato presso il CNR o presso altri Enti ed Istituzioni di Ricerca almeno 3 anni di contratto, anche non continuativi e di diverse tipologie, purché riferibili ad attività svolte o riconducibili alla medesima area o categoria professionale, nell’arco temporale ricompreso tra la data del 1 gennaio 2010 ed il 31 dicembre 2017”. Il detto bando infatti non qualifica l’ente ove l’esperienza del candidato sia maturata, né sul piano della nazionalità né sul piano della natura pubblica o privata, indicando solamente e in via omnicomprensiva “enti ed e istituzioni di Ricerca”; se ne deve dedurre che l’esperienza di cui al detto requisito possa maturarsi anche in ambito estero qualora come nel caso odierno, sia pacifica la natura di ente di ricerca del soggetto presso cui la prestazione è stata svolta.
L’amministrazione nell’escludere il ricorrente ha invece ristretto la nozione del requisito in oggetto come stabilita dalla lex specialis della procedura; in tal modo, forzando la lettera del bando di concorso, ha attribuito illegittimamente alla clausola indicata, in funzione integrativa, un preteso significato implicito non contemplato ab origine, agendo in tal modo oltre le proprie prerogative e contravvenendo oltre che ai principi suindicati ad un preciso canone ermeneutico (cfr. da ultimo, in termini sul punto Cons. Stato n. 1148/2019 “il bando, costituendo la lex specialis del concorso indetto per l’accesso al pubblico impiego, deve essere interpretato in termini strettamente letterali, con la conseguenza che le regole in esso contenute vincolano rigidamente l’operato dell’amministrazione pubblica, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità”; anche Cons. Stato 1447/2018 ove “le clausole del bando di concorso per l’accesso al pubblico impiego non possono essere assoggettate a procedimento ermeneutico in funzione integrativa, diretto ad evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi, ma vanno interpretate secondo il significato immediatamente evincibile dal tenore letterale della parole e dalla loro connessione”).
Peraltro, ferma la necessità di un’interpretazione letterale di tale clausola, anche sul piano teleologico l’operato dell’amministrazione contrasta con la ratio dei principi che governano l’istituto del concorso pubblico; come già affermato di recente da questa Sezione, alla luce delle norme costituzionali (art. 51 e 97 Cost.) l’individuazione dei requisiti di partecipazione deve essere adeguatamente e prioritariamente motivata in ragione dell’interesse dell’amministrazione all’assunzione delle migliori professionalità, interesse sovraordinato rispetto ad altre finalità pure meritevoli di perseguimento, come, nel caso odierno, possono essere quelle legate al superamento del precariato nel settore pubblico (cfr. TAR Lazio 14322/2019 che richiama le argomentazioni di cui alla sentenza della Corte Costituzionale 251/2017); in questa prospettiva non appare adeguatamente motivata la scelta ermeneutica di preferire i ricercatori precari che abbiano maturato un’esperienza solo presso enti pubblici nazionali posto che, in termini di professionalità e alla luce del richiamato interesse pubblico, niente esclude a priori che analoghi meriti siano riconoscibili a ricercatori impiegati presso istituti di ricerca esteri.
L’introduzione dunque in via interpretativa di un requisito più stringente, non previsto dal bando ed estraneo all’interesse dell’amministrazione al reclutamento del migliore personale qualificato, rappresenta uno sviamento dalle finalità tipiche del pubblico concorso, il quale, una volta individuate le necessità di organico dell’amministrazione e le professionalità richieste, deve necessariamente ispirarsi ai principi di meritocrazia e favor partecipations.
In ragione di quanto precede, va dichiarata l’illegittimità del provvedimento di esclusione, e, in accoglimento dei motivi aggiunti, va dichiarata l’illegittimità della graduatoria nella parte in cui il ricorrente è stato inserito con la clausola “con riserva”.
In conclusione il ricorso deve essere accolto nei termini indicati. Assorbite le ulteriori censure.
Sussistono giusti motivi, vista la novità della questione, per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come integrato da motivi aggiunti, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati nei termini indicati in parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Lo Presti, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di Nezza, Consigliere
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 21/01/2020