TAR Veneto, Venezia, Sez. I, 20 marzo 2019, n. 354

Procedura concorsuale posto Professore II fascia-Consiglio di Dipartimento-Vizio composizione collegiale

Data Documento: 2019-03-20
Area: Giurisprudenza
Massima

Il vizio nella composizione dell’organo collegiale chiamato ad adottare la determinazione amministrativa che ha dato luogo alla controversia è assimilabile al vizio di incompetenza (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 5 novembre 2018, n. 6257; Cons. Stato, Sez. VI, 22 giugno 2011, n. 3755; TAR Veneto, Venezia, Sez. I, 26 novembre 2018, n. 1079; TAR Abruzzo, Pescara, Sez. I, 24 novembre 2016, n. 367; TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 16 gennaio 2013, n. 54).

Contenuto sentenza

N. 00354/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00253/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 253 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
[#OMISSIS#] Borzellino, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Maccarrone, [#OMISSIS#] Meneghello e [#OMISSIS#] Pietrobon, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] Pietrobon in Venezia, San Polo, 2988 Frari; 
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio; 
Università degli Studi Verona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia, presso i cui uffici domicilia in Venezia, piazza S. [#OMISSIS#], 63; 
Comune di Chioggia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Papa e [#OMISSIS#] Perini, con domicilio digitale presso l’indirizzo PEC indicato nel controricorso; 
nei confronti
[#OMISSIS#] Ruzzenente, non costituito in giudizio;
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituito in giudizio;
[#OMISSIS#] Carraro, non costituito in giudizio; 
per l’annullamento
(i) del Decreto rettorale dell’Università degli Studi di Verona, del 19.12.2016 n. 1895, con cui “…è accertata la regolarità degli atti relativi alla procedura selettiva per la copertura di n. 1 posto di professore associato, 06/C1 Chirurgia Generale – S.S.D. MED/18 Chirurgia Generale, per il Dipartimento di Scienze Chirurgiche Odontostomatologiche e Materno Infantili di questa Università, da cui risulta chiamato il seguente nominativo: Dott. [#OMISSIS#] Ruzzenente nato a Verona (VR) il 18/06/1973…”;
(ii) della delibera del Consiglio di Dipartimento di Scienze Chirurgiche Odontostomatologiche e Materno-Infantili del 7.12.2016 “…di approvazione della proposta di chiamata del Dott. [#OMISSIS#] Ruzzenente per n. 1 posto di professore di II fascia…”;
(iii) dei verbali della Commissione giudicatrice, del 2.11.2016 e dell’1.12.2016, nonché della relazione riassuntiva della Commissione giudicatrice dell’1.12. 2016;
(iv) del Decreto rettorale del 9.8.2016 n. 1200 rep., con cui sono state indette “…le procedure di selezione per la copertura di n. 2 posti di Professore associato (II fascia) da coprire mediante chiamata ai sensi dell’art. 18, comma 1, Legge 240/2010…”, uno dei quali presso il Dipartimento di Scienze Chirurgiche Odontostomatologiche e Materno-Infantili, per il Settore Concorsuale 06/C1 Chirurgia Generale ed il Settore scientifico disciplinare MED/18 Chirurgia Generale, con il relativo bando di gara;
(v) di ogni atto, antecedente o successivo, comunque presupposto, connesso o consequenziale, ivi espressamente compresi, per quanto dovesse occorrere ai fini della presente impugnativa, (a) il “Regolamento per la disciplina delle chiamate dei professori universitari ai sensi dell’art. 18 della legge n. 240/2010”, emanato nel testo oggi vigente con Decreto rettorale del 6.7.2016 n. 1012 rep., segnatamente per la previsione contenuta all’articolo 8, secondo comma; (b) il verbale del Consiglio di Dipartimento di Scienze Chirurgiche Odontostomatologiche e Materno-Infantili del 5.10.2016, di nomina della Commissione giudicatrice (atto non conosciuto); (c) la delibera del Consiglio di Dipartimento di Scienze Chirurgiche Odontostomatologiche e Materno-Infantili del 20.7.2016, di richiesta dell’emanazione del bando di chiamata per n. 1 posto di professore associato (II fascia), settore concorsuale 06/C1 Chirurgia Generale – S.S.D. MED/18 Chirurgia Generale (non conosciuta).
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Verona e del Comune di Chioggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 marzo 2019 il dott. Giovanni [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Dato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Parte ricorrente espone che con decreto rettorale del 9 agosto 2016 n. 1200 rep., l’Università degli Studi di Verona ha indetto la procedura di selezione “per la copertura di n. 2 posti di Professore associato (II fascia) da coprire mediante chiamata ai sensi dell’art. 18, comma 1, Legge 240/2010”.
Per quanto riguarda il Dipartimento di Scienze Chirurgiche Odontostomatologiche e Materno-Infantili, è stata prevista la copertura di 1 posto, nel settore concorsuale “06/C1 Chirurgia Generale” e nel settore scientifico disciplinare “MED/18 Chirurgia Generale”.
Parte ricorrente richiama nel gravame introduttivo (pagg. 3 e ss.) il titolo di studio richiesto, le previsioni con riguardo alla “tipologia di impegno didattico e scientifico”, le indicazioni circa la “attività sanitaria assistenziale” nonché la definizione degli orientamenti per la determinazione da parte della commissione dei “criteri generali di valutazione” in relazione alle pubblicazioni scientifiche, all’attività didattica e al curriculum.
Il successivo 5 ottobre 2016 è stata nominata la commissione giudicatrice.
Sono stati ammessi alla procedura il ricorrente e gli odierni tre controinteressati.
La commissione giudicatrice si è riunita il 2 novembre 2016 e l’1 dicembre 2016, cui ha fatto seguito la valutazione dei candidati; sulla base dei giudizi espressi, la commissione giudicatrice ha individuato “…la seguente rosa di candidati idonei sui quali esprime la seguente valutazione”:[#OMISSIS#] Ruzzenente (Eccellente); [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] (Ottimo); [#OMISSIS#] Borzellino (Molto Buono) e [#OMISSIS#] CARRARO (Buono).
Il Consiglio di Dipartimento di Scienze Chirurgiche Odontostomatologiche e Materno-Infantili, con delibera del 7 dicembre 2016, ha approvato la proposta di chiamata del dott. [#OMISSIS#] Ruzzenente, e con successivo decreto rettorale del 19 dicembre 2016 è stata accertata la regolarità degli atti relativi alla procedura selettiva in questione, benché – lamenta parte ricorrente – il verbale della seduta del Consiglio sia stato formato, approvato e sottoscritto in data successiva (8 febbraio 2017).
Il ricorrente espone di aver presentato in data 18 gennaio 2017 istanza per accedere agli atti del concorso, comprensivi delle domande di partecipazione, coi relativi allegati, presentate dai concorrenti; dunque, al fine di rispettare il termine di decadenza decorrente dal predetto decreto rettorale, con espressa riserva di proporre motivi aggiunti all’esito della conoscenza integrale degli atti del concorso, ha proposto le domande in epigrafe con ricorso introduttivo spedito per la notifica il 17 febbraio 2017 e depositato il 6 marzo 2017.
1.1. Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Verona, contestando quanto dedotto in fatto e in diritto dalla parte ricorrente e chiedendo la reiezione del ricorso.
Non si sono costituiti il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nonché i controinteressati dott.ri [#OMISSIS#] Ruzzenente, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Carraro.
Si è costituito il Comune di Chioggia, pur non essendo stato evocato in giudizio dalla parte ricorrente.
1.2. Con ricorso per motivi aggiunti, spedito per la notifica in data 10 aprile 2017 e depositato in data 13 aprile 2017 – con il quale sono stati gravati i medesimi provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo (cfr. pagg. 1- 3 e 11 del ricorso per motivi aggiunti) – parte ricorrente ha proposto un ulteriore articolato motivo di gravame (rubricato alle pagg. 4-5 del ricorso per motivi aggiunti).
1.3. All’udienza pubblica del 6 marzo 2019, presenti i difensori delle parti ricorrente e resistente, come da verbale, i quali si sono riportati alle conclusioni già prese chiedendone l’accoglimento, il Collegio si è riservato di provvedere e ha trattenuto la causa in decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare il Collegio dispone l’estromissione, per carenza di legittimazione passiva, del Comune di Chioggia, che si è costituito pur non essendo stato evocato in giudizio, atteso che la controversia afferisce questioni che non coinvolgono detto Ente, non venendo in esame alcun atto o comportamento riconducibile alla detta Amministrazione Comunale.
Giova ricordare che la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste rispettivamente nella titolarità del potere di promuovere ovvero del dovere di subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto secondo la prospettazione della parte (cfr. Cass. civ., sez. I, 27 marzo 2017, n. 7776), indipendentemente dalla sussistenza e titolarità – attiva e passiva – del rapporto stesso, per cui, con riferimento ad un giudizio impugnatorio, la legittimazione passiva deve essere essenzialmente riferita all’Amministrazione che ha emanato l’atto avversato (arg. ex Cons. Stato, sez. IV, 15 luglio 2011, n. 4343; T.A.R. Umbria, sez. I, 11 ottobre 2018, n. 525; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 2 febbraio 2016, n. 174).
Donde l’estromissione dal giudizio del Comune di Chioggia, si ribadisce, per carenza di legittimazione passiva.
2. Con il gravame introduttivo del giudizio parte ricorrente ha dedotto quattro articolate censure, mentre con il successivo ricorso per motivi aggiunti, come già detto, l’esponente ha dedotto un ulteriore ed articolato motivo di doglianza.
2.1. In particolare, nel motivo III (pag. 15 e ss.) del ricorso introduttivo (Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 51 C.P.C., degli artt. 1 e 6 bis, Legge 241/90, dell’art. 7 del D.P.R. 62/13, nonchè dell’art. 97 Cost. Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e dei principi di trasparenza e imparzialità. Violazione dell’obbligo di astensione) l’esponente, dopo aver evidenziato che alla seduta del Consiglio di Dipartimento del 7 dicembre 2016 risulta la presenza del dott. [#OMISSIS#] Salvia, controinteressato nel primo ricorso promosso dal ricorrente e appellante della sentenza di primo grado, ha argomentato nel senso che la sua presenza alla discussione, quale “professore associato”, ha certamente influenzato la formazione della volontà degli altri colleghi presenti, benché lo stesso abbia deciso di non partecipare al voto, dando atto – al termine della discussione – del predetto contenzioso e del conseguente conflitto nei termini che seguono: “ad oggi il Consiglio di Stato non si è ancora espresso in merito al ricorso che il Dott. Borzellino ha intentato contro l’Università di Verona per il precedente concorso di Professore di II fascia che mi aveva visto vincitore; ho ritenuto pertanto che il mio voto potesse essere considerato non completamento libero da condizionamenti personali”.
L’esponente mette dunque in risalto la singolarità della partecipazione del dott. Salvia alla seduta del Consiglio di Dipartimento, limitatamente alla discussione del primo punto all’ordine del giorno (dedicato all’approvazione della proposta di chiamata formulata dalla commissione giudicatrice), e l’allontanamento dello stesso solo al momento del voto, evidenziando poi che il dott. Salvia non ha ritenuto di rientrare in seduta per discutere gli altri argomenti.
Dunque, osserva il ricorrente, dopo aver richiamato un precedente giurisprudenziale in punto di obbligo di astensione, il dott. Salvia non aveva titolo a partecipare alla seduta in quanto la procedura concorsuale che aveva condotto alla sua chiamata (decreto rettorale del 25 settembre 2014 n. 2215) era stata annullata con sentenza T.A.R. veneto, sez. I, n. 1266/2015, i cui effetti non sono stati per nulla sospesi dal Consiglio di Stato. Il dott. Salvia pertanto, non avrebbe potuto fregiarsi del titolo di professore associato e partecipare ai lavori del Consiglio (che, per quel punto all’ordine del giorno, era riservato ai soli professori di prima e seconda fascia) perché il decreto rettorale che lo aveva nominato era stato annullato.
Nella memoria depositata in data 1 febbraio 2019 (pagg. 8 e 9) parte ricorrente, nel ribadire la doglianza, ha osservato che il dott. Salvia non ha ritenuto di comunicare al Consiglio che la sentenza del T.A.R. Veneto, sez. I, n. 1266/2015, accogliendo il ricorso del medesimo dott. Borzellino, aveva annullato il decreto rettorale di nomina a professore di seconda fascia dello stesso dott. Salvia e che l’efficacia di detta pronuncia non era mai stata sospesa (sentenza che nelle more è stata confermata dal Consiglio di Stato con sentenza del 4 ottobre 2017, n. 4623).
Conseguentemente, ha argomentato il ricorrente, il dott. Salvia non era legittimato a partecipare alla seduta del Consiglio, essendo la stessa pacificamente riservata ai professori di prima e seconda fascia, mentre lo stesso vi ha partecipato e lo ha fatto limitatamente al punto dell’ordine del giorno che riguardava la procedura di che trattasi, a dimostrazione di un forte interesse dello stesso per una vicenda che coinvolgeva proprio quel collega che, all’esito del predetto contenzioso, gli aveva sottratto la cattedra illegittimamente conseguita e nei confronti del quale dunque, la partecipazione alla seduta non poteva essere scevra da condizionamenti.
Ne consegue – secondo la prospettazione del ricorrente – l’illegittimità della deliberazione del Consiglio di Dipartimento del 7 dicembre 2016, adottata a seguito di una discussione a cui non solo ha preso parte, influenzandola, un soggetto non legittimato, ma a cui ha preso parte un soggetto che versava anche in evidente situazione di conflitto di interessi con il ricorrente.
La difesa erariale, pur argomentando in ordine alla infondatezza del terzo motivo di gravame introduttivo, non ha controdedotto in modo specifico e dettagliato in ordine alle lagnanze concernenti la posizione del dott. Salvia (cfr. pag. 6 della memoria depositata in data 17 marzo 2017).
2.1.1. Il motivo è fondato.
Giova precisare che con riguardo alla presenza del dott. Salvia alla seduta del Consiglio di Dipartimento del 7 dicembre 2016 l’esponente lamenta due distinti vizi: il primo afferisce alla violazione dell’obbligo di astensione da parte di soggetto (secondo la prospettazione dell’esponente) portatore di interessi personali confliggenti o comunque divergenti da quello generale (cfr. pagg. 16-17 del ricorso), mentre il secondo attiene al difetto di titolo in capo al medesimo dott. Salvia a partecipare alla seduta de qua per le ragioni sopra ricordate (cfr. pag. 17 del ricorso); la deduzione di tale duplice profilo di illegittimità è confermata anche nella memoria depositata dalla parte ricorrente in data 1 febbraio 2019 (cfr. in particolare pag. 9).
Orbene, la censura con la quale il ricorrente si duole della carenza di legittimazione in capo al dott. Salvia, id est il difetto di titolo in capo al medesimo a partecipare alla seduta de qua – di carattere dirimente per le ragioni che saranno esposte – merita di essere esaminata in via prioritaria.
Risulta dagli atti, invero, che nella riunione del Consiglio di Dipartimento del 7 dicembre 2016 era presente il dott. [#OMISSIS#] Salvia: infatti, egli risulta indicato al numero 33 – Prof. [#OMISSIS#] Salvia, Professore associato – dell’elenco dei componenti, e viene indicato come presente, entrato in seduta alle ore 14:40 durante la trattazione del punto n. 1 dell’ordine del giorno (Approvazione della proposta di chiamata all’esito della procedura selettiva per n. 1 posto di Professore di II fascia per il settore concorsuale 06/C1 Chirurgia Generale – settore scientifico disciplinare MED/18 – Chirurgia Generale, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del “Regolamento per la disciplina delle chiamate dei professori universitari ai sensi dell’art. 18 della L. 240/2010”).
Risulta parimenti che prima della votazione il dott. Salvia ha manifestato la sua volontà di astenersi, dando atto del contenzioso relativo al concorso di professore di II fascia che lo aveva visto vincitore ed evidenziando che “ad oggi il Consiglio di Stato non si è ancora espresso in merito al ricorso che il dott. Borzellino ha intentato contro l’Università di Verona per il precedente concorso di Professore di II fascia che mi aveva visto vincitore; ho ritenuto, pertanto, che il mio voto potesse essere considerato non completamento libero da condizionamenti personali”; dunque, alle ore 14:55 il dott. Salvia si è allontanato dalla seduta.
Orbene, come argomentato da parte ricorrente, con sentenza T.A.R. Veneto, sez. I, 23 novembre 2015, n. 1266 è stata disposto l’annullamento dell’intera procedura (punti 12. e 13.2. in Diritto), statuizione riferita alla procedura di selezione per la copertura di n. 1 posto di professore associato, settore concorsuale 06/C1 Chirurgia Generale, settore scientifico disciplinare MED/18 Chirurgia Generale, presso il Dipartimento di Chirurgia dell’Università degli Studi di Verona indetta con decreto rettorale del 28 marzo 2014, n. 881, e conclusasi con la chiamata del Prof. [#OMISSIS#] Salvia (disposta con decreto rettorale del 25 settembre 2014 n. 2215) (punto 1 in Fatto), in accoglimento (nei limiti di cui in motivazione) del ricorso proposto dall’odierno esponente dott. [#OMISSIS#] Borzellino.
Detta sentenza di primo grado risulta essere stata oggetto di appello (reg. ric. n. 816/2016) proposto dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR), di appello principale nelle forme dell’appello incidentale da parte del dott. Salvia [#OMISSIS#], oltre che di appello incidentale da parte del dott. [#OMISSIS#] Borzellino.
Inoltre, la citata sentenza di primo grado T.A.R. Veneto, sez. I, 23 novembre 2015, n. 1266 – come affermato dal ricorrente – non risulta essere stata sospesa dal Consiglio di Stato, che peraltro definitivamente pronunciando sui predetti appelli (principale e incidentali) li ha rigettati (Consiglio di Stato, sez. VI, 4 ottobre 2017, n. 4623).
Ai fini di interesse ciò che rileva è che nel momento in cui si riuniva il Consiglio di Dipartimento nella seduta del 7 dicembre 2016, l’esecutività della citata sentenza T.A.R. Veneto, sez. I, 23 novembre 2015, n. 1266 che, come già detto, aveva annullato l’intera procedura conclusasi con la chiamata del Prof. [#OMISSIS#] Salvia (disposta con decreto rettorale del 25 settembre 2014 n. 2215), non era stata sospesa, con la naturale conseguenza che il dott. [#OMISSIS#] Salvia non poteva più essere considerato professore associato (sin dalla citata sentenza T.A.R. Veneto, sez. I, 23 novembre 2015, n. 1266, anteriore alla riunione in questione).
Ed invero, l’art. 33, comma 2, cod. proc. amm. stabilisce che “Le sentenze di primo grado sono esecutive” (ponendosi la vigente disciplina codicistica in piena continuità con l’antevigente legge 6 dicembre 1971, n. 1034, il cui art. 33, comma 1, prevedeva che <<Le sentenze dei tribunali amministrativi regionali sono esecutive>>).
Il successivo art. 98, comma 1, cod. proc. amm., stabilisce che <<[…] il giudice dell’impugnazione può, su istanza di parte, valutati i motivi proposti e qualora dall’esecuzione possa derivare un pregiudizio grave e irreparabile, disporre la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, nonché le altre opportune misure cautelari, con ordinanza pronunciata in camera di consiglio>>.
Ciò premesso in fatto e sul piano normativo, ritiene il Collegio di dover – solo sinteticamente – richiamare l’ormai consolidata tesi – di matrice dottrinale e giurisprudenziale – della tripartizione degli effetti che conseguono dalla sentenza di annullamento pronunciata dal giudice amministrativo: quello caducatorio-eliminatorio, quello ripristinatorio ed infine quello preclusivo-conformativo.
Limitando l’analisi ai primi due, l’effetto caducatorio-eliminatorio appare strettamente legato alla natura costitutiva della sentenza di annullamento che opera una modificazione della c.d. realtà giuridica attraverso la demolizione del provvedimento lesivo avversato, sì da tutelare la posizione giuridica del ricorrente, oltre che restaurare la legalità violata.
E’ bene precisare che quello caducatorio-eliminatorio è effetto normativamente stabilito dall’art. 34, comma 1, lett. a), cod. proc. amm. nella parte in cui stabilisce che in caso di accoglimento del ricorsoil giudice, nei limiti della domanda, <<annulla in tutto o in parte il provvedimento impugnato>>.
Strettamente correlato all’effetto eliminatorio è quello ripristinatorio,in base al quale la sentenza di annullamento non si limita ad eliminare dalla c.d. realtà giuridica il provvedimento amministrativo avversato, posto che altresì rimuove ab origine tutti gli effetti che si sono medio tempore prodotti ripristinando, ove materialmente possibile, lo stato di fatto e di diritto antecedente l’adozione del provvedimento medesimo, sì da porre il ricorrente in statu quo ante: l’effetto ripristinatorio, invero, implicala cancellazione delle modificazioni della realtà giuridica e fattuale intervenute a causa dell’atto annullato (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2018, n. 4508).
Si tratta di effetto collegato alla natura tendenzialmente retroattiva della sentenza di annullamento (per ragioni di completezza – precisando tuttavia che si tratta di aspetto che esula dalla fattispecie in esame – è bene ricordare che la giurisprudenza ha ammesso la possibilità di mitigare il principio della retroattività dell’annullamento, affermando che la regola dell’annullamento con effetti ex tunc dell’atto impugnato a seconda delle circostanze deve trovare una deroga, o con la limitazione parziale della retroattività degli effetti, o con la loro decorrenza ex nunc ovvero escludendo del tutto gli effetti dell’annullamento e disponendo esclusivamente gli effetti conformativi: cfr. Cons. Stato, sez. II, 10 gennaio 2018, n. 132).
Ciò detto, giova evidenziare che profonda appare la differenza circa l’ambito di applicazione della natura esecutiva delle sentenze di primo grado nell’ordinamento processuale civile (art. 282 cod. proc. civ., in base al quale <<La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti>>) e la natura esecutiva delle sentenze di primo grado nell’ordinamento processuale amministrativo (cfr. cit. art. 33, comma 2, cod. proc. amm.).
Ed invero, la disciplina di cui all’art. 282 cod. proc. civ. trova attuazione – secondo la tesi dominante nella giurisprudenza di legittimità – soltanto con riferimento alle sentenze di condanna, essendo le stesse ritenute dalla giurisprudenza di legittimità le uniche idonee, per loro natura, a costituire titolo esecutivo, postulando il concetto stesso di esecuzione un’esigenza di adeguamento della realtà al decisum che si ritiene difetti sia nelle pronunce di natura costitutiva che in quelle di accertamento (cfr., ex plurimis, Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2018, n. 4007).
Nell’ordinamento processuale amministrativo, invece, le sentenze di annullamento sono esecutive, come già detto, ed anzi l’effetto demolitorio delle stesse le rende <<[…] senz’altro autoesecutive: l’effetto giuridico si realizza immediatamente ed esclusivamente mediante l’emanazione della statuizione di annullamento da parte del giudice, senza bisogno che l’Amministrazione compia una consequenziale attività, materiale ovvero giuridica>>.
E’ stato osservato che il principio de quo trova un preciso addentellato normativo – per quanto di interesse – nel più volte citato art. 33, comma 2, cod. proc. amm. <<che scolpisce il carattere dell’esecutività delle sentenza di primo grado>> (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4293).
Peraltro la giurisprudenza ha chiarito che dalla sentenza di annullamento “possono certamente discendere anche obblighi ripristinatori e conformativi per l’Amministrazione, derivanti dall’annullamento giurisdizionale dell’atto illegittimo, ma tali effetti sono un quid pluris rispetto all’effetto demolitorio, per ciò stesso autoesecutivo”, effetti che si aggiungono “eventualmente al primario effetto demolitorio” e non comportano certo “la sospensione di quest’ultimo derivante ex lege dalla sentenza” (cfr. cit. Cons. Stato, sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4293).
Orbene, posto che nel momento in cui il dott. [#OMISSIS#] Salvia prendeva parte alla seduta del Consiglio di Dipartimento del 7 dicembre 2016 era privo di titolo, in quanto la sua chiamata disposta con decreto rettorale del 25 settembre 2014 n. 2215 era stata caducata in sede giurisdizionale, la partecipazione dello stesso alla riunione integra una irregolare composizione dell’organo collegiale de quo.
Alla stregua di consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 agosto 1993, n. 585; Cons. Stato, sez. V, 19 dicembre 1980, n. 989), la presenza di soggetti non legittimati in un organo collegiale vizia gli atti adottati (ogni qualvolta essa superi lo stretto necessario al compimento di attività serventi al funzionamento dell’organo), in quanto i soggetti non legittimati possono aver influenzato la formazione del convincimento dei componenti il collegio.
E’ stato precisato, inoltre, che la questione riguardante la partecipazione, alle sedute di un collegio, di soggetti non legittimati non attiene al problema del quorum necessario per la legittima adozione dei provvedimenti collegiali, ma il diverso problema della possibilità che i soggetti estranei, attraverso la discussione, siano in grado di influenzare la volontà del collegio, possibilità questa che è direttamente correlata alla partecipazione di soggetti estranei ai collegi, sia che si tratti di collegi perfetti, che di collegi imperfetti.
Ne consegue che la questione della illegittima partecipazione di soggetti estranei al collegio non può essere superata con la prova di resistenza, poiché l’illegittimità delle deliberazioni adottate discende dal semplice fatto della partecipazione alla seduta di soggetti non legittimati che possono, appunto, influenzare le stesse deliberazioni (cfr. Cons. Stato sez. IV, 12 aprile 2001, n. 2258).
Anche la giurisprudenza amministrativa di prime cure ha stabilito che “nei collegi, sia perfetti che imperfetti, la partecipazione di soggetti estranei, ovvero di persone che non fanno parte della loro composizione quale prevista tassativamente dalla normativa di riferimento, costituisce vizio di composizione degli organi e ne inficia gli atti deliberativi, per la possibilità che tali soggetti siano in grado di influenzare in qualche modo la volontà dei Collegi e dei suoi membri” (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 21 luglio 2015, n. 9947; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II , 24 gennaio 2006, n. 470, T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 5 aprile 1996, n. 96); ed invero, è proprio la presenza del soggetto non legittimato a costituire causa di alterazione del processo logico-valutativo che è alla base della determinazione collegiale, indipendentemente dall’influenza concreta che questa ha esercitato in fase di deliberazione finale (cfr. cit. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 21 luglio 2015, n. 9947).
Volendo richiamare terminologia e concetti propri del diritto penale, il vizio in questione è idoneo a dar vita ad una “illegittimità da pericolo astratto”, senza necessità di accertare una effettiva lesione, id est l’influenza concretamente esercitata dal soggetto non legittimato.
Peraltro, e ad abundantiam, le argomentazioni di parte ricorrente evidenziano aspetti di sicura rilevanza, risultando dagli atti che il dott. Salvia ha preso parte alla riunione limitatamente al punto dell’ordine del giorno che riguardava la procedura di che trattasi; inoltre, solo prima del voto il dott. Salvia ha manifestato l’esistenza di una vicenda contenziosa che lo vedeva contrapposto al dott. Borzellino.
2.2. Tanto premesso, è noto che il vizio nella composizione dell’organo collegiale chiamato ad adottare la determinazione amministrativa che ha dato luogo alla controversia è assimilabile al vizio di incompetenza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 novembre 2018, n. 6257; Cons. Stato, sez. VI, 22 giugno 2011, n. 3755; T.A.R. Veneto, sez. I, 26 novembre 2018, n. 1079; T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 24 novembre 2016, n. 367; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 16 gennaio 2013, n. 54).
La fondatezza della censura esaminata comporta, dunque, l’accoglimento della domanda caducatoria e l’annullamento della avversata delibera del Consiglio di Dipartimento di Scienze Chirurgiche Odontostomatologiche e Materno-Infantili del 7.12.2016 nonchè del successivo decreto rettorale dell’Università degli Studi di Verona, del 19.12.2016 n. 1895, parimenti gravato, previa declaratoria di assorbimento degli ulteriori motivi proposti e restituzione degli atti all’Amministrazione, in modo che possa senz’altro riesaminare la fattispecie sostanziale.
Ed invero, come ha precisato il Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 27 aprile 2015, n. 5, nella fattispecie l’assorbimento è previsto dalla legge e, in particolare, dall’art. 34, comma 2, cod. proc. amm. secondo cui “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.
Pertanto, in tutte le situazioni di incompetenza, carenza di proposta o parere obbligatorio, si versa nella situazione in cui il potere amministrativo non è stato ancora esercitato, sicché il Giudice non può fare altro che rilevare, se assodato, il relativo vizio e assorbire tutte le altre censure, non potendo dettare le regole dell’azione amministrativa nei confronti di un organo che non ha ancora esercitato il suo munus (cfr. anche Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 2018, n. 5471; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 4 marzo 2019, n. 416; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 15 gennaio 2019, n. 210).
Dalla statuizione di annullamento discende la rinnovazione del procedimento emendato del vizio riscontrato: in altri termini, l’effetto retroattivo naturalmente connaturato all’annullamento in sede giurisdizionale, comporta, sul piano sostanziale, che l’Amministrazione rinnovi il procedimento a partire dal momento segnato dalla statuizione demolitoria (arg. ex T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 3 maggio 2017, n. 2386; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 10 maggio 2016, n. 5523).
3. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, così decide:
– estromette dal giudizio il Comune di Chioggia;
– accoglie il ricorso ai sensi e nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto annulla la delibera del Consiglio di Dipartimento di Scienze Chirurgiche Odontostomatologiche e Materno-Infantili del 7.12.2016 ed il decreto rettorale del 19.12.2016 n. 1895 dell’Università degli Studi di Verona.
Condanna l’Università degli Studi di Verona alla rifusione delle spese di giudizio a favore del ricorrente [#OMISSIS#] Borzellino, che si liquidano in Euro 2.000,00 (€. duemila/00), oltre ad accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Nicolosi, Presidente
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Consigliere
Giovanni [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Dato, Referendario, Estensore
Pubblicato il 20/03/2019