Sussistenza della giurisdizione del Giudice amministrativo ai sensi del D.Lgs. n. 165/2001 che prevede l’assoggettamento al regime di pubblico impiego dei professori e ricercatori universitari.
TAR Puglia, Bari, Sez. I, 6 giugno 2019, n. 811
Professore a contratto-Giurisdizione
N. 00811/2019 REG.PROV.COLL.
N. 01243/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1243 del 2013, proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Bari, p.zza [#OMISSIS#], n.23;
contro
Università degli Studi di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Bari, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] n.1-Avv.Universita’;
per la declaratoria:
a) della sussistenza inter partes di un rapporto di lavoro in regime di subordinazione, quand’anche invalido, nel periodo compreso tra l’anno accademico 1993/1994 e l’anno accademico 1999/2000, nonché nel periodo compreso tra l’anno accademico 2008/2009 e l’anno accademico 2010/2011;
b) del conseguente diritto del ricorrente alla corresponsione, per i periodi di riferimento, delle differenze dovute a titolo di retribuzione, ferie, gratifica natalizia e/o tredicesima mensilità e trattamento di fine rapporto come garantiti per legge;
c) del diritto alla regolarizzazione della posizione contributivo-previdenziale garantita per legge;
d) in ogni [#OMISSIS#], del diritto del ricorrente alla corresponsione delle somme predette, nonché alla regolarizzazione della posizione previdenziale, anche per effetto dell’art. 2126 c.c., ovvero quantomeno sotto forma di risarcimento del danno; e) del correlato diritto del ricorrente alla maggiorazione degli importi de quibus con l’aggiunta degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, dalla data di maturazione del diritto al soddisfo;
f) il tutto previa, se del [#OMISSIS#], declaratoria di nullità dei contratti [#OMISSIS#] parte in cui violano i diritti del ricorrente, nonché annullamento e comunque disapplicazione degli atti preordinati, connessi e conseguenti illegittimamente adottati dall’Amministrazione, in quanto comunque lesivi dei diritti degli interessi del ricorrente, avendo la situazione giuridica tutelanda la consistenza del diritto soggettivo;
con la conseguente condanna dell’Università degli Studi di Bari [#OMISSIS#] Moro al pagamento in favore del ricorrente di tutte le somme dovute;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Universita’ degli Studi di Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 29 [#OMISSIS#] 2019 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espone in fatto il ricorrente, docente, all’epoca della proposizione del ricorso, di scuola secondaria di primo grado, di aver svolto attività didattica (c.d. “a contratto”) presso l’Università degli Studi di Bari nel periodo compreso tra l’anno accademico 1993/1994 e l’anno accademico 1999/2000; nonché nel periodo compreso tra l’anno accademico 2008/2009 e l’anno accademico 2010/2011.
Chiede, in via principale, previo accertamento, nei periodi di riferimento, della sussistenza di un rapporto subordinato di pubblico impiego tra esso ricorrente e l’Università degli Studi di Bari, la condanna della resistente a corrispondere le differenze dovute a titolo di retribuzione, ferie, gratifica natalizia e/o tredicesima mensilità e trattamento di fine rapporto come garantiti per legge, nonché a regolarizzare la posizione contributivo-previdenziale garantita per legge; il tutto eventualmente anche a titolo di risarcimento del danno.
Premessa la sussistenza della giurisdizione del [#OMISSIS#] amministrativo ai sensi del D.Lgs. n. 165/2001 che prevede l’assoggettamento al regime di pubblico impiego dei professori e ricercatori universitari, a sostegno del gravame il ricorrente ha dedotto che la sua attività non si sarebbe limitata a quella di “professore a contratto”, avendo svolto ulteriori attività integranti quelle tipiche del lavoro subordinato di fatto da qualificarsi di pubblico impiego, in quanto attività resa come soggetto organicamente inserito [#OMISSIS#] compagine universitaria.
Conseguentemente, avrebbe diritto alla corresponsione di una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato o, in subordine ed in via ulteriormente graduata a quanto espressamente specificato in epigrafe.
Si è costituita per resistere in giudizio l’Università degli Studi di Bari, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso e chiedendo il rigetto del gravame.
Con memoria depositata il 24.4.2019, ha, poi, sollevato eccezione di difetto di giurisdizione del [#OMISSIS#] adito, citando, a sostegno, il precedente di questo Tar n. 2087/2010.
All’udienza pubblica del 29.5.2019, la causa è stata chiamata e [#OMISSIS#] in decisione.
E’ fondata l’eccezione preliminare, aderendo il Collegio alle motivazioni già svolte nel precedente citato, rimasto inappellato, secondo cui si “deve rilevare che non è condivisibile la prospettazione di parte ricorrente ad avviso della quale la giurisdizione del [#OMISSIS#] amministrativo discenderebbe dalla espressa previsione di cui all’art. 3, comma 2 del D.Lgs. n. 165 del 2001 che prevede l’assoggettamento al regime di pubblico impiego dei professori e ricercatori universitari in quanto il rapporto instauratosi tra la Prof.ssa omissis e l’Università degli Studi di Bari non può qualificarsi un rapporto d’impiego di professore o ricercatore universitario.
Come sostenuto dall’Università degli Studi di Bari e come emerge dalla documentazione versata in atti dalla suddettaUniversità la Prof.ssa omissis per gli anni accademici riferiti a tutto il periodo per cui è causa, gennaio 1995 – dicembre 2007, a seguito di avvisi di vacanza di insegnamenti da parte della stessa Università aveva stipulato contratti di diritto privato a tempo determinato prima ai sensi e per gli effetti dell’art. 100, lettera d) del D.P.R. n. 382 del 1980, poi ai sensi dell’art. 40 dello Statuto dell’Università, normative concernenti i Professori a contratto.
Infatti l’art. 100 del D.P.R. n. 382 del 1980, recante Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica, nel prevedere i criteri per l’attribuzione degli insegnamenti, alla lettera d) dispone che ove non sia possibile provvedere, attraverso le modalità di cui alle lettere precedenti, all’attivazione degli insegnamenti necessari al funzionamento dei singoli anni di corso, si provvede mediante contratti di diritto privato a tempo determinato, secondo le modalità di cui al precedente art. 25 e previo [#OMISSIS#]-osta del Ministro della pubblica istruzione, art 25 che reca la disciplina dei Professori a contratto; in conformità all’art. 3 del D.M. 21 [#OMISSIS#] 1998, n. 242 (Regolamento recante norme per la disciplina dei professori a contratto) che alla lettera a) ha previsto la disapplicazione gli articoli 25 e 100, lettera d), del decreto del [#OMISSIS#] della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, alla data di entrata in vigore delle disposizioni emanate dall’ateneo ai sensi dell’articolo 2 che prevede che le università e gli istituti di istruzione universitaria statali, con proprie disposizioni, determinano criteri e modalità per la stipula dei relativi contratti, l’Università resistente ha poi applicato l’art. 40 del proprio Statuto.
Essendo pacifica l’applicazione nei confronti della ricorrente della normativa relativa ai professori a contratto il Collegio deve evidenziare che l’art. 25 del D.P.R. n. 382 del 1980, richiamato come detto dall’art. 100, applicato [#OMISSIS#] fattispecie oggetto di gravame dispone: “Le facoltà o scuole, d’intesa con i consigli di corso di laurea, determinano i corsi integrativi di quelli ufficiali da attivare nei corsi di laurea, in misura non superiore al [#OMISSIS#] degli insegnamenti ufficiali impartiti in ciascuna facoltà designando, con motivata deliberazione che sarà adottata sentiti i Consigli di istituto o di dipartimento, ove istituito, lo studioso ed esperto al quale affidare il corso integrativo, prefissandone altresì le prestazioni ed il compenso da corrispondere. Lo studioso od esperto può essere anche un dipendente dell’amministrazione dello Stato o di enti pubblici di ricerca ovvero un docente di Università estere, purché non insegni in Università italiane.”
L’art. 2, comma 3, del citato D.M. 21 [#OMISSIS#] 1998, n. 242 dispone espressamente che “I contratti di cui all’articolo 1 (contratti di diritto privato per l’insegnamento nei corsi di diploma universitario, di laurea e di specializzazione ovvero per lo svolgimento di attività didattiche integrative stipulati con studiosi od esperti anche di cittadinanza straniera di comprovata qualificazione professionale e scientifica, non dipendenti da università italiane, per sopperire a particolari e motivate esigenze didattiche delle università e degli istituti di istruzione universitaria statali, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti e nei limiti degli appositi stanziamenti di [#OMISSIS#]) sono stipulati dal rettore secondo le norme degli statuti e dei regolamenti delle università e degli istituti di istruzione universitaria statali; hanno durata annuale e sono rinnovabili per non più di sei anni. Non danno luogo a diritti in ordine all’accesso nei ruoli delle università e degli istituti di istruzione universitaria statali.”
Alla luce di quanto sopra il Collegio non può che ritenere che i contratti stipulati dalla ricorrente non si riferiscono ad un docente dipendente da Università (ricercatore, associato o ordinario), ma ad uno studioso-esperto della materia riguardante l’insegnamento di cui ai singoli bandi dell’Università per i quali la ricorrente ha di volta in volta fatto istanza, bandi volti al conseguimento di un contratto di attività didattica per personale non dipendente da Università, escludendo, quindi, in radice, ad avviso del Collegio la possibilità che i contratti di professori a contratto potessero essere fonte di un rapporto di pubblico impiego, prevedendo espressamente, tra l’altro, le specifiche mansioni che corrispondono a quelle svolte dalla ricorrente e conformi a quelle previste dalla tipologia del contratto.
Conseguentemente la presente controversia non è riconducibile a quelle relative ai rapporto di lavoro di cui all’art. 3 nel cui ambito rientrano, ai sensi del comma 2, anche i rapporti riferiti a professori e ricercatori universitari, lasciate dall’art. 63, comma 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001 al [#OMISSIS#] amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva ( cfr. Consiglio di stato, Sezione VI, n. 474/2009).
Conclusivamente ne deriva l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del [#OMISSIS#] amministrativo.”
La riproposizione della domanda è disciplinata dall’art.11 cpa.
Il Collegio, considerata la natura di mero rito della pronuncia, ritiene sussistenti giusti motivi per compensare integralmente le spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione, che declina, ex art. 11 cpa. in favore del [#OMISSIS#] ordinario.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 29 [#OMISSIS#] 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario
Pubblicato il 06/06/2019