N. 00903/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00320/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 320 del 2019, proposto da:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli Avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio ex art. 25 c.p.a.;
contro
Università degli Studi Catania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, alla Via [#OMISSIS#] Ognina n. 149;
nei confronti
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
– dell’avviso di pubblicazione dell’elenco provvisorio relativo alla procedura di stabilizzazione, ex art. 20 D.lgs. n. 75/2017, del personale tecnico-amministrativo, prot. n. 158486 del 22.12.2017, [#OMISSIS#] parte in cui non contempla la ricorrente tra i soggetti aventi diritto alla stabilizzazione;
– del pedissequo avviso di pubblicazione elenco definitivo;
– della nota prot. n. 173839, del 14.12.2018, con la quale l’Università degli Studi di Catania, in riscontro all’istanza della ricorrente del 4.12.2018, ha ritenuto di non ammettere la ricorrente nell’elenco provvisorio impugnato, negando la possibilità di inserimento nell’elenco definitivo, in quanto titolare esclusivamente di contratti lavorativi di collaborazione coordinata e continuativa;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;
per la conseguente declaratoria del diritto della ricorrente all’inserimento nell’elenco provvisorio
della procedura di stabilizzazione al fine della presentazione della successiva domanda di valutazione dei titoli per l’inserimento nell’elenco definitivo;
nonché per la condanna
al risarcimento del danno derivante dalla esclusione dalla suddetta procedura di stabilizzazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi Catania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 27 marzo 2019 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
La ricorrente ha adito l’intestata Sezione chiedendo l’annullamento dei provvedimenti amministrativi, di cui meglio in epigrafe, a mezzo dei quali l’Università di Catania le ha negato, in sostanza, il diritto a partecipare ad una procedura di stabilizzazione del personale tecnico-amministrativo (prot. n. 158486 del 22.12.2017), indetta ai sensi dell’art. 20 D.lgs. n. 75/2017, pur avendo ivi lavorato quale funzionario nel settore amministrativo-gestionale dal 01.10.2011 al 12.12.2016 con contratti a tempo determinato di collaborazione coordinata e continuativa, a seguito di selezione pubblica indetta dalla stessa Università.
L’amministrazione resistente, infatti, la escludeva in ragione della erronea motivazione per cui non potevano essere computate, ai fini del requisito di tre anni previsto dalla citata legge, anche le prestazioni svolte sulla base di contratti a tempo determinato di collaborazione coordinata e continuativa (c.d. co.co.co.).
Deduceva quindi, in punto di diritto, i seguenti motivi di gravame:
– “Violazione e mancata applicazione dell’art. 20 comma 1, d.lgs. n. 75/2017, dell’art. 3 l. n. 241/90 e dell’art. 97 Cost.” atteso che il richiamato sistema normativo consentiva la stabilizzazione di tutte le tipologie contrattuali a tempo determinato, senza distinzione, purché stipulati all’esito di una procedura concorsuale;
– “Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto. Illogicità e ingiustizia manifesta”, atteso che l’interpretazione data alla suddetta normativa dall’amministrazione resistente risultava illogica considerato che la ricorrente non poteva così rientrare né [#OMISSIS#] stabilizzazione diretta di cui al comma 1, né in quella tramite riserva dei posti di cui al comma 2, ove è richiesto che i candidati non siano stati reclutati mediante concorso.
– “Violazione e mancata applicazione delle circolari n. 3/2017, n. 1/2018 del Ministero della semplificazione e la pubblica amministrazione. Violazione e mancata applicazione dell’art. 3 l. n. 241/90. Eccesso di potere per contraddittorietà” atteso che le richiamate circolari amministrative prevedevano espressamente, in merito al computo dei tre anni di servizio necessari per accedere alla procedura, che “gli anni utili da conteggiare ricomprendono tutti i rapporti di lavoro prestato direttamente con l’amministrazione, anche con diverse tipologie di contratto flessibile”, ossia anche i c.d. “co.co.co.”.
Si costituiva in giudizio l’amministrazione resistente deducendo, peraltro, l’infondatezza del ricorso.
All’udienza del 27.3.2019 la causa, come in verbale, veniva chiamata e trattenuta in decisione previo avviso alle parti di definizione mediante sentenza breve.
Il ricorso deve essere rigettato perché infondato.
In limine litis occorre tuttavia dare atto che la giurisdizione sulla presente controversia appartiene al [#OMISSIS#] amministrativo.
Si deve infatti considerare che la stabilizzazione dei precari è una procedura volta all’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha ribadito, infatti, quanto già affermato in precedenti pronunce ed ossia che: “La controversia in materia di stabilizzazione del personale precario di una pubblica amministrazione, concernendo gli atti di una procedura concorsuale finalizzata all’assunzione di alcuni lavoratori mediante il loro passaggio dallo stato di personale precario a quello di personale di ruolo, è devoluta alla giurisdizione del [#OMISSIS#] amministrativo” (Cassazione civile, sez. un., 13/12/2017, n. 29915); Ciò detto, quanto al merito della controversia il Collegio osserva in primo luogo che, secondo quanto sancito dall’art. 97, co. 4, Cost., [#OMISSIS#] impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge.
Come è agevole evincere dal tenore letterale della richiamata [#OMISSIS#] costituzionale, l’assunzione mediante espletamento di una procedura concorsuale costituisce la regola, mentre il reclutamento mediante modalità alternative rappresenta l’eccezione, ammissibile soltanto nei casi espressamente previsti dal legislatore. Di conseguenza, le disposizioni normative disciplinanti procedure di assunzione diverse dal concorso pubblico, in quanto costituenti eccezione alla citata regola generale, devono essere necessariamente interpretate in senso restrittivo, non essendo, né potendo essere, suscettibili di applicazione analogica onde non incorrere [#OMISSIS#] violazione del divieto di cui all’art. 14 disp. prel. c.c.
Con riguardo al [#OMISSIS#] in esame, la procedura di stabilizzazione dei lavoratori precari prevista dall’art. 20 comma 1 D.Lgs. n. 75/2017 rientra nell’ambito delle modalità di reclutamento alternative al concorso pubblico diretto e, dunque, la relativa disciplina deve essere interpretata in senso restrittivo quanto ai presupposti, ivi compreso il requisito di cui alla lettera a), ossia essere già “in servizio”.
Elemento quest’[#OMISSIS#] che viceversa [#OMISSIS#] in capo alla ricorrente atteso che i contratti allegati, in ragione della natura degli stessi, sono stati stipulati all’esito di una mera selezione per curricula senza integrare l’elemento della “presa di servizio”: è, infatti, proprio la natura dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa – ove il soggetto tenuto alla prestazione lavorativa non assume la posizione di lavoratore subordinato, prestando viceversa la propria professionalità in modo autonomo seppur coordinato – a consentire, a monte, una selezione della controparte contrattuale al di fuori dagli schemi concorsuali (in cui è invece richiesta l’esecuzione di almeno una prova scritta e una orale nonché la elaborazione di una graduatoria finale essendo il concorso una procedura comparativa [#OMISSIS#] ove centrale è il ruolo della motivazione del singolo rispetto [#OMISSIS#] altri candidati).
La circostanza che anche la tipologia del contratto di co.co.co sia a tempo determinato non [#OMISSIS#], infatti, la natura dello stesso, ossia di contratto di lavoro non subordinato, che proprio perché tale permette l’individuazione del prestatore a mezzo di procedura selettiva non concorsuale (ossia senza prove scritte e orali e senza graduatoria).
Il che è esattamente quanto avvenuto [#OMISSIS#] fattispecie tenuto conto, invero, che dal puntuale esame della documentazione prodotta dalla ricorrente è emerso che i contratti co.co.co. allegati sono stati dalla stessa stipulati, e in seguito prorogati e rinnovati, all’esito di una procedura selettiva non avente certamente natura concorsuale, non essendo state superate dalla candidata prove scritte e orali, né risultando la stessa inserita in una graduatoria finale.
Né può farsi riferimento, ai fini dell’accoglimento del ricorso, alle circolari amministrative richiamate dalla ricorrente (rectius, all’interpretazione delle circolari amministrative offerta dalla parte ricorrente) atteso che, in tal [#OMISSIS#], andrebbe in ogni [#OMISSIS#] operata una disapplicazione di qualsiasi fonte subordinata alla legge che per assurdo consenta, in via surrettizia, la stabilizzazione di un lavoratore in capo al quale manchi, viceversa, il requisito dell’essere stato selezionato mediante concorso pubblico comparativo.
Corretta, in definitiva, risulta la decisione operata dall’amministrazione resistente con il provvedimento impugnato (in particolare la nota n. 173839) [#OMISSIS#] parte in cui ha escluso la sussistenza in capo alla ricorrente del requisito di cui alla lettera a) (“risulti in servizio
con contratti a tempo determinato presso l’amministrazione che procede all’assunzione”) tenuto conto che nel pubblico impiego non può ontologicamente dirsi “in servizio” ( concetto che rinvia al fatto che le mansioni sono svolte con la caratteristica della subordinazione in quanto eseguite sotto la direzione di un datore di lavoro che ne controlla il corretto adempimento) colui che presta l’attività in modo autonomo, senza vincoli di alcun tipo se non la realizzazione di un determinato risultato finale, sulla base di un contratto stipulato all’esito di una procedura selettiva ma non concorsuale.
In definitiva, come anticipato, il ricorso deve pertanto essere respinto.
La particolarità della fattispecie consente comunque di disporre tra le parti la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta perché infondato.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 27 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Barone, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
Pubblicato il 17/04/2019