Per giurisprudenza consolidata, le previsioni normative di cui ai citati artt. 35 co. 1, lett. e), d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e 9 d.p.r. 9 maggio 1994, n. 487, in forza dei quali i componenti della commissione di esame devono essere “esperti” nelle materie di concorso, non implicano che il requisito della necessaria esperienza risulti soddisfatto solo ove tutti i membri della commissione siano titolari di insegnamenti nelle medesime discipline oggetto della procedura selettiva, essendo sufficiente che i commissari siano esperti in discipline non estranee alle tematiche oggetto delle prove concorsuali (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 luglio 2014, n. 3366; id., Sez. V, 30 gennaio 2013, n. 574); e, comunque, dovendo l’esperienza della commissione essere verificata nel suo complesso e con ragionevolezza, onde evitare che una interpretazione troppo rigorosa della qualifica di esperto “comporti un intollerabile aggravamento del procedimento selettivo già nella fase della formazione dell’organo tecnico chiamato a operare le valutazioni sui titoli e le prove d’esame dei candidati” (così Cons. Stato, Sez. IV, 12 novembre 2015, n. 5137).
TAR Toscana, Firenze, 12 settembre 2017, n. 1060
Procedura concorsuale per copertura posto Cat. D-Composizione commissione
N. 01060/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00902/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 902 del 2016, proposto da:
[#OMISSIS#] Bussani, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Mastellone e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Firenze, viale G. Mazzini 60;
contro
Università degli Studi di Firenze, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] De Grazia e Serena [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il Rettorato dell’Università in Firenze, piazza San [#OMISSIS#] 4;
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede è domiciliato in Firenze, via degli Arazzieri 4;
nei confronti di
[#OMISSIS#] Malentacchi, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Gracili e [#OMISSIS#] Senesi, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Firenze, via dei Servi 38;
per l’annullamento
– del Decreto Dirigenziale n. 1999, prot. n. 159379 del 24.11.2015, dell’Università degli Studi di Firenze, avente ad oggetto la nomina della Commissione di concorso;
– del Decreto n. 595 del 13.04.2016, prot. n. 54256, emanato dall’Università degli Studi di Firenze, Area Risorse Umane, avente ad oggetto “Approvazione atti del concorso pubblico per titoli ed esami per n. 1 posto di categoria D, posizione economica D1, dell’area tecnica, tecnico scientifica ed elaborazione dai con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e pieno, per le esigenze del Laboratorio di Ginecologia del Dipartimento di Scienza Biomediche Sperimentali e Cliniche (D.D. n. 1581 prot. n. 121506 del 22.09.2015)”, con il quale e’ stato decretato che “sono approvati gli atti e la seguente graduatoria del concorso pubblico per titoli e per esami per un posto di categoria D. posizione economia D1, dell’area tecnica, tecnico scientifica ed elaborazione dai con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e pieno, per le esigenze del Laboratorio di Ginecologia del Dipartimento di Scienza Biomediche Sperimentali e Cliniche;
– del verbale della Commissione esaminatrice n. 1 del 26.11.2015 “Preliminare”, relativo all’individuazione dei criteri e delle modalità di valutazione delle prove scritte e orali, nonché inerente all’individuazione dei punteggi da attribuire ai tioli posseduti da ciascun candidato, nella parte in cui la commissione procede ad individuare i punteggi da attribuire ai titoli posseduti da ciascun candidato;
– del verbale della Commissione esaminatrice n. 4 del 1.12.2015 “Valutazione dei titoli”, avente a oggetto la valutazione dei titoli dei candidati presenti alle prove scritte;
– degli allegati n. 5 e 21 al verbale della Commissione n. 4 del 1.12.2015;
– del verbale della Commissione esaminatrice n. 5 del 27.01.2016 “Correzione Prove scritte”, ivi compreso l’allegato inerente l’avviso di rettifica della valutazione dei titoli, pubblicato sul sito web di ateneo il 19.02.2016;
di ogni altro atto, presupposto, connesso, conseguente ancorché incognito alla ricorrente se lesivo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Firenze, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e della controinteressata [#OMISSIS#] Malentacchi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2017 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La dottoressa [#OMISSIS#] Bussani ha partecipato al concorso indetto dall’Università degli Studi di Firenze, con bando del 22 settembre 2015, per la copertura di un posto a tempo indeterminato e pieno di categoria D, posizione economica D1, dell’area tecnica, tecnico scientifica ed elaborazione dati per le esigenze del Laboratorio di ginecologia del Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche “[#OMISSIS#] Serio”.
Collocatasi al secondo posto della graduatoria definitiva con 105,1 punti, contro i 106,5 punti della vincitrice dottoressa [#OMISSIS#] Malentacchi, la ricorrente sostiene che il risultato della procedura sarebbe viziato in ragione sia dell’illegittima composizione della commissione esaminatrice, sia dell’evidente difetto di istruttoria nel quale la commissione stessa sarebbe incorsa, con l’effetto di attribuire il posto messo a concorso a un candidato che non risponderebbe al profilo richiesto dal bando.
Sulla scorta di tre motivi in diritto, ella impugna pertanto il decreto del 13 aprile 2016, in epigrafe, recante l’approvazione degli atti della procedura e della graduatoria, unitamente ai presupposti atti endoprocedimentali.
1.1. Resistono al gravame l’Università di Firenze, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e la controinteressata Malentacchi.
1.2. Nella camera di consiglio del 13 luglio 2016, la ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare proposta con l’atto introduttivo del giudizio.
Nel merito, la causa è stata discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 19 aprile 2017, preceduta dal deposito di documenti, memorie difensive e repliche.
2. Con il primo motivo di ricorso, è dedotta la difformità della composizione della commissione esaminatrice, nominata con decreto dell’Università in data 24 novembre 2015, dal disposto degli art. 9 co. 2 lett. b) e 35 co. 3 lett. e) del d.lgs. n. 165/2001.
In particolare, la ricorrente Bussani assume che né il presidente della commissione prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], né l’altra componente prof.ssa [#OMISSIS#] Mangoni, vanterebbero specifiche competenze e conoscenze nelle materie oggetto del concorso. Il primo sarebbe infatti specializzato in fisiopatologia applicata e nel settore della gastroenterologia, mentre la seconda risulterebbe specializzata in radioterapia.
2.1. Il motivo è infondato.
Per giurisprudenza consolidata, le previsioni normative di cui ai citati artt. 35 co. 1 lett. e) d.lgs. n. 165/2001 e 9 d.P.R. n. 487/1994, in forza dei quali i componenti della commissione di esame devono essere “esperti” nelle materie di concorso, non implicano che il requisito della necessaria esperienza risulti soddisfatto solo ove tutti i membri della commissione siano titolari di insegnamenti nelle medesime discipline oggetto della procedura selettiva, essendo sufficiente che i commissari siano esperti in discipline non estranee alle tematiche oggetto delle prove concorsuali (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 luglio 2014, n. 3366; id., sez. V, 30 gennaio 2013, n. 574); e, comunque, dovendo l’esperienza della commissione essere verificata nel suo complesso e con ragionevolezza, onde evitare che una interpretazione troppo rigorosa della qualifica di esperto “comporti un intollerabile aggravamento del procedimento selettivo già nella fase della formazione dell’organo tecnico chiamato a operare le valutazioni sui titoli e le prove d’esame dei candidati” (così Cons. Stato, sez. IV, 12 novembre 2015, n. 5137).
In ossequio a tali principi, non può dubitarsi dell’idoneità a comporre la commissione esaminatrice del prof. [#OMISSIS#], direttore dello stesso Dipartimento di Scienze Biomediche cui afferiscono il Laboratorio di ginecologia e il posto messo a concorso, e della professoressa Mangoni, associata presso il medesimo Dipartimento e titolare di numerose pubblicazioni anche nel campo dell’oncologia ginecologica.
3. Con il secondo motivo, è denunciata la violazione del principio di preventiva fissazione dei criteri e modalità di valutazione delle prove concorsuali, sancito dagli artt. 8 e 12 del d.P.R. n. 487/1994. La commissione esaminatrice, cui il bando rimetteva di determinare i criteri di attribuzione dei punteggi per i titoli presentati dai concorrenti, vi avrebbe provveduto dopo essere venuta a conoscenza del nominativo dei candidati ammessi al concorso, circostanza che sarebbe suscettibile di incidere sull’imparzialità del suo operato (a titolo esemplificativo, la dottoressa Bussani osserva che per iniziativa della commissione è stata considerata titolo ammissibile e valutabile con 1,5 punti la seconda laurea, posseduta da soli quattro su trentotto candidati, ivi compresa la vincitrice).
Per altro verso la ricorrente si duole della presenza, in veste di membro della commissione, della dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], già appartenente (dal 1991 al 1996) al gruppo di ricerca del Dipartimento di Fisiopatologia Clinica facente capo al prof. Pazzagli, con il quale avrebbe continuato a collaborare e dal quale proverrebbe anche la controinteressata. Secondo la prospettazione, la dottoressa [#OMISSIS#] avrebbe dovuto astenersi per ragioni quantomeno di opportunità, se non di vera e propria incompatibilità.
3.1. Nessuno dei profili di gravame è meritevole di accoglimento.
3.1.1. L’art. 8 del d.P.R. n. 487/1994 prevede, al comma 1, che “Nei casi in cui l’ammissione a determinati profili avvenga mediante concorso per titoli e per esami, la valutazione dei titoli, previa individuazione dei criteri, è effettuata dopo le prove scritte e prima che si proceda alla orrezione dei relativi elaborati”.
I successivi artt. 11 co.1 e 12, dal canto loro, stabiliscono rispettivamente che i componenti della commissione, “presa visione dell’elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi ed i concorrenti, ai sensi degli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile”; e che le commissioni, nella prima riunione, “stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove… Nei concorsi per titoli ed esami il risultato della valutazione dei titoli deve essere reso noto agli interessati prima dell’effettuazione delle prove orali”.
Il combinato disposto delle norme appena richiamate indica chiaramente che la valutazione dei titoli, preceduta dall’individuazione dei criteri, deve seguire l’effettuazione delle prove scritte e precedere la correzione dei relativi elaborati. Va invece escluso che l’individuazione dei criteri di valutazione dei titoli debba necessariamente intervenire prima che la commissione abbia conoscenza dell’elenco nominativo dei candidati: se così fosse, infatti, dovrebbe immaginarsi che le eventuali dichiarazioni di astensione dei commissari intervengano dopo la predisposizione delle prove scritte e il loro espletamento, il che è contrario a ogni regola di ragionevolezza ed economicità dell’azione amministrativa, oltre che incompatibile con la sequenza temporale delle operazioni delineata dall’art. 11 cit. (la visione dell’elenco dei partecipanti da parte della commissione e la verifica delle incompatibilità precedono la preparazione delle tracce per le prove scritte).
3.1.2. Quanto al preteso dovere di astensione della commissaria dottoressa [#OMISSIS#], si ricorda che, secondo un diffuso indirizzo giurisprudenziale, non costituisce ragione di incompatibilità la sussistenza di rapporti di mera collaborazione scientifica fra i componenti della commissione e alcuno dei candidati, salvo che si sia in presenza di una comunanza di interessi anche economici, di intensità tale da porre in dubbio l’imparzialità del giudizio. Del resto, in ambito universitario l’esistenza di rapporti di collaborazione didattica o scientifica costituisce ipotesi ricorrente e non è tale da inficiare di per sé l’imparzialità dei commissari, se non eccedente il livello meramente intellettuale.
Il collegio ritiene che tale orientamento debba essere mediato da una valutazione caso per caso, ben potendo accadere che detti rapporti di collaborazione, pur rimanendo di natura intellettuale e non assumendo contenuti patrimoniali, raggiungano comunque un grado di intensità tale da compromettere l’indipendenza di giudizio del commissario verso il candidato (in questo senso, da ultimo cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30 giugno 2017, n. 3206).
Nella specie, tuttavia, l’esistenza di un rapporto di collaborazione diretta fra la controinteressata Malentacchi e la commissaria [#OMISSIS#] non è affatto provata dalla circostanza che ambedue abbiano collaborato con il gruppo di ricerca del professor Pazzagli, a maggior ragione se si considera che la collaborazione della dottoressa [#OMISSIS#] con quel gruppo di ricerca risale pacificamente al periodo 1991 – 1996, mentre la dottoressa Malentacchi, a quel tempo studentessa liceale, è entrata a farne parte solo nel 2005. Né la ricorrente ha in alcun modo precisato quali contenuti, modalità e intensità avrebbe concretamente rivestito la presunta collaborazione, la cui dimostrazione non può essere presunta in virtù di una sorta di proprietà transitiva.
4. Con il terzo motivo, la dottoressa Bussani contesta gli esiti della valutazione comparativa operata dalla commissione esaminatrice sui titoli esibiti dai concorrenti, e che sarebbe viziata per contrasto con il bando e comunque per difetto di istruttoria, carenza dei presupposti e travisamento dei fatti.
Ripercorso il proprio curriculum vitae, la ricorrente afferma che il bando avrebbe individuato, come profilo idoneo alla copertura del posto messo a concorso, quello di un candidato munito di specifiche competenze nelle indagini di biologia molecolare e in due settori determinati: ginecologia e perinatologia. Di contro, l’Università avrebbe illegittimamente esteso il profilo alla più ampia e generica area della biomedica, pervenendo all’assunzione di un soggetto non idoneo.
La tesi troverebbe riscontro nei criteri di valutazione adottati dalla commissione.
Quanto ai titoli di studio, sebbene il bando prevedesse la valutabilità dei soli titoli di livello superiore a quella richiesto come requisito di ammissione (il diploma di laurea), la commissione avrebbe ritenuto di attribuire alla seconda laurea il punteggio di 1,5, per di più considerando attinenti al posto messo a concorso i titoli conseguiti in ambito biomedico, anziché nelle sotto-aree della biomedica aventi specifica attinenza al profilo disegnato dal bando (ginecologia e perinatologia).
Quanto ai titoli di servizio, la ricorrente lamenta di aver conseguito punteggio identico a quello della controinteressata (12), benché quest’ultima non possieda analogo numero di titoli specifici ed ugualmente attinenti alle materie contemplate dal bando.
Viziata risulterebbe anche la valutazione dei rimanenti titoli, a partire dalle pubblicazioni, posto che la commissione avrebbe ancora una volta attribuito uguale punteggio alla ricorrente e alla controinteressata nonostante la non specifica attinenza delle pubblicazioni della dottoressa Malentacchi al settore della ginecologia.
4.1. Il motivo è fondato.
4.1.1. L’art. 6 del bando di concorso prevede, sub I., l’assegnazione di un massimo di trenta punti per i titoli posseduti dai concorrenti, dei quali otto riservati ai titoli di studio.
Per quanto rileva ai fini di causa, la disposizione limita espressamente la valutazione ai titoli di studio “di livello superiore rispetto a quello previsto dall’art. 2, lett. c), come requisito per l’ammissione”. Il titolo richiesto per l’ammissione è il diploma di laurea in scienze biologiche ed equivalenti conseguito anteriormente al d.m. n. 509/1999, ovvero la laurea in scienze biologiche conseguita nel vigore del d.m. n. 509/1999 o del d.m. n. 270/2004, la laurea specialistica (d.m. n. 509/1999) e la laurea magistrale (d.m. n. 270/2004) in Biologia ed equivalenti, o, ancora, il diploma triennale equiparato a una di quelle lauree.
Nella seduta del 26 novembre 2015, la commissione esaminatrice ha stabilito di considerare valutabile, fra i titoli di studio, anche la seconda laurea, purché attinente al profilo messo a concorso; e, coerentemente con tale determinazione, nella successiva seduta del 1 dicembre ha attribuito 1,5 punti alla seconda laurea posseduta dalla controinteressata (tecnico di laboratorio biomedico).
La ricorrente, come detto, sostiene che il possesso della seconda laurea non avrebbe dovuto comportare l’attribuzione di alcun punteggio, rilevando la laurea unicamente come requisito di ammissione al concorso.
Replicano l’Università di Firenze e la controinteressata che, con l’attribuzione di uno specifico punteggio alla seconda laurea, la commissione avrebbe inteso del tutto ragionevolmente valorizzare l’ampliamento del bagaglio culturale dei candidati e il conseguimento di un titolo di studio ulteriore rispetto a quello valevole per l’ammissione, e pur sempre attinente al posto messo a concorso.
In ogni caso, se pure la commissione non avesse attribuito punteggi per la seconda laurea, questa avrebbe potuto e dovuto essere valorizzata fra gli “altri titoli” e premiata con almeno 0,1 punti. In questo modo, la controinteressata e la ricorrente avrebbero ottenuto lo stesso punteggio, ma la prima sarebbe ugualmente risultata vincitrice in virtù della minore età anagrafica.
Ricostruite in tal modo le contrapposte posizioni delle parti, in primo luogo è evidente come l’interesse a far valere l’illegittimità dei punteggi assegnati dalla commissione sia sorto, per la ricorrente, solo con l’approvazione della graduatoria e con la sua definitiva collocazione in posizione deteriore rispetto alla controinteressata. Contrariamente a quanto eccepito da quest’ultima, la censura è dunque tempestiva.
Nel merito, la scelta dell’amministrazione procedente di premiare il possesso della seconda laurea è illegittima. La chiara previsione di cui all’art. 6 co. 1 punto I. del bando esclude, infatti, la facoltà di attribuire rilievo a titoli di pari livello rispetto a quello necessario per l’ammissione, indipendentemente dalla loro attinenza al posto messo a concorso, indirizzando la discrezionalità della commissione verso la valorizzazione dei soli titoli di livello superiore (master, dottorato di ricerca, diploma di specializzazione, che costituiscono titoli post laurea nell’ambito del Quadro dei titoli italiani dell’istruzione superiore).
In altri termini, a norma del bando la laurea (o titolo equipollente) in Scienze biologiche/Biologia opera quale requisito di ammissione e contribuisce in modo decisivo a selezionare a monte una platea di candidati coerente con il profilo richiesto per la copertura del posto (per il dettaglio del profilo, si veda l’art. 3 del bando, su cui infra). Le competenze ulteriori possono essere valorizzate, ai fini dell’individuazione dei candidati migliori, solo se documentate da un titolo di livello superiore, per tale dovendosi ritenere il titolo che presupponga il possesso della laurea specialistica o magistrale richiesta per accedere al concorso (per inciso, in questa ottica si può forse dubitare che costituisca titolo di livello superiore il master di I livello, ma la questione è irrilevante e non merita perciò approfondimento).
Non vi è invece alcuno spazio, stante l’inequivoco tenore letterale del bando, per la valorizzazione dei titoli di pari livello, qual è per definizione una seconda laurea; e la commissione, ove pure avesse reputato irragionevole una siffatta limitazione, in nessun caso avrebbe potuto disapplicare il bando, mentre la controinteressata, eventualmente, avrebbe dovuto impugnare il bando con ricorso incidentale.
Ne discende, inevitabilmente, che alla seconda laurea posseduta dalla dottoressa Malentacchi non può farsi corrispondere l’attribuzione del punteggio riservato dal bando ai titoli di studio, non essendo in discussione che essa costituisca titolo di pari livello a quello richiesto per l’ammissione.
Non solo. La seconda laurea neppure può essere ricondotta agli “altri titoli”, cui sono riservati fino a dieci punti, in senso contrario militando – ancora una volta – la lettera del bando: ai sensi dell’art. 6 co. 1 punto III., la voce “altri titoli” comprende eventuali titoli “non ricompresi nelle precedenti tipologie”, mentre la seconda laurea, al contrario, appartiene alla tipologia “titoli di studio” contemplata dal precedente punto I., salvo non essere suscettibile di valutazione. Si vuol dire che, se il bando avesse voluto valorizzare il possesso della seconda laurea, lo avrebbe fatto nell’ambito della categoria omogenea del titoli di studio: la mancata valorizzazione in quell’ambito esaurisce la valutazione compiuta dal bando circa la rilevanza dei titoli di studio, nel senso di escluderne la seconda laurea (opinando diversamente, si ammetterebbe la possibilità per la commissione di sovvertire la tassonomia del bando, immodificabile).
4.1.2. La ricorrente lamenta anche di aver ricevuto dalla commissione, per i titoli di servizio, il medesimo punteggio (12) della controinteressata, pur vantando un curriculum ben più adeguato rispetto al profilo messo a concorso. L’affermazione è contestata dalle difese resistenti, le quali sostengono che il punteggio complessivamente attribuito alla dottoressa Malentacchi per i titoli di servizio corrisponderebbe a 1,5 punti moltiplicati per gli otto anni di servizio da lei prestati in veste di assegnista e borsista di ricerca presso la stessa Università di Firenze, in pedissequa applicazione dei criteri stabiliti dalla commissione nella prima seduta.
Tanto premesso, occorre a questo punto richiamare l’art. 3 del bando, che, nel descrivere il profilo richiesto per coprire il posto messo a concorso, richiede il possesso “di competenze relative ad indagini di biologia molecolare con particolare riferimento all’applicazione ed allo sviluppo di metodiche innovative nell’ambito della ginecologia e della perinatologia”, nonché “relativamente all’uso ed alla manutenzione di attrezzature complesse impiegate in ricerche di biologia molecolare negli stessi ambiti di ricerca”.
La norma presenta un contenuto dichiaratamente prescrittivo, reso ancor più manifesto dal suo esordio: “La persona idonea a ricoprire il posto… deve essere in possesso” delle competenze richieste, le quali, come si vede, non sono riferite alla categoria generale della biomedica, né coincidono con le indagini di biologia molecolare, ma, all’interno di quel più vasto ambito, debbono attenere alle aree specifiche della ginecologia e della perinatologia (significativo e inequivoco, in questa direzione, è l’inciso “con particolare riferimento”).
In sede di determinazione dei criteri per l’assegnazione dei punteggi, la commissione ha precisato di considerare attinenti “le attività lavorative svolte in coerenza con il profilo richiesto e descritto all’art. 3 del bando”. Il criterio, dunque, non può che essere inteso alla luce della norma di bando, cui la commissione espressamente rinvia; con la conseguenza che gli unici titoli di servizio “coerenti” – letteralmente: non in contraddizione – con il bando debbono ritenersi quelli riguardanti attività riconducibili al profilo in ogni suo aspetto, a partire dalla necessaria riferibilità ai settori della ginecologia e della perinatologia.
La conclusione è obbligata dallo stringente contenuto della descrizione del profilo offerta dall’art. 3, tale da non lasciare adito a interpretazioni adeguatrici, da parte della commissione, ai fini della concreta applicazione del criterio ai titoli presentati dai concorrenti. È vero, semmai, che – per poter legittimamente valorizzare le esperienze lavorative non del tutto coincidenti con il profilo messo a concorso – la commissione avrebbe dovuto chiarire sin dal momento della predeterminazione dei criteri, e con il supporto di idonea motivazione, che al di là del rinvio all’art. 3 del bando sarebbero state giudicate “coerenti” anche attività lavorative estranee ai settori della ginecologia e della perinatologia, benché queste fossero centrali nella descrizione del profilo.
Tale facoltà era del resto offerta dal bando stesso all’art. 6, ove si riconosce la valutabilità delle attività di lavoro pregresse “sulla base della natura, della durata e dell’attinenza al posto messo a concorso”, oltre che di attività manifestamente estranee alle competenze richieste, come il servizio militare e il servizio civile (va detto che, per il corretto esercizio di tale facoltà, la commissione avrebbe dovuto graduare i punteggi attribuibili ai titoli di servizio in ragione della maggiore o minore attinenza degli stessi con il profilo messo a concorso).
Al contrario, la commissione ha dapprima stabilito il criterio dell’attinenza rinviando puramente e semplicemente all’art. 3 del bando, e tralasciando di esprimersi circa una possibile estensione dello stesso a titoli di servizio non del tutto rispondenti al profilo; salvo praticare di fatto l’estensione al momento della valutazione dei titoli, disattendendo il vincolo che essa stessa si era data e, oltretutto, senza alcunché motivare al riguardo (che le indagini di biologia molecolare trovino applicazione in campi diversi e che le competenze a tal fine richieste siano sempre le stesse, indipendentemente dal campo d’indagine, come si legge nelle difese dell’Università, è affermazione che vorrebbe integrare a posteriori la motivazione mancante). Con il risultato, irragionevole e contrario al bando, di attribuire identico punteggio ad esperienze lavorative pienamente coincidenti con il profilo messo a concorso e ad altre solo in parte coincidenti.
Dell’indebita estensione ha beneficiato la controinteressata, le cui esperienze professionali pregresse non hanno attinenza ai settori della ginecologia e della perinatologia, a differenza dei titoli di servizio della ricorrente, la quale risulta aver operato con continuità in quegli specifici settori.
Sostiene la dottoressa Malentacchi che, così opinando, dovrebbe concludersi che il bando di concorso era stato ritagliato sulla persona della dottoressa Bussani, in violazione di tutti i principi di trasparenza, par condicio e non discriminazione.
In realtà, è la stessa controinteressata a sottolineare che, per identificare il candidato più rispondente al profilo richiesto, il bando riservava un peso preponderante (70 punti) alla valutazione delle prove scritte e orali. Questo sembra di per sé escludere che si sia trattato di un “bando-fotografia”, non apparendo illogico che una qualche considerazione preferenziale esso abbia voluto attribuire al possesso di esperienze professionali negli specifici settori contemplati dal profilo, sia pure nei limiti del punteggio residuale assegnato alla valutazione dei titoli.
In altri termini, che la dottoressa Malentacchi possieda tutte le competenze necessarie per ricoprire il posto messo a concorso, come dimostrerebbe il risultato delle prove scritte e orali, non toglie la minore attinenza dei suoi titoli di servizio rispetto al profilo descritto dall’art. 3 del bando. Se poi questo, per come formulato, non risponda ai fondamentali precetti di imparzialità e trasparenza è questione che avrebbe potuto e dovuto essere fatta valere mediante apposita impugnazione incidentale.
4.1.3. In ultimo, la dottoressa Bussani si duole dell’identico punteggio (8) attribuito dalla commissione alle sue pubblicazioni e a quelle della dottoressa Malentacchi. Ella, premesso di essersi vista valutare un numero di pubblicazioni inferiore a quelle presentate, ritiene che la commissione avrebbe dovuto prendere in esame – fra gli “altri titoli” – le sole pubblicazioni inerenti al profilo indicato dal bando e relative, pertanto, alla biologia molecolare con particolare riferimento alla ginecologia e alla perinatologia, e non anche quelle non aventi specifica inerenza a detti settori.
Sul punto, valgono le medesime considerazioni già svolte in ordine al titoli di servizio, atteso che per le pubblicazioni presentate dai candidati la commissione si è servita della stessa definizione di attinenza al profilo messo a concorso, vale a dire “coerenza con il profilo richiesto e descritto all’art. 3 del bando”.
Anche per le pubblicazioni, la commissione – autovincolatasi all’art. 3 del bando – avrebbe dovuto limitarsi a valorizzare quelle integralmente rispondenti al profilo, e non operare indebite e immotivate estensioni a quelle solo in parte rispondenti. Ad aver beneficiato dell’errore, ancora una volta, è la controinteressata, le cui pubblicazioni – a prescindere dal pregio scientifico, qui non in discussione – riguardano temi di biologia molecolare, ma al di fuori dei settori della ginecologia e della perinatologia, mentre è sufficiente scorrere i titoli delle pubblicazioni presentate dalla ricorrente Bussani (in numero di cinquanta, e non di ventinove come erroneamente riportato dalla commissione esaminatrice nel verbale del 1 dicembre 2015) per avvedersi che esse riguardano per lo più argomenti direttamente connessi ai settori di indagine che descrivono il profilo messo a concorso.
5. La fondatezza delle censure articolate con il terzo motivo comporta l’illegittimità dell’impugnata graduatoria concorsuale, nella parte in cui alla controinteressata dottoressa Malentacchi viene attribuito il punteggio per i titoli e, complessivamente, un punteggio finale superiore a quello della ricorrente.
In ossequio agli effetti conformativi della presente sentenza, che non implicano il riesercizio di facoltà discrezionali, l’Università degli Studi di Firenze riformulerà la graduatoria collocando al primo posto la ricorrente. Alla controinteressata potrà essere mantenuto il secondo posto, nei limiti in cui la sua collocazione poziore possa considerarsi oramai consolidata nei confronti degli altri concorrenti, diversi dalla dottoressa Bussani, che la seguivano nella graduatoria originaria (non constano al collegio impugnative della graduatoria da parte di altri concorrenti, ma la verifica conclusiva non può che competere all’amministrazione).
5.1. Le spese di lite, nei rapporti fra la ricorrente, l’Università e la controinteressata, seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
5.2. Le spese possono essere compensate nei rapporti tra la ricorrente e il M.I.U.R., estraneo alle domande proposte, ma le cui difese sono di stampo meramente formale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso nei sensi di cui in parte motiva, e per l’effetto annulla gli atti e provvedimenti impugnati nella parte in cui individuano la controinteressata come vincitrice della procedura concorsuale oggetto del giudizio.
Condanna l’Università degli Studi di Firenze e la controinteressata, in ragione della metà per ciascuna, alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 4.000,00, oltre agli accessori di legge.
Spese compensate nei rapporti fra la ricorrente e il M.I.U.R..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Pozzi, Presidente
[#OMISSIS#] Bellucci, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 12/09/2017