Il giudizio di valore, rimesso all’apprezzamento della Commissione, è intangibile da parte del Giudice se non nei ristretti confini della manifesta irragionevolezza, illogicità o travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1662/2017; Sez. IV, n. 5016/2016; Sez. VI, n. 871/2011; Id. n. 5880/2010; T.A.R. Lazio-Roma, I sez., n. 4237/2013).
Difatti, “sebbene sia stata oramai definitivamente accantonata l’opinione tradizionale che escludeva si potesse riconnettere alla sentenza del giudice amministrativo l’effetto di imporre una disciplina del rapporto tra amministrazione e cittadino “sostitutiva” della disciplina dettata dall’atto annullato, resta il fatto che non sempre il contenuto ordinatorio della sentenza di accoglimento consente una definizione della fattispecie sostanziale;
– ciò accade nell’ipotesi in discussione, in cui il fatto presupposto del potere di accertamento della Commissione ‒ la sussistenza della piena maturità scientifica degli aspiranti professori ‒ viene preso in considerazione dalla norma attributiva del potere, non nella dimensione oggettiva di “fatto storico” (accertabile in via diretta dal giudice), bensì di fatto “mediato” e “valutato” dalla pubblica amministrazione.
– in questi casi, tenuto peraltro conto dello specifico contesto dell’autonomia universitaria, il giudice non è chiamato, sempre e comunque, a sostituire la sua decisione a quella dell’Amministrazione, dovendo invece verificare se l’opzione prescelta da quest’ultima rientri o meno nella ristretta gamma di risposte plausibili che possono essere date alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto;
– l’intangibilità del nucleo “intimo” della decisione discrezionale consegue alla stessa mancanza di un parametro giuridico di valutazione, essendosi al cospetto di attività, sì giuridicamente rilevante, ma non disciplinata da norme di diritto oggettivo (in tal senso, va letto l’art. 31, comma 3, c.p.a.);
– è ben possibile per l’interessato ‒ oltre a far valere il rispetto delle garanzie formali e procedimentali “strumentali” e gli indici di eccesso di potere ‒ contestare il contenuto della decisione pubblica, ma in tal caso deve accollarsi l’onere di dimostrare che il giudizio di valore espresso dall’Amministrazione sia scientificamente del tutto inaccettabile;
– fino a quando invece si fronteggiano soltanto “opinioni” divergenti, il giudice, per le ragioni anzidette, deve dare prevalenza alla posizione espressa dall’organo statale appositamente investito (dalle fonti del diritto e, quindi, nelle forme democratiche) della competenza ad adottare decisione collettive, rispetto alla posizione “individuale” dell’interessato…” (Cons. Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2021 n. 195).
TAR Lazio, Sez. III, 7 settembre 2021, n. 9552
Abilitazione scientifica nazionale - discrezionalità tecnica - sindacato del giudice amministrativo - motivazione del provvedimento
N. 09552/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00203/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 203 del 2021, proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] D'[#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, Lungotevere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], n. 9;
contro
Ministero dell’Universita’ e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Anvur – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, Commissione di Valutazione per L’Abilitazione Scientifica Nazionale per il Settore Concorsuale 12/G1 – Diritto Penale non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
– del giudizio di diniego dell’abilitazione del ricorrente per il settore concorsuale 12/G1, Diritto Penale – Fascia II, III quadrimestre, bando ex d.d. n. 2175 del 2018, nonché ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, disponendo il riesame della domanda da lui presentata da parte di una seconda Commissione valutatrice in composizione integralmente diversa dalla prima;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Universita’ e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2021, tenutasi secondo le modalità di cui all’art. 25 del decreto legge n. 137 del 2020 conv. in legge n.176 del 2020, la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Il ricorrente ha presentato la propria candidatura per l’abilitazione scientifica nazionale (ASN) alle funzioni di professore di seconda fascia nell’ambito della procedura di abilitazione indetta con D.D. del MIUR n. 2175 del 9 agosto 2018 per il settore concorsuale 12/G1, Diritto Penale.
All’esito della procedura la Commissione giudicatrice ha ritenuto la non idoneità del ricorrente; il quale, ritenendone l’illegittimità, ha impugnato il giudizio collegiale espresso dalla Commissione, unitamente ai singoli giudizi individuali della Commissione giudicatrice, affidando il ricorso a plurime censure, articolate all’interno di un unico motivo e così sintetizzate:
“- violazione del d.m. n. 120 del 2016, difetto d’istruttoria e di motivazione, perché il giudizio collegiale non tiene conto dell’impatto della produzione scientifica del candidato, che ha raggiunto due delle tre c.d. “mediane” e superato la terza;
– violazione della l. n. 240 del 2010 e del d.m. n. 120 del 2016 ed eccesso di potere per diversi [#OMISSIS#], a causa della violazione del principio di collegialità del giudizio della Commissione;
-violazione del d.m. n. 120 del 2016 ed eccesso di potere, perché il giudizio collegiale considera solamente il più recente prodotto della ricerca presentato dal candidato;
-violazione del d.m. n. 120 del 2016, difetto d’istruttoria e di motivazione perché la Commissione si è sottratta all’onere di motivazione aggravata che deve avere il giudizio di diniego nei confronti dei candidati che raggiungono (o superano) tutte e tre le mediane, che vantano un numero di titoli [#OMISSIS#] di quelli necessari e che presentano ulteriori elementi positivi di valutazione;
– violazione del d.m. n. 120 del 2016 ed eccesso di potere per diversi [#OMISSIS#], perché la valutazione delle pubblicazioni del candidato è stata effettuata in termini di “non condivisibilità” delle tesi scientifiche prospettate, invece che secondo i criteri di correttezza metodologica previsti dal citato regolamento ministeriale;
-violazione del d.m. n. 120 del 2016 ed eccesso di potere per diversi [#OMISSIS#], perché la valutazione delle pubblicazioni di un candidato alla seconda fascia d’insegnamento è stata effettuata sulla base dei criteri in materia di “originalità” stabiliti per la prima fascia d’insegnamento”.
L’Amministrazione si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso e depositando una relazione del Ministero sui fatti di causa.
Parte ricorrente ha insistito con memoria del 21 [#OMISSIS#] 2021 per l’accoglimento del gravame.
All’udienza del 22 giugno 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
2.Il ricorso è infondato e non può trovare accoglimento.
2.1 La disciplina normativa sulle procedure di abilitazione per l’accesso alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia contempla fasi di verifica di requisiti che oggettivamente i candidati possiedono e il cui accertamento è svolto sulla base di meri parametri e indicatori e fasi di valutazione della maturità scientifica del candidato affidata più propriamente alla discrezionalità c.d. tecnica della Commissione “[#OMISSIS#] peculiare forma di giudizi di valore, implicanti competenze specialistiche di alto profilo” (Tar Lazio, Roma, sez. III, 4.5.2020 n. 4617).
In particolare la disciplina normativa è da ricercarsi nel D.M. 7 giugno 2016 n. 120, il quale prevede all’art. 3, rubricato “Valutazione della qualificazione scientifica per l’abilitazione alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia”, che “1. Nelle procedure di abilitazione per l’accesso alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia, la Commissione formula un motivato giudizio di merito sulla qualificazione scientifica del candidato basato sulla valutazione delle pubblicazioni e dei titoli presentati, prendendo a riferimento esclusivamente le informazioni contenute [#OMISSIS#] domanda redatta secondo il modello allegato al bando dai candidati. [#OMISSIS#] valutazione la Commissione si attiene al principio in base al quale l’abilitazione viene attribuita esclusivamente ai candidati che hanno ottenuto risultati scientifici significativi riconosciuti come tali dalla comunità scientifica di riferimento, tenendo anche in considerazione, secondo le caratteristiche di ciascun settore concorsuale e in diversa misura per la prima e per la seconda fascia, la rilevanza nazionale e internazionale degli stessi.
2. La valutazione delle pubblicazioni scientifiche e dei titoli è volta ad accertare:
a) per le funzioni di professore di prima fascia, la piena maturità scientifica del candidato, attestata dall’importanza delle tematiche scientifiche affrontate e dal raggiungimento di risultati di rilevante qualità e originalità, tali da conferire una posizione riconosciuta nel panorama anche internazionale della ricerca;
b) per le funzioni di professore di seconda fascia, la maturità scientifica del candidato, intesa come il riconoscimento di un positivo livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche affrontate e tale da conferire una posizione riconosciuta nel panorama almeno nazionale della ricerca”.
Il secondo comma del richiamato art. 3 prevede una diversificazione per le valutazioni, sia dei titoli che delle pubblicazioni, da riferire alla prima e alla seconda fascia di docenza. La disposizione fissa già i criteri per l’accertamento della “piena maturità scientifica” (per la prima fascia), la quale deve essere attestata dalla “importanza delle tematiche scientifiche affrontate e dal raggiungimento di risultati di rilevante qualità e originalità, tali da conferire una posizione riconosciuta nel panorama anche internazionale della ricerca”, e quelli per l’accertamento della “maturità scientifica” (per la seconda fascia), la quale è data dal “riconoscimento di un positivo livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche affrontate e tale da conferire una posizione riconosciuta nel panorama almeno nazionale della ricerca”.
La discrezionalità della Commissione viene ad essere delimitata dal legislatore con riferimento all’oggetto dell’accertamento (piena maturità o mera maturità scientifica) e ai criteri che consentono di ritenerne la sussistenza.
I successivi articoli indicano più nel dettaglio i criteri per la valutazione delle pubblicazioni scientifiche (art. 4) e i criteri e i parametri per la valutazione dei titoli (art. 5).
In particolare la valutazione dei titoli si compone di due momenti:
a) l’accertamento dell’impatto della produzione scientifica del candidato, svolta utilizzando obbligatoriamente i parametri e gli indicatori relativi al titolo di cui al n. 1 dell’Allegato A.
Si tratta al riguardo di indicatori oggettivi, distinti dallo stesso legislatore a seconda che si tratti di settori bibliometrici o non bibliometrici, e rispetto ai quali la discrezionalità della commissione si esaurisce [#OMISSIS#] previa individuazione dei valori-soglia.
b) l’accertamento del possesso di almeno tre titoli tra quelli scelti dalla Commissione tra quelli di cui all’allegato A ai numeri da 2 a 11. Riguardo a tale accertamento il comma 2 dell’art. 5 prevede che “la Commissione, [#OMISSIS#] seduta di insediamento sceglie, in relazione alla specificità del settore concorsuale e distintamente per la prima e per la seconda fascia, almeno sei titoli tra quelli di cui all’allegato A ai numeri da 2 a 11 e ne definisce, ove necessario, i criteri di valutazione”.
La Commissione, laddove accerti che il candidato non supera positivamente la soglia dell’impatto della produzione scientifica (raggiungimento di almeno 2 valori soglia su 3), può avvalersi della facoltà prevista dall’art. 8, comma 6, del D.P.R. n. 95 del 2016, di non procedere alla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni e conseguentemente motivare il diniego di abilitazione unicamente con riferimento all’assenza del requisito di cui al numero 1 dell’allegato A (impatto della produzione scientifica).
Per i candidati che invece superano positivamente tale valore e per i quali viene altresì valutato positivamente il possesso di almeno tre titoli tra quelli scelti dalla Commissione e ricompresi tra i numeri 2 e 11 dell’allegato A, la Commissione procede con la valutazione delle pubblicazioni.
La valutazione delle pubblicazioni è svolta in base ai criteri di cui all’art. 4: “La Commissione valuta le pubblicazioni scientifiche presentate dai candidati ai sensi dell’articolo 7, secondo i seguenti criteri:
a) la coerenza con le tematiche del settore concorsuale o con tematiche interdisciplinari ad esso pertinenti;
b) l’apporto individuale nei lavori in collaborazione;
c) la qualità della produzione scientifica, valutata all’interno del panorama nazionale e internazionale della ricerca, sulla base dell’originalità, del rigore metodologico e del carattere innovativo;
d) la collocazione editoriale dei prodotti scientifici presso editori, collane o riviste di rilievo nazionale o internazionale che utilizzino procedure trasparenti di valutazione della qualità del prodotto da pubblicare;
e) il numero e il tipo delle pubblicazioni presentate nonché la continuità della produzione scientifica sotto il profilo temporale;
f) la rilevanza delle pubblicazioni all’interno del settore concorsuale, tenuto conto delle specifiche caratteristiche dello stesso e dei settori scientifico-disciplinari ricompresi”.
L’abilitazione è infine attribuita in base all’art. 6 ai soli ai candidati che, all’esito dei cinque giudizi individuali (almeno tre dei quali positivi) e del giudizio finale a carattere collegiale , ottengano: 1) una valutazione positiva del titolo di cui al numero 1 dell’allegato A (impatto della produzione scientifica); 2) il possesso di almeno tre dei titoli individuati dalla Commissione e infine 3) valutazione positiva sulle pubblicazioni giudicate complessivamente di qualità elevata, come definita nell’allegato “B” al medesimo regolamento, secondo il quale “si intende per pubblicazione di qualità elevata una pubblicazione che, per il livello di originalità e rigore metodologico e per il contributo che fornisce al progresso della ricerca, abbia conseguito o è presumibile che consegua un impatto significativo [#OMISSIS#] comunità scientifica di riferimento, a livello anche internazionale.”
2.2 Nel [#OMISSIS#] di specie, la Commissione ha ritenuto di avvalersi della facoltà di cui all’art. 8, comma 6, del d.P.R. n. 95 del 2016, ossia di non ammettere alla successiva fase della valutazione dei titoli e delle pubblicazioni i candidati che non avessero ottenuto una valutazione positiva dell’impatto della produzione scientifica attraverso il superamento di almeno due delle c.d. “mediane” (titolo 1 dell’Allegato A al D.M. 120/2016).
Il ricorrente, essendo risultato in possesso di siffatto requisito è stato, dunque, ammesso alla successiva fase di valutazione dei titoli e delle pubblicazioni, conseguendo una valutazione positiva in ordine al possesso di cinque titoli su otto, tra quelli individuati e definiti dalla Commissione in base all’allegato A, dal n. 2 al n. 11.
Non sono state invece valutate positivamente, ai fini della idoneità, le pubblicazioni, a maggioranza di tre giudizi negativi, su cinque, dei componenti della Commissione.
Il ricorrente con plurimi motivi di censura lamenta l’illegittimità del giudizio finale e di quelli individuali negativi, facendo perno in primo luogo sulla conseguita valutazione positiva dei titoli e sul superamento delle mediane (tre su tre), di cui i Commissari non avrebbero tenuto debito conto.
In secondo luogo, lamenta molteplici illegittimità nell’operato della Commissione sintetizzabili come di seguito.
Il giudizio finale non costituirebbe la sintesi della valutazione espressa dai Commissari tutti, anche di quelli che hanno espresso una valutazione positiva, essendo presente [#OMISSIS#] parte finale del giudizio una mera notazione di fatto sulla valutazione positiva espressa da due Commissari sulla monografia del 2020, ritenuta da costoro espressione di maturità scientifica.
Inoltre il giudizio finale, con riferimento alle opere non monografiche non terrebbe in alcun conto della valutazione positiva del prof. Ambrosetti.
Dunque la Commissione avrebbe omesso di esprimere un giudizio espressione dell’organo collegiale intero, limitandosi a riprendere in gran parte il solo giudizio individuale di uno dei Commissari (prof. Coco).
La Commissione avrebbe poi valutato solo una pubblicazione, la più recente monografia, incorrendo [#OMISSIS#] violazione dell’art. 6, comma 1, lett. b), del d.m. n. 120 del 2016, a tenore del quale il giudizio abilitativo è positivo quando le pubblicazioni sono “giudicate complessivamente di qualità «elevata»”; dovendo pertanto il giudizio fondarsi su una valutazione “complessivamente” negativa e non di una sola opera.
Infine la Commissione avrebbe in diversa maniera violato i parametri di valutazione delle pubblicazioni fissate dal d.m. n. 120 del 2016, poiché: 1) il giudizio negativo sarebbe stato “fortemente segnato da una valutazione della condivisibilità o meno delle tesi sostenute dal candidato”, ossia da un criterio (la condivisibilità delle tesi) non previsto dalla normativa; 2) il criterio utilizzato sarebbe stato quello della “rilevante qualità ed originalità” (previsto per la prima fascia) e non quello della mera valutazione positiva in termini di qualità e originalità dei risultati, sufficiente per conseguire l’abilitazione per la seconda fascia.
A quest’[#OMISSIS#] riguardo parte ricorrente sostiene che poiché nel giudizio finale e in quelli individuali vi sarebbero comunque elementi apprezzati positivamente dai Commissari, anche in termini di originalità e rigore metodologico (si legge in taluni passaggi il riferimento a: “spunti di originalità”; capacità argomentativa”; approfondimento eccessivo”…), tanto sarebbe sufficiente a ritenere da parte della Commissione il possesso della “maturità scientifica”, ossia di quel “positivo (e non elevato) livello” dell’“originalità dei risultati”, che è quanto si richiede per l’abilitazione alla seconda fascia dell’insegnamento.
Infine sempre ritenendo l’illegittima adozione da parte della Commissione di criteri non previsti dalla normativa, il ricorrente lamenta l’illegittimità del giudizio espresso dal Commissario prof. Pisa, il quale motiva il proprio giudizio negativo in ragione della “carenza di una sufficiente varietà di interessi” del candidato. Da tale rilievo conseguirebbe pertanto anche l’illegittimità del giudizio finale adottato con la valutazione illegittimamente formatasi di uno dei Commissari.
2.3 Così sintetizzate le diverse censure, il Collegio in via preliminare deve rammentare che il giudizio di valore, rimesso all’apprezzamento della Commissione, è intangibile da parte del [#OMISSIS#] se non nei ristretti confini della manifesta irragionevolezza, illogicità o travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1662/2017; Sez. IV, n. 5016/2016; Sez. VI, n. 871/2011; Id. n. 5880/2010; T.A.R. Lazio-Roma, I sez., n. 4237/2013).
Difatti, “sebbene sia stata oramai definitivamente accantonata l’opinione tradizionale che escludeva si potesse riconnettere alla sentenza del [#OMISSIS#] amministrativo l’effetto di imporre una disciplina del rapporto tra amministrazione e cittadino “sostitutiva” della disciplina dettata dall’atto annullato, [#OMISSIS#] il fatto che non sempre il contenuto ordinatorio della sentenza di accoglimento consente una definizione della fattispecie sostanziale;
– ciò accade nell’ipotesi in discussione, in cui il fatto presupposto del potere di accertamento della Commissione ‒ la sussistenza della piena maturità scientifica degli aspiranti professori ‒ viene preso in considerazione dalla [#OMISSIS#] attributiva del potere, non [#OMISSIS#] dimensione oggettiva di “fatto storico” (accertabile in via diretta dal [#OMISSIS#]), bensì di fatto “mediato” e “valutato” dalla pubblica amministrazione.
– in questi casi, tenuto peraltro conto dello specifico contesto dell’autonomia universitaria, il [#OMISSIS#] non è chiamato, sempre e comunque, a sostituire la sua decisione a quella dell’Amministrazione, dovendo invece verificare se l’opzione prescelta da quest’[#OMISSIS#] rientri o meno [#OMISSIS#] ristretta gamma di risposte plausibili che possono essere date alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto;
– l’intangibilità del nucleo “intimo” della decisione discrezionale consegue alla stessa mancanza di un parametro giuridico di valutazione, essendosi al cospetto di attività, sì giuridicamente rilevante, ma non disciplinata da norme di diritto oggettivo (in tal senso, va letto l’art. 31, comma 3, c.p.a.);
– è ben possibile per l’interessato ‒ oltre a far valere il rispetto delle garanzie formali e procedimentali “strumentali” e gli indici di eccesso di potere ‒ contestare il contenuto della decisione pubblica, ma in tal [#OMISSIS#] deve accollarsi l’onere di dimostrare che il giudizio di valore espresso dall’Amministrazione sia scientificamente del tutto inaccettabile;
– fino a quando invece si fronteggiano soltanto “opinioni” divergenti, il [#OMISSIS#], per le ragioni anzidette, deve dare prevalenza alla posizione espressa dall’organo statale appositamente investito (dalle fonti del diritto e, quindi, nelle forme democratiche) della competenza ad adottare decisione collettive, rispetto alla posizione “individuale” dell’interessato…” (Cons. Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2021 n. 195).
2.4 Posti questi principi, il giudizio reso dalla Commissione, nel [#OMISSIS#] di specie, non appare affetto dalle censure addotte da parte ricorrente, risultando un giudizio finale da cui emergono, anche attraverso un’analisi accurata dell’opera monografica valutata positivamente da due commissari su cinque, plurime ragioni a supporto della negativa valutazione delle pubblicazioni ai fini dell’abilitazione.
In particolare, il giudizio collegiale così riporta: “Il candidato è ricercatore a t.d.; ha svolto attività di docenza prevalentemente di carattere professionale; ha conseguito il dottorato di ricerca in diritto dell’impresa nel 2007; ha goduto di un assegno di ricerca dal 2011 al 2015; ha partecipato quale relatore a qualche convegno e a un gruppo di ricerca di carattere nazionale; ha svolto un periodo di ricerca all’[#OMISSIS#] di sei mesi. Un curriculum appena sufficiente ai fini della presente procedura; in particolare al candidato non sono mai stati affidati significativi insegnamenti a livello accademico, caratterizzandosi gran parte degli incarichi affidati per la eminente natura pratica professionale (“Diritto penale dal vivo”, “I pareri [#OMISSIS#] pratica penale”, ” La redazione degli atti giudiziari”).
Decisamente negativa è, invece, la valutazione della qualità scientifica complessiva delle pubblicazioni oggetto di valutazione.
Va segnalato in primo luogo che la produzione scientifica oggetto di valutazione, di cui all’art.7 DM 120/2016, si presenta essenzialmente nei lavori più importanti di carattere monotematico, incentrata sulla bancarotta già dalla tesi di dottorato su La bancarotta nei gruppi di società – 2007, a cui è dedicata l’unica monografia presentata. Sono in tema penale- fallimentare anche i contributi di cui ai nn. 2, 3, 4, 7, 8, 10; altri sono in tema affine di infedeltà patrimoniale (6, 9); le rimanenti opere infine concernono [#OMISSIS#] marginali quali la estinzione della società imputata e il [#OMISSIS#] delle concessioni marittime. Inoltre, la produzione scientifica pare anche quantitativamente limitata concernendo ben oltre due lustri (il primo lavoro presentato è del 2008), per buona parte infatti si tratta di brevi note a sentenza su [#OMISSIS#] molto circoscritti (nn. 5, 6, 7, 8 e 10),
Già tale elemento va giudicato negativamente, limitando la possibilità di verificare una ampia conoscenza delle tematiche penalistiche, in particolare quelle di parte generale, e la sicura utilizzazione del metodo scientifico penalistico al solo recentissimo volume monografico su Il favoreggiamento del creditore nel diritto penale concorsuale (2020), che è l’unico significativo e assorbente prodotto di ricerche ultradecennali, peraltro su un tema specialistico attinente la legislazione complementare, che pur idoneo a consentire anche l’approfondimento delle tematiche generali, è stato già ampiamente studiato sotto tali [#OMISSIS#], cosicché solo un lavoro di rilevante qualità potrebbe produrre risultati originali.
Ma tale non è il lavoro monografico, pur ampio (anche eccessivamente prolisso in diversi punti), la cui analisi non evidenzia risultati originali. Un primo capitolo affronta la tematica del [#OMISSIS#] tutelato tradizionalmente individuato [#OMISSIS#] par condicio creditorum, con l’analisi pur puntuale dei contributi penalistici in materia, peraltro ormai in gran parte risalenti a qualche decennio or sono, dato indicativo quanto alla assenza di novità [#OMISSIS#] monografia, mentre l’analisi della dottrina civilistica sulla revocatoria pare in parte ridondante ed in parte priva di rilevanti aggiornamenti, non originali comunque le prese di posizione per una tesi invece che l’altra, che in ogni [#OMISSIS#] non apportano un contributo argomentativo originale. Indicativo al riguardo l’incipit del par. 11 (siamo già a pag. 88 a fine capitolo), in cui emerge con chiarezza che fino a quel punto si è riproposto un vecchio schema per poi aggiornarlo brevemente con riferimenti alle novità, peraltro risalenti ai primi anni duemila, che semmai avrebbero dovuto essere il (più scomodo) punto di partenza di una nuova ampia riflessione sulla materia, laddove possibile e utile (ed è questo uno dei punti messi in discussione dalla disamina dello studio: la scelta del tema).
Peraltro, alle riflessioni e conclusioni sul [#OMISSIS#] tutelato va opposta la totale assenza di riflessione proprio sul ruolo del [#OMISSIS#] giuridico, a maggior ragione laddove si concluda per una moltiplicazione del [#OMISSIS#] come [#OMISSIS#] specie, sostanziale e processuale, che evidenzia una [#OMISSIS#] descrittiva e riassuntiva dello stesso. Carenza di riflessioni sulle tematiche di parte generale che è una caratteristica negativa del volume nel suo insieme, come constateremo anche più avanti.
Nel secondo capitolo, si propone l’analisi della tutela della par condicio nel sistema statunitense, procedendo dalla motivazione dell’approfondimento dal fatto che quel sistema pare “prescindere in tutto o in parte dal principio della parità di trattamento dei creditori” (motivazione su cui l’autore si sofferma più volte – di nuovo nel par. 18 e sez. III – evidentemente comprendendone la estrema debolezza), già con ciò sminuendo il riferimento comparatistico per quanto concerne la fattispecie italiana, semmai introducendo un tema attinente la più generale questione di un nuovo modello di procedura della crisi d’impresa e dei suoi illeciti. Dopo una analisi sommaria delle procedure concorsuali statunitensi e degli illeciti penali relativi (peraltro già noti anche [#OMISSIS#] nostra letteratura), l’autore si concentra [#OMISSIS#] seconda sezione sulla sanzionabilità dei pagamenti ai creditori alla luce di fattispecie peraltro non specificamente a ciò destinate. Analisi che, al di là di rappresentare una occasione per descrivere le stesse fattispecie, non sembra foriera di utili risultati quanto al tema della monografia evidentemente costituito dalla [#OMISSIS#] italiana, dunque sostanzialmente un fuor d’opera. Basti solo considerare che lo spunto interessante sul diverso titolo di responsabilità di debitore e creditore (p. 200, § 24) viene lasciato cadere quando poi si tratta del concorso del creditore nel [#OMISSIS#] diritto. Come, poi, il modello statunitense possa incidere sulla individuazione del [#OMISSIS#] tutelato (così il § 27 sub e) dal [#OMISSIS#] delitto e nel [#OMISSIS#] sistema, radicalmente differente, costituisce un interrogativo la cui risposta è proprio nell’uso forzato della comparazione.
Dal terzo capitolo l’opera riprende un percorso del tutto tradizionale. In tema di elemento oggettivo sono analizzati gli autori del reato e le fattispecie, riprendendo in maniera sostanzialmente compilativa pur puntualmente argomenti e tesi già presenti nel dibattito nazionale, come evidenzia l’esame dei riferimenti bibliografici (in tema di pagamenti, ad esempio, la dottrina civilistica citata è datata, evidentemente ripresa da altri studi), le considerazioni personali – pur evidenzianti capacità argomentativa – non [#OMISSIS#] oltre la presa di posizione per una delle tesi già in campo.
Quanto all’approfondimento dell’elemento soggettivo, che dovrebbe costituire l’approfondimento di tematiche generali comprovante conoscenze al riguardo, in realtà si limita anch’esso a fotografare lo stato dell’arte delle letture specialistiche, pur in modo troppo prolisso, senza riferimenti originali di parte generale, limitandosi ad aderire sostanzialmente, pur argomentatamente, a tesi già note.
Il capitolo [#OMISSIS#], ambiziosamente presentato con riferimento all’antigiuridicità, costituisce una analisi dell’art. 217 bis l. fall., con una diligente disamina delle varie concezioni in campo, senza alcun approfondimento originale di parte generale.
Nel capitolo sesto, sotto l’etichetta classica (pur discutibile se vi fosse stato un approfondimento di parte generale) di forme di manifestazione del reato, si parla del concorso di persone nel reato e del tentativo. Quanto al primo profilo, l’opera fa un passo indietro ritornando alle soluzioni che vedevano il reato come monosoggettivo, in sostanza con un approccio ‘ingenuo’ attinente la pratica possibilità di un pagamento senza la partecipazione del creditore che, al di là della non condivisibilità della soluzione, non appare comunque il frutto di un approfondimento di parte generale sulla figura del concorso necessario anche [#OMISSIS#] specie assente, come in tutto il volume; vero è comunque che è stata proprio la riscrittura del concetto dogmatico di concorso necessario, con riferimento anche alla dogmatica europea, in unione al concetto di pagamento espresso dalla migliore dogmatica civilistica italiana a far considerare il reato a concorso necessario, poiché vi è sempre il ricevimento del pagamento anche quando non rifiutabile. Particolarmente significativa, d’altra parte, che anche in questo [#OMISSIS#] l’assenza di qualsivoglia riferimento alla pur enucleata originalità della normativa statunitense in tema di responsabilità del creditore, in nessuna parte della trattazione della fattispecie italiana in effetti vi è un riferimento all’unico ordinamento comparato, né in vero ad alcun altro, con ciò segnandone inesorabilmente il limitato se non [#OMISSIS#] rilievo. Il lavoro si conclude con qualche riferimento al tentativo di bancarotta preferenziale, sullo stile già evidenziato.
Come già detto, le opere c.d. minori non consentono valutazioni rilevanti in punto di originalità e qualità.
In conclusione, per la maggioranza della commissione (tre componenti) il livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche affrontate non è tale da conferire al candidato una posizione riconosciuta nel panorama almeno nazionale della ricerca. Non si ritiene pertanto ancora conseguita la maturità scientifica ai fini della idoneità di seconda fascia. Per due componenti della commissione la monografia presentata è invece espressione di maturità scientifica.”
2.5 Il giudizio collegiale appare pluri-motivato, facendosi riferimento da parte della Commissione a più criteri valutati negativamente con riferimento alle pubblicazioni del ricorrente (qualità scientifica complessiva delle pubblicazioni con riferimento alla “monotematicità”, non originalità, limitazione quantitativa, conoscenza delle tematiche penalistiche e utilizzazione del metodo scientifico penalistico).
Contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, sulla formazione del giudizio esclusivamente con riferimento alla monografia, in realtà in esso la Commissione dà conto di una valutazione degli stessi titoli (il cui possesso è ritenuto appena sufficiente) e delle altre opere, sulle quali pure si appunta il giudizio di non originalità.
Per cui non colgono nel segno tutte quelle censure volte a sostenere al riguardo il mancato rispetto dei criteri di valutazione di cui al D.M. n. 120 del 2016 e la limitazione del giudizio alla sola monografia.
2.6 Assolutamente infondata è poi la censura di difetto di istruzione e di motivazione nel giudizio della Commissione poiché essa non avrebbe dato conto del superamento da parte del candidato di ben tre mediane su tre. In realtà la censura non trova alcun fondamento normativo posto che la procedura per il riconoscimento dell’abilitazione scientifica nazionale, in base alla normativa sopra richiamata, si compone di tre fasi, di cui il superamento della soglia dell’impatto della produzione scientifica costituisce solo la prima fase, e a cui fanno seguito la valutazione dei titoli e quella delle pubblicazioni, e che per potersi avere esito positivo, occorre che tutte e tre le fasi siano superate positivamente.
Nel [#OMISSIS#] di specie poi la Commissione aveva anche deliberato di avvalersi della facoltà di cui all’art. 8, comma 6, del D.P.R. n. 95 del 2016, con l’effetto che il superamento della prima fase costituiva automaticamente uno sbarramento anche solo all’accesso alle successive fasi di valutazione, le quali presentano margini di discrezionalità.
2.7 Ancora parte ricorrente lamenta la mancata collegialità del giudizio finale.
In realtà questo si presenta quale adeguata e convergente sintesi dei giudizi individuali negativi, i quali pervengono alle medesime conclusioni e riportano valutazioni sulle pubblicazioni pienamente coerenti con quanto poi esposto nel giudizio finale. L’analisi della monografia è molto dettagliata nel ripercorrere capitolo per capitolo gli studi del ricorrente e nel valutarne gli aspetti di rilievo, risultandone una motivazione accurata che appare più che idonea a comprendere le ragioni per le quali la maggioranza dei componenti della commissione ha ritenuto di discostarsi dalle valutazioni effettuate dagli altri.
Il fatto che, per motivi di sintesi e speditezza dei lavori della Commissione, il giudizio collegiale riprenda passaggi di giudizi individuali non assume un carattere lesivo, né decisivo ai fini della valutazione della legittimità del giudizio stesso.
A dire il vero, ad apparire piuttosto immotivati e fondati unicamente sulla valutazione positiva di una solo opera, omettendo dunque proprio quella valutazione complessiva dei risultati che pure lo stesso ricorrente invoca, sono, al contrario, proprio i due giudizi dei commissari che concludono per il riconoscimento della maturità scientifica del ricorrente e dei quali la Commissione dà conto nel giudizio finale, proprio evidenziando tale unico aspetto (ossia la valutazione della monografia).
Il giudizio del prof. Ambrosetti si sofferma in specie solo sulla monografia (“Il favoreggiamento del creditore nel diritto penale concorsuale”), ritenendo che “Si tratta di una indagine particolarmente accurata e approfondita che si svolge per più di 500 pagine, nelle quali il dott. [#OMISSIS#] dimostra un ricco bagaglio culturale e la capacità di individuare proposte ermeneutiche coerenti con i risultati cui oggi perviene la scienza penalistica contemporanea. In [#OMISSIS#] analisi, si può formulare un giudizio del tutto positivo per un’opera ben strutturata dal punto di vista metodologico, approfondita e argomentata.”
Pur tuttavia non vi è alcun cenno in siffatto giudizio alla originalità nè dell’opera, né tantomeno della produzione scientifica complessiva del candidato, che invece costituisce criterio cardine di valutazione.
Lo stesso deve rilevarsi con riferimento al giudizio positivo della professoressa Risicato che valuta positivamente la medesima monografia, mettendone in luce tuttavia aspetti relativi alla padronanza della materia e al grado di approfondimento dei [#OMISSIS#] trattati, senza tuttavia evidenziandone l’originalità o il contributo che fornisce al progresso della ricerca ed addirittura esprimendo un giudizio negativo sul resto della produzione scientifica.
2.8 Ancora parte ricorrente sostiene che il giudizio finale e prima ancora quello del prof. Coco sarebbero viziati dall’uso di un criterio, quello della non condivisibilità delle tesi del ricorrente, non previsto dalla normativa.
In realtà, si tratta di un mero inciso, riferito al capitolo sesto della monografia, prospettato solo in termini marginali e che non appare in alcun modo rivestire quel ruolo determinante, rispetto all’esito finale del giudizio, che invece parte ricorrente enfatizza.
Ad ogni modo si tratta di profilo non sufficiente a travolgere la legittimità di un giudizio che, s’è visto, essere pluri-motivato. Ne consegue pertanto la sua assoluta irrilevanza ai fini della legittimità dei provvedimenti impugnati.
Gli stessi rilievi valgono con riferimento alla censura secondo cui il giudizio espresso dal Commissario prof. Pisa, il quale ad ogni modo non appare motivato unicamente con riferimento alla “carenza di una sufficiente varietà di interessi”, ma nel complesso si appunta anche su altri [#OMISSIS#], tra cui in particolare la carenza di originalità.
2.9 La stessa “monotematicità” degli studi più rilevanti, quale criterio che la Commissione avrebbe illegittimamente utilizzato, e la settorialità di essi a ben guardare non sono usati quali sinonimi della specializzazione degli studi del ricorrente, quanto piuttosto della loro ripetitività rispetto ad un tema già trattato sin dalla tesi di dottorato (“…la produzione scientifica oggetto di valutazione, di cui all’art.7 DM 120/2016, si presenta essenzialmente nei lavori più importanti di carattere monotematico, incentrata sulla bancarotta già dalla tesi di dottorato su La bancarotta nei gruppi di società – 2007, a cui è dedicata l’unica monografia presentata”).
Al riguardo questa Sezione ha già avuto modo di evidenziare il nesso strettamente sussistente tra i criteri di cui al D.M. n. 120 del 2016 sulla valutazione delle pubblicazioni e la ripetitività dei [#OMISSIS#] trattati, così ritenendo: “Nel [#OMISSIS#] in questione difatti la ripetitività dei [#OMISSIS#] trattati afferisce alla medesima specifica problematica, ossia la responsabilità delle agenzie di rating e la tutela degli investitori, affrontata sia nelle monografie sia in alcune pubblicazioni.
Ora corrisponde a logica e a comune buon senso che le pubblicazioni da sottoporre alla Commissione in sede di valutazione non possano risolversi in duplicazioni di medesimi lavori, venendo di fatto, diversamente, meno gli stessi caratteri della originalità e della innovativa di cui all’art. 4,co.1, lett c) del DM n. 120/2016, nonché la molteplicità stessa dei lavori (la lett. e) del richiamato art. 4, prevede che la Commissione valuti per le pubblicazioni scientifiche “il numero e il tipo delle pubblicazioni presentate”)” (sent. di questa Sezione n. 5896 del 2020).
2.10 Inoltre assolutamente infondata e priva di qualunque serio supporto probatorio è la censura [#OMISSIS#] parte in cui il ricorrente si spinge a sostenere che, poiché nel giudizio finale, così come in quelli individuali, vi sono rilievi apprezzati positivamente anche in termini di originalità e rigore metodologico (si legge in taluni passaggi il riferimento a: “spunti di originalità”; capacità argomentativa”; approfondimento eccessivo”…), tanto sarebbe stato sufficiente a ritenere la maturità scientifica del candidato per la seconda fascia, non dovendosi da parte della Commissione utilizzare il ben più stringente criterio previsto per la prima fascia, come invece questa avrebbe fatto incorrendo [#OMISSIS#] violazione di legge.
3. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso non può trovare accoglimento.
4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte ricorrente al pagamento in favore del Ministero resistente delle spese processuali che si liquidano in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 22 giugno 2021 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario, Estensore