Nelle procedure concorsuali, la regola dell’anonimato degli elaborati scritti, benchè essenziale, non può essere intesa in modo assoluto e tassativo, tale da comportare l’invalidità delle prove ogni volta che sussista la mera possibilità di riconoscimento, perché, se così fosse, sarebbe materialmente impossibile svolgere concorsi con esami scritti, atteso che non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario riconosca la scrittura di un candidato, sebbene il relativo elaborato sia formalmente anonimo (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17 gennaio 2014, n. 202).
TAR Sicilia, Catania, Sez. II, 18 luglio 2014, n. 2044
Procedura di reclutamento Ricercatore-Commissione esaminatrice-Regola anonimato
N. 02044/2014 REG.PROV.COLL.
N. 03251/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3251 del 2008, proposto da: [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dall’avv. [#OMISSIS#] Genco, con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Santonocito in Catania, corso Italia, 226;
contro
Libera Università degli Studi Kore di Enna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. [#OMISSIS#] Pedullà e [#OMISSIS#] Gargano, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Catania, viale Regina Margherita, 2/D;
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria ex lege in via Vecchia Ognina, 149;
Commissione Giudicatrice Concorso, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;
nei confronti di
Vera Sciarrino, rappresentata e difesa dagli avv. [#OMISSIS#] Sciarrino e [#OMISSIS#] Mauceri, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Catania, via Conte [#OMISSIS#],9;
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Buscemi, elettivamente domiciliato presso [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Catania, via G. D’Annunzio N.37;
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Campione, [#OMISSIS#] Carabetta;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Buscemi, elettivamente domiciliato presso [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Catania, via G. D’Annunzio N.37;
per l’annullamento
– del decreto presidenziale n. 44 del 10 giugno 2008, con il quale sono stati approvati gli atti di della valutazione comparativa indetta con decreto n. 11 del 21 maggio 2007, e la d.ssa Vera Sciarrino è stata nominata vincitrice;
– dei verbali della commissione del 31 marzo 2008, 14 maggio 2008, 15 maggio 2008 16 maggio 2008, 17 maggio 2008;
– della relazione finale e di tutti gli atti connessi, presupposti e consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Libera Università degli Studi Kore di Enna, del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e della controinteressata Vera Sciarrino;
Visto l’atto di intervento proposto da [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 aprile 2014 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Barone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con bando pubblicato sulla GURI numero 46 del 12 giugno 2007, l’Università degli Studi della Sicilia centrale KORE di Enna ha indetto una procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di ricercatore universitario per il settore scientifico disciplinare IUS/01- diritto privato, che è stato assegnato, in esito allo svolgimento della relativa procedura concorsuale, alla dott.ssa Vera Sciarrino.
Con il ricorso in esame, la Dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], avendo partecipato alla predetta procedura, ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, chiedendone l’annullamento, per i seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 97 Cost. in relazione al principio di trasparenza dell’azione amministrativa; violazione di legge (art. 12 D.P.R. 487/1994, art. 4 D.P.R. 117/2000, art. 10 D.P.R. 686/1957); eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, in quanto la commissione si sarebbe limitata a predeterminare i criteri per l’attribuzione del punteggio, in conformità a quanto disposto dal D.P.R. 117/2000, ma non avrebbe stabilito il rapporto di prevalenza tra i titoli e le pubblicazioni e la valutazione delle prove scritte e orali, così come previsto dall’articolo 12 D.P.R. 487/1994;
2) eccesso di potere per disparità di trattamento e per ingiustizia manifesta in relazione all’omessa valutazione del diploma conseguito della ricorrente presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali “G. Scaduto” di Palermo;
3) violazione del principio d’imparzialità ed eccesso di potere per disparità di trattamento e per ingiustizia manifesta, in relazione alla scelta degli argomenti delle prove scritte vertenti su tematiche di cui la vincitrice si era occupata sin dal 1997;
4) violazione dell’art. 7 della legge 686/1957 in relazione all’apposizione di asseriti segni di riconoscimento sul primo elaborato predisposto dalla dott.ssa Sciarrino;
5) violazione dell’articolo 4 del D.P.R. 117/2000 ed eccesso di potere per disparità di trattamento, per contraddittorietà e per ingiustizia manifesta, in quanto la commissione avrebbe disatteso i criteri dalla stessa predeterminati, valutando negativamente gli elaborati eccessivamente sintetici, nonostante la medesima commissione avesse espressamente previsto tra i criteri di valutazione che “saranno, inoltre, considerati essenziali il rigore e la chiarezza di esposizione, la proprietà argomentativa e di sintesi”;
6) violazione del principio d’imparzialità ed eccesso di potere per disparità di trattamento e per ingiustizia manifesta, giacché la commissione, avendo espressamente previsto che le prove orali avrebbero riguardato anche le prove di esame, avrebbe doppiamente avvantaggiato la d.ssa Scarrino, la quale ha potuto discutere, in sede di esame orale, dello stesso argomento della prova scritta. Parte ricorrente contesta, inoltre, le modalità valutazione della prova orale, sostenendo che la commissione avrebbe preso in considerazione due monografie non ancora pubblicate;
7) eccesso di potere per difetto d’istruttoria, ingiustizia manifesta, illegittimità manifesta e sviamento, in relazione al tempo impiegato dalla commissione per la correzione degli elaborati e per lo svolgimento di altre incombenze concernenti la valutazione comparativa;
8) difetto di motivazione ed eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà, poiché la motivazione finale e l’individuazione della controinteressata quale vincitrice della procedura non sarebbe ricavabile dai precedenti giudizi espressi dai singoli commissari e dalla commissione.
Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, il Ministero intimato e l’Università degli Studi Kore. Si è costituita in giudizio anche la controinteressata dott.ssa Vera Sciarrino la quale – oltre a controdedurre su ogni censura articolata dalla ricorrente – ha eccepito la tardività del ricorso, sostenendo che alla data del 17 luglio 2008 la ricorrente fosse già conoscenza degli esiti della procedura.
Con atto notificato alla d.ssa Sciarrino in data 17 febbraio 2009 e all’Università degli Studi resistente in data 20 marzo 2009, è intervenuto ad adiuvandum il Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], il quale, in qualità di candidato alla medesima procedura di valutazione, ha formulato ulteriori censure avverso gli atti già impugnati dalla d.ssa [#OMISSIS#].
La controinteressata e l’Università resistente hanno insistito nelle rispettive difese depositato ulteriori memorie e alla pubblica udienza del 9 aprile 2014 il ricorso è stato posto in decisione, come da verbale.
DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e ciò esonera il collegio dall’esame dell’eccezione di tardività del ricorso formulata dalla controinteressata.
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente – richiamando la normativa contenuta nell’art. 12 del D.P.R. 487/1994 e nell’art. 10 del D.P.R. 685/1957 – ritiene che la commissione “oltre a stabilire i parametri di valutazione dei titoli, delle pubblicazioni e delle prove scritte ed orali avrebbe dovuto determinare, altresì, il rapporto tra i titoli e le pubblicazioni e la valutazione delle prove scritte e orali”. La censura infondata non è condivisibile poiché la commissione ha correttamente predeterminato i criteri di valutazione dei candidati (v. verbale n. 1 del 31 marzo 2008), in conformità all’art. 4 del D.P.R. 117/200, norma regolatrice della procedura, che elenca in ordine decrescente di rilevanza, i criteri ai quali le Commissioni devono riferirsi nell’esercizio della loro attività di valutazione, conferendo alle stesse la facoltà di specificarne il contenuto.
2. Il secondo motivo di ricorso (omessa valutazione del diploma conseguito perso la Scuola di specializzazione per le professioni legali) è smentito dalla produzione documentale depositata dalla medesima parte ricorrente e, in particolare, dall’allegato A)1 al verbale n. 2 del 14 maggio 2008, nel quale risulta espressamente menzionato il predetto diploma tra i titoli della ricorrente. Quanto, invece, all’asserita equipollenza tra detto diploma ed il titolo di dottorato di ricerca, va evidenziato come l’art. 8 della l. n. 398/1989, invocato dalla ricorrente, preveda espressamente che agli iscritti alle scuole di specializzazione che siano ammessi a frequentare un corso di dottorato di ricerca si applica la sospensione del corso degli studi sino alla cessazione della frequenza del corso di dottorato. Si tratta di una disposizione che si limita a vietare una doppia iscrizione, prevedendo una semplice sospensione del corso di specializzazione nelle more del dottorato, ma non reca alcuna equipollenza tra il diploma di scuola di specializzazione e il dottorato di ricerca.
In sostanza, in assenza di un qualche specifico referente normativo, non sembra che dalla mera alternatività delle frequenze sottese ad entrambi i titoli si possa, in via puramente ermenutica, inferire l’equipollenza dei titoli stessi ai fini per cui è causa.
3. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente formula censure di eccesso di potere per disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta, deducendo che le tracce individuate dalla commissione per lo svolgimento delle prove scritte avrebbero avvantaggiato la controinteressata, trattandosi di tematiche di cui la stessa si sarebbe occupata sin dal 1997. La doglianza è inammissibile atteso che nella scelta delle tracce per l’effettuazione delle prove scritte, le Commissioni giudicatrici esercitano discrezionalità tecnica, non sindacabile dal giudice amministrativo se non nel caso di errori obiettivamente riscontrabili o di manifesta illogicità/abnormità, non riscontrabili nel caso di specie. Comunque, risulta documentato in atti (v. verbale n. 3 del 15 maggio 2008) come lo svolgimento delle prove scritte sia stato preceduto da regolare sorteggio tra tre buste per ogni prova, contenenti tracce tra di loro eterogenea.
La regolarità formale del procedimento supera, quindi, ogni possibile soggettiva illazione prospettata in ricorso.
4. Nel quarto motivo di gravame, parte ricorrente contesta che la d.ssa Sciarrino avrebbe illegittimamente apposto sul primo elaborato due note a piè di pagina e ritiene che le stesse integrino evidenti segni di riconoscimento in violazione della regola dell’anonimato nelle procedure concorsuali. Sul punto la controinteressata si difende ampiamente (v. pagg. 23-25 della memoria del 7 marzo 2014) affermando che il proprio elaborato è stato redatto in unica copia (non avendo avuto il tempo di ricopiare “in bella”) e che le presunte note altro non sarebbero che delle parti di elaborato inserite successivamente durante la rilettura del testo e identificate da un numero al fine di poter individuare il punto di reinserimento nel testo.
Prima di esaminare il contenuto specifico della censura, è necessario premettere che la giurisprudenza amministrativa, con orientamento ormai consolidato, ritiene che nelle procedure concorsuali, la regola dell’anonimato degli elaborati scritti, benché essenziale, non può essere intesa in modo assoluto e tassativo, tale da comportare l’invalidità delle prove ogni volta che sussista la mera possibilità di riconoscimento, perché, se così fosse, sarebbe materialmente impossibile svolgere concorsi con esami scritti, atteso che non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario riconosca la scrittura di un candidato, sebbene il relativo elaborato sia formalmente anonimo; ne discende che la regola dell’anonimato deve essere intesa nel senso che l’elaborato non deve recare alcun segno che sia “in astratto” ed “oggettivamente” suscettibile di riconoscibilità e che il segno di riconoscimento sia utilizzato in modo intenzionale, da parte del candidato, al fine di rendere riconoscibile il proprio elaborato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2014 n. 202). Quanto alla prima delle due condizioni (l’idoneità del segno di riconoscimento), la giurisprudenza ha, inoltre precisato che “in sede di concorso a posti di pubblico impiego con esami scritti, al fine del rispetto della regola dell’anonimato, ciò che rileva non è tanto l’identificabilità dell’autore dell’elaborato attraverso un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l’astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione, e ciò ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la Commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l’autore dell’elaborato” (Cons. Stato, Sez. V, 11 gennaio 2013, n. 102; 16 febbraio 2010 n. 877 e 20 ottobre 2008, n. 5114; sez. IV, 20 settembre 2006, n. 5511). Quanto all’elemento della cd “intenzionalità”, è stato, invece, escluso che possa operare un automatismo tra astratta possibilità di riconoscimento e violazione della regola dell’anonimato, dovendo emergere elementi atti a provare in modo inequivoco l’intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il proprio elaborato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 1 aprile 2011, n. 2025).
Nella fattispecie in esame, le predette condizioni (idoneità e intenzionalità) non appaiono sussistenti, poiché – come evincibile dalla visione dell’elaborato della controinteressata, depositato agli atti di causa – le parti di testo ivi inserite costituiscono naturale prosecuzione dell’argomentazione del medesimo testo, con la funzione di rendere immediatamente percepibile la visione integrale delle varie frasi e di agevolarne la correzione da parte della stessa commissione, anche attraverso il collegamento numerico tra le due parti di testo. Si può, quindi, ragionevolmente escludere:
– che le integrazioni di testo inserite dalla controinteressata abbiano carattere oggettivamente anomalo nell’ambito di un elaborato che, si ripete, è stato consegnato in unica copia;
– che esse possano essere qualificate in termini di inequivoci segni di riconoscimento idonei a violare il principio dell’anonimato delle prove scritte.
Il quarto motivo di ricorso è, pertanto, da ritenersi infondato.
5. Con il quinto motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che la commissione (che aveva individuato tra i criteri di valutazione quello della “sintesi”), avrebbe sostanzialmente disatteso detto criterio attribuendo alla “sinteticità” degli elaborati della stessa ricorrente una connotazione negativa.
Va premesso, in punto di fatto, che la commissione, in sede di predisposizione dei criteri per la valutazione delle prove scritte, aveva previsto che: “(…) si terrà conto, in sede di valutazione, dell’aderenza dell’elaborato alla traccia; della completezza descrittiva; saranno inoltre considerati essenziali il rigore e la chiarezza di esposizione, la capacità argomentativa e di sintesi”.
A fronte di detto criterio, la commissione ha valutato le prove scritte della ricorrente nei termini seguenti: “il tema è svolto in ma puntuale e dimostra una buona conoscenza della materia”; “il commento, PUR SE SINTETICO, mostra sufficiente conoscenza della problematica trattata”; “il commento alla sentenza è svolto in MODO SINTETICO, ma nel complesso più che sufficiente” .
Ora è evidente come il criterio “capacità di sintesi” predeterminato dalla commissione si riferisce alla tecnica redazionale di ricomposizione, in modo unitario, delle diverse tematiche sottese ad un argomento di carattere generale, mentre l’aggettivo “sintetico” utilizzata dalla commissione nella valutazione degli elaborati della controinteressata sembra qualificare il contenuto, piuttosto che le modalità di redazione, come, peraltro, chiaramente evincibile dal complessivo giudizio “più che sufficiente” attribuito dalla commissione alla seconda prova scritta. Tale circostanza esclude in radice ogni possibile distorto utilizzo dei criteri predeterminati da parte della commissione e determina l’infondatezza del motivo di ricorso.
6. Nel sesto motivo di ricorso parte ricorrente contesta che nello svolgimento della prova orale (vertente sulla “materia cui si riferisce la valutazione comparativa, con riferimento alle prove di esame l’eventuale pubblicazioni presentate al settore di ricerca”), la controinteressata sarebbe stata avvantaggiata dall’esposizione del medesimo argomento oggetto della prova scritta (che – come già denunciato dalla parte ricorrente nel terzo motivo di ricorso – sarebbe stata artatamente indirizzata verso tematiche di conoscenza della controinteressata).
La censura, è inammissibile dato che concerne i criteri di valutazione predeterminati dalla commissione, avverso i quali parte ricorrente non ha formulato alcuna specifica censura; essa è, in ogni caso, infondata, per le medesime ragioni esposte in motivazione sub par. 3.
Sono, infine, destituite di fondamento le argomentazioni con le quali parte ricorrente – sostituendo la propria personale interpretazione al giudizio espresso dai singoli commissari e dalla commissione nella valutazione della prova orale della controinteressata – ritiene che i richiami alla “prospettiva di ricerca intrapresa in tema di atti di attribuzione patrimoniale astrazione causale”, alle “prospettive di prosecuzione del lavoro scientifico” e all’attività di ricerca che “continua a svolgersi”, farebbero riferimento ad alcune monografie non ancora pubblicate. Sul punto è sufficiente limitarsi a rilevare come il giudizio in questione si riferisca esclusivamente alla prova orale, mentre gli unici lavori scientifici valutati dalla commissione sono quelli riportati nell’allegato A del verbale n. 2 (tra i quali non rientrano le pubblicazioni contestata dalla parte ricorrente).
7. Nel settimo motivo di ricorso, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’operato della commissione sotto il profilo dell’esiguità dei tempi impiegati per la correzione che ritiene insufficienti per una ponderata correzione. A tale riguardo, il collegio rileva che, in assenza di predeterminazione dei tempi da dedicare alla correzione, è insindacabile la durata delle operazioni di valutazione delle prove concorsuali da parte della Commissione di concorso; rileva, inoltre, che non è stato specificato quali candidati abbiano subito minore o maggiore attenzione da parte della Commissione atteso che i tempi sono stati calcolati dalla ricorrente in base ad un computo presuntivo dato dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o degli elaborati esaminati, senza comunque valutare che il tempo necessario è da rapportarsi anche alla natura ed al contenuto degli elaborati da correggere; in questi casi, pertanto, non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio espresso nei confronti della controinteressata (cfr, ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 11 dicembre 2013, n. 5947; sez. III, 14 settembre 2011, n. 5122). La censura è pertanto infondata.
8. È infondato, infine, l’ottavo motivo di ricorso, nel quale la ricorrente contesta un complessivo deficit motivazionale del giudizio finale con il quale la commissione ha individuato la d.ssa Sciarrino quale vincitrice della procedura in questione. Sul punto, la giurisprudenza afferma che l’art. 4, comma 13°, del D.P.R. n. 117/2000 (secondo cui “Al termine dei lavori la commissione previa valutazione comparativa, con deliberazione assunta a maggioranza dei componenti, indica i vincitori nelle valutazioni comparative per ricercatore e individua inequivocabilmente i nominativi di non più di due idonei nelle valutazioni comparative per professore associato e per professore ordinario”), vada inteso nel senso che la scelta finale del vincitore deve avvenire attraverso la deliberazione assunta a maggioranza dei componenti (e, quindi, all’esito numerico della loro votazione), senza necessità di alcuna ulteriore motivazione, dovendosi tener conto che: la motivazione della scelta è integralmente ricavabile dai precedenti giudizi su ciascun partecipante alla procedura, confluiti poi nei giudizi complessivi della commissione esaminatrice (Cons. Stato sez. VI, 15 novembre 2011, n. 6030 e 9 ottobre 2007 n. 5302); la procedura si conclude, quindi, con la scelta del vincitore sulla base di giudizi complessivi di comparazione di ciascun candidato, che deve essere coerente con i giudizi collegiali formulati nel corso della procedura (Cons. Stato, sez. VI, 6 luglio 2010 n. 4300 e 17 luglio 2008 n. 3606).
Avuto riguardo al caso concreto, il Collegio ritiene che l’individuazione della vincitrice sia avvenuta in conformità alla norma sopra richiamata, attesa l’evidente coerenza tra il voto finale (espresso, peraltro, all’unanimità), i giudizi individuali e il giudizio complessivo ( v. verbale n 7 del 17 maggio 2008 con allegatiD1-D2-D3-D4-D5). Pertanto, anche l’ultimo motivo di ricorso è infondato.
9. Deve essere, invece, dichiarato inammissibile l’intervento ad adiuvandum proposto dal dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in linea con la consolidata giurisprudenza amministrativa che ritiene necessaria – ai fini della legittimazione all’intervento adesivo dipendente – l’alterità dell’interesse vantato dall’interventore rispetto a quello che legittimerebbe alla proposizione del ricorso in via principale (Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 2009 n. 7249). Nella fattispecie in esame invece il Dott. [#OMISSIS#] (anch’egli candidato alla procedura concorsuale) non fa valere un mero interesse di fatto, bensì un interesse personale all’impugnazione di provvedimenti immediatamente lesivi, che era legittimato a proporre solo mediante proposizione di ricorso principale nei prescritti termini decadenziali (Cons. Stato, sez. IV, 4 febbraio 2013, n. 648 e sez. V, 8 marzo 2011 n. 1445).
10. In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto; l’atto di intervento proposto dal Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] è, invece, inammissibile.
11. In considerazione della natura della controversia e della natura tecnico-discrezionale delle valutazioni contestate, le spese possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) respinge il ricorso indicato in epigrafe; dichiara inammissibile l’atto di intervento.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Barone, Consigliere, Estensore
Gustavo Giovanni [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)