TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, 13 maggio 2019, n. 1306

Procedura concorsuale per copertura posto ricercatore-Criteri di valutazione

Data Documento: 2019-05-13
Area: Giurisprudenza
Massima

Qualora siano stati prefissati criteri di valutazione, il voto numerico attribuito ai titoli nell’ambito di una procedura selettiva esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale e assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute, con il solo limite della contraddizione manifesta (per tutte Consiglio di Stato sez. IV, 1° agosto 2018, n. 4745).

Contenuto sentenza

N. 01306/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00335/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 335 del 2018, proposto da [#OMISSIS#] Burgio, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Rubino e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Palermo, via G. Oberdan, n. 5;
contro
– Commissione giudicatrice della selezione per n. 1 posto di ricercatore a tempo determinato presso il Dipartimento di scienze umanistiche – S.C. 10/F3 “Linguistica e Filologia Italiana” – S.S.D. L.-FIL_LET/12 “Linguistica Italiana””, non costituita autonomamente in giudizio;
– Università degli studi di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via [#OMISSIS#] Villareale, n. 6, è domiciliato per legge;
nei confronti
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Palermo, via G. Giusti, n. 45;
per l’annullamento
quanto al ricorso introduttivo:
– del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Palermo n. 183 del 2018, prot. n. 6979 del 29 gennaio 2018, di approvazione degli “atti relativi alla procedura selettiva, per titoli e colloquio, finalizzata alla copertura di n. 1 posto di ricercatore a tempo determinato della tipologia contrattuale A, con il regime di impegno a tempo pieno, presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche – S.C. 10/F3 “Linguistica e Filologia Italiana” – S.S.D. L.-FIL_LET/12 “Linguistica Italiana””, con cui è stato dichiarato vincitore il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
– della relazione finale e dei verbali che documentano le sedute della Commissione giudicatrice della procedura selettiva, ivi inclusi i criteri di valutazione dei titoli dei candidati;
– del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Palermo n. 2989 del 2 novembre 2017 di nomina della Commissione d’esame;
– del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Palermo n. 2290 del 2 agosto 2017 di approvazione del bando per quanto d’interesse;
– di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale.
quanto al ricorso incidentale:
– dell’allegato “B” alla relazione finale della commissione giudicatrice, nella parte in cui ha riconosciuto al dott. Burgio il punteggio previsto per i titoli di cui alle lettere d) ed f) del verbale n. 1 del 4 dicembre 2017;
– del decreto del Rettore dell’Università degli studi di Palermo del 29 gennaio 2018 di approvazione degli atti del concorso, nella parte relativa al suddetto allegato B.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli studi di Palermo;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria del signor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Vista l’ordinanza cautelare n. 226 del 26 marzo 2018;
Vista l’ordinanza del CGA n. 294 del 28 maggio 2018;
Visto il ricorso incidentale;
Viste le memorie delle parti;
Relatore, nell’udienza pubblica del 22 marzo 2019, il consigliere Aurora Lento e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato.
FATTO
Con ricorso, notificato e depositato il 22 febbraio 2018, il signor [#OMISSIS#] Burgio esponeva di avere partecipato alla procedura selettiva, per titoli e colloquio, indetta, con decreto del Rettore dell’Università degli studi di Palermo n. 2290 del 2 agosto 2017, per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato, della tipologia contrattuale A, con il regime d’impegno a tempo pieno, presso il Dipartimento di scienze umanistiche – S.C. 10/F3 “Linguistica e Filologia Italiana” – S.S.D. L.-FIL_LET/12 “Linguistica Italiana”.
Precisava che, con decreto n. 183 del 29 gennaio 2018, il Rettore aveva approvato gli atti della procedura, che si era conclusa con l’individuazione, quale vincitore, con 905 punti, del dr. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e la sua collocazione, al secondo posto, con 718 punti.
Esposti i fatti, ha chiesto che, previa sospensiva e vinte le spese, vengano annullati tale decreto e gli ulteriori atti impugnati e ordinata la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni da parte di una Commissione in diversa composizione, per i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 487 del 9 maggio 1994. Eccesso di potere per violazione del principio di trasparenza e della par condicio dei candidati. Violazione del principio dell’anonimato.
Il bando contrasterebbe con il principio generale secondo cui i criteri di valutazione devono essere determinati dopo l’apertura delle buste contenenti le candidature, nella parte in cui non aveva previsto nessun meccanismo per impedire ai componenti della Commissione esaminatrice di prendere visione anticipata delle domande e dei titoli inoltrati tramite pec.
2) Violazione e falsa applicazione delle norme in materia di incompatibilità per la composizione delle commissioni esaminatrici. Eccesso di potere sotto i profili della violazione del principio di imparzialità e di par condicio dei candidati. Violazione e falsa applicazione dell’art. 51 del codice di procedura civile.
La professoressa [#OMISSIS#] D’Agostino non avrebbe potuto svolgere il ruolo di Presidente della Commissione, in quanto si trovava in una situazione d’incompatibilità dovuta al rapporto di frequentazione e di collaborazione scientifica “pressoché ininterrotta” con il dr. [#OMISSIS#], il quale era, peraltro, stato assistito dal marito, che svolgeva la professione di avvocato, in un procedimento penale.
3) Illegittimità del verbale n. 1, nonché di tutti i provvedimenti consequenziali in relazione alla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni. Eccesso di potere sotto i profili: dell’illogicità; dell’arbitrio; dell’ingiustizia manifesti. Violazione: dei criteri di valutazione di cui agli artt. 8 e 9 del bando; dell’art. 2 del d.M. n. 243 del 2011; dell’art. 24 della l. n. 240 del 2010; dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990.
I criteri di valutazione approvati dalla Commissione sarebbero illegittimi, nella parte in cui avevano irragionevolmente valorizzato l’attività di ricerca svolta all’estero, in quanto “sagomati su misura del controinteressato”, il quale avrebbe, pertanto, beneficiato di una sopravvalutazione dei propri titoli.
Sarebbero, invece, stati illegittimamente sottovalutati alcuni titoli del ricorrente e, in particolare l’attività di codirezione del gruppo di ricerca per la redazione del “Dizionario atlante dei soprannomi etnici in Sicilia” e le pubblicazioni.
Sarebbero stati illegittimamente assegnati 3 punti al controinteressato per la partecipazione ai progetti PRIN.
Sarebbe, inoltre, stato arbitrariamente incluso tra i titoli valutabili quello di visiting professor, nonchè illegittimamente attribuito il medesimo punteggio a entrambi i candidati con riferimento alla “consistenza complessiva, intensità e continuità della produzione scientifica”.
4) Illegittimità del provvedimento impugnato.
L’allegato A alla relazione finale della Commissione non era stato sottoscritto da uno dei componenti (i.e. prof.ssa Immacolata Tempesta) con conseguente invalidazione dell’intera procedura.
Per l’Università degli studi di Palermo si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato.
Si è costituito in giudizio anche il signor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], controinteressato, che ha depositato una memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, vinte le spese.
Ha, in particolare, rappresentato che: le istanze di partecipazione erano state inoltrate all’indirizzo pec del responsabile del procedimento, che le aveva ha trasmesse ai commissari solo dopo l’approvazione dei criteri; il dr. [#OMISSIS#] non aveva collaborato esclusivamente con la Presidente della Commissione, che non si trovava in una situazione d’incompatibilità; l’attribuzione di un maggiore peso alle attività didattiche svolte all’estero non sarebbe irragionevole; la valutazione del titolo di visiting professor sarebbe legittima, in quanto si trattava di un premio internazionale.
Con ordinanza n. 226 del 26 marzo 2018, l’istanza cautelare è stata accolta.
Il controinteressato ha proposto ricorso incidentale, notificato il 2 maggio 2018 e depositato il giorno 29 successivo, con cui ha chiesto l’annullamento dell’allegato B alla relazione finale della Commissione giudicatrice, nella parte in cui aveva riconosciuto al ricorrente il punteggio relativo ai titoli di cui alle lett. d) ed f) del verbale n. 1, nonché del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Palermo del 29 gennaio 2018 di approvazione dello stesso.
Ha dedotto il seguente unico motivo:
Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.M. n. 243 del 2011 e dell’art. 8 del bando. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti.
Il punteggio attribuito al ricorrente sarebbe illegittimo nella parte in cui aveva attribuito:
– 2 punti, con riferimento al criterio relativo all’“organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca nazionali” previsto dalla lettera d) del verbale n. 1, all’attività di codirezione del progetto di redazione del “Dizionario – atlante dei soprannomi etnici in Sicilia (DASES)”, in quanto non aveva ricoperto il ruolo di codirettore;
– 5 punti, con riferimento al criterio relativo ai “premi e riconoscimenti nazionali e internazionali per attività di ricerca” previsto dalla lettera f) del verbale n. 1, al riconoscimento “per la ricerca scientifica assegnato nel 2013 dall’Osservatorio per lo sviluppo e la legalità [#OMISSIS#] la Franca di Partinico per i significativi risultati conseguiti dal settore L-Fil-Lett/12 (Linguistica Italiana) dell’Università degli Studi di Palermo nell’ambito della ricerca in Sicilia, insieme al Gruppo di lavoro ALS”, in quanto non significativo.
Con ordinanza n. 294 del 28 maggio 2018, il CGA ha rigettato l’appello cautelare.
In vista dell’udienza, l’Università degli Studi di Palermo ha depositato una memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, vinte le spese.
Il controinteressato ha depositato una memoria con cui ha insistito nelle proprie domande, rappresentando, in particolare, che, anche ad ammettere l’illegittimità del maggiore punteggio attribuito ai titoli conseguiti all’estero, sarebbe, comunque, risultato vincitore in considerazione del maggior numero di titoli posseduti.
Il ricorrente ha depositato un’articolata memoria di replica con la quale ha, tra l’altro, insistito nella censura della sopravvalutazione dei titoli del controinteressato, che non erano superiori ai propri.
Alla pubblica udienza del 22 marzo 2019, su conforme richiesta dei difensori delle parti presenti come da verbale, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
1. La controversia ha ad oggetto la procedura selettiva, indetta dall’Università degli studi di Palermo, per la copertura di un posto di ricercatore, a tempo determinato e a tempo pieno, presso il Dipartimento di scienze umanistiche, settore concorsuale 10/F3 “Linguistica e filologia italiana”, settore scientifico disciplinare L-FIL-LET/12 “Linguistica italiana””.
A tale procedura hanno partecipato solo il ricorrente, che si è collocato al secondo posto con 718 punti, e il controinteressato, il quale è stato dichiarato vincitore con 905 punti.
2. Con il primo motivo si deduce che il bando contrasterebbe con il principio generale secondo cui i criteri di valutazione devono essere determinati dopo l’apertura delle buste, nella parte in cui non ha previsto nessun meccanismo per impedire ai componenti della Commissione esaminatrice di prendere visione anticipata delle domande e dei titoli inoltrati tramite pec.
La doglianza è infondata.
Preliminarmente va precisato che il ricorrente non contesta la modalità di presentazione delle istanze e, pertanto, l’inoltro tramite PEC, ma l’assenza di meccanismi finalizzati a garantire la conoscenza anticipata delle mails esclusivamente da parte del titolare della casella di posta elettronica.
Ciò precisato, va rilevato che l’art. 3 del bando prevedeva che le domande di ammissione dovevano essere spedite all’indirizzo pec@cert.unipa.it, che è quello del responsabile del procedimento, il quale doveva poi trasmetterle alla Commissione per la valutazione.
In merito all’individuazione del momento preciso in cui è avvenuta la trasmissione, va richiamato il verbale n. 1 del 4 dicembre 2017, il quale attesta, con valore fidefaciente, che la Commissione ha, nell’ordine: preso atto dell’insussistenza di situazioni d’incompatibilità tra i commissari; approvato i criteri di valutazione; preso visione dell’elenco dei candidati trasmesso dal settore reclutamento per posta elettronica; dichiarato che non vi erano incompatibilità con i partecipanti; approvato il calendario; dato atto che sarebbe stato chiesto al responsabile del procedimento di trasmettere i titoli e le pubblicazioni da valutare.
Ne deriva che la Commissione ha avuto conoscenza dei nominativi dei partecipanti e dei titoli dagli stessi presentati dopo la fissazione dei criteri.
3. Con il secondo motivo si deduce che la professoressa [#OMISSIS#] D’Agostino non avrebbe potuto svolgere il ruolo di Presidente della Commissione, in quanto si trovava in una situazione d’incompatibilità dovuta al rapporto di frequentazione e di collaborazione scientifica “pressoché ininterrotta” con il controinteressato, il quale era, peraltro, stato assistito dal marito, che svolgeva la professione di avvocato, in un procedimento penale.
La censura è infondata.
Come noto, per un diffuso indirizzo giurisprudenziale, non costituisce ragione d’incompatibilità la sussistenza di rapporti di collaborazione scientifica e di pubblicazioni comuni, in quanto è ravvisabile l’obbligo di astensione del componente della commissione solo in presenza di una comunanza di interessi, anche economici, d’intensità tale da porre in dubbio l’imparzialità del giudizio e da far ritenere che vi è stata una valutazione del candidato basata non sulle sue qualità scientifiche o didattiche, ma su elementi ulteriori (per tutte, con ampi richiami, di recente Consiglio di Stato, VI, 24 agosto 2018, n. 5050).
Nella specie il ricorrente ha dedotto che il Presidente della Commissione era stata relatore della tesi di laurea, tutor nel corso di dottorato di ricerca e responsabile di tutte le attività di ricerca svolte dal controinteressato.
Dalla memoria e dalla documentazione depositata dal controinteressato emerge, però, un diverso quadro fattuale, in quanto: su 6 borse di studio per ricerca solo 3 sono state conseguite (peraltro a seguito di una selezione pubblica e a valere su fondi ministeriali) sotto la responsabilità scientifica della prof.ssa [#OMISSIS#] D’Agostino; l’attività di ricerca si è svolta anche in virtù di un contratto stipulato con l’Università di Palermo, finanziato con fondi PRIN, sotto la coordinazione del prof. Giovanni [#OMISSIS#]; delle 19 pubblicazioni di maggiore consistenza solo 5 vedono la partecipazione della Presidente della commissione.
Deve, pertanto, concludersi nel senso che non si avevano rapporti di collaborazione d’intensità tale da porre in dubbio l’imparzialità del giudizio e da far ritenere che vi sia stata una valutazione del candidato non basata sulle sue qualità scientifiche o didattiche.
A diversa conclusione non può, peraltro, giungersi sulla base della circostanza che il marito della professoressa [#OMISSIS#] D’Agostino ha assistito, quale avvocato, il controinteressato in un processo penale, trattandosi di una singola causa dal rilievo marginale risalente a ben 18 anni prima della selezione in contestazione.
Deve, comunque, per completezza, rilevarsi che, come si evince dalla memoria conclusiva del controinteressato, anche il ricorrente ha ampiamente collaborato con la professoressa [#OMISSIS#] D’Agostino, in quanto gran parte della sua attività scientifica e di ricerca si inserisce nell’ambito del progetto dell’Atlante linguistico della Sicilia – ALS e del Centro studi filologici e linguistici italiani, di cui tale docente è membro, rispettivamente, del Comitato scientifico e del Comitato direttivo.
4. Va adesso esaminato il terzo motivo con cui si contestano, sotto vari profili, i criteri di valutazione approvati dalla Commissione e i punteggi attribuiti.
Preliminarmente va richiamato il consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale secondo cui il giudizio amministrativo non costituisce la corretta sede per contrapporre opinabili giudizi di merito a quelli espressi dalle commissioni giudicatrici, salvo il caso in cui questi ultimi siano chiaramente irragionevoli e arbitrari (per tutte Consiglio di Stato, VI, 10 settembre 2015, n. 4219).
Sempre in via preliminare va rilevato che il controinteressato ha ottenuto un punteggio complessivo di 905 (295 per titoli, 470 per pubblicazioni, 140 per consistenza complessiva, intensità e continuità temporale della produzione scientifica), mentre il ricorrente di 718 (113 per titoli, 465 per pubblicazioni e 140 per consistenza complessiva, intensità e continuità temporale della produzione scientifica), cosicché, al fine di superare la prova di resistenza, è necessario il recupero dello scarto di 187 punti.
Così inquadrata la res controversa, il collegio, al fine di rendere organica e comprensibile la trattazione delle non agevoli censure dedotte, ritiene opportuno esaminare dapprima quelle relative ai titoli e alle pubblicazioni del ricorrente (al fine di accertare se sono stati sottovalutati) e successivamente quelle riferite ai titoli del controinteressato (per verificare se sono stati sopravvalutati).
5. Va, pertanto, esaminata la censura con cui si deduce che sarebbe stata illegittimamente sottovalutata l’attività di “codirezione” del gruppo di ricerca relativo al “Dizionario atlante dei soprannomi etnici in Sicilia” svolta dal ricorrente.
Invero, l’art. 2, comma 1, del d.m. n. 243 del 2011 dispone che le commissioni giudicatrici delle procedure di selezione dei ricercatori a tempo determinato effettuano una motivata valutazione dei titoli ivi elencati, tra cui quelli relativi a “organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca nazionali e internazionali, o partecipazione agli stessi” (lettera f).
La Commissione, con il verbale n. 1 del 4 dicembre 2017, ha inserito tale titolo, sub d), tra i criteri di valutazione, prevedendo l’attribuzione di un massimo di 20 punti così suddivisi: 1 per ogni partecipazione a gruppo di ricerca nazionale o internazionale (massimo 8); 2 per ogni coordinamento di progetto nazionale o internazionale (massimo 10); 0,10 per ogni attività organizzativa (massimo 2).
In applicazione di tale criterio, ha attribuito 2 punti al ricorrente, il quale, nella dichiarazione sostitutiva, contenente i titoli valutabili, allegata all’istanza di partecipazione, aveva testualmente fatto riferimento a: “ideazione, coordinamento e responsabilità del progetto “Dizionario-atlante dei soprannomi etnici in Sicilia (con [#OMISSIS#] Castiglione)”.
Secondo la prospettazione del ricorrente tale punteggio sarebbe affetto da illegittimità derivata da quella del criterio di valutazione, che avrebbe dovuto “differenziare la posizione di chi svolge la direzione rispetto a chi svolge la funzione di organizzazione”.
La censura è infondata, in quanto la Commissione ha ragionevolmente attribuito un punteggio doppio a chi ha svolto il ruolo di coordinatore di un gruppo di ricerca (2 punti) rispetto a chi si è limitato a parteciparvi (1 punto).
Il riferimento al ruolo di “co-direttore” si rinviene, peraltro, esclusivamente nel ricorso, in quanto la dichiarazione sostitutiva faceva riferimento a quello differente di “ideazione, coordinamento e responsabilità” della ricerca.
Tale distinzione non è affatto di poco conto, in quanto, come chiarito nella relazione sui fatti di causa depositata dall’Università, il titolo di direttore o co-direttore di un gruppo di ricerca può essere attribuito e può, pertanto, essere valutato nei concorsi universitari, solo quando vi è uno specifico gruppo di ricerca, un finanziamento apposito e una serie cospicua di pubblicazioni.
Nella specie dalla documentazione in atti e, in particolare, dalla dichiarazione sostitutiva del ricorrente si evince che il progetto: non è stato realizzato con uno specifico gruppo di ricerca, ma solo con la dr.ssa Marina Castiglione; non ha fruito di apposito finanziamento; non ha dato vita a un numero consistente di pubblicazioni.
Va, peraltro, per completezza, rilevato che identico punteggio di 2 è stato attribuito al controinteressato per l’analogo titolo di coordinatore della ricerca “la grammatica valenziale nell’apprendimento/insegnamento ai sinofoni dell’italiano L2/L2”, cosicché l’eventuale riconoscimento della fondatezza della censura comporterebbe, comunque, che, in sede di riedizione del potere, l’Università dovrebbe attribuire un maggiore punteggio anche a tale concorrente, con conseguente irrilevanza ai fini del risultato complessivo.
Deve, pertanto, concludersi nel senso che il ricorrente ha coordinato un progetto di ricerca, in relazione al quale la Commissione gli ha legittimamente attribuito 2 punti.
6. Parimenti infondata è la censura relativa al punteggio attribuito alle pubblicazioni del ricorrente, che si assume essere illegittima in quanto:
– sotto un primo profilo, sarebbe illogica l’attribuzione di soli 2 punti, relativamente al criterio “rigore metodologico”, a 7 su 12 pubblicazioni, le quali avevano avuto il massimo punteggio con riferimento ai diversi criteri dell’“innovatività”, della “rilevanza, della “collocazione editoriale”, oltre ad essere state valutate positivamente in sede di abilitazione nazionale;
– sotto un secondo profilo, la motivazione sarebbe carente.
6.1 Per quanto riguarda il secondo profilo, è sufficiente richiamare l’incontroverso orientamento giurisprudenziale secondo cui, qualora siano stati prefissati criteri di valutazione, il voto numerico attribuito ai titoli nell’ambito di una procedura selettiva esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale e assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute, con il solo limite della contraddizione manifesta (per tutte Consiglio di Stato sez. IV, 1° agosto 2018, n. 4745).
Nella specie, la Commissione aveva prefissato specifici criteri di valutazione, cosicché l’attribuzione di punteggi numerici soddisfaceva l’obbligo motivazionale.
6.2 In merito al primo profilo, va richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la valutazione delle pubblicazioni di un candidato a una procedura comparativa, in quanto per sua natura opinabile, è demandata alla commissione esaminatrice sul presupposto che questa, in ragione delle competenze tecniche specifiche di cui dispone mediante i suoi componenti, sia l’organo che si trova nelle congrue condizioni per poterla compiere. Ipotizzare che, con riguardo a simili valutazioni tecniche aventi un significativo margine di opinabilità, il sindacato giurisdizionale possa spingersi sino a negare nel merito il giudizio reso dalla commissione e preferirvi una soluzione diversa da quella plausibilmente prescelta dall’Amministrazione stessa, significherebbe, in lesione del principio della separazione dei poteri, negare la ragion d’essere della funzione amministrativa della Commissione (in termini Consiglio di Stato, VI, 16 luglio 2015, n. 3561).
Ciò posto, nel più volte richiamato verbale n. 1 del 2017, la Commissione aveva previsto che la valutazione delle pubblicazioni sarebbe avvenuta sulla base di quattro criteri, tra cui:
– quello denominato a), per il quale potevano essere attribuiti massimo 22 punti, che era riferito a: “originalità” (da 0 a 10); “innovatività” (da 0 a 1); “rigore metodologico” (da 0 a 10) e “rilevanza” (da 0 a 1);
– quello denominato c), che era riferito alla “rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica”, in base al quale potevano essere attribuiti massimo 18 punti.
A ben vedere si trattava di criteri di valutazione autonomi, cosicché un giudizio positivo sull’”innovatività” e sulla “rilevanza” (a cui potevano essere attribuiti esclusivamente i punteggi di 0 o 1) non comportava automaticamente il riconoscimento di un elevato punteggio sul rigore metodologico (che spaziava nel più ampio range 0/10); analoghe considerazioni possono essere fatte relativamente alla collocazione editoriale, che era riferita a un parametro di valutazione eterogeneo.
Deve, peraltro, essere rilevato che entrambi i concorrenti hanno ricevuto il punteggio massimo, per tutte le 12 pubblicazioni presentate, relativamente all’”innovatività” (1 punto), alla “rilevanza” e alla “collocazione editoriale” (18 punti), mentre hanno ricevuto solo 2 punti (su un massimo di 10), con riferimento al “rigore metodologico”, per la maggior parte di esse (7 il ricorrente e 9 il controinteressato).
Ne deriva che, anche per le pubblicazioni, l’eventuale riconoscimento della fondatezza della censura comporterebbe che, in sede di riedizione del potere, l’Università dovrebbe attribuire un maggiore punteggio anche al controinteressato, con conseguente irrilevanza ai fini del risultato complessivo.
Per quanto riguarda, infine, il riferimento fatto alla positiva valutazione delle medesime pubblicazione ai fini del conseguimento dell’abilitazione nazionale per la docenza di seconda fascia, ci si può limitare a rilevare che, in disparte la considerazione sull’autonomia di giudizio delle Commissioni, si tratta, comunque, di una procedura soggetta a una diversa disciplina, i cui esiti non condizionano in alcun modo le selezioni indette dalle Università per il reclutamento dei ricercatori.
7. Deve ora essere esaminata la censura avente ad oggetto i punteggi attribuiti alla “consistenza complessiva” e all’”intensità e continuità temporale” della produzione pertinente al settore oggetto della procedura, che vengono censurati sotto due diversi profili: in primo luogo, in quanto la Commissione avrebbe dovuto specificare i parametri di graduazione; in secondo luogo, perché sarebbero stati illogicamente attribuiti gli stessi punti a entrambi i candidati a fronte della pubblicazione: da parte del ricorrente, di 35 lavori in 10 anni; da parte del controinteressato, di 15 (rectius 19) in 12 anni.
La censura non è di agevole definizione.
7.1 Per quanto riguarda il primo profilo, deve ritenersi che la Commissione si sia legittimamente determinata nel senso di attribuire da 0 a 75 punti sulla base del giudizio sulla produzione del candidato nella sua globalità, senza la determinazione di sub-criteri di valutazione, a cui non era tenuta.
7.2 In merito al secondo profilo, va preliminarmente precisato che il collegio conosce e condivide l’orientamento giurisprudenziale, seguito anche nella recente decisione del CGA n. 158 del 19 marzo 2018, secondo cui è irrilevante il mero dato quantitativo delle pubblicazioni e non può essere censurato nel merito il giudizio espresso dalla Commissione circa la complessiva migliore intensità e consistenza qualitativa dei lavori e dell’attività scientifica di un candidato.
Il punto è, però, che nella fattispecie in esame la Commissione non ha nemmeno accennato alle ragioni per le quali una produzione meno consistente e intensa sotto il profilo quantitativo era superiore qualitativamente a quella dell’altro candidato.
Alla luce del dato quantitativo oggettivo e della mancata esplicitazione del giudizio sul profilo qualitativo (e senza volersi ingerire nel giudizio tendenzialmente insindacabile della Commissione), la valutazione di equivalenza appare oggettivamente ingiustificata e non motivata, stante la palese differenza dei numeri a raffronto.
La censura deve, pertanto, entro questi limiti e per le ragioni esplicitate, ritenersi fondata.
Per completezza va rilevato che a diversa conclusione non può giungersi sulla base del riferimento contenuto nella memoria del controinteressato alla circostanza che alcune pubblicazioni del ricorrente erano semplici recensioni, altre brevi scritti di natura divulgativa pubblicati su riviste locali prive di accreditamento scientifico e altre ancora in fase di stampa.
Va, infatti, sotto tale profilo, richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’integrazione in sede giudiziale della motivazione dell’atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento – nella misura in cui i documenti dell’istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta – oppure attraverso l’emanazione di un autonomo provvedimento di convalida (art. 21-nonies, comma 2, della legge n. 241 del 1990). È, invece, inammissibile un’integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi. La motivazione costituisce, infatti, il contenuto insostituibile della decisione amministrativa, anche in ipotesi di attività vincolata e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile (in termini Consiglio di Stato, VI, 19 ottobre 2018, n. 5984).
Nella specie, come detto, dagli atti procedimentali non emergono giudizi di valore della Commissione sulla produzione del ricorrente e questo giudice non può sostituirsi alla stessa nel formularli.
8. Esaurito l’esame delle censure relative alla valutazione del ricorrente, vanno scrutinate quelle riferite al punteggio del controinteressato.
Preliminarmente deve precisarsi che la doglianza avente ad oggetto l’asserita incoerenza delle esperienze del controinteressato rispetto al settore concorsuale oggetto della selezione, in quanto fatta per la prima volta nella memoria conclusiva, è tardiva e non può, pertanto, trovare ingresso in questo processo.
Ciò premesso, va rilevato che, al fine di verificare il superamento della c.d. prova di resistenza e il recupero dello scarto di 187 punti, non è corretto effettuare (come fatto dal controinteressato) un raffronto tra i punteggi conseguiti relativamente ai singoli criteri di valutazione, in quanto occorre avere riguardo alla sommatoria dei punti che potrebbero aversi relativamente ai singoli parametri. Deve, altresì, tenersi conto dei possibili effetti della modifica dei criteri che, nella conformazione prescelta dalla Commissione, risultano essere illegittimi alla stregua delle censure dedotte dal ricorrente.
Fatta tale premessa metodologica, va rilevato che il ricorrente supera la prova di resistenza in considerazione della fondatezza della censura riferita alla “consistenza complessiva” e all’”intensità e continuità temporale” della produzione (vedi punto 7.2), nonché, per le ragioni che si illustreranno, di quelle riferite ai criteri di valutazione b), c) ed f) (vedi punti 9 e 11).
9. Tutto ciò posto, va esaminata la censura con cui si deduce che sarebbero illegittimi i criteri di valutazione relativi all’attività didattica e a quella di formazione e ricerca, approvati con il verbale n. 1 del 2017, nella parte in cui hanno irragionevolmente valorizzato in maniera eccessiva le esperienze in atenei stranieri.
Si contestano, in particolare, i criteri denominati b) e c), i quali avevano ad oggetto, rispettivamente:
1) attività didattica a livello universitario svolta in Italia o all’estero;
2) attività di formazione o ricerca presso qualificati istituti italiani o stranieri.
Con riferimento al primo, la Commissione ha deciso di attribuire:
– 10 punti per ogni corso (compresi i master) tenuto in Italia sino a un massimo di 50;
– 30 punti per ogni corso (compresi i master) tenuto all’estero sino a un massimo di 120.
Relativamente al secondo ha statuito, invece, di riconoscere:
– 1 punto per ogni mese di formazione o ricerca in Italia sin