TAR Trentino Alto Adige, Trento, 29 ottobre 2019, n. 138

Procedura concorsuale per copertura posto Professore Ordinario-Incompatibilità

Data Documento: 2019-10-29
Area: Giurisprudenza
Massima

 Ne deriva che l’esclusione dalla partecipazione al concorso sconta la presenza di una familiarità (relazione di coniugio o grado di parentela o affinità fino al quarto grado compreso) tra giudicante e giudicato, poiché solo una appartenenza così “qualificata” del giudicante alla struttura accademica e, insieme, il rapporto di coniugio, parentela o affinità con l’aspirante sottoposto al giudizio può fornire il sospetto di uno stravolgimento dei principi che regolano la correttezza delle procedure concorsuali. Nella fattispecie in esame un tale presupposto non emerge dato che il coniuge della ricorrente, lungi dal poter incidere sui processi decisionali del dipartimento e sull’esito della procedura di valutazione, non fa parte di alcuno degli organi aventi poteri deliberanti o valutativi (Consiglio di dipartimento, Senato accademico, Comitato per il reclutamento) in merito a detta procedura.

Contenuto sentenza

N. 00138/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00049/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento
(Sezione Unica)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
nel giudizio introdotto con il ricorso numero di registro generale 49 del 2019, proposto da: 
[#OMISSIS#] Sicurelli, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Gullo e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Grandi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio eletto in Trento, via Calepina, n. 50, presso la Segreteria di questo Tribunale regionale di giustizia amministrativa per la Regione autonoma del Trentino-Alto Adige/Südtirol di Trento;
contro
Università degli studi di Trento, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trento, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, largo Porta Nuova, n. 9, presso gli uffici della predetta Avvocatura;
per l’annullamento
– del decreto del Rettore dell’Università degli studi di Trento D.R. n. 979 – RET datato 10 dicembre 2018 e comunicato alla prof.ssa [#OMISSIS#] Sicurelli in data 15 gennaio 2019 con Prot. n. 1077, avente ad oggetto “Esclusione dalla partecipazione alla procedura valutativa per la copertura di n. 1 posto di professore universitario di ruolo di prima fascia mediante chiamata ai sensi dell’art. 24, comma 6, Legge 240/2010 – Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale – Settore concorsuale 14/A2 (Scienza politica), settore scientifico disciplinare SPS/04 (Scienza politica) – Avviso rettorale prot. 36972 di data 8 novembre 2018”; 
– nonché per quanto occorra degli atti presupposti e/o conseguenti, anche non conosciuti, tra i quali in parte qua (art. 59) il “Regolamento per il reclutamento e la progressione di carriera di professori e ricercatori e per il conferimento degli assegni di ricerca di cui all’art. 22, L. 240/2010”, emanato con D.R. n. 8 del 10 gennaio 2018;
– nonché l’atto del Rettore dell’Università degli studi di Trento del 5 marzo 2019 Prot. n. 7245/P/8.2 indirizzata alla prof.ssa [#OMISSIS#] Sicurelli avente ad oggetto: “esclusione da procedura valutativa – conferma”;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria difensiva dell’Università degli studi di Trento; 
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa; 
Relatore nella udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2019 il consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per la parte ricorrente gli avvocati [#OMISSIS#] Gullo e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Grandi e per l’amministrazione resistente l’avvocato dello Stato [#OMISSIS#] Volpe;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La ricorrente è una professoressa di seconda fascia del dipartimento di sociologia e ricerca sociale dell’Università degli studi di Trento, incardinata nel settore scientifico-disciplinare SPS/04 “Scienza politica”. Nei medesimi dipartimento e settore scientifico-disciplinare presta servizio, quale professore di seconda fascia, anche il marito della ricorrente. La professoressa ha presentato domanda di ammissione alla procedura relativa alla copertura di 1 posto presso il dipartimento di sociologia e ricerca sociale – settore concorsuale 14/A2 (Scienza politica), settore scientifico-disciplinare SPS/04 “Scienza politica”, indetta nell’ambito dell’attivazione, da parte del senato accademico, di alcune procedure valutative per la copertura di 9 posti di professore di ruolo di prima fascia, da coprire mediante chiamata (interna) ai sensi dell’art. 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 dei professori di seconda fascia e dei ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell’Ateneo che avevano conseguito l’abilitazione nazionale. Anche il marito della professoressa concorre nella stessa procedura valutativa per il medesimo posto di professore universitario di ruolo di prima fascia mediante chiamata, ai sensi dell’art. 24, comma 6, della legge n. 240/2010, presso il dipartimento di sociologia e ricerca sociale Con decreto rettorale n. 979 RET del 10 dicembre 2018, comunicato il 15 gennaio 2019, la professoressa è stata esclusa dalla partecipazione alla predetta procedura valutativa in ragione della sussistenza del rapporto di coniugio e del divieto di cui all’art. 59, comma 1, del “Regolamento per il reclutamento e la progressione di carriera di professori e di ricercatori universitari e per il conferimento degli assegni di ricerca di cui all’art. 22 L. 240/2010”, emanato con decreto rettorale n. 8 del 10 gennaio 2018. Nonostante la richiesta della professoressa del 25 gennaio 2019 di annullamento in autotutela dell’esclusione, il Rettore, con atto del 5 marzo 2019, ha confermato la decisione. L’esclusione dalla partecipazione alla predetta procedura valutativa è stata censurata dalla docente con il ricorso in esame affidato ai seguenti motivi:
1. Violazione di legge: violazione e falsa applicazione dell’art. 59 del regolamento di Ateneo per il reclutamento e la progressione di carriera di professori e di ricercatori universitari e per il conferimento degli assegni di ricerca di cui all’art. 22 della l. n. 240/2010 (d. R. 10 gennaio 2018, n. 8) in relazione agli artt. 18 e 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240
L’Università ha falsamente applicato le disposizioni della norma regolamentare poiché la docente e il marito, professori di seconda fascia, pur afferendo al medesimo dipartimento di sociologia e ricerca sociale e concorrendo per lo stesso posto, non fanno parte degli organi dell’Ateneo aventi poteri decisionali nel procedimento per la chiamata. 
2. Violazione di legge: violazione e falsa applicazione dell’art. 59 del regolamento di Ateneo per il reclutamento e la progressione di carriera di professori e di ricercatori universitari e per il conferimento degli assegni di ricerca di cui all’art. 22 della l. n. 240/2010 (d. R. 10 gennaio 2018, n. 8) in relazione agli artt. 1 e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e perplessità
La preclusione di cui all’art. 59 del regolamento è riferita alla chiamata al posto e non alla partecipazione alla procedura di valutazione, partecipazione che, quindi, nella fattispecie è stata negata pur non essendo contemplata, con l’effetto di privare la ricorrente anche della possibilità di utilizzare il giudizio ottenuto nella procedura nell’ambito del proprio curriculum professionale. Inoltre il provvedimento di esclusione si pone in contrasto con il principio finalizzato a favorire la più ampia partecipazione alle procedure selettive per la selezione dei migliori concorrenti. 
La ricorrente conclude quindi per l’accoglimento del gravame.
Poiché il ricorso risultava notificato presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trento e non presso il domicilio reale dell’Università degli studi di Trento, questo Tribunale con ordinanza n. 49/2019 ha disposto la rinnovazione della notificazione ex art. 37 cod. proc. amm.
Nei termini disposti dall’ordinanza è quindi intervenuta la rituale notificazione e, a seguito della stessa, la costituzione della amministrazione e la riproposizione dell’istanza cautelare, che è stata accolta con ordinanza n. 27/2019 ai fini dell’ammissione con riserva della ricorrente alla procedura valutativa.
L’Amministrazione resistente ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per l’inosservanza del termine di impugnazione. In particolare la difesa dell’Amministrazione censura la rimessione in termini della parte ricorrente escludendo il contrasto giurisprudenziale, ritenuto da questo Tribunale a motivazione della suddetta ordinanza n. 49/2019, in ordine alla perdurante sussistenza del patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura dello Stato anche dopo la riforma della legge 9 maggio 1989, n. 168. L’Amministrazione inoltre eccepisce l’omessa notificazione del ricorso ad almeno uno dei controinteressati dato che altri docenti hanno chiesto di partecipare alla procedura concorsuale. Infine viene sollevato un ulteriore motivo di inammissibilità derivante dalla mancata immediata impugnazione dell’avviso di selezione valutativa in quanto già immediatamente lesivo per la ricorrente. Quindi, “in estremo subordine” l’Amministrazione insiste anche per l’infondatezza nel merito del ricorso.
Nel prosieguo la ricorrente ha depositato un’ulteriore memoria, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
All’udienza del 24 ottobre 2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
I) In limine litis, occorre scrutinare le plurime eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dall’Università degli studi di Trento. Va innanzitutto rilevato che la rinnovazione della notificazione disposta in dipendenza della riconosciuta scusabilità dell’errore non ha, in ogni caso, determinato alcun vulnus al principio di parità delle parti, se mai rafforzando in sostanza l’effettività della tutela giurisdizionale, assicurata dalla consentita e avvenuta costituzione dell’amministrazione. L’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notificazione ai controinteressati è poi infondata alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza, che il Collegio condivide, secondo il quale la reazione contro l’esclusione da una procedura concorsuale proposta prima dell’approvazione della graduatoria definitiva non individua un’area di soggetti che possano ritenersi lesi dall’eventuale accoglimento del ricorso comunque non emergendo un tale interesse direttamente dal provvedimento impugnato. Neppure è fondata l’eccezione preliminare che si appunta avverso alla mancata impugnazione dell’avviso rettorale dell’8 novembre 2018 con il quale è stata indetta la procedura valutativa, poiché la necessità dell’immediata impugnazione delle clausole regolatrici della procedura concorsuale sconta, in generale, la definibilità delle stesse in senso immediatamente escludente per il soggetto interessato a parteciparvi. Tale lesività immediata non si riscontra nella fattispecie in esame in cui la procedura valutativa è disciplinata per il profilo qui in rilievo dall’art. 59, comma 1, del “Regolamento per il reclutamento e la progressione di carriera di professori e di ricercatori universitari e per il conferimento degli assegni di ricerca di cui all’art. 22 L. 240/2010”, emanato con decreto rettorale n. 8 del 10 gennaio 2018, che, come si dirà, deve essere interpretato e applicato in un senso diverso da quello ritenuto dall’Università, che ha condotto all’esclusione della ricorrente.
Il ricorso è, quindi, ammissibile.
II) Il ricorso è anche fondato.
III) Il primo motivo, con il quale viene contestata l’applicazione che l’Università, disponendo l’esclusione con il provvedimento in principalità impugnato, della docente dalla procedura valutativa, ha ritenuto di dare dell’art. 59, comma 1, del Regolamento per il reclutamento e la progressione di carriera di professori e di ricercatori universitari, coglie nel segno. Il fulcro della controversia non attiene al rapporto di coniugio, che l’art. 59, comma 1, del regolamento di Ateneo include espressamente tra i motivi di esclusione dalla procedura valutativa (“Non possono essere destinatari di chiamata ai sensi degli artt. 57 e 58 del presente Regolamento coloro i quali abbiano una relazione di coniugio o un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente alla struttura accademica che propone la chiamata ovvero con il Rettore, il Direttore Generale o un componente del Consiglio di amministrazione dell’Ateneo”) diversamente dall’art. 18, comma 1 lett. b) della legge 30 dicembre 2010, n. 241 che non ne fa alcun esplicito cenno (”In ogni caso, ai procedimenti per la chiamata, di cui al presente articolo, non possono partecipare coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo”), ma riguarda piuttosto la natura della richiesta appartenenza del coniuge professore alla struttura accademica che propone la chiamata. La sentenza n. 78 del 9 aprile 2019 con cui la Corte costituzionale ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 1, lettera b), ultimo periodo, della legge n. 240 del 2010, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., sollevate in relazione alla mancata menzione del rapporto di coniugio tra le condizioni che precludono la partecipazione ai procedimenti di chiamata e ha ritenuto non irragionevole che il rapporto di coniugio non sia incluso tra le condizioni escludenti la chiamata, evidenzia la necessità di un bilanciamento, maggiore in costanza di coniugio, tra i valori costituzionali che entrano in gioco. L’interpretazione basata sul mero dato letterale dell’art. 59, comma 1, che l’Università ha privilegiato e che ha portato all’esclusione della ricorrente, finisce per frustrare diritti costituzionalmente garantiti al pari dei principi di imparzialità ed uguaglianza alla cui tutela la norma è preordinata. La ratio dell’esclusione che la norma, alla luce di detti principi di imparzialità ed uguaglianza, stabilisce è, infatti, ravvisabile nel contrasto al cosiddetto familismo universitario, ma ciò entro il limite rappresentato dal dovuto rispetto di altri valori costituzionali, quali il diritto di ogni cittadino, munito dei necessari requisiti, di partecipare alle selezioni per accedere ai pubblici impeghi. La tesi prospettata dalla difesa dell’Università, che riprende un noto orientamento dell’Avvocatura generale espresso a suo tempo sull’argomento, secondo cui l’art. 59 citato sarebbe finalizzato ad assicurare che le procedure di valutazione siano non solo in concreto imparziali e obiettive, ma anche che appaiano tali, non convince poiché alla sua stregua la norma assumerebbe un inammissibile significato di preclusione assoluta di tale diritto. E’, dunque, solo a seguito di una esegesi costituzionalmente orientata e nel bilanciamento attento dei valori in gioco, che la norma può trovare legittima applicazione. Assume allora rilevanza, come rispettosa sia della lettera, sia della ratio della norma, l’interpretazione che dell’art. 59, comma 1 ne circoscrive la portata alla tutela del “possibile affievolimento del principio di uguaglianza e della conseguente par condicio dei candidati che deriva dalla familiarità tra giudicante e giudicato” (C.d.S., sez. VI, n. 1270/2013). Ne deriva che l’esclusione dalla partecipazione al concorso sconta la presenza di una familiarità (relazione di coniugio o grado di parentela o affinità fino al quarto grado compreso) tra giudicante e giudicato, poiché solo una appartenenza così “qualificata” del giudicante alla struttura accademica e, insieme, il rapporto di coniugio, parentela o affinità con l’aspirante sottoposto al giudizio può fornire il sospetto di uno stravolgimento dei principi che regolano la correttezza delle procedure concorsuali. Nella fattispecie in esame un tale presupposto non emerge dato che il coniuge della ricorrente, lungi dal poter incidere sui processi decisionali del dipartimento e sull’esito della procedura di valutazione, non fa parte di alcuno degli organi aventi poteri deliberanti o valutativi (Consiglio di dipartimento, Senato accademico, Comitato per il reclutamento) in merito a detta procedura.
Il provvedimento che dispone l’esclusione, fondato sulla mera appartenenza del coniuge della professoressa alla struttura accademica che propone la chiamata, è, pertanto, illegittimo, dovendo l’art. 59, comma 1, del regolamento di Ateneo essere interpretato nel senso surriferito. 
IV) La riscontrata fondatezza del primo motivo comporta l’accoglimento del ricorso, con assorbimento della seconda censura, il cui esito non potrebbe in ogni caso condurre ad una diversa conclusione del giudizio.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di giustizia amministrativa per la Regione autonoma del Trentino – Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla il provvedimento in principalità impugnato.
Condanna l’Università degli studi di Trento al pagamento delle spese di giudizio a favore della ricorrente nella misura di euro 1.000 oltre ad oneri di legge e alla rifusione del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Vigotti, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 29/10/2019

IL SEGRETARIO