L’Amministrazione universitaria non può legittimamente negare l’annullamento in autotutela dei giudizi formulati dalla commissione ASN che vede ben quattro membri sottoposti a misure cautelari
confermate anche dal giudice del riesame.
È configurabile, nel caso di specie, un’ipotesi di intervento di autotutela obbligatoria, che impone all’amministrazione di valutare se sussistono i presupposti per rivedere le determinazioni assunte.
In presenza di un procedimento penale, fondato su elementi probatori che hanno condotto all’adozione delle indicate misure cautelari, può dirsi verificata una sopravvenienza, per fatti di rilevanza penale, idonea a modificare i presupposti posti a base dell’esercizio del potere di primo grado
Nel caso di specie, dalle ordinanze che hanno disposto le misure cautelari e dal decreto di rinvio a giudizio, erano emersi gravi indizi di colpevolezza in capo ai quattro commissari, che avrebbero conferito o negato l’ASN nell’ambito e secondo un più ampio “progetto” volto ad influenzare e pilotare, già dalla propedeutica fase di conseguimento dell’ASN, l’esito delle successive procedure di chiamata che sarebbero state indette a livello locale dalle singole università, conferendo l’abilitazione ai candidati che si intendeva favorire ai fini dell’inserimento nel ruolo dei professori universitari e negandola a coloro i quali avrebbero rappresentato, nelle future procedure di chiamate, possibili “antagonisti” di coloro i quali si intendeva favorire.
TAR Lazio, Roma, Sez. IV, 28 febbraio 2022, n. 2347
Procedura per il conseguimento dell’Abilitazione scientifica nazionale e indagini penali: rilevanza degli indizi di grave colpevolezza rispetto alla necessità di procedere ad annullamento in autotutela.
N. 02347/2022 REG.PROV.COLL.
N. 06380/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6380 del 2020, proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
– Ministero dell’Università e della Ricerca, non costituito in giudizio;
– Ministero dell’Istruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
– della nota della Direzione generale per la formazione universitaria, l’inclusione e il diritto allo studio del Ministero dell’Università e della Ricerca prot. n. 6998 del 12 giugno 2020, ricevuta in pari data a mezzo p.e.c., di diniego dell’istanza di annullamento in autotutela dei giudizi formulati dalla commissione ASN per il settore 12/D2 – Diritto tributario, tornata 2012, sulla domanda presentata dalla dott.ssa [#OMISSIS#] per l’abilitazione alla seconda fascia di docenza;
– di qualsiasi ulteriore atto presupposto, conseguenziale o comunque connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2022 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ha impugnato il provvedimento, meglio specificato in epigrafe, emesso della Direzione generale per la formazione universitaria del Ministero dell’Università e della Ricerca, di diniego dell’istanza di annullamento in autotutela dei giudizi formulati dalla commissione ASN per il settore 12/D2 – Diritto tributario,
tornata 2012, sulla domanda presentata dalla ricorrente, per l’abilitazione alla seconda fascia di docenza.
La ricorrente ha premesso di aver partecipato alla procedura per il conseguimento dell’Abilitazione scientifica nazionale (ASN) alle funzioni di professore universitario di seconda fascia, per il Settore concorsuale 12/D2 – Diritto tributario (Bando 2012) – indetta con decreto direttoriale dell’allora Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca n. 222 del 20 luglio 2012.
All’esito della procedura la Commissione esaminatrice ha concluso per la non abilitazione della dottoressa alle funzioni di professore universitario di seconda fascia. Conclusasi la procedura di abilitazione, previa denuncia di uno dei partecipanti alle competenti autorità, il [#OMISSIS#] per le indagini preliminari del Tribunale di [#OMISSIS#], con ordinanza del 6 settembre 2017, ha disposto misure cautelari nei confronti di quattro membri della Commissione esaminatrice, successivamente confermate anche dal [#OMISSIS#] del riesame.
In particolare, con l’anzidetta ordinanza, sono stati disposti provvedimenti di interdizione e gli arresti domiciliari nei confronti di taluni componenti della commissione per il reato di cui [#OMISSIS#] artt. 110, 319, 319 quater e 321 c.p..
Ha rappresentato che dalle indagini svolte in sede penale era emerso che taluni candidati dichiarati non idonei alla Tornata 2012 – tra i quali anche la dott.ssa [#OMISSIS#] – non hanno conseguito l’abilitazione a causa di una condotta penalmente rilevante [#OMISSIS#] dai Commissari.
La dott.ssa [#OMISSIS#], venuta a conoscenza del procedimento penale, con istanza 24 novembre 2017, ha chiesto al Ministero di disporre, in via di autotutela, l’annullamento della procedura e la rivalutazione, con diversa commissione, della propria posizione.
In ragione della mancata risposta dell’Amministrazione la ricorrente ha proposto ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio che dichiarato inammissibile il ricorso.
Tale decisione veniva impugnava innanzi al Consiglio di Stato che accoglieva l’appello stante la configurabilità, nel [#OMISSIS#] specifico, di un intervento di autotutela obbligatoria: “in presenza di un procedimento penale, fondato su elementi probatori che hanno condotto all’adozione delle indicate misure cautelari, iniziato dopo che si è conclusa la procedura concorsuale, l’amministrazione ha l’obbligo di iniziare un procedimento di autotutela per valutare se sussistono i presupposti per rivedere le determinazioni assunte. In questa casi, infatti, si è verificata una sopravvenienza che si presenta idonea a modificare, per fatti di rilevanza penale, i presupposti posti a base dell’esercizio del potere di primo grado.” (Cons. St., sez. VI, n. 4212/2019).
A fronte della perdurante inerzia dell’amministrazione, la dott.ssa [#OMISSIS#] si rivolgeva nuovamente al Consiglio di Stato per l’ottemperanza della sentenza.
Il Consiglio di Stato, accertata la lamentata inerzia dell’Amministrazione, ha ordinato alla stessa “di eseguire, entro il [#OMISSIS#] di 45 giorni […] la sentenza del Consiglio di Stato n. 4212/2019, con la quale è stato riconosciuto l’obbligo di provvedere in merito all’istanza della ricorrente del 24 novembre 2017” (Cons. Stato, 25 [#OMISSIS#] 2020, n. 3279).
Con nota prot. n. 6998 del 12 giugno 2020, l’Amministrazione resistente ha negato l’annullamento in autotutela dei giudizi formulati dalla commissione ASN per il settore 12/D2 – Diritto tributario, tornata 2012, sulla domanda presentata dalla dott.ssa [#OMISSIS#] per l’abilitazione alla seconda fascia di docenza.
Il mancato annullamento è stato giustificato richiamando la circostanza del mancato accertamento, in via definitiva, delle responsabilità penali dei commissari.
In particolare, si legge [#OMISSIS#] nota oggetto di impugnazione quanto segue: “allo stato, […], come riconosciuto dalla stessa sentenza C.d.S. n. 4212 del 20 giugno 2019, le responsabilità penali dei commissari non sono state accertate in via definitiva e, dunque, non è possibile, allo stato, ritenere che gli atti amministrativi contestati siano invalidi. Ciò induce a mantenere un atteggiamento di prudenza, a tutela della procedura ormai conclusasi da tempo, e a garanzia dell’operato dei Commissari le cui responsabilità non sono state accertate in via definitiva. Prudenza imposta anche dal fatto che un eventuale intervento in autotutela non potrebbe limitarsi alla posizione della dott.ssa [#OMISSIS#] ma dovrebbe estendersi a tutti i candidati dichiarati inidonei nel corso della medesima tornata abilitativa, con conseguente necessità di attivare gravose procedure a carico degli uffici”
2. Avverso il suddetto provvedimento la dott.ssa [#OMISSIS#] ha proposto ricorso affidandosi ai seguenti motivi:
i. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21-nonies della l. N. 241/1990. Violazione degli artt. 16 e 18 della l. n. 240/2010 (legge [#OMISSIS#]).
ii Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990. Difetto di Motivazione. Difetto di istruttoria.
3. L’Amministrazione resistente si e costituita in giudizio con memoria formale in data 19 marzo 2021.
4. All’udienza pubblica del 23 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Il ricorso è fondato.
Come correttamente sostenuto dalla ricorrente, in ragione della gravità dei fatti oggetto delle indagini e dei gravi indizi di colpevolezza insiti nell’emanazione dei provvedimenti cautelari, il mancato accertamento definitivo dei fatti penalmente rilevanti non è ragione sufficiente a giustificare il diniego di annullamento in autotutela del giudizio di non abilitazione.
Dalla suddetta indagine penale è apparso infatti che la mancata abilitazione della ricorrente sia stata frutto non già di una valutazione dei relativi titoli e pubblicazioni, ma di accordi dei membri della commissione ASN.
Dalle ordinanze che hanno disposto le misure cautelari e dal decreto di rinvio a giudizio sono infatti emersi gravi indizi di colpevolezza in capo ai quattro commissari – nominati per la tornata 2012 cui ha partecipato la ricorrente – i quali avrebbero conferito o negato l’ASN nell’ambito e secondo un più ampio “progetto” volto ad influenzare e pilotare, già dalla propedeutica fase di conseguimento dell’ASN, l’esito delle successive procedure di chiamata che sarebbero state indette a livello locale dalle singole università, conferendo l’abilitazione ai candidati che si intendeva favorire ai fini dell’inserimento nel ruolo dei professori universitari e negandola a coloro i quali avrebbero rappresentato, nelle future procedure di chiamate, possibili “antagonisti” di coloro i quali si intendeva favorire.
Al riguardo proprio l’ordinanza che ha irrogato le misure cautelari nei confronti di taluni componenti della commissione valutatrice ha esplicitamente affermato che la ricorrente rientra tra i candidati che non hanno conseguito l’abilitazione “per esplicite richieste dei vari commissari accolte nell’ambito dello scambio complessivo” (ordinanza applicativa di misure cautelari del GIP del Tribunale di [#OMISSIS#] del 6 settembre 2017 e avviso di conclusione delle indagini preliminari del 5 febbraio 2019 – punto B della parte in fatto).
Il provvedimento impugnato rimane pertanto illegittimo sotto il profilo motivazionale in quanto il mancato accertamento definitivo, in sede penale, della responsabilità non può essere ostativo ad una rivalutazione della ricorrente in presenza dei sopra riportati indizi di grave colpevolezza, emersi in sede di indagine preliminare.
Stante la gravità dei fatti ascritti ai commissari, appare pertanto del tutto insufficiente la motivazione posta dall’amministrazione alla base del provvedimento di mancato annullamento in autotutela laddove afferma che l’eventuale intervento in autotutela imporrebbe la “necessità di attivare gravose procedure a carico degli uffici”. Altrettanto insufficiente è anche l’altro argomento posto a sostegno della motivazione del provvedimento di diniego secondo il quale, essendo stato il giudizio di non abilitazione formulato con parere unanime dei commissari, non vi sarebbero margini per il relativo annullamento in quanto – come è emerso dagli atti del procedimento penale – il giudizio negativo non è l’esito di una effettiva valutazione della candidata.
6. All’accoglimento del ricorso – ulteriormente, rispetto all’effetto proprio delle pronunzie rese in esito a giudizio di carattere impugnatorio, integrato dalla rimozione dell’atto, del quale sia stata riscontrata l’illegittimità – accede, nel quadro dei vincoli conformativi parimenti promananti dal dictum giudiziale, l’obbligo, in capo alla soccombente Amministrazione, di rinnovare (previo esercizio del potere di autotutela, [#OMISSIS#] fattispecie illegittimamente denegato) il già espresso giudizio abilitativo nei confronti dell’odierna ricorrente, ovviamente a mezzo di organo avente composizione diversa, rispetto a quella che ha rassegnato la pregressa valutazione, oggetto di censura.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto,
annulla il provvedimento impugnato nei limiti di cui in motivazione.
Condanna il Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento delle spese di lite in favore della parte ricorrente, che si liquidano forfettariamente in complessivi € 2.000,00 (duemila/00) oltre al contributo unificato e [#OMISSIS#] accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 23 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario, Estensore
L’ESTENSORE [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
IL [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
IL SEGRETARIO
Pubblicato il 28/02/2022