L’attività di predeterminazione dei criteri di valutazione (al pari di quella di ripartizione dei punteggi all’interno delle varie voci che li compongono) è espressione dell’ampia discrezionalità amministrativa di cui sono fornite le commissioni esaminatrici per lo svolgimento della propria funzione, con la conseguenza che le relative scelte non sono assoggettabili al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti (per tutte Consiglio di Stato, Sez. III, 29 marzo 2019, n. 2091).
TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, 11 febbraio 2020, n. 329
Procedura concorsuale per copertura posto Professore associato-Commissione esaminatrice-Predeterminazione criteri
N. 00329/2020 REG.PROV.COLL.
N. 03018/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3018 del 2017, proposto da [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dal professor avvocato Franco [#OMISSIS#] Scoca e dall’avv. [#OMISSIS#] Degni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Palermo, via Maggiore [#OMISSIS#], n. 2;
contro
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Commissione giudicatrice della procedura selettiva indetta con decreto del rettore n.1362 del 2017 e Università degli studi di Palermo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via [#OMISSIS#] Villareale, n. 6, sono domiciliati per legge;
nei confronti
– [#OMISSIS#] Cavarzese, [#OMISSIS#] Lirosi e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Naymo non costituiti in giudizio;
– [#OMISSIS#] Foti, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Palatucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Palermo, via Agrigento, n. 34;
per l’annullamento
– del decreto del Rettore dell’Università degli studi di Palermo del 17 ottobre 2017 n. 2805 con cui la dr.ssa [#OMISSIS#] Foti è stata dichiarata vincitrice della procedura selettiva per la copertura di n. 1 posto di ricercatore universitario a tempo determinato (tipo B) presso il Dipartimento di scienze politiche e delle relazioni internazionali;
– di tutti gli atti della suddetta procedura e, in particolare, del decreto del Rettore n. 4670 del 21 dicembre 2016 con cui sono state indette “le procedure selettive per titoli e colloqui, finalizzate all’assunzione di n. 18 ricercatori a tempo determinato della tipologia contrattuale B” tra cui, relativamente al Dipartimento di scienze politiche e relazioni internazionali, un posto per il settore concorsuale 11/A2 – storia moderna – settore scientifico – disciplinare M-STO/02 – storia moderna;
– del decreto del Rettore n. 1362 del 21 aprile 2017 di nomina della commissione;
– del verbale n. 1 del 21 luglio 2017 recante i “criteri di valutazione”, dei successivi verbali della Commissione recanti i giudizi, della relazione finale;
– ove occorrer possa, del decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca n. 243 del 25 maggio 2011, nella parte in cui prevede il dottorato di ricerca tra i requisiti di ammissione e tra i titoli valutabili;
– di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, ancorché allo stato non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio, i documenti e la memoria del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, della Commissione giudicatrice della procedura selettiva indetta con decreto del rettore n. 1362 del 2017 e dell’Università degli studi di Palermo;
Visti l’atto di costituzione in giudizio, la memoria e il ricorso incidentale della signora [#OMISSIS#] Foti;
Vista la memoria della ricorrente;
Vista l’ordinanza cautelare n. 258 del 27 marzo 2018;
Vista l’ordinanza collegiale istruttoria n. 2754 del 27 dicembre 2018, eseguita il 5 febbraio 2019;
Viste le memorie delle parti;
Relatore, nell’udienza pubblica del 10 dicembre 2019, il consigliere Aurora Lento e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato.
FATTO
Con ricorso, notificato il 15 dicembre 2017 e depositato il giorno 22 successivo, la signor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] esponeva di avere partecipato alla procedura selettiva, per titoli e colloquio, indetta, con decreto del Rettore dell’Università degli studi di Palermo n. 4670 del 21 dicembre 2016, per l’assunzione di un ricercatore a tempo determinato, ex art. 24, comma 3, della l. n. 240 del 2010, tipologia B, con riferimento al settore concorsuale 11/A2, settore scientifico disciplinare M – STO/02 “Storia moderna” presso il Dipartimento di scienze politiche e relazioni internazionali.
A conclusione delle operazioni di valutazione dei titoli e del colloquio le erano stati attribuiti 781 punti, mentre ne erano stati riconosciuti 842 alla signora [#OMISSIS#] Foti, la quale, con decreto del Rettore n. 2085 del 17 ottobre 2017, era stata nominata vincitrice; si era, pertanto, collocata al terzo posto della graduatoria preceduta dalla vincitrice e dal signor [#OMISSIS#] Cavarzere.
Esposti i fatti, ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, del decreto del Rettore n. 2085 del 2017 e degli ulteriori atti impugnati per i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione: dell’art. 24, comma 2, lettera c), della l. n. 240 del 30 dicembre 2010; dell’art. 2 del d.M. n. 243 del 25 maggio 2011; dell’art. 7 del regolamento; dell’art. 8 del bando. Eccesso di potere sotto i profili: del difetto d’istruttoria e della perplessità della motivazione, in quanto la Commissione avrebbe dovuto riparametrare i punteggi in relazione alle singole voci di valutazione dei titoli; dell’illogicità e dell’irragionevolezza dei criteri assunti dalla Commissione nel calcolo dei punteggi massimi per la valutazione dei titoli; del travisamento di fatti, in quanto la Commissione avrebbe errato nel calcolo dei punteggi delle voci di valutazione dei titoli; dell’arbitrarietà della motivazione; dell’ingiustizia manifesta.
Avrebbe dovuto essere riparametrato il punteggio massimo conseguibile relativamente ai titoli, facendo riferimento alle singole categorie in cui erano suddivisi, al fine di mantenere un adeguato rapporto di proporzionalità; i criteri di valutazione dei titoli sarebbero illogici sotto vari profili; sarebbero stati commessi errori nell’attribuzione dei punteggi.
2) Violazione e falsa applicazione: dell’art. 24, comma 2, lettera c) della l. n. 240 del 30 dicembre 2010; dell’art. 3 del d.M. n. 243 del 25 maggio 2011; dell’art. 7 del regolamento; dell’art. 9 del bando. Eccesso di potere sotto i profili: del difetto d’istruttoria; della carenza della motivazione; del travisamento di fatti, in quanto la Commissione avrebbe espresso giudizi sulle pubblicazioni non corrispondenti al contenuto delle stesse; dell’ingiustizia manifesta.
La previsione dell’attribuzione del punteggio alle pubblicazioni sulla base della valutazione della “rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica” sarebbe illegittima, in quanto avrebbe inserito margini di opinabilità in un parametro di carattere oggettivo.
Si sarebbe illegittimamente ritenuto che alcune pubblicazioni della ricorrente ruotavano “attorno allo stesso nucleo tematico”.
Per l’Università degli studi di Palermo si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato che ha depositato vari documenti.
Si è costituita in giudizio anche la signora [#OMISSIS#] Foti, controinteressata, che ha proposto ricorso incidentale, notificato e depositato il 5 febbraio 2018, con cui ha chiesto l’annullamento degli atti di ammissione alla procedura della ricorrente, nonché di quelli di valutazione dei titoli dalla stessa presentati, per il seguente unico motivo: “Violazione e falsa applicazione: dell’art. 24, comma 2, lettera b), della l. n. 240 del 2010; dell’art. 2, comma 1, del bando; dei principi costituzionali di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e buon andamento (art. 97 Cost.). Eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità”.
Ha successivamente depositato una memoria con cui ha, eccepito preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per omessa dimostrazione del superamento della prova di resistenza, nonché del primo motivo per genericità, ne ha chiesto comunque il rigetto, poiché infondato, vinte le spese.
La ricorrente, frattanto costituitasi con un nuovo procuratore, ha depositato una memoria di replica con cui ha, tra l’altro, rappresentato che il superamento della prova di resistenza conseguiva alla richiesta riparametrazione del punteggio in relazione alle singole categorie di titoli valutabili.
La controinteressata ha depositato una memoria con cui ha eccepito l’inammissibilità della censura riferita all’omessa riparametrazione dei punteggi per i titoli, in quanto articolata per la prima volta nella memoria difensiva; ha, comunque, insistito nelle proprie domande.
Con ordinanza n. 258 del 27 marzo 2018, è stata accolta l’istanza cautelare ai fini della fissazione del merito.
In vista dell’udienza l’Università degli studi di Palermo ha depositato una memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, vinte le spese.
Anche la ricorrente ha depositato una memoria con cui ha insistito nelle proprie domande e ha precisato che la censura, avente ad oggetto l’omessa riparametrazione dei punteggi relativi ai titoli, era contenuta già nel ricorso introduttivo.
Infine, la controinteressata ha depositato una memoria con cui ha preliminarmente eccepito l’incompetenza territoriale del TAR Palermo, in quanto era stato impugnato anche il decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca n. 243 del 25 maggio 2011, la cui cognizione era riservata al TAR Lazio sede di Roma, non assumendo alcun rilievo la successiva rinuncia all’impugnazione.
Con ordinanza n. 2754 del 27 dicembre 2018, sono stati disposti incombenti istruttori, che sono stati eseguiti dall’Università degli studi di Palermo il 5 febbraio 2019.
Sia la ricorrente, che la controinteressata hanno depositato ulteriori memorie con cui hanno insistito nelle loro domande.
Alla pubblica udienza del 10 dicembre 2019, su conforme richiesta dei difensori delle parti presenti come da verbale, il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso introduttivo, che ha ad oggetto una procedura selettiva per il reclutamento di un ricercatore a tempo determinato, pur ampiamente articolato non può essere accolto; cosicchè, per economia di mezzi processuali, può prescindersi dall’esame del ricorso incidentale.
Prima di procedere all’illustrazione delle ragioni a sostegno di tale decisione, va esaminata l’eccezione d’incompetenza territoriale sollevata dalla controinteressata, la quale assume che, essendo stato impugnato anche il decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca n. 243 del 25 maggio 2011, la cognizione della causa spetterebbe alla sede di Roma del TAR Lazio.
L’eccezione è infondata, in quanto la ricorrente (con dichiarazione resa a verbale nel corso dell’adunanza camerale del 22 marzo 2018) ha espressamente rinunciato all’impugnazione di tale atto.
Né può condividersi l’affermazione della controinteressata secondo cui tale rinuncia sarebbe irrilevante, in quanto la competenza dovrebbe determinarsi con riferimento alla situazione processuale esistente al momento della proposizione del ricorso e, pertanto, agli atti oggetto dello stesso.
L’oggetto dell’impugnativa rientra, infatti, nella piena disponibilità della parte, che ben può variarlo nel corso del giudizio (sulla piena facoltà della parte di rinunciare ad uno o più capi della domanda ex art. 184 c.p.c., cfr., tra le tante, Corte di Cassazione, Sez. III, sent. n. 21848/2013; Cons. di Stato Sez. III, sent. n. 5014/2018). Pertanto, è con riferimento agli atti impugnati, come individuati al momento della decisione e, pertanto, al netto di eventuali rinunce, che va individuato il giudice competente.
Vertendo il giudizio in esame esclusivamente su atti adottati dall’Università degli studi di Palermo, la competenza è di questo TAR.
2. Sempre in via preliminare va esaminata l’eccezione d’inammissibilità per carenza d’interesse, conseguente al mancato superamento della prova di resistenza, sollevata sempre dalla controinteressata, che è fondata solo per alcune delle censure dedotte e non per il ricorso nella sua globalità.
Invero, costituisce jus receptum il principio secondo cui il candidato, che impugna i risultati di una procedura concorsuale, ha l’onere di dimostrare il suo interesse, attuale e concreto, a contestarla, non potendo egli far valere, quale defensor legitimitatis, un astratto interesse dell’ordinamento a una corretta formulazione della graduatoria, se non comporta per lui alcun apprezzabile risultato concreto (per tutte, Consiglio di Stato, III, 27 aprile 2018, n. 2569).
Come chiarito nelle proprie memorie, la ricorrente riuscirebbe a ottenere un risultato utile qualora venisse riconosciuta la fondatezza del primo profilo del primo motivo, con cui ha contestato l’omessa riparametrazione dei punteggi relativi alle varie tipologie di titoli.
Rispetto a tale censura sussiste, pertanto, l’interesse al ricorso, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla controinteressata, la ricorrente ha ottenuto un punteggio superiore a quello massimo attribuibile con riferimento al criterio “c”, avente ad oggetto la documentata attività di formazione o di ricerca presso qualificati istituti italiani o stranieri.
Ha, in particolare, conseguito 210 punti, ma gliene sono stati concretamente riconosciuti “solo” 40 (il massimo consentito per effetto dei contestati criteri).
3. Prima di procedere all’esame della doglianza in questione, va, però, esaminata l’eccezione d’inammissibilità sollevata dalla controinteressata, la quale sostiene che si tratti di motivo dedotto per la prima volta e, pertanto, tardivamente con la memoria depositata in vista della trattazione dell’istanza cautelare.
L’eccezione è infondata.
A pagina 7 del ricorso si era, infatti, già operato un chiaro riferimento all’omessa riparametrazione del punteggio in relazione alle singole categorie di titoli valutabili; con le successive memorie la doglianza è stata solo meglio esplicitata.
4. Tutto ciò posto in punto di [#OMISSIS#], va esaminato, nel merito, il primo motivo (che, contrariamente a quanto eccepito dalla controinteressata, non è generico), con cui si deduce: sotto un primo profilo, che avrebbe dovuto essere riparametrato il punteggio massimo conseguibile relativamente ai titoli, facendo riferimento alle singole categorie in cui erano suddivisi, al fine di mantenere un adeguato rapporto di proporzionalità; sotto un secondo profilo, che alcuni dei criteri di valutazione dei titoli sarebbero illogici; sotto un terzo profilo, che sarebbero stati commessi errori nell’attribuzione dei punteggi.
4.1 In merito al primo profilo, va richiamato l’incontroverso orientamento giurisprudenziale secondo cui l’attività di predeterminazione dei criteri di valutazione (al pari di quella di ripartizione dei punteggi all’interno delle varie voci che li compongono) è espressione dell’ampia discrezionalità amministrativa di cui sono fornite le commissioni esaminatrici per lo svolgimento della propria funzione, con la conseguenza che le relative scelte non sono assoggettabili al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti (per tutte Consiglio di Stato, III, 29 marzo 2019, n. 2091).
Nella fattispecie in esame la valutazione dei titoli è avvenuta sulla base di criteri predeterminati, i quali sono stati fissati dalla Commissione tenendo conto del disposto dell’art. 7, comma 5, e dell’art. 9, comma 1, del Regolamento per il reclutamento dei ricercatori a tempo determinato, approvato con decreto del Rettore n. 1297 del 2016.
Tali norme prevedono, in particolare, che la Commissione è tenuta a riservare alle pubblicazioni non meno del 70% del punteggio massimo; conseguentemente non poteva attribuirsi più del 30 % del punteggio ai titoli.
In applicazione di tale disposizione, la Commissione ha stabilito di attribuire massimo 200 punti ai titoli e 900 alle pubblicazioni; per la valutazione dei primi è stata poi fissata una griglia articolata di criteri, tra cui i seguenti:
a) dottorato di ricerca;
b) eventuale attività didattica a livello universitario;
c) documentata attività di formazione o di ricerca;
f) organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca nazionale e internazionale o partecipazione agli stessi;
h) ruolo di relatore a congressi e convegni nazionali e internazionali per attività di ricerca;
i) premi e riconoscimenti nazionali e internazionali per attività di ricerca.
Secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe dovuto riparametrare il punteggio attribuito ai titoli in relazione ai singoli criteri di valutazione; non avendo compiuto tale operazione, tutti i candidati, pur avendo situazioni differenti, hanno ottenuto il massimo punteggio relativamente alla voce titoli sub c), ovverosia “Documentata attività di formazione e ricerca presso qualificati istituti italiani o stranieri”, con conseguente ingiusto appiattimento delle rispettive posizioni.
Per tale voce la ricorrente, come detto, pur avendo ottenuto 210 punti, ha conseguito il punteggio massimo previsto di 40.
Orbene, in disparte la circostanza che il secondo graduato aveva ottenuto ben 260 punti, cosicchè, verosimilmente, la riparametrazione richiesta non comporterebbe, comunque, la vincita della selezione da parte della ricorrente (terza graduata), va ribadito che la norma regolativa dell’attribuzione dei punteggi non consentiva di attribuire più del 30 % ai titoli e comunque imponeva di tenere conto della sussistenza di vari elementi da valutare nell’ambito della concreta valutazione dei vari titoli presentati dai candidati e sussumibili in questa categoria.
La Commissione si è, pertanto, ragionevolmente determinata nel senso di attribuire un punteggio massimo a ciascun titolo al fine di garantire che il vincitore avesse maturato esperienze differenti e non di un solo tipo.
Non appare, infatti, illogico il perseguimento dell’obiettivo di reclutare soggetti che abbiano maturato titoli non solo in attività di formazione e ricerca, ma anche in attività didattica universitaria, partecipazione a gruppi di ricerca, relazioni, premi.
Deve, pertanto, concludersi nel senso dell’infondatezza della censura senza che a diversa conclusione possa giungersi sulla base del richiamo fatto alla sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n. 353 del 19 gennaio 2018.
Va, sotto tale profilo, rilevato che la ricorrente ha ragione nell’evidenziare che il Consiglio di Stato ha affermato che l’appiattimento dei punteggi relativi ai titoli sulla soglia massima prefissata finisce con lo sterilizzare il parametro di valutazione.
L’affermazione va, però, com’è logico, rapportata alla fattispecie oggetto della controversia, che non è sovrapponibile a quella in esame.
Il Consiglio di Stato ha, infatti, esaminato una tipologia selettiva completamente diversa e, in particolare, una progressione verticale nell’ambito della quale l’unico parametro legato alla qualità era quello riferito ai titoli, cosicchè la fissazione di un tetto massimo aveva comportato che l’esito della selezione era stato ancorato esclusivamente all’anzianità, che avrebbe dovuto essere, invece, un criterio di valutazione sussidiario.
Si trattava, in altri e più semplici termini, di una selezione che avrebbe dovuto premiare i più meritevoli e, invece, aveva avvantaggiato i soggetti con maggiore anzianità di servizio.
Ad analoga o simile conclusione non sembra possa ragionevolmente pervenirsi nella fattispecie per cui è causa.
4.2 Relativamente al secondo e al terzo profilo, aventi ad oggetto l’illogicità di taluni criteri di valutazione e l’erronea attribuzione dei punteggi, ci si può limitare a rilevare – così accogliendo l’eccezione della controinteressata -, che non è stata fornita prova del superamento della prova di resistenza.
Va, sotto tale profilo, in particolare, richiamata la pagina 13 del ricorso in cui la stessa ricorrente afferma che la riconosciuta fondatezza delle censure riferite alla valutazione dei titoli comporterebbe un incremento massimo di 45 punti, che non è, però, sufficiente a colmare il divario di 61 punti intercorrente con la prima graduata.
Ne deriva che il primo motivo è infondato relativamente al primo profilo ed è, altresì, inammissibile con riferimento al secondo e al terzo.
5. Può, procedersi, ora, all’esame del secondo motivo, con il quale, relativamente alle pubblicazioni, si deduce: sotto un primo profilo, che la previsione dell’attribuzione del punteggio alle pubblicazioni sulla base della valutazione della “rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica” sarebbe illegittima, in quanto avrebbe inserito margini di opinabilità in un parametro di carattere oggettivo; sotto un secondo profilo, che si sarebbe illegittimamente ritenuto che alcune pubblicazioni della ricorrente fossero ruotavano “attorno allo stesso nucleo tematico”.
5.1 Invero, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, le valutazioni della commissione nell’ambito di una procedura selettiva indetta da un’Università costituiscono espressione di discrezionalità tecnica o meglio costituiscono valutazioni tecniche, che sono sindacabili dal giudice amministrativo esclusivamente sotto il profilo della ragionevolezza, dell’adeguatezza, della proporzionalità e in relazione all’aspetto più strettamente tecnico (per tutte, con richiami, Consiglio di Stato, VI, 18 maggio 2018, n. 3013).
Precisato che, relativamente alle pubblicazioni, la controinteressata Dott.ssa Foti ha ottenuto un punteggio di 592 e la ricorrente di 581, la lieve differenza di valutazione dimostra che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non vi è un rapporto di stretta interdipendenza tra la rilevanza scientifica della collocazione editoriale e la sua diffusione all’interno della comunità scientifica. Di conseguenza, non appare illegittima la previsione dell’attribuzione del punteggio sulla base del giudizio espresso dalla Commissione sulle pubblicazioni.
E’, infatti, vero proprio il contrario, ovverosia che, alla stregua del quadro normativo e della lex specialis, spetta alla Commissione il compito di valutare la qualità di ogni pubblicazione e di attribuire un punteggio alla stessa.
Ne deriva l’infondatezza del primo profilo.
5.2 Parimenti infondato è il secondo, in quanto la ricorrente non ha indicato elementi adeguati per consentire al collegio di ritenere irragionevole il giudizio, ampiamente motivato, espresso dalla Commissione sulle sue pubblicazioni, nonché su quelle della controinteressata.
Concludendo, per le suesposte ragioni, il ricorso va rigettato.
Sussistono giusti motivi, avuto riguardo alla peculiarità delle questioni poste, per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
Aurora Lento, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario
Pubblicato il 11/02/2020