TAR Lazio, Roma, Sez. IV, 4 marzo 2022, n. 2597

Abilitazione scientifica nazionale - autotutela obbligatoria - responsabilità penale dei commissari

Data Documento: 2022-03-04
Area: Giurisprudenza
Massima

Ai Commissari, in sede penale, è stato contestato di aver conferito o negato l’ASN ai candidati, secondo un più ampio “progetto” volto ad influenzare e pilotare, già dalla propedeutica fase di conseguimento dell’ASN, l’esito delle successive procedure di chiamata (che sarebbero state indette a livello locale dalle singole Università), conferendo l’abilitazione ai candidati che si intendevano favorire ai fini dell’inserimento nel ruolo dei professori universitari e negandola a coloro i quali avrebbero rappresentato, nelle future procedure di chiamate, possibili “antagonisti” di chi si intendeva favorire. Al riguardo, proprio l’ordinanza che ha irrogato le misure cautelari nei confronti di taluni componenti della Commissione valutatrice ha esplicitamente affermato che il ricorrente rientra tra i candidati che non hanno conseguito l’abilitazione “per esplicite richieste dei vari commissari accolte nell’ambito dello scambio complessivo” . Per il Collegio, a fronte della gravità dei fatti oggetto delle indagini e dell’esistenza di gravi indizi di colpevolezza insiti nell’emanazione dei provvedimenti cautelari, il mancato accertamento definitivo dei fatti penalmente rilevanti non può costituire ragione sufficiente a sostegno del diniego di autotutela, adottato dal Ministero a fronte di istanza del candidato ricorrente, anche considerato che l’Amministrazione non ha fornito alcun argomento volto a mettere in discussione le risultanze di quanto emerso dalle indagini penali. Né può assumere alcuna rilevanza l’ulteriore circostanza  che il giudizio di non abilitazione del ricorrente sia stato formulato con parere unanime dei commissari, tenuto conto che l’ipotesi accusatoria, supportata da gravi indizi, è proprio che il giudizio negativo non sia stato l’esito di una effettiva valutazione del candidato. Allo stesso modo, non può essere considerata motivazione sufficiente a denegare l’autotutela richiesta la circostanza che la sua concessione imporrebbe la “necessità di attivare gravose procedure a carico degli uffici”. In presenza di fatti così gravi e della necessità di assicurare tutela all’interesse del ricorrente ad essere selezionato da una Commissione imparziale, la contrapposta esigenza di evitare un “sovraccarico” di lavoro agli uffici, non può che avere carattere recessivo.

Contenuto sentenza

N. 02597/2022 REG.PROV.COLL.
N. 06412/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6412 del 2020, proposto da -OMISSIS- rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Sandulli, [#OMISSIS#] Cimino e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
– della nota della Direzione generale per la formazione universitaria, l’inclusione e il diritto allo studio del Ministero dell’Università e della Ricerca prot. n. -OMISSIS- dell’8 giugno 2020, ricevuta in pari data a mezzo p.e.c., di diniego dell’istanza di annullamento in autotutela dei giudizi formulati dalla commissione ASN per il settore 12/D2 – Diritto tributario, tornata -OMISSIS-, sulla domanda presentata dal dott. -OMISSIS- per l’abilitazione alla seconda fascia di docenza;
– di qualsiasi ulteriore atto presupposto, conseguenziale o comunque connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2022 la dott.ssa [#OMISSIS#] Scali e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. In ordine ai fatti di causa occorre premettere quanto segue.
1.1. Il dott. -OMISSIS- -OMISSIS- ha partecipato alla procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale (di seguito anche solo “ASN”) per le funzioni di professore universitario di seconda fascia, per il settore concorsuale 12/D2 – Diritto tributario (Bando -OMISSIS-), indetta con decreto direttoriale dell’allora Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca n. -OMISSIS-.
All’esito della procedura, la Commissione esaminatrice ha giudicato il dott. -OMISSIS- inidoneo allo svolgimento delle funzioni di professore universitario di seconda fascia.
Conclusasi la procedura di abilitazione, a seguito di denuncia di uno dei partecipanti alle competenti autorità, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di [#OMISSIS#], con ordinanza del -OMISSIS-, ha disposto misure cautelari nei confronti di quattro membri della Commissione esaminatrice, successivamente confermate anche dal giudice del riesame.
Con l’anzidetta ordinanza, sono stati disposti l’interdizione e gli arresti domiciliari nei confronti di taluni componenti della Commissione per i reati di cui agli artt. 110, 319, 319 quater e 321 c.p.
Il ricorrente ha rappresentato, inoltre, che dalle indagini svolte in sede penale è emerso che taluni candidati dichiarati non idonei alla tornata -OMISSIS- – tra i quali lui stesso – non hanno conseguito l’abilitazione a causa di una condotta penalmente rilevante [#OMISSIS#] dai commissari. La mancata abilitazione del -OMISSIS-, dunque, sarebbe stata frutto, non già di una valutazione dei relativi titoli e pubblicazioni, ma di accordi dei membri della Commissione.
1.2. Il ricorrente, venuto a conoscenza del procedimento penale, con istanza del-OMISSIS-, ha chiesto al Ministero di disporre, in via di autotutela, l’annullamento della procedura e la rivalutazione, con diversa Commissione, della propria posizione. Stante la mancata risposta dell’Amministrazione alla predetta istanza, il ricorrente ha proposto ricorso innanzi a questo Tribunale, che ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Tale decisione è stata, a sua volta, impugnata innanzi al Consiglio di Stato, il quale, ravvisando i presupposti per l’esercizio dell’autotutela obbligatoria, ha accolto l’appello sulla base della seguente motivazione: “in presenza di un procedimento penale, fondato su elementi probatori che hanno condotto all’adozione delle indicate misure cautelari, iniziato dopo che si è conclusa la procedura concorsuale, l’amministrazione ha l’obbligo di iniziare un procedimento di autotutela per valutare se sussistono i presupposti per rivedere le determinazioni assunte. In questa casi, infatti, si è verificata una sopravvenienza che si presenta idonea a modificare, per fatti di rilevanza penale, i presupposti posti a base dell’esercizio del potere di primo grado.” (Cons. St., sez. VI, n. -OMISSIS-/2019).
1.3. A fronte della perdurante inerzia dell’Amministrazione, il ricorrente ha poi agito in ottemperanza, ed il Consiglio di Stato, accertata la lamentata inerzia dell’Amministrazione, ha ordinato alla stessa “di eseguire, entro il [#OMISSIS#] di 45 giorni […] la sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-, con la quale è stato riconosciuto l’obbligo di provvedere in merito all’istanza della ricorrente del-OMISSIS-” (Cons. Stato, -OMISSIS-, n. -OMISSIS-).
L’Amministrazione, rideterminandosi, ha infine negato il richiesto annullamento in autotutela sulla base della seguente motivazione: “allo stato, […], come riconosciuto dalla stessa sentenza C.d.S. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, le responsabilità penali dei commissari non sono state accertate in via definitiva e, dunque, non è possibile, allo stato, ritenere che gli atti amministrativi contestati siano invalidi. Ciò induce a mantenere un atteggiamento di prudenza, a tutela della procedura ormai conclusasi da tempo, e a garanzia dell’operato dei Commissari le cui responsabilità non sono state accertate in via definitiva. Prudenza imposta anche dal fatto che un eventuale intervento in autotutela non potrebbe limitarsi alla posizione della dott.ssa -OMISSIS- ma dovrebbe estendersi a tutti i candidati dichiarati inidonei nel corso della medesima tornata abilitativa, con conseguente necessità di attivare gravose procedure a carico degli uffici”.
2. Avverso il suddetto provvedimento il ricorrente ha proposto ricorso affidandosi ai seguenti motivi:
I) violazione e falsa applicazione dell’art. 21-nonies della l. n. 241/1990 e violazione degli artt. 16 e 18 della l. n. 240/2010 (legge [#OMISSIS#]);
II) violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 e difetto di istruttoria.
3. L’Amministrazione resistente si e costituita in giudizio con memoria di mero stile.
4. All’udienza pubblica del 23 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Il ricorso è fondato.
I motivi di ricorso, stanti i profili di connessione, possono essere oggetto di trattazione congiunta.
Come si è anticipato [#OMISSIS#] parte in narrativa ai Commissari, in sede penale, è stato contestato di aver conferito o negato l’ASN ai candidati, secondo un più ampio “progetto” volto ad influenzare e pilotare, già dalla propedeutica fase di conseguimento dell’ASN, l’esito delle successive procedure di chiamata (che sarebbero state indette a livello locale dalle singole Università), conferendo l’abilitazione ai candidati che si intendevano favorire ai fini dell’inserimento nel ruolo dei professori universitari e negandola a coloro i quali avrebbero rappresentato, nelle future procedure di chiamate, possibili “antagonisti” di chi si intendeva favorire.
Al riguardo, proprio l’ordinanza che ha irrogato le misure cautelari nei confronti di taluni componenti della Commissione valutatrice ha esplicitamente affermato che il ricorrente rientra tra i candidati che non hanno conseguito l’abilitazione “per esplicite richieste dei vari commissari accolte nell’ambito dello scambio complessivo” (ordinanza applicativa di misure cautelari del GIP del Tribunale di [#OMISSIS#] del -OMISSIS- e avviso di conclusione delle indagini preliminari del -OMISSIS-).
Ritiene il Collegio che, a fronte della gravità dei fatti oggetto delle indagini e dell’esistenza di gravi indizi di colpevolezza insiti nell’emanazione dei provvedimenti cautelari, il mancato accertamento definitivo dei fatti penalmente rilevanti non possa costituire ragione sufficiente a sostegno del diniego di autotutela, anche considerato che l’Amministrazione non ha fornito alcun argomento volto a mettere in discussione le risultanze di quanto emerso dalle indagini penali.
Né può assumere alcuna rilevanza l’ulteriore circostanza indicata nel provvedimento impugnato, che il giudizio di non abilitazione del ricorrente sia stato formulato con parere unanime dei commissari, tenuto conto che l’ipotesi accusatoria, come visto supportata da gravi indizi, è proprio che il giudizio negativo non sia stato l’esito di una effettiva valutazione del candidato.
Allo stesso modo, non può essere considerata motivazione sufficiente a denegare l’autotutela richiesta la circostanza che la sua concessione imporrebbe la “necessità di attivare gravose procedure a carico degli uffici”. In presenza di fatti così gravi e della necessità di assicurare tutela all’interesse del ricorrente ad essere selezionato da una Commissione imparziale, la contrapposta esigenza di evitare un “sovraccarico” di lavoro agli uffici, non può che avere carattere recessivo.
6. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso va accolto in relazione ai dedotti vizi di violazione degli articoli 3 e art. 21-nonies della l. n. 241/1990.
7. All’accoglimento del ricorso – ulteriormente all’annullamento dell’atto – accede, nel quadro dei vincoli conformativi parimenti promananti dal dictum giudiziale, l’obbligo, in capo alla soccombente Amministrazione, di rinnovare (previo esercizio del potere di autotutela, [#OMISSIS#] fattispecie illegittimamente denegato) il già espresso giudizio abilitativo nei confronti dell’odierno ricorrente, ovviamente a mezzo di organo avente composizione diversa, rispetto a quella che ha rassegnato la pregressa valutazione, oggetto di censura.
8. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nei limiti di cui in motivazione.
Condanna il Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento delle spese di lite in favore della parte ricorrente, che si liquidano forfettariamente in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori come per legge, e alla restituzione del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento dei riferimenti ai dati volti ad identificare la tornata concorsuale e le date di adozione dei provvedimenti penali.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Politi, Presidente
[#OMISSIS#] Scali, Referendario, Estensore
[#OMISSIS#] Bianchi, Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
[#OMISSIS#] Scali
[#OMISSIS#] Politi
IL SEGRETARIO
Pubblicato il 04/03/2022