Il vizio di illegittimità non ancora dichiarato dalla Consulta non comporta un impedimento legale all’esercizio del diritto disconosciuto da atti aventi forza di legge contrastanti con una norma della Costituzione; il soggetto interessato è posto invece in una situazione di mera difficoltà di fatto, cui può reagire attivando gli ordinari mezzi di tutela e sollevando in tale sede la questione di costituzionalità. Pertanto, la retroattività della pronuncia che dichiari l’incostituzionalità della norma di legge o che la interpreti in senso conforme al dettato costituzionale non può incidere su situazioni giuridiche ormai esaurite o consolidatesi nel tempo, cui gli interessati non hanno ritenuto di porre rimedio con gli strumenti offerti dall’ordinamento, tra i quali è inclusa la proposizione di un ricorso attraverso il quale sottoporre al vaglio del Giudice delle leggi la norma viziata.
Non è possibile estendere gli effetti della pronuncia della Corte Costituzionale, 6 giugno 2008, n. 191, in punto di riconoscibilità dei servizi pregressi quale tecnico laureato, all’interessato che abbia fatto inutilmente decorrere il termine per richiedere tale riconoscimento previsto dall’art. 103, comma 4, D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, rendendo esaurito il rapporto sottostante, con conseguente resistenza della situazione azionata alla retroattività della declaratoria di incostituzionalità.
TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 14 gennaio 2015, n. 65
Ricostruzione carriera ricercatore confermato–Riconoscimento servizi prestati anteriormente entrata in ruolo
N. 00065/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01435/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1435 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
[#OMISSIS#] Donati, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Fiaschi, [#OMISSIS#] Menzione ed [#OMISSIS#] Zarra, con domicilio eletto presso l’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Firenze, Via S. [#OMISSIS#] n. 40;
contro
Università degli Studi di Pisa, rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, e domiciliata per legge presso la stessa in Firenze, via degli Arazzieri n. 4;
per l’annullamento
– del provvedimento prot. I/6 anno 2009 num. 7451 emesso dall’Università degli Studi di Pisa in data 18.5.2009, con il quale è stato disposto “l’annullamento del precedente provvedimento con cui si riconoscevano i servizi pre-ruolo svolti in qualità di tecnico laureato ex lege 4/1999 ai sensi dell’art. 103 c. 3 del D.P.R. 382/1980 come risultante a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.191/2008” già riconosciuti dalla stessa amministrazione a far data dal mese di ottobre 2008 e con il quale si richiede alla ricorrente la restituzione delle somme percepite con conseguente inquadramento nella classe stipendiale inferiore;
– di tutti gli altri atti presupposti, connessi e consequenziali;
e per l’annullamento (chiesto con motivi aggiunti depositati in giudizio il 24.9.2014):
– del provvedimento dirigenziale prot.n.0018839/2014 del 10.6.2014, con il quale l’Università ha riconosciuto, “ai sensi dell’art.103 del DPR n.382/1980, nella misura complessiva di 8 anni, il sotto indicato servizio, a decorrere dall’1.1.2000 ai soli fini giuridici e a decorrere dal 18.9.2008 ai fini economici;
– di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso;
e, ove occorrer possa per l’accertamento
del diritto al riconoscimento dei servizi prestati in qualità di funzionario tecnico – conservatore di museo – nel periodo 1.1.1984-30.11.2000, secondo quanto previsto ai sensi dell’art.103 DPR. 382/1980 e, quindi, con effetti sia giuridici che economici a far data dall’immissione in ruolo avvenuta il 1.12.2000;
e per la condanna
dell’Amministrazione a corrispondere tutte le somme discendenti dall’intercorso accertamento avvenuto con il provvedimento dirigenziale prot. n. 0018839/2014 del 10.6.2014 di cui sopra, ivi comprese le differenze retributive relative al quinquennio 2003-2007, considerato il termine di prescrizione ordinario previsto dall’art.2948 c.c. decorrente a far data dalla domanda del 18.9.2008.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Pisa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2014 il dott. [#OMISSIS#] Bellucci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente, a decorrere dal 1.12.2010, è stata inserita in ruolo presso l’Università degli Studi di Pisa con la qualifica di ricercatore universitario confermato, a seguito dell’espletamento dei concorsi riservati ai tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca.
Essa, avendo prestato servizio di ruolo con la qualifica di conservatore di museo dal 1.1.1984 (funzionario tecnico di VIII qualifica), si era recata nel gennaio 2001 presso gli uffici amministrativi dell’Università di Pisa onde chiedere il riconoscimento del servizio svolto preruolo, ai sensi dell’art. 103, comma 3, del d.p.r. n. 382/1980, ovvero per chiedere il riconoscimento dell’intero servizio pregresso ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e nella misura di due terzi ai fini della carriera.
Tuttavia l’interessata, avendo appreso che i suddetti benefici non riguardavano l’attività svolta come funzionario tecnico, non rientrante nell’elenco degli aventi diritto di cui all’art. 7 della legge n. 28/1980, richiamato dall’art. 103 del citato d.p.r. n. 382/1980, ha rinunciato alla presentazione dell’istanza.
Successivamente la Corte Costituzionale, con sentenza n. 191 del 6.6.2008, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 103, comma 3, del d.p.r. n. 382/1980 nella parte in cui non riconosceva ai ricercatori universitari, all’atto dell’immissione nella fascia dei ricercatori confermati, l’attività svolta nelle università quali tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca.
Forte di tale pronuncia la ricorrente, in data 1.9.2008, ha presentato richiesta di riconoscimento dell’attività prestata in qualità di tecnica laureata.
L’Università di Pisa, a far data dall’ottobre 2008, ha riconosciuto il nuovo inquadramento stipendiale ed ha liquidato, nella busta paga di tale mese, il pregresso economico dovuto.
L’interessata ha però ricevuto, nel marzo 2009, comunicazione di avvio del procedimento di recupero delle somme erroneamente corrisposte, con la quale l’Università faceva presente che la sentenza della Corte Costituzionale non poteva incidere sui rapporti definitivamente esauriti, con la conseguenza che, non avendo l’interessata stessa presentato domanda entro un anno dall’immissione nel ruolo di ricercatore, ex art. 103, comma 4, del d.p.r. n. 382/1980, la domanda di riconoscimento dei servizi preruolo non doveva essere accolta.
L’Amministrazione, con provvedimento del 12.5.2009, ha respinto l’istanza della ricorrente ed ha disposto il recupero delle somme erroneamente versate .
Avverso tale atto l’istante è insorta deducendo varie censure.
In pendenza del gravame l’Università, con determinazione del 10.6.2014, ha riconosciuto all’esponente la ricostruzione di carriera a decorrere dalla data di presentazione dell’istanza (cioè dal 18.9.2008) ai fini economici, e a decorrere dal 1.12.2000 ai fini giuridici, al dichiarato scopo di allineare la situazione della parte istante a quella degli altri ricercatori che avevano presentato domanda e ai quali era stato riconosciuto, in sede conciliativa, il medesimo trattamento, senza corresponsione di somme arretrate.
Avverso il provvedimento sopravvenuto la ricorrente è insorta con motivi aggiunti incentrati sulle seguenti censure:
1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 103 del d.p.r. n. 382/1980, della sentenza della Corte Costituzionale n. 191/2008 e del principio di efficacia retroattiva della predetta sentenza; eccesso di potere per omessa e/o insufficiente istruttoria, illogicità e irragionevolezza manifeste;
2) perplessità della motivazione; eccesso di potere per disparità di trattamento, illogicità, irragionevolezza manifesta; violazione e falsa applicazione dell’art. 1965 c.c.;
3) violazione del’art. 103, comma 3, del d.p.r. n. 382/1980 come modificato dalla predetta sentenza della Corte Costituzionale; eccesso di potere per disparità di trattamento, violazione della par condicio e degli artt. 3, 97, 111 e 113 della Costituzione; violazione dei principi di imparzialità, efficienza dell’agire amministrativo, perplessità, illogicità e irragionevolezza manifeste.
Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Pisa.
All’udienza del 19 dicembre 2014 la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente il Collegio rileva che il provvedimento impugnato con il ricorso principale è stato sostituito dall’Università resistente con la determinazione datata 10.6.2014, oggetto dei motivi aggiunti, di parziale riconoscimento della ricostruzione della carriera.
Stante il venire meno del provvedimento originariamente impugnato, la ricorrente non ha più interesse ad una pronuncia sul ricorso introduttivo, il quale è improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, come evidenziato dalla parte istante stessa nei motivi aggiunti (pagina 7).
Entrando nel merito della trattazione dei motivi aggiunti, si osserva quanto segue.
Con la prima censura l’esponente, premesso che la sentenza della Corte Costituzionale n. 191 del 2008, in quanto sentenza di accoglimento, ha effetto retroattivo con l’unico limite dei rapporti esauriti, deduce che la domanda presentata il 18.9.2008 ai fini del riconoscimento dell’attività lavorativa svolta dal 1° gennaio 1984 al 1° novembre 2000 incorre nella sola prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, cod. civ., con conseguente diritto alle differenze retributive maturate non oltre i cinque anni addietro alla presentazione della domanda stessa.
La doglianza è infondata.
Premesso che la ricorrente ha presentato la suddetta istanza allorquando il termine specificato dall’art. 103, comma 4, del d.lgs. n. 382/1980 era ampiamente trascorso, si osserva quanto segue.
Il vizio di illegittimità non ancora dichiarato dalla Consulta non comporta un impedimento legale all’esercizio del diritto disconosciuto da atti aventi forza di legge contrastanti con una norma della Costituzione; il soggetto interessato è posto invece in una situazione di mera difficoltà di fatto, cui può reagire attivando gli ordinari mezzi di tutela e sollevando in tale sede la questione di costituzionalità.
Pertanto, la retroattività della pronuncia che dichiari l’incostituzionalità della norma di legge o che la interpreti in senso conforme al dettato costituzionale non può incidere su situazioni giuridiche ormai esaurite o consolidatesi nel tempo, cui gli interessati non hanno ritenuto di porre rimedio con gli strumenti offerti dall’ordinamento, tra i quali è inclusa la proposizione di un ricorso attraverso il quale sottoporre al vaglio del Giudice delle leggi la norma viziata.
L’efficacia retroattiva delle pronunce di incostituzionalità adottate dalla Corte Costituzionale trova quindi un limite negli effetti che la stessa norma colpita ha irrevocabilmente prodotto, non solo in conseguenza della preclusione nascente dal giudicato o dalla scadenza dei termini di prescrizione o decadenza, ma anche a seguito dell’esaurimento del rapporto e della situazione giuridica in astratto interessata, determinato da atti e fatti, rilevanti sul piano sostanziale e processuale.
Tale principio vale anche per le sentenze cosiddette additive, con le quali la Corte, nel dichiarare l’incostituzionalità della disposizione sottoposta al suo vaglio, ne integra la previsione normativa definendo il corretto ambito della portata applicativa della norma.
Il che porta ad escludere la possibilità di estendere alla ricorrente gli effetti della richiamata pronuncia della Corte Costituzionale in punto di riconoscibilità dei servizi pregressi quale tecnico laureato, in quanto l’inutile decorso del termine per richiedere tale riconoscimento (dovuto alla mancata presentazione della domanda entro il termine di legge) ha reso esaurito il rapporto sottostante, con conseguente resistenza della situazione azionata alla retroattività della declaratoria di incostituzionalità (TAR Veneto, I, 21.3.2011, n. 472).
Una diversa interpretazione porterebbe a disconoscere qualsiasi significato al riferimento temporale chiaramente espresso dal citato art. 103, comma 4, del d.lgs. n. 382/1980 e ad ignorare il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui la posizione del soggetto rimasto inerte sino alla pronuncia della Corte Costituzionale non è preminente quale affidamento incolpevole nella legittimità della legge, ma è invece recessiva rispetto al principio della certezza delle situazioni giuridiche (che riceverebbe un grave vulnus in caso di rimessione in termini conseguente ad una pronuncia di incostituzionalità –Cass., S.U., 16.6.2014, n. 13676-).
Con il secondo rilievo viene contestata l’estensione della transazione sottoscritta dall’Amministrazione con altri ricercatori, la cui posizione è diversa da quella della ricorrente (quest’ultima infatti in un primo momento si era vista riconoscere il diritto al pregresso trattamento economico).
L’assunto non è condivisibile.
L’Università di Pisa, poco dopo avere riconosciuto il nuovo inquadramento di classe stipendiale nei confronti della ricorrente, è ritornata pochi mesi dopo sui propri passi respingendo la domanda di riconoscimento dei servizi pregressi e disponendo il recupero delle somme erroneamente corrisposte. Per effetto dell’atto impugnato con il ricorso introduttivo la posizione della ricorrente è quindi divenuta assimilabile a quella dei suoi colleghi che hanno poi aderito all’accordo transattivo con l’Università.
Appare quindi giustificata la scelta dell’Amministrazione di accogliere, sia pure parzialmente, l’istanza de qua al dichiarato scopo di allineare la situazione della parte esponente a quella degli altri ricercatori. Peraltro tale scelta, ponendosi in sostituzione del diniego impugnato con il ricorso principale, ha evitato che la ricorrente subisse un trattamento deteriore rispetto a quello riconosciuto agli altri ricercatori, e, comunque, si è rivelata migliorativa rispetto alla determinazione oggetto del ricorso principale (al disconoscimento totale della pretesa della deducente è subentrato il riconoscimento del servizio pregresso ai fini giuridici con decorrenza dal 1.12.2000, ed ai fini economici con decorrenza dal 18.9.2008).
Con la terza censura l’esponente, nel riproporre le censure dedotte con l’impugnativa principale, deduce che sino alla sentenza della Corte Costituzionale n. 191 del 6.6.2008 il diritto al riconoscimento del servizio preruolo non era mai sorto, con la conseguenza che non poteva decorrere alcun termine di prescrizione o di decadenza.
Il rilievo è infondato alla stregua delle considerazioni espresse nella trattazione della prima doglianza.
In conclusione, il ricorso principale deve essere dichiarato improcedibile, mentre i motivi aggiunti devono essere respinti.
Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, stante la particolarità della vicenda in esame e il non univoco orientamento giurisprudenziale sulle questioni di diritto dedotte.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, dispone quanto segue:
-dichiara improcedibile il ricorso principale;
-respinge i motivi aggiunti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Massari, Consigliere
[#OMISSIS#] Bellucci, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)