Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 41 del 2 gennaio 2024, ha affermato che gli atti delle pubbliche amministrazioni devono essere redatti in lingua italiana e ciò non può non valere, specularmente, anche per gli atti e i documenti presentati dai candidati per la partecipazione ai concorsi universitari, eccezion fatta per le pubblicazioni.
Nel caso di specie, il secondo classificato ad un concorso per l’assunzione di un ricercatore a tempo determinato aveva impugnato la graduatoria di merito e il decreto di approvazione degli atti deducendo sia l’illegittimità della valutazione svolta dalla Commissione con riferimento all’attività didattica della vincitrice sia la presentazione da parte di quest’ultima del proprio curriculum vitae in lingua inglese.
Il TAR del Friuli Venezia Giulia accoglieva parzialmente il ricorso ritenendo inammissibile la produzione in un procedimento amministrativo, quale è una procedura selettiva, di un documento redatto in una lingua straniera.
Proponevano appello contro la sentenza del TAR la candidata risultata vincitrice e l’Università degli Studi di Trieste sostenendo che l’allegazione di un curriculum vitae in lingua inglese non poteva essere qualificata come assenza di un elemento essenziale della domanda, con conseguente esclusione dal concorso.
Il Consiglio di Stato ha disatteso le censure delle appellanti osservando che l’utilizzo della lingua italiana è espressione di un principio immanente all’ordinamento, non passibile di deroga, se non espressamente prevista.
Rammentata la posizione espressa dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 42 del 24 febbraio 2017, il Consiglio di Stato ha ribadito che, se l’italiano è la lingua ufficiale della Repubblica italiana, gli atti delle pubbliche amministrazioni devono essere redatti in lingua italiana e ciò non può non valere, specularmente, anche per gli atti e i documenti presentati dai candidati per la partecipazione al procedimento concorsuale per il reclutamento dei ricercatori nelle Università.