TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 30 luglio 2014, n. 2153

Dottorato di ricerca-Composizione collegio docenti

Data Documento: 2014-07-30
Area: Giurisprudenza
Massima

In assenza di una puntuale previsione nel regolamento di ateneo, il Collegio docenti non è da intendersi quale collegio perfetto, e dunque la validità della seduta è garantita dalla presenza della maggioranza dei suoi componenti.

Contenuto sentenza

N. 02153/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00922/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 922 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
[#OMISSIS#] Foradori, rappresentato e difeso dagli avv. Sara Tonolli e [#OMISSIS#] Sarli, con domicilio eletto presso quest’ultima in Milano, Galleria San Babila, n. 4/A 
contro
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, rappresentata e difesa dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Visconti di Modrone 12; 
Collegio Docenti del corso di dottorato di ricerca in criminologia; 
Scuola di dottorato in scienze sociali 
nei confronti di
[#OMISSIS#] Balzaretti 
per l’annullamento
del decreto del Rettore n. 6565 dd. 15.1.2010 trasmesso a mezzo Racc. A/r dell’11.2.2010, conosciuto il 15.2.2010, con cui è stata disposta l’esclusione del ricorrente dal corso di dottorato di ricerca in criminologia XXIII ciclo, dei verbali della seduta del Collegio dei Docenti del 30.10.2009 e con annullamento e/o disapplicazione del regolamento del dottorato internazionale in criminologia dell’Università Cattolica, con il quale è stato integrato e derogato il decreto rettorale n. 6164 del 8.7.2009, recante il regolamento dei corsi di dottorato di ricerca e delle scuole di dottorato di ricerca, nonché di tutti gli atti infraprocedimentali, presupposti, consequenziali e connessi ritenuti illegittimi, nonché
con accertamento del danno e condanna
dell’Università Cattolica al risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo, da perdita di chance e in ogni caso per il danno patrimoniale indotto quanto alla borsa di studio erogata per la frequenza del dottorato a causa della disposta esclusione, nonché per danno all’immagine anche a fronte di impegni intrapresi nel legittimo affidamento della titolarità dello status di dottorando.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2014 il dott. [#OMISSIS#] Mariuzzo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 13.4.2010 e tempestivamente depositato il dott. [#OMISSIS#] Foradori, dopo essere stato ammesso al XXIII ciclo del dottorato di ricerca in criminologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e aver frequentato il corso per due anni, non è stato ammesso all’anno successivo, conclusivo del ciclo di studi, con il provvedimento 15.1.2010, n. 6565.
L’interessato ha premesso in fatto di avere svolto nei due anni di corso la sua attività presso il Centro interuniversitario di ricerca sulla criminalità organizzata dell’Università Cattolica di Milano e dell’Università degli Studi di Trento (Transcrime), diretto dal prof. [#OMISSIS#] Savona, incaricato, altresì del compito di coordinatore del dottorato in criminologia, struttura che si avvale con continuità dell’apporto del suddetto Centro. Detta attività, cui per risalente prassi s’impegnano i dottorandi, gli avrebbe precluso di condurre le sue ricerche a tempo pieno.
Al termine del secondo anno il dott. Foradori presentava il suo progetto, ma il giudizio sarebbe stato a suo dire sospeso per la durata di due mesi per la modifica della relativa stesura sotto il controllo del prof. Henk Van De Bunt, docente presso l’Università di Rotterdam, che al termine avrebbe espresso il suo definitivo giudizio.
Al termine del suddetto periodo il docente esprimeva, come si evince dalla documentazione in atti, un giudizio del tutto negativo, per cui il Rettore disponeva il successivo 15.1.2010 la sua esclusione dal corso.
Con l’introdotta impugnativa l’interessato ha dedotto la violazione dell’art. 2 del regolamento n. 6164 dell’8.7.2009, dovendo il Collegio dei docenti essere composto da non meno di 10 professori e da ricercatori universitari delle aree scientifico – disciplinari di riferimento del corso, il che non sarebbe avvenuto, avendo integrato il Collegio due assegnisti di ricerca; 2) violazione dell’art. 17 dello stesso regolamento, essendo stato composto il Collegio da 13 componenti, anziché da 15 e con la partecipazione di due assegnisti; 3) della violazione dell’art. 8 del regolamento, non essendo stato espresso in quella sede un giudizio negativo nei suoi confronti, sostituito dalla sospensione da ogni definitiva pronuncia per la durata di 60 giorni, provvedimento non previsto dal ridetto regolamento; 4) della violazione dell’art. 6 dello stesso regolamento, non ricorrendo nella vicenda i nominati presupposti per la sospensione, potestà riservata al Rettore; 5) della violazione dell’art. 3 della L. 7.8.1990, n. 241 per difetto di motivazione quanto alla regolazione della borsa di studio e per contraddittorietà per l’avvenuta iscrizione al III anno di corso; 6) della violazione dell’art. 7 della richiamata legge per l’omesso invio dell’avviso di apertura del procedimento; 7) della violazione dell’art. 21 septies della stessa legge per l’omessa firma autografa da parte del Rettore; 8) della violazione dell’art. 3 della stessa legge per la mancata indicazione dei termini d’impugnazione e dell’Autorità cui rivolgersi; 9) della violazione dell’art. 4 del ridetto regolamento, essendo stato il corsista seguito non già da un docente universitario, ma da un assegnista di ricerca.
L’Università Cattolica si è costituita in giudizio con memoria depositata il 10.5.2010, richiedendo la reiezione del ricorso.
In occasione della camera di consiglio del 27.5.2010 la domanda cautelare avanzata dal ricorrente è stata respinta.
Successivamente al rilascio degli atti del procedimento sono stati dedotti motivi aggiunti, con i quali sono state sostanzialmente reiterate le precedenti censure.
Dopo la fissazione dell’udienza di merito l’Università ha depositato una memoria difensiva, con la quale ha puntualmente argomentato l’infondatezza delle denunciate censure, nonché una seconda memoria, cui ha replicato la difesa del ricorrente.
All’udienza del 10.7.2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Premette, al riguardo, il Collegio che, nel quadro dell’organizzazione delle strutture per la formazione dei dottorandi, debbono distinguersi fra di loro, da una parte, i singoli corsi di dottorato e, dall’altra, le scuole di dottorato, che possono essere articolate in più dottorati, come ricorre nel caso del dottorato in criminologia, che si articola in tre dottorati: criminologia, scienze organizzative e direzionali e sociologia e metodologia della ricerca. E’, inoltre, da segnalare che per il XXIII corso del ciclo non era stato previsto un unico Collegio come previsto dall’art. 17 del regolamento, bensì un Collegio docenti dedicato per ciascun corso, per il cui funzionamento trovava applicazione l’art. 12, 1° comma del regolamento, che prevede che una composizione di non meno di 10 membri fra docenti e ricercatori delle aree scientifico – disciplinari di riferimento del corso. Nella specie tale norma è stata rispettata dal bando di concorso a 162 posti di dottorato di ricerca, che prevedeva per il corso in criminologia un Collegio composto da 11 docenti. Non trattandosi di un collegio perfetto, in difetto di una puntuale previsione in tal senso, la validità della seduta era garantita dalla presenza della maggioranza dei suoi componenti, a nulla rilevando che, in occasione del giudizio formulato nei confronti del ricorrente, si fossero registrate l’assenza di quattro di essi e la presenza di due assegnisti; questi ultimi non hanno, peraltro, concorso né alla formazione collegiale né alla valutazione del candidato, come si evince dal verbale in atti, in cui il giudizio è stato espresso esclusivamente dal Collegio dei docenti.
Con la successiva censura il dott. Foradori denuncia che il Collegio docenti non avrebbe emesso alcun giudizio negativo nei suoi confronti, essendosi limitato a differirlo per la durata di 60 giorni, usurpando in tal modo l’esclusiva potestà del Rettore.
In realtà il verbale espone in lingua inglese, ma con eguale chiarezza che l’interessato non era stato ammesso al terzo anno di corso, giudizio che sarebbe dovuto intendersi revocato nella sola ipotesi in cui egli avesse modificato il suo progetto, avvalendosi delle indicazioni del prof. Van de Bunt nel termine di 60 giorni, conseguendone un parere positivo.
Da questa ricostruzione della vicenda si ricava dunque che, una volta che si fosse concluso positivamente o negativamente il visto periodo, alcun ulteriore provvedimento sarebbe dovuto essere adottato dal Collegio docenti.
Al visto motivo si associa quello successivo, con il quale si deduce che la vista sospensione sarebbe priva di base normativa, spettando essa soltanto al Rettore.
A tale argomentazione è agevole replicare che il ricorrente è privo d’interesse alla definizione della prodotta censura, visto che, ove fosse accolta, resterebbe applicabile il giudizio negativo espresso dal Collegio dei docenti, cadendo la condizione che, nell’esclusivo intento di favorire il corsista, era stata adottata: nel caso di un esito positivo egli avrebbe potuto, infatti, transitare al III anno di corso, al pari di quanto conseguito da altra corsista nello stesso termine di 60 giorni accordatole dal Collegio dei docenti.
Il quinto motivo, pertinente il regolamento della borsa di studio nella pendenza del suddetto lasso temporale e un vizio di eccesso di potere per contraddittorietà, deve essere egualmente disatteso.
Lo stesso ricorrente ha dato, infatti, atto di aver percepito il visto contributo fino al 31.12.2000, data alla quale è stato dichiarato non idoneo alla frequenza dell’ultimo anno di dottorato: alcuna ulteriore somma gli era dunque dovuta dopo il suddetto termine.
Quanto alla denunciata contraddizione tra il visto giudizio e l’avvenuta iscrizione al III anno è sufficiente rilevare che ciò si deve soltanto alla tempestività degli Uffici dell’Università nel dare risposta alla domanda avanzata dal ricorrente prima della disposta esclusione.
Alcuna violazione si profila, poi, dell’art. 7 della L. 7.8.1990, n. 241, posto che, come ben argomenta la resistente, la struttura del procedimento era ben nota al ricorrente sin dall’inizio del corso di studi, per cui alcun avviso doveva essere dato al dott. Foradori dell’inizio del procedimento conclusosi con la sua esclusione dalla prosecuzione dei suoi studi.
La denunciata assenza della firma autografa del Rettore in calce al decreto dallo stesso emanato è contraddetta dalla copia in atti, il cui originale è conservato all’Università.
Con la nona censura è stato impugnato il regolamento del dottorato, che tuttavia non mostra alcuna connessione con il giudizio negativo espresso dal Collegio dei docenti: anche questo motivo deve essere dunque dichiarato inammissibile.
Privo di pregio è il penultimo motivo, con il quale si è lamentato che nel provvedimento impugnato abbia fatto difetto l’indicazione dell’Autorità cui ricorrere e del termine da osservare per l’eventuale ricorso. E’ noto, invero, in giurisprudenza che detti vizi non inficiano i provvedimenti impugnati, inducendo esclusivamente l’effetto della eventuale rimessione in termini da parte del giudice, ove il termine non sia rispettato.
Quanto al tutor, che sarebbe mutato nella parte finale del secondo anno, deve osservarsi che nel verbale del 7.11.2008 emerge che il prof. Savona ha svolto il visto compito in entrambi gli anni, a nulla rilevando che il ricorrente abbia fruito anche della concorrente assistenza del dott. [#OMISSIS#], collaboratore del primo quale coordinatore del corso.
Anche i motivi aggiunti, che riproducono le censure già dedotte avverso il provvedimento impugnato, vanno egualmente respinti.
Quanto alle spese di lite reputa, tuttavia, il Collegio che, alla luce della peculiarità della vicenda, possano essere integralmente compensate tra le parti in causa.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge congiuntamente ai prodotti motivi aggiunti. Spese compensate.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Mariuzzo, Presidente, Estensore
[#OMISSIS#] De Vita, Primo Referendario
Oscar [#OMISSIS#], Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)