TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 27 dicembre 2018, n. 2546

Università e Servizio Sanitario Nazionale-Attività assistenziale-Silenzio inadempimento

Data Documento: 2018-12-27
Area: Giurisprudenza
Massima

Elemento costitutivo dell’azione avverso il silenzio inadempimento amministrativo è la sussistenza di un obbligo giuridico di provvedere in capo all’Amministrazione. Tale obbligo di provvedere scaturisce dall’art. 2 della legge sul procedimento, il quale impone alla Pubblica amministrazione, in presenza di un’istanza di un soggetto qualificato, di concludere il procedimento “mediante l’adozione di un provvedimento espresso”, al fine, poi, di consentire al privato di adire la giurisdizione per far valere le proprie ragioni; tale obbligo presuppone, poi, che l’istanza del richiedente sia rivolta ad ottenere un provvedimento cui questi abbia un diretto interesse e che tale istanza non appaia palesemente irragionevole ovvero risulti all’evidenza infondata. Scopo del ricorso contro il silenzio è, in definitiva, quello di ottenere un provvedimento esplicito dell’Amministrazione, che elimini lo stato di inerzia ed assicuri al privato una decisione che investa la fondatezza o meno della sua pretesa, così da consentirgli, se del caso, di far ulteriormente valere in sede giurisdizionale le proprie ragioni (cfr. TAR Abruzzo, Pescara, Sez. I, 19 dicembre 2014, n. 532).

Contenuto sentenza

N. 02546/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00974/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 974 del 2018, proposto da: 
[#OMISSIS#] Vecchio, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Messina, via S. Agostino, 4; 
contro
Universita’ degli Studi Catania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliata in Catania, via Vecchia Ognina, 149; 
per la dichiarazione
di illegittimità del silenzio dell’Università degli Studi di Catania, serbato in relazione all’istanza del ricorrente inoltrata in data 28 dicembre 2017 e volta a conferire al Prof. Dott. Vecchio lo svolgimento dell’attività assistenziale di cui è stato privato e che ha sempre svolto, oggi necessaria e propedeutica per l’attività di docenza in “bioetica medica” di cui egli è titolare;
nonché
per il riconoscimento dell’attività assistenziale quale necessaria e propedeutica per l’attività di docenza in “bioetica medica” di cui egli è titolare e
per il risarcimento del danno ex art. 2 bis L. n. 241/1990 ed art. 30 c.p.a.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Universita’ degli Studi Catania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2018 la dott.ssa [#OMISSIS#] Stella [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Visto l’art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. Il Prof. Vecchio premette che dal 2002 al 2010 è stato Ricercatore confermato di Neurologia (Med/26), dapprima presso il Dipartimento di Neuroscienze e poi, dall’1 novembre 2010, al Dipartimento di Medicina Interna e Patologie Sistemiche presso l’Università degli Studi di Catania.
Dall’anno accademico 2005/2006 ha ottenuto il titolo di “Professore Aggregato” (ex L. n. 230/2005) presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia del medesimo Ateneo per gli insegnamenti di Neurologia e di Bioetica, per i corsi di laurea delle Professioni Sanitarie e, dal 2009, è titolare dell’insegnamento di “Evoluzione delle Conoscenze Mediche”, per il corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia.
Il ricorrente precisa che dal 1988 al 2006 ha sempre svolto attività assistenziale come Dirigente Medico, presso l’Unità Operativa Neurologia I del Policlinico Universitario di Catania e, dal 2006 al 2014, come Dirigente Medico presso l’Unità Operativa Neurologia II dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria- Policlinico di Catania nonché, come Dirigente Medico responsabile, presso l’ambulatorio di valutazione delle neurodisabilità dell’Unità Operativa di Medicina Interna, Dipartimento Assistenziale di Medicina Interna e Patologie Sistemiche, dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria- Policlinico-[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di Catania.
Nel corso dell’a.a. 2009/10 il Prof. Vecchio richiedeva all’Università di Catania di poter cambiare il proprio settore scientifico disciplinare di insegnamento da Neurologia (MED/26) a Storia della medicina e Bioetica (Med/02).
L’Università di Catania, con D.R. n. 3665/10, a decorrere dall’1 novembre 2010, approvava tale passaggio, per cui il ricorrente continuava a svolgere attività assistenziale in relazione al settore scientifico disciplinare, insegnamento di “Bioetica”.
Espone ancora il ricorrente che, con deliberazione del 31 luglio 2013, n. 355 (resa esecutiva con nota 8 gennaio 2014, prot. n. 808), l’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Policlinico [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Catania, preso atto del passaggio dell’istante al SSD MED/02, stabiliva di “considerare l’interessato escluso dall’esercizio della stessa”, e perciò di “sospendere (…) la corresponsione del trattamento economico aggiuntivo” e “provvedere – a far data dall’1 novembre 2010 – al recupero delle somme già corrisposte per l’esercizio dell’attività assistenziale”.
Per tale ragione, da quel momento, il ricorrente veniva privato delle funzioni assistenziali.
Il contenzioso che ne derivava vedeva la soccombenza del ricorrente per profili di [#OMISSIS#].
Il ricorrente in data 28 dicembre 2017 inoltrava a mezzo pec formale istanza all’Ateneo resistente, con la quale, dopo aver ricordato che egli insegna, oltre che Storia della medicina, anche Bioetica medica, il cui programma verte su argomenti esclusivamente clinici ed assistenziali, richiedeva all’Ateneo il conferimento dell’attività assistenziale.
In tale istanza si chiariva altresì che la mancanza di un’attività assistenziale continua limita significativamente l’attività didattica di docente e la compiuta formazione degli studenti.
Il ricorrente, dopo aver precisato che l’Università resistente non ha mai adottato un provvedimento espresso sull’istanza, essendo decorsi dunque i termini fissati dall’art. 2 della L.n. 241/1990 per la conclusione del procedimento, ha proposto il ricorso in epigrafe, volto a sanzionare l’illegittimità del silenzio dell’Amministrazione .
Il ricorrente precisa che il silenzio serbato sulla propria istanza non può essere giustificato dall’Amministrazione resistente con la definizione allo stesso sfavorevole dei precedenti giudizi (n. 1620/2015 RG, avanti questo T.A.R., e n. 921/2016 innanzi al C.G.A.) relativi alla cessazione delle funzioni assistenziali, in quanto temporalmente antecedenti rispetto alla predisposizione del nuovo corso di bioetica medica.
Il ricorrente, dopo aver dedotto che sussistono i presupposti di ammissibilità del [#OMISSIS#] previsto dall’art. 31 c.p.a., in presenza della titolarità in capo al soggetto instante di una posizione qualificata che legittima la richiesta e a fronte del decorso del termine di conclusione del procedimento, chiede anche una pronuncia di fondatezza della pretesa azionata, non sussistendo ulteriori margini di discrezionalità e non occorrendo esperire alcun particolare adempimento istruttorio da parte dell’Amministrazione.
Nel merito, il ricorrente deduce che la mancanza di un’attività assistenziale continua, basilare per il prosieguo della ricerca e l’approfondimento della disciplina, limita in maniera incidente l’attività didattica di docente e la compiuta formazione degli studenti e, in ogni caso, all’esito dell’inserimento della “Storia della medicina” nell’area 06 delle Scienze Mediche – macrosettore “Patologia generale e patologia clinica”, l’attività assistenziale deve essere garantita per una compiuta attività didattica.
La necessità di svolgere attività assistenziale è connessa con la circostanza che l’insegnamento di Bioetica medica verte, per gli studenti del corso di laurea magistrale di Medicina e Chirurgia, su argomenti esclusivamente clinici ed assistenziali.
Per insegnare tale materia è necessario il contatto con i pazienti e lo svolgimento dell’attività assistenziale nei confronti degli stessi.
L’Università degli studi di Catania, costituitasi in giudizio, il 13 novembre 2018 ha depositato il verbale del Consiglio di facoltà del 9.10.18 dal quale si evince che l’istanza del ricorrente è stata trasmessa all’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Policlinico-[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” la quale, nella sintesi, ha precisato che entrambi gli insegnamenti affidati al ricorrente hanno [#OMISSIS#] esclusivamente scientifica e didattico formativa, per cui non è prevista attività assistenziale, e comunque nella rete assistenziale regionale per l’Azienda non si alcuna previsione in tal senso.
Il ricorrente, a seguito di tale deposito, produce la decisione del Tar Lazio n. 9973/2018 nella quale viene chiarito che nei giudizi avverso il silenzio della P.A. il preavviso di rigetto non costituisce un provvedimento idoneo a manifestare in via definitiva la volontà provvedimentale dell’amministrazione; deduce che, peraltro, nel suo caso, tale preavviso manca del tutto, essendo stato prodotto in atti un mero atto endoprocedimentale che, in mancanza di un provvedimento conclusivo e formale reso dal Rettore, non interrompe i termini del silenzio.
Nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2018 le parti hanno insistito nelle rispettive deduzioni; quindi il ricorso è stato trattenuto in decisione.
II..Il ricorso è fondato, sussistendo l’obbligo dell’Amm.ne di provvedere espressamente sull’istanza mediante l’adozione di un motivato provvedimento finale.
In base all’art. 31 del codice del processo amministrativo, decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo, l’interessato può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di provvedere.
Come affermato dalla Giurisprudenza, elemento costitutivo dell’azione avverso il silenzio inadempimento amministrativo è la sussistenza di un obbligo giuridico di provvedere in capo all’Amministrazione. Tale obbligo di provvedere scaturisce dall’art. 2 della legge sul procedimento, il quale impone alla Pubblica amministrazione, in presenza di un’istanza di un soggetto qualificato, di concludere il procedimento “mediante l’adozione di un provvedimento espresso”, al fine, poi, di consentire al privato di adire la giurisdizione per far valere le proprie ragioni; tale obbligo presuppone, poi, che l’istanza del richiedente sia rivolta ad ottenere un provvedimento cui questi abbia un diretto interesse e che tale istanza non appaia palesemente irragionevole ovvero risulti all’evidenza infondata. Scopo del ricorso contro il silenzio è, in definitiva, quello di ottenere un provvedimento esplicito dell’Amministrazione, che elimini lo stato di inerzia ed assicuri al privato una decisione che investa la fondatezza o meno della sua pretesa, così da consentirgli, se del caso, di far ulteriormente valere in sede giurisdizionale le proprie ragioni (cfr. T.A.R. Abruzzo, sez. I Pescara, 19/12/2014, n.532).
Nella specie, l’Amministrazione intimata aveva l’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, dato il particolare rapporto che lega il ricorrente con l’Università.
III. Deve, invece, escludersi che il Collegio possa pronunciarsi sulla fondatezza dell’istanza, non ricorrendo l’ipotesi di cui al terzo comma dell’articolo 31 cpa, sotto l’assorbente profilo che sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’Amministrazione.
Tra l’altro, la Giurisprudenza ha avuto occasione di precisare che l’art. 6, comma 13 della l. n. 240 del 2010 ha stabilito che entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima, il Ministero, di concerto con il Ministero della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita la Conferenza dei presidi delle facoltà di medicina e chirurgia riguardo alle strutture cliniche e di ricerca traslazionale necessarie per la formazione nei corsi di laurea di area sanitaria di cui alla direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, avrebbe dovuto predisporre lo schema-tipo delle convenzioni al quale devono attenersi le Università e le Regioni per regolare i rapporti in materia di attività sanitarie svolte per conto del Servizio sanitario nazionale. Tale disposizione, tuttavia, non ha ancora trovato attuazione, sicché i suddetti profili risultano, allo stato, regolati dai protocolli sottoscritti dagli Atenei con le Regioni.
Come chiarito anche dalla Corte Costituzionale, l’attività di assistenza ospedaliera e quella didattico scientifica si pongono tra loro in un rapporto di vera e propria compenetrazione (Cort. Cost. 71/2001) e l’unico criterio emergente dalla disciplina di riferimento è che i protocolli di intesa, pur dovendo assicurare lo svolgimento della necessaria attività assistenziale, debbono farlo tenendo conto ed in coerenza con le esigenze della didattica e della ricerca (T.A.R. Campania, sez. II, 17/01/2018, n.370).
La decisione sulla richiesta del ricorrente risulta quindi connotata da evidenti esigenze istruttorie.
IV. Conclusivamente, l’Università dovrà provvedere espressamente sull’istanza e definire il procedimento mediante l’adozione di un motivato provvedimento finale, entro il termine di 30 giorni decorrenti dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza.
Il Collegio, in caso di infruttuoso decorso di tale termine, si riserva di nominare, in via sostitutiva, un Commissario ad acta, su istanza di parte ricorrente.
V. Quanto alla domanda risarcitoria, occorre ricordare che ai sensi dell’art.117 c.p.a. comma 6 “se l’azione di risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 30, comma 4, è proposta congiuntamente a quella di cui al presente articolo, il giudice può definire con il [#OMISSIS#] camerale l’azione avverso il silenzio e trattare con il [#OMISSIS#] ordinario la domanda risarcitoria”.
Il ricorso dev’essere quindi rimesso sul ruolo ordinario per l’esame della richiesta risarcitoria; in tale sede verranno altresì liquidate le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima), non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo accoglie e per l’effetto :
dichiara illegittimo il silenzio tenuto sull’istanza del ricorrente;
ordina all’Università degli studi di Catania intimata di pronunciarsi sull’istanza, entro il termine di giorni 30 dalla comunicazione in via amministrativa ovvero dalla notificazione a cura di parte della presente sentenza;
rimette la causa sul ruolo ordinario per l’esame della richiesta risarcitoria e la liquidazione delle spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Stella [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Sara Russo, Referendario
 Pubblicato il 27/12/2018