TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 5 dicembre 2014, n. 2961

Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di categoria EP, posizione economica EP1, Area tecnica – tecnico scientifica-Profilo Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dell’Ateneo-Svolgimento delle prove-Violazione dei termini previsti-Congruo anticipo

Data Documento: 2014-12-05
Area: Giurisprudenza
Massima

Il termine–previsto dall’art. 6 d.p.r.  9 maggio 1994, n. 487 – che deve intercorrere tra la data di ricezione da parte del candidato della comunicazione di fissazione della prova e la data della prova medesima, non ha la funzione di consentire al candidato il completamento della preparazione, ma quella di comunicare con congruo anticipo la data di svolgimento delle prove, affinché essi vi possano partecipare. Si tratta di un termine dilatorio la cui violazione può assumere rilevanza solo nel caso in cui il candidato, avvertito con ritardo, non si presenti a sostenere la prova. Se, invece, il candidato, pur avvertito con ritardo, sostenga le prove senza sollevare obiezioni e senza chiedere un rinvio, deve ritenersi che la comunicazione, sia pure ricevuta quando mancavano meno di venti giorni, abbia comunque raggiunto il suo scopo, con la conseguenza che la violazione del termine dilatorio non può più essere fatta valere.

Contenuto sentenza

N. 02961/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00355/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 355 del 2012, proposto da: 
Angelo Boselli, rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Giambelluca, domiciliato presso la Segreteria del Tribunale, in Milano via Corridoni n. 39; 
contro
Università degli Studi dell’Insubria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Milano, via Freguglia, 1; 
per l’annullamento
– del verbale n. 4 della Commissione giudicatrice datato 15.12.2011, nella parte in cui dispone l’esclusione di Boselli dalla prova orale del concorso avendo conseguito un punteggio inferiore a 24/30 in una delle prove scritte;
– della determinazione conclusiva del bando di concorso per titoli ed esami per la copertura di un posto di categoria EP, posizione economica EP1, Area Tecnica – tecnico scientifica con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e pieno per le esigenze dell’Ufficio Prevenzione e Protezione dell’Amministrazione centrale dell’Università degli studi dell’Insubria , con sede in Varese, ai fini del reclutamento della figura professionale di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dell’Ateneo – sede di Varese, nella parte in cui non ha attribuito al ricorrente il posto bandito;
– della traccia della seconda prova scritta;
– di ogni atto connesso:
nonché per la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi dell’Insubria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2014 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1) Sul piano fattuale va evidenziato che : a) l’Università degli Studi dell’Insubria pubblicava, con D.D. 16966/2010, il “Bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di categoria EP, posizione economica EP1, Area tecnica – tecnico scientifica ed elaborazione dati con rapporti di lavoro a tempo indeterminato e a tempo pieno per le esigenze dell’Ufficio Prevenzione e Protezione dell’Amministrazione centrale dell’Università degli Studi dell’Insubria con sede in Varese, ai fini del reclutamento della figura professionale di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dell’Ateneo – sede di Varese”; b) il bando prevedeva l’effettuazione di tre prove, due scritte ed una orale e stabiliva che l’ammissione alla prova orale era subordinata al conseguimento di un punteggio non inferiore a 24/30 in ciascuna delle prove scritte; c) Angelo Boselli in data 19 gennaio 2011 presentava la domanda di ammissione al concorso e nelle date stabilite sosteneva le prove scritte, conseguendo nella prima il punteggio di 24/30 e nella seconda il punteggio di 18/30; d) non avendo conseguito il punteggio minimo stabilito dal bando in una delle due prove scritte, Boselli non veniva ammesso alla prova orale; e) trattandosi dell’unico candidato partecipante al concorso il posto non veniva assegnato; f) successivamente, con bando pubblicato in data 23.12.2012, l’Università degli Studi dell’Insubria indiceva una nuova procedura concorsuale sempre “per titoli ed esami, per la copertura di un posto di categoria EP, posizione economica EP1, Area tecnica – tecnico scientifica ed elaborazione dati con rapporti di lavoro a tempo indeterminato e a tempo pieno per le esigenze dell’Ufficio Prevenzione e Protezione dell’Amministrazione centrale dell’Università degli Studi dell’Insubria con sede in Varese, ai fini del reclutamento della figura professionale di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dell’Ateneo – sede di Varese”; g) Boselli partecipava alla nuova procedura concorsuale, diretta alla copertura del medesimo posto di lavoro già oggetto della primo concorso, risultando vincitore; h) in data 3 giugno 2013, Boselli stipulava con l’Università il relativo contratto di lavoro.
2) Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione con la quale l’Università deduce l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, in ragione del fatto che Boselli ha poi superato il secondo concorso bandito per la copertura del medesimo posto, stipulando con l’amministrazione il contratto di lavoro.
Sul punto è sufficiente osservare che il ricorrente ha presentato una domanda di condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno, sicché conserva sicuramente interesse all’accertamento giurisdizionale dei vizi di illegittimità lamentati.
Va, pertanto, ribadita l’infondatezza dell’eccezione in esame.
3) Il ricorrente articola più censure, che possono essere esaminate congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico, con le quali lamenta vizi di violazione di legge e di eccesso di potere, per diversi profili.
Le censure sono infondate.
3.1) Non può essere accolta la doglianza diretta a contestare la non corrispondenza della seconda prova scritta alla previsione posta dall’art. 5 del bando.
L’art. 5 del bando stabiliva l’oggetto della prima e della seconda prova prescritta, precisando che quest’ultima aveva un contenuto teorico – pratico; per ciascuna prova la Commissione avrebbe predisposto tre tracce, una delle quali sarebbe poi stata sorteggiata dal candidato stesso e a lui sottoposta.
Per la seconda prova scritta veniva estratta la seguente traccia:“Il candidato evidenzi il ruolo del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione in relazione alle altre figure professionali riconosciute dal d. lgs. 81/08 e successive modifiche e integrazioni”; le altre tracce predisposte per la seconda prova, ma non estratte, avevano il seguente contenuto : 1) “Il candidato esponga sinteticamente, eventualmente anche con l’ausilio di schemi, i criteri di organizzazione interna per una gestione efficace della sicurezza in Ateneo” (traccia n. 1); 2) “Il candidato esponga sinteticamente, anche con l’ausilio di schemi, i criteri di elaborazione del documento unico di valutazione dei rischi da interferenza (DUVRI)” (traccia n. 3).
Il ricorrente lamenta che la traccia estratta non avrebbe contenuto teorico-pratico, in violazione di quanto stabilito dall’art. 5 del bando.
A sostegno di tale affermazione evidenzia che, mentre le due tracce non estratte prevedevano l’ausilio di schemi, tale ipotesi non era contemplata rispetto alla traccia estratta.
La tesi non può essere condivisa.
L’art. 5 del bando di concorso delimitava l’oggetto delle due prove scritte, precisando che la prima doveva vertere sulla vigente normativa di sicurezza sul lavoro, con riferimento al d.l.vo n. 81/2008, nonché sui fattori di rischio nei luoghi di lavoro, sulla valutazione dei medesimi e delle relative misure di sicurezza preventive e protettive individuate, nonché sulla normativa in materia di sicurezza ed igiene dei luoghi di lavoro.
Viceversa, la seconda prova “a contenuto teorico – pratico” era finalizzata ad accertare la capacità del candidato di valutare e risolvere in termini di economicità, efficienza e legittimità, i fattori di rischio nei luoghi di lavoro, nonché la capacità di valutare le misure di sicurezza preventive e protettive, la gestione del personale universitario in funzione della tipologia di rischio individuata e le linee guida da adottare.
E’ evidente che entrambe le prove dovevano concernere il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro, ma richiedevano un diverso approccio da parte del candidato.
Con la prima prova, si trattava di accertare le conoscenze normative e, più in generale, giuridiche in ordine alla materia della sicurezza e dell’igiene dei luoghi di lavoro, sicché al candidato era richiesta l’esposizione degli istituti giuridici rilevanti in materia, secondo le specificazioni proprie della traccia estratta; viceversa, la seconda prova era diretta ad accertare la capacità del candidato di risolvere i problemi effettivamente legati ai fattori di rischio dei luoghi di lavoro, non solo secondo parametri di stretta legittimità, ma anche in base a criteri di efficienza e di economicità.
Ecco, allora, che la seconda prova estratta aveva effettivamente un contenuto teorico e pratico, in quanto richiedeva al candidato di differenziare, tanto sul piano delle competenze e delle responsabilità, quanto sul piano concretamente operativo, il ruolo del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione rispetto a quello delle altre figure professionali disciplinate dal d.l.vo 2008 n. 81.
Insomma, rispetto ai fattori di rischio che possono presentarsi sul luogo di lavoro si richiedeva non la mera esposizione degli istituti rilevanti, ma la individuazione, anche in termini di efficienza ed economicità, dei diversi ambiti di intervento dei soggetti riconosciuti dal d.l.vo n. 81.
In tale contesto, è del tutto irrilevante che le altre due tracce, sempre inerenti alla seconda prova, prevedessero espressamente l’utilizzabilità di schemi, sia perché il tenore letterale lasciava intendere che si trattava di una semplice facoltà, sia perché l’uso dello schema, quale modalità espositiva, non era precluso in relazione alla traccia estratta.
Ne deriva l’infondatezza della censura diretta a contestare la mancanza di natura teorico-pratica della seconda prova assegnata al ricorrente.
Parimenti, è infondata la contestazione riferita al diverso tempo assegnato per la redazione degli elaborati nella prima e nella seconda prova scritta; in particolare, il ricorrente ritiene irragionevole che per la prima prova siano state assegnate due ore di tempo e per la seconda un’ora e trenta minuti.
Sul punto, è sufficiente evidenziare che, trattandosi di prove diverse, la prima a contenuto solo teorico e, quindi, sicuramente descrittiva della disciplina giuridica di riferimento, la seconda a contenuto anche pratico, non è contraria a canoni di ragionevolezza la scelta dell’amministrazione di prevedere tempi diversi di svolgimento.
Anzi, proprio il minor tempo assegnato per la seconda evidenzia come si trattasse di una prova da svolgere in modo diverso dalla prima, privilegiando un’esposizione di taglio sintetico ed operativo, piuttosto che descrittivo.
3.2) Anche la censura di carenza motivazionale non può essere condivisa.
Il ricorrente lamenta che la motivazione solo numerica espressa dalla Commissione sull’elaborato relativo alla seconda prova, per la quale ha ottenuto un punteggio pari a 18/30, non sufficiente a consentirgli l’ammissione alla prova orale, non sarebbe idonea a comprendere le ragioni sottese alla valutazione espressa.
Sul punto, va osservato, in primo luogo, che la giurisprudenza ormai consolidata evidenzia che l’obbligo di motivazione in sede di attribuzione dei punteggi nelle procedure selettive è validamente adempiuto con l’attribuzione di punteggi numerici, oggetto di valutazioni censurabili in sede giurisdizionale solo sotto il profilo della loro manifesta irragionevolezza.
È, infatti, legittima la valutazione in forma numerica nei concorsi pubblici, in quanto il voto numerico esprime e sintetizza il giudizio tecnico – discrezionale della Commissione, contenendo in sé la sua stessa motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti; inoltre, essa, oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla Commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato (cfr. Consiglio di Stato, sez. V , 24 marzo 2014, n. 1427; Consiglio di Stato, sez. IV, 5 settembre 2013, n. 4457).
Tale conclusione si impone, a maggior ragione, allorquando, come nel caso in esame, l’amministrazione abbia preventivamente enucleato i criteri in base ai quali sarebbero stati attribuiti i punteggi numerici.
Va, altresì, evidenziato che nel caso di specie l’amministrazione non si è limitata ad assegnare un punteggio numerico sulla base di criteri di valutazione predeterminati, ma ha affiancato al punteggio dei segni grafici, sottolineando e cerchiando talune parole dell’elaborato, così evidenziando gli aspetti e i passaggi valutati in modo non positivo.
Del resto, la valutazione effettuata in concreto non presenta profili di illogicità o di evidente erroneità, anche considerando che la Commissione esaminatrice è titolare di un’ampia discrezionalità tecnica in ordine alla valutazione degli elaborati, rispetto ai quali il ricorrente non ha evidenziato elementi idonei a palesarne uno sviamento logico, un errore di fatto o una contraddittorietà.
3.3) Con un ultimo gruppo di censure il ricorrente contesta la violazione dei termini previsti per lo svolgimento delle prove.
In particolare, si lamenta che le prove, scritte ed orali, sarebbero state fissate con un preavviso troppo breve, in violazione termini di comunicazione previsti dall’art. 6 del d.p.r. n. 487/1994 e dall’art. 5 del bando.
Quanto alla prova orale, la censura non è supportata da un concreto interesse, atteso che Boselli non è stato ammesso agli orali, sicché non doveva ricevere alcuna comunicazione delle date di svolgimento di tale prova.
Rispetto alla prova scritta va osservato che l’art. 6 del d.p.r. n. 487/1994 stabilisce, al comma 1, che il calendario delle prove scritte deve essere comunicato ai candidati almeno quindici giorni prima dell’inizio delle prove scritte.
L’art. 5 del bando ribadisce tale previsione ed aggiunge che le comunicazioni relative alle prove scritte e orali “possono essere effettuate anche mediante un’unica comunicazione individuale tramite raccomandata con ricevuta di ritorno almeno venti giorni prima della data di svolgimento delle prove scritte”.
Nel caso concreto l’avvocatura distrettuale sostiene che la comunicazione del diario di tutte le prove è avvenuta in data 15 novembre 2011, con lettera raccomandata ricevuta dal candidato il giorno successivo (16 novembre 2011), in applicazione di quanto specificamente previsto dall’art. 5 del bando.
Nondimeno, dalla documentazione in atti non emerge la dimostrazione della data di effettuazione della comunicazione richiamata dall’amministrazione.
Il ricorrente deduce, invece, che la comunicazione del calendario delle prove sarebbe stata effettuata solo in data 12 dicembre 2012, ossia tre giorni prima della prova scritta svoltasi il 15 dicembre 2012.
Il problema della conseguenza del mancato rispetto del periodo di preavviso deve essere esaminato considerando la ratio sottesa alla sua previsione.
La giurisprudenza, cui aderisce il Tribunale, considera che il termine – previsto dall’art. 6 d.p.r. n. 487/1994 – che deve intercorrere tra la data di ricezione da parte del candidato della comunicazione di fissazione della prova e la data della prova medesima, non ha la funzione di consentire al candidato il completamento della preparazione, ma quella di comunicare con congruo anticipo la data di svolgimento delle prove, affinché essi vi possano partecipare.
Si tratta di un termine dilatorio la cui violazione può assumere rilevanza solo nel caso in cui il candidato, avvertito con ritardo, non si presenti a sostenere la prova.
Se, invece, il candidato, pur avvertito con ritardo, sostenga le prove senza sollevare obiezioni e senza chiedere un rinvio, deve ritenersi che la comunicazione, sia pure ricevuta quando mancavano meno di venti giorni, abbia comunque raggiunto il suo scopo, con la conseguenza che la violazione del termine dilatorio non può più essere fatta valere.
Insomma, la partecipazione al concorso senza chiedere un differimento è idonea a dimostrare il raggiungimento dello scopo del termine di preavviso, ossia la ricezione della comunicazione in tempi utili per sostenere la prova orale (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 17 aprile 2009, n. 2315; Consiglio di Stato, sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 484; T.A.R. Toscana, sez. II, 19 giugno 2007, n. 877; T.A.R. Lazio, Sez. II, 10 settembre 2010, n. 32216; Consiglio di Stato, sez.
VI, 11 marzo 2008, n. 1023).
Nel caso di specie, il ricorrente si è regolarmente presentato a sostenere le prove scritte e ciò dimostra che la comunicazione del calendario delle stesse è stata effettuata in tempo utile a consentirgli la partecipazione, anche considerando che egli non ha né sollevato contestazioni sul punto, né chiesto un rinvio della prova.
Va, pertanto, ribadita l’infondatezza della censura in esame.
4) L’insussistenza dei profili di illegittimità dedotti dal ricorrente esclude la configurabilità della responsabilità risarcitoria dell’amministrazione, ai sensi dell’art. 2043 c.c., sicché anche la domanda di condanna al risarcimento del danno deve essere respinta.
5) In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto.
La natura delle questioni trattate consente di ravvisare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.
Compensa tra le parti le spese della lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Giordano, Presidente
[#OMISSIS#] Gatti, Primo Referendario
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)